Il LAVORO E LA COSTITUZIONE 3 MAGGIO 2011 Sala Consiliare del Comune di Melegnano Comitato per il lavoro- dirittidemocrazia Ringrazio il Comitato per il lavoro di Melegnano per avermi invitato a parlare di Costituzione e lavoro. In che veste sono stata invitata a parlare di Costituzione? Non certo in quella di costituzionalista. Sono una docente di diritto economia politica e scienza delle finanze all’Istituto Benini di Melegnano. Da circa 25 anni insegno la Costituzione a ragazzi dai 14 ai 19 anni e per sei anni della mia vita l’ho insegnata anche agli studenti detenuti del Carcere di Opera, presso cui il Benini ha una sezione dell’Istituto tecnico. Ho fatto per un po’ anche la cultrice della materia all’Università statale di Milano. Adesso insegno la Costituzione agli stranieri ed è un’esperienza davvero interessante. Sono qui piuttosto in veste di “appassionata” della Costituzione. Per farvi capire da dove nasce questa “passione” vorrei ricordare un episodio della mia giovinezza. Ero nello studio della casa dei miei genitori e stavo preparando il mio primo esame all’Università. Ricordo che mi si avvicinò mio padre, che quando è stata approvata la Costituzione aveva più o meno l’età che avevo io mentre studiavo il diritto pubblico, mi mise una mano sulle spalle e mi disse: “Stai studiando la Costituzione? E’ importante, sai, la Costituzione!” Lo disse con autorevolezza e convinzione e questo bastò perché io scegliessi, al momento della laurea, il diritto costituzionale e perché fondassi, nel 1996, insieme a dei miei ex studenti, un Comitato per la difesa della Costituzione, intitolato ad uno dei più grandi Presidenti della Repubblica italiana, il partigiano Sandro Pertini. Il nostro Comitato, che lavorò a stretto contatto con quello di Paullo e che si coordinò con quelli nazionali, era nato per opporsi ai tentativi di riformare la Costituzione ad opera di alcuni costituzionalisti, tra cui spiccava il prof. Miglio . Una delle sue frasi passò alla storia e la voglio ricordare qui: “La Costituzione è come le belle donne. La sottoporremo alle nostre voglie”. Cominciava a profilarsi da allora la concezione, affermatasi purtroppo in questi ultimi decenni, che la Costituzione sia una pagina bianca da riempire di volta in volta di diversi contenuti, graditi alle diverse maggioranze politiche. Il Nostro Comitato organizzò serate informative sulla Costituzione ; ma l’attività più bella che organizzò consistette nelle Lezioni di Costituzione ai bambini delle elementari attraverso il gioco, lezioni tenute dai loro fratelli maggiori, esperienza che ebbe grande successo e che abbiamo ripreso anche lo scorso anno, questa volta con delle ragazze di una quarta del nostro istituto tecnico. E’ in questa veste, quindi, che mi presento a voi per parlare di come la nostra Costituzione vede il lavoro. Premetto che, come tutti sappiamo, non ci troviamo in un gran bel momento, né per il lavoro, sotto attacco su molti fronti, né per la democrazia, né per la Costituzione. Avrò modo di mettere in luce, commentando gli articoli della Costituzione, le ragioni di questa mia affermazione, ma ci tengo fin d’ora a precisare un paio di cose. La lettura che farò della nostra Costituzione non si limiterà ad una spiegazione letterale degli articoli. Considero la Costituzione della Repubblica italiana, prendendo a prestito una definizione molto calzante di un ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, una vera e propria “Bibbia civile” e come tale la interpreterò. Per un vero credente(non per un osservante o un ateo devoto, ma per un credente) la Bibbia è un testo da interpretare in chiave esistenziale, come fanno, ad esempio, i monaci camaldolesi. Che cosa significa? Significa che il cittadino dovrebbe porsi davanti alla sua Costituzione come davanti ad un libro sapienziale, ed interrogarlo, per trovare nei suoi articoli la risposta alle provocazioni della vita quotidiana e della politica. E’ con queste provocazioni, o almeno con alcune di queste, che confronterò gli articoli della Costituzione che andremo a commentare. Ho scelto un’immagine per richiamare il concetto di Costituzione secondo la tradizione del costituzionalismo ed è quella di Norman Rockwell – The problem we all live with- che ritrae Ruby Bridges. Dobbiamo ricordarci tutti che la Costituzione, oltre ad essere la carta di identità di un popolo e l’insieme dei valori in cui si riconosce una comunità, è, anche e soprattutto, “il potere dei senza potere”, soprattutto lo sono le Costituzioni del Novecento. Il potere non ha bisogno di Costituzioni. Le Costituzioni nascono per limitare il potere e garantire i diritti, ma soprattutto per mettere delle regole al potere. Il potere stesso è sottomesso alle Costituzioni e deve esercitare la sua autorità secondo quanto è previsto dalla Costituzione . “La Costituzione è la Bibbia civile dei popoli (Carlo Azeglio Ciampi, )” A che cosa servono le Costituzioni? Dobbiamo ricordarci tutti che la Costituzione, oltre ad essere la carta di identità di un popolo e l’insieme dei valori in cui si riconosce una comunità, è anche e soprattutto “il potere dei senza potere”(Vaclav Havel). Il potere non ha bisogno di Costituzioni. Le Costituzioni nascono per limitare il potere e garantire i diritti, ma soprattutto per mettere delle regole al potere. Il potere stesso è sottomesso alle Costituzioni e deve esercitare la sua autorità secondo quanto è previsto dalla Costituzione Le Costituzioni democratiche del Novecento servono a mettere delle regole al potere e sono quindi “il potere dei senza potere” Forse è proprio per questo che una grande parte dei loro articoli continua ad essere disapplicata, in nome di una non meglio precisata “Costituzione materiale”, che le avrebbe superate( trappola ideologica) I tradimenti della Costituzione 1) La nostra Costituzione non è conosciuta 2) La nostra Costituzione non si studia a scuola. L’educazione civica è la cenerentola dell’istruzione. Il diritto e l’economia si studiano solo negli istituti tecnici mentre lo studio della Costituzione è stato assegnato a 12 ore nel biennio gestite dai docenti di storia(riforma Gelmini – Cittadinanza e Costituzione). Non è vero che cittadini si nasce. Cittadini si diventa. Siamo cittadini in quanto conosciamo il patrimonio che ci hanno lasciato in dote le generazioni precedenti e in quanto conosciamo altresì i nostri specifici doveri 3) C’è stata l’attuazione tardiva di organi fondamentali come la Corte Costituzionale(1956), il Consiglio Superiore della Magistratura(1958) e le Regioni (1970) e di strumenti fondamentali di democrazia diretta come il referendum abrogativo delle leggi Crisi delle democrazie e delle Costituzioni La crisi dello Stato democratico- sociale si è manifestata su tre terreni distinti, ma fra loro connessi: sul terreno economico-sociale,sul terreno politico e sul terreno giuridico-costituzionale. Sotto il primo profilo le ragioni della crisi possono essere rinvenute nella globalizzazione dell’economia, nel parziale declino dello Stato-nazione, nella difficoltà dello Stato sociale a far fronte ai suoi compiti istituzionali 1)Per globalizzazione s’intende il fenomeno per cui il mercato economico-finanziario è diventato mondiale, sfuggendo sempre più alle capacità di previsione e di controllo dei singoli Stati(Caso Irlanda, crisi mondiale finanziaria, bolle speculative). Se la globalizzazione può avere aspetti positivi perché crea occasioni di sviluppo in zone arretrate del mondo, perché consente la connessione virtuale di tutti con tutti (esclusi quelli che sono vittime del digital divide) dall’altro non garantisce la diffusione dei principi democratici in queste parti del mondo e capovolge il rapporto politica-economia, l’economia tende a prevalere e anzi condiziona, anche attraverso il condizionamento delle imprese multinazionali, le scelte dello Stato in materia finanziaria e sociale, richiede una crescente flessibilità (o precarizzazione) del lavoro, con sacrifici da parte delle generazioni più giovani. La tendenza è a un appiattimento dei diritti sociali ed economici verso il basso nei paesi avanzati per aumentarne la competitività economica. Il mercato diventa quello che detta legge e si perdono le capacità di regolazione del mercato da parte dello Stato. Si pone qui il problema di un governo democratico mondiale. Criticità: che cosa prevedeva la nostra Costituzione? Principio internazionalista che ha garantito la pace, unione europea che tutela la concorrenza in una società ingessata dalle corporazioni e dagli oligopoli, che fissa regole per la tutela dei consumatori, che ci condanna per il problema di rifiuti e che noi percepiamo solo come quella che ci chiede di tenere in ordine i conti o che con l’euro ha fatto aumentare i prezzi… Esiste quindi un forte ridimensionamento dello Stato-nazione che costituiva il quadro geopolitico entro il quale si era affermata la democrazia e si erano affermati i diritti sociali. Si fanno avanti istanze localistiche e rivendicazioni da parte di collettività territoriali che indeboliscono ancora di più lo Stato. Lo Stato democratico è vulnerabile nei confronti della criminalità organizzata e del terrorismo internazionale e alle pressioni delle multinazionali sui lavoratori sui consumatori e suoi Governi, è influenzato dai provvedimenti delle autorità sovranazionali sulle politiche economiche nazionali e altro. C’è poi la crisi dello Stato sociale, che non garantisce più protezione per tutti e divide la società tra garantiti e non garantiti, facendo venir meno la coesione sociale e inasprendo i conflitti. Costituzione: solidarietà, unione, comunità. Es: ritiro della riforma universitaria Gelmini in seguito alle lotte di ricercatori, studenti, docenti. 2) La crisi politica dello Stato democratico deriva in gran parte dalla crisi dei partiti(e dei sindacati), che ha triplice natura. E’ una crisi ideale. Questa crisi risente della crisi o della fine delle ideologie, intese come visioni del mondo totalizzanti. I partiti tendono sempre più , al pari dei partiti nordamericani, a svolgere l’attività politica senza alcuna visione ideale o programmatica, riducendosi a strumenti di gestione del potere, il cui fine è quello di garantire la perpetuazione propria al Governo anziché utilizzare l’accesso al potere per praticare politiche e attuare programmi. Crisi delle democrazie e delle Costituzioni Che cosa dice la Costituzione dei partiti? Ma soprattutto, che cos’è la Costituzione se non un progetto di società nuova?L’idea della politica che ha la Costituzione non è la politica politicante, ma è la politica nel senso alto del termine come servizio alla comunità a cui si appartiene Un politologo italiano che insegna alla università di Princeton parla, soprattutto per l’Italia, di un sistema politico che è diventato una Corte. Pannella ha sempre parlato del sistema politico italiano come di una partitocrazia, cioè dell’occupazione delle istituzioni da parte dei partiti politici . La Costituzione che cosa dice ? Leggere l’articolo 2)I partiti trovano difficoltà crescenti a svolgere la tradizionale funzione di collegamento tra comunità sociale e Stato , c’è uno scollamento tra partiti e società civile e in Italia si afferma la cosiddetta antipolitica, che forse è solo richiesta di maggiore partecipazione politica, anche se gridata in malo modo a volte o affetta da un po’ di demagogia. Ricordiamo che la partecipazione alla vita economica, politica e sociale del Paese è un requisito costituzionale per la realizzazione dell’uguaglianza di tutti i cittadini. La crisi dei partiti politici seguita a Mani Pulite ha portato ad un cambiamento totale dei partiti presenti in Italia, a cambiamenti di nome , a scissioni, ricomposizioni, in un quadro che all’elettore si dimostra spesso incomprensibile e contribuisce al suo allontanamento, all’astensione dal voto e ad atteggiamenti disfattisti. Articolo 48 e 2 Infine si manifesta una crisi giuridico- costituzionale dello Stato democratico, che assume varie forme. 1) In primo luogo il voto popolare è sempre più condizionato dall’uso dei mass media e dalla promessa di vantaggi e contropartite, che determina una crescita del voto di scambio rispetto al voto di opinione e di appartenenza (Corte) 2) L’uso dei media e segnatamente delle televisioni tende a trasformare la politica in video-politica e l’elettore in un video- bambino che vota sulla base di suggestioni mediatiche superficiali, con una drastica riduzione della qualità del sistema democratico (NON SIAMO UNA DEMOCRAZIA CONSOLIDATA) 3) C’è una crisi del Parlamento e quindi della rappresentanza politica (Richiamare la Cost) Le leggi sono fatte spesso dall’esecutivo, al Parlamento spetta una funzione di ratifica, si abusa dei decreti legge e dello strumento della fiducia . Diventa sempre più un Parlamento amministrativo. 3) La crisi della politica e del principio di rappresentanza favoriscono l’ascesa al potere di detentori del potere economico , dando luogo a situazioni nelle quali “l’intreccio di potere politico, potere mediatico ed economico finanziario contribuiscono alla miscela di un alto potenziale di destrutturazione democratica,(Fisichella) a una deriva verso la democrazia plebiscitaria, a un richiamo ossessivo a una volontà popolare che non è libera di formarsi un’opinione perché in maggioranza se la forma attraverso una tv che è monopolizzata da un lato dalle reti che fanno capo al Premier e dall’altro dalle reti pubbliche che sono controllate dalla maggioranza di governo. Quanto ai giornali citare Gad Lerner. Crisi delle democrazie e delle Costituzioni 4) La risposta all’offensiva del terrorismo internazionale crea le cosiddette società della paura, (ALBANESE, Il Ministro della paura) aumenta le politiche securitarie, comprime le libertà civili. In alcuni Paesi, infine si assiste alla crisi dell’idea di Costituzione. Si affermano concezioni svalutative della stessa che affermano la superiorità della Costituzione materiale su quella formale, che viene identificata nel sistema politico e in quello elettorale(spiegare) e concepiscono la Costituzione (Miglio) come una pagina bianca da riempire dei più diversi contenuti, a seconda delle convenienze politiche. In Italia questo avviene da almeno trent’anni. ( richiamo alla storia della attuazione della Costituzione). Perché allora difendere lo Stato democratico e la Costituzione? Perché è il peggiore dei governi possibili ad eccezione di tutti gli altri (fascismo e comunismo), perché la Cost. coniuga eguaglianza e libertà, diritti sociali e politici, idea di Patria e principio internazionalista, pluralismo e tutela delle diversità, libertà religiosa e libertà di non aderire ad alcuna religione. Perché può essere un Patto tra generazioni e può costituire una bussola, dal momento che ha unito e non diviso, che è nata dal dolore e dal sangue, si inserisce in un percorso di continuità con gli ideali del Risorgimento e della Resistenza, perché è “mite”. Soprattutto perché bisogna riscoprire o imparare il mestiere di cittadini, capendo anche la bellezza dei doveri civili. Che fare? Ricordare Ambrosoli e il decalogo di Zagrebelsky, tra cui la “cura” delle parole e la diffusione della conoscenza della Costituzione del suo significato e della sua importanza. Leggere Carofiglio “La manomissione delle parole” e Zagrebelsky. Spunti positivi: i social network e la democrazia dal basso, le associazioni che si uniscono come addio pizzo, il valore della solidarietà e dell’impegno, la riscoperta dei doveri accanto ai diritti, fare società, perché è stata demolita e così facendo si va nel senso voluto dalla Costituzione, potenziamento del Terzo settore, non “supra” ma “infra”(Arendt) : fare politica come riannodare i nodi, ricucire le relazioni, impegnarsi in prima persona e denunciare le ingiustizie, in quello spirito che discende dal combinato disposto degli articolo 3 e 2 della Costituzione italiana.ecc.(Greenpeace, WWF, Emergency; Terres des hommes, Save the children, e moltissime altre) Il potere dei senza potere Un progetto di società nuova La nostra Costituzione delinea un progetto di società nuova, che deve essere gradualmente realizzato e che nella sua realizzazione ha incontrato e incontra ostacoli da parte di chi non rinuncia facilmente a quelli che sono, di fatto, oggi, solo dei privilegi. Un’ultima considerazione. Andando a commentare gli articoli potremo notare come la Costituzione sia un testo bello ed elegante dal punto di vista della chiarezza e della scorrevolezza del suo linguaggio. Il testo, in vista del suo coordinamento finale, fu sottoposto ad un gruppo di letterati, perché doveva essere letto, capito e, in un certo senso, interiorizzato da tutti gli italiani, essendo qualcosa che ci riguarda tutti da vicino. Fu anche affisso per un anno all’albo pretorio di tutti i Comuni. Purtroppo, poi, fu come dimenticato, soprattutto nelle scuole, e forse non fu un caso. Proviamo a confrontare la lunghezza e il linguaggio degli articoli che sono stati modificati recentemente da una classe politica diversa da quella che ha scritto la Costituzione e ne vedremo la grande differenza. Sono lunghi, farraginosi, contorti, brutti, come il clima che caratterizza la classe politica da vent’anni a questa parte. Il lavoro nella Costituzione L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (Articolo 1 primo comma) Il lavoro è il fondamento della democrazia Aldo Moro Una Costituzione fondata sul lavoro Con questo articolo si voleva affermare qualcosa di più della protezione dei lavoratori dipendenti. Come scrisse Mortati”si volle affermare il valore del lavoro come veicolo attraverso il quale ciascuno potesse esprimere la sua capacità creativa, la valorizzazione di sé e allo stesso tempo il proprio contributo alla crescita della società in cui vive. Così si intese stabilire che nulla al di fuori del proprio lavoro avrebbe legittimato in Italia riconoscimenti di status o di condizioni più favorevoli. Non sarebbe bastato quindi essere ariani anziché ebrei, nobili anziché plebei, italiani anziché stranieri, ricchi anziché poveri. I titoli di cavalieri del lavoro, al posto dei titoli nobiliari, soppressi dalla XIV disposizione finale della Costituzione, trovano qui il loro fondamento. Nel campo economico il valore costituzionale essenziale è quello del lavoro. Si preferì questa espressione in Assemblea Costituente a quella di Repubblica dei lavoratori, proposta dai comunisti, e a quella semplice di Repubblica democratica, proposta dai liberali. La mediazione fu di Fanfani e dei cosiddetti professorini(Moro, La Pira e Dossetti). Si può leggere qui il riferimento alla storia della“questione sociale”, che per tutto l’Ottocento e con maggior forza nella prima metà del Novecento si era imposta come “questione costituzionale” in tutti i paesi democratici. Questa formula non vuole dire che il lavoro in quanto tale stia ad indicare l’aspetto e il valore preminente nella società. Il valore preminente nella Costituzione è la persona. Il fondamento del lavoro sta ad indicare il valore che la Repubblica attribuisce all’apporto del lavoro di ciascuno – inteso nel senso più ampio, secondo le proprie capacità e le proprie scelte (articolo 4) in luogo di altri fattori, in passato dominanti, come la nobiltà di nascita o la ricchezza, ai fini del ruolo sociale dell’individuo. Onida, La Costituzione, pag.81 Il diritto- dovere al lavoro La nostra professione è il modo per guadagnarci da vivere, ma è anche il contributo che diamo alla società da cui dipendiamo. Del resto, tra la società e noi c’è un condizionamento reciproco Dalai Lama Amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra Primo Levi Art. 3 c.2 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Art. 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” Perché fondare la Costituzione sul lavoro? Perché si sentì il bisogno di tutelare e proteggere il lavoro, che può essere considerato come il primo dei diritti sociali – poiché viene prima di tutti gli altri – e perché per l’uomo e la donna rappresenta un mezzo di sostentamento e di realizzazione di sé stessi. Il lavoro fa si che gli esseri umani possano formarsi e affermarsi all’interno della società. È, inoltre, una prospettiva di vita, è il futuro! Non deve trarre in inganno il riferimento dell’articolo 3 ai lavoratori. Questa norma non riguarda solo le condizioni di lavoro o quelle di una classe sociale: il riferimento ai lavoratori nasce dalla consapevolezza che, nella storia del mondo occidentale e dell’Italia, la questione sociale e il delinearsi di classi sociali contrapposte, di cui una, quella appunto dei lavoratori, partiva da condizioni storiche di svantaggio, è stata determinante: nei lavoratori si identificano per antonomasia, le persone che si trovano, dal punto di vista economico e sociale, in posizione di maggiore debolezza, e nei cui confronti quindi, con maggiore forza, si pone l’esigenza di realizzare l’”eguaglianza sostanziale”. Onida, La Costituzione Il lavoro come professione e il lavoro come dedizione (da Il buon uso del mondo di Salvatore Natoli ) Non a tutti è dato di poter scegliere il proprio lavoro. In molti casi ci si deve ritenere fortunati già solo per il fatto di avere trovato un lavoro. Tuttavia il dovere di cui parla l’articolo 4, a ben vedere, non è tale a tutti gli effetti dal punto di vista giuridico. Quando l’articolo 4 afferma che ognuno è chiamato a svolgere, secondo le proprie capacità e la propria scelta,un’attività o una funzione che contribuisca al progresso materiale o spirituale della società si riferisce al lavoro come a un compito. Per liberare il lavoro bisogna emanciparlo dalla logica del semplice profitto e praticarlo come reciproco servizio. Ribadisco reciproco e servizio. La reciprocità è un libero mettersi a disposizione, è “benevolenza”. Per fare questo non è necessario cambiare lavoro ma cambiare mente, conferire a quel che si fa un diverso significato, vivere il proprio lavoro non come un mezzo in vista di altro, ma come “relazione umana e sociale”, e non concepirlo mai in termini strettamente individualisti. Nulla di più, dunque, che fare bene il proprio lavoro. E’ la fedeltà al compito assegnato. E’ ciò che la tradizione cristiana chiama “dovere di stato”. E’ il Beruf di Weber, il mestier come "missione. Il lavoro come relazione umana e sociale,da Il buon uso del mondo, di Salvatore Natoli Se si considera il lavoro che si fa in questa prospettiva, ogni lavoro acquista “valore”, anche se non dà immediata soddisfazione. La dimensione relazionale e interpersonale propria dell’agire conferisce a ogni fare, anche a quello più anonimo e di routine, mèta e destino. Ed è facile capire perché. Se faccio un lavoro che non mi soddisfa, che non sento adatto a me, dandogli una nuova finalità posso riuscire a riscattarlo. Per esempio, riscatto il mio lavoro se con esso riesco a mantenere la mia famiglia, i miei figli, nella speranza che a loro possa essere concesso quello che a me è stato negato: fare quello per cui sono dotati. Se, per esempio, faccio l’infermiere, posso limitarmi a erogare un servizio, ma indubbiamente lo faccio meglio se sono anche capace di ascoltare la voce di chi soffre. E’ sbagliato concepire tutto ciò in termini di sacrificio: è più giusto chiamarlo “dedizione”. Nessuna fatica è sprecata se produce bene. Certo, per molti il lavoro continua ad essere fatica, ma da esso si può ugualmente riuscire a trarre soddisfazione se lo si vive nei termini di una “relazione altruistica” e non solo come una prestazione obbligata, spesso insoddisfacente. Nella luce della relazione altruistica, il lavoro guadagna una “qualità morale” che permette a chiunque – qualunque lavoro eserciti, di poterlo vivere come una realizzazione personale, anche se non gli piace. Perché? Perché, se si fa bene quel che si fa, si crea un bene 2oggettivo”, a vantaggio di tutti. E ciò dà senso a ogni fatica. In questa luce, ogni lavoro diventa”degno”, a patto che lo si eserciti con responsabilità. E’ per questo che parlare di “dignità del lavoro”non è affatto retorico. Ma ho detto lavorare con responsabilità: parola importante, ma poco meditata. Per responsabilità, infatti, s’intende l’obbligo di rendere conto agli altri di quel che si è fatto e di come lo si è fatto.Ogni nostra attività, anche la più strettamente personale, tocca sempre, sia pure indirettamente, gli interessi di qualcun altro. Ma “responsabilità”significa molto di più:deriva infatti dal latino respondeo, “rispondo”. E rispondere non significa solo dar conto di quel che si è fatto, ma anche dare risposta alle domande dell’altro, alle sue richieste, ai suoi bisogni.Per dare risposta a questo bisogna “saper ascoltare”, intuire i bisogni dell’altro, e magari anticiparli… In questo reciproco corrisppndersi, ogni fare – materiale, intelletttuale, sociale, politico –prende il nome di “vocazione”, e non tanto per indicare una personale attitudine, ma più autenticamente come risposta a una chiamata, a una voce, alle “voci” degli altri. Questo modo di concepire il lavoro comincia a prendere piede, e ne è prova il lento ma crescente diffondersi delle “economie del dono”. Ogni lavoro, se lo si esercita come un modo dell’umano corrispondersi, soccorrersi, realizzarsi, è bene sociale:è il “bene comune”. E’ ciò cui, lavorando, tutti dovremmo concorrere. Non foss’altro che per personale interesse. Il principio di uguaglianza sostanziale E’ questo il principio di uguaglianza sostanziale,chiave di volta del progetto di società nuova delineato dalla nostra Costituzione, in base al quale è stato possibile realizzare la pari opportunità che hanno consentito la mobilità sociale nel dopoguerra. Favorire le persone che si trovano in condizioni sfavorevoli nella società (donne, minori, poveri,(oggi9 giovani, diversamente abili, disoccupati, stranieri) significa dare a tutti le stesse opportunità e quindi dare loro pari dignità sociale. Non basta proclamare che le persone sono tutte uguali, ma bisogna rimuovere gli ostacoli che impediscono loro di esserlo. Oggi la mobilità sociale è ridottissima(Dati della fondazione Italia futura di Montezemolo) e su questo punto la Costituzione non è rispettata. Prevalgono le corporazioni, le lobbies. L’istruzione, volano per lo sviluppo e la valorizzazione dei talenti,è fortemente penalizzata . Che cosa significa oggi realizzare l’uguaglianza sostanziale? Realizzare l’uguaglianza sostanziale, oggi, significa incentivare l’istruzione e la ricerca,anche con borse di studio per i capaci e i meritevoli, aiutare i giovani e i disoccupati, le donne e le madri di famiglia; non per un astratto buonismo ma per far sì che ogni persona umana possa svilupparsi e dare in questo modo il più alto contributo alla comunità, come afferma questo articolo, quando parla di partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese L’articolo 1 va letto insieme all’articolo 3 comma 2 e all’articolo 4. Si tratta di principi fondamentali, quindi il nucleo duro, il nocciolo della Costituzione e rappresentano una “rivoluzione promessa” in cambio di una “rivoluzione mancata”. Nel progetto di società nuova previsto nei principi fondamentali il lavoro è un diritto. Non è però un diritto fornito di azione. Non possiamo, per intenderci, rivolgerci a un giudice perché renda effettivo questo diritto. La prima parte dell’articolo 4 vuole affermare che la Repubblica deve promuovere delle politiche di piena occupazione mettendo in atto tutti gli strumenti per rendere effettivo questo diritto(leggi nazionali, regionali, fondi europei a sostegno dell’occupazione femminile e giovanile, politiche di sviluppo, POLITICHE INDUSTRIALI, del tutto sconosciute ai governi che si sono succeduti in questi ultimi 15 anni, politiche di istruzione e ricerca, politiche di formazione). Il lavoro sotto attacco Del resto non dipende da uno Stato realizzare la piena occupazione ed in particolare in tempi come questi, segnati dalle conseguenze della globalizzazione dei mercati, l’occupazione fa sempre più i conti con decisioni prese da altri Stati, o da altri soggetti economici, oggi anche più forti degli Stati, come le multinazionali o i capitali finanziari. Oggi si va sempre più verso una compressione e un appiattimento verso il basso dei diritti economici e sociali dei lavoratori dei paesi sviluppati, appiattimento dovuto alla concorrenza della manodopera straniera nei paesi che non riconoscono gli stessi diritti e le stesse tutele sociali riconosciute ai lavoratori a tempo indeterminato in Italia. Su questo punto qualcuno, meglio di me, credo, potrà sottolineare come i lavoratori, sia i cosiddetti garantiti, che i precari, siano oggi sotto attacco in misure diverse. Lo spostamento di pil dai salari ai profitti L’attacco al lavoro è dimostrato da studi che confermano che nell’arco degli ultimi quindici anni c’è stato uno spostamento di otto punti percentuali di Pil mondiale dai salari ai profitti. Questo ha significato non solo un indebolimento della classe lavoratrice, ma un aumento sproporzionato delle disuguaglianze. In Italia il fenomeno è ancora più macroscopico, perché le rendite e i profitti hanno guadagnato punti e i salri li hanno persi. Inoltre, secondo dati forniti dall’Istat, in Italia il 10% della popolazione detiene il 45% della ricchezza Tasse e lavoro: la nuova ingiustizia sociale L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Il lavoro dovrebbe essere tassato meno delle rendite, ma ciò in Italia non avviene. La ttf Articolo 4 Che cosa ci dice allora oggi la prima parte dell’articolo 4? La rivoluzione promessa, la realizzazione di una maggiore giustizia sociale, non c’è stata. La seconda parte dell’articolo 4 afferma che il lavoro non è solo un diritto ma anche un dovere e che ciascuno ha il dovere di svolgere, in base alle proprie attitudini e alle proprie scelte, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Utopia? Direi di no. Se la Repubblica avesse incentivato investimenti da parte dello Stato, magari anche immaginando forme di collaborazione con i privati, nell’istruzione, nell’Università e nella ricerca, in modo serio, avrebbe incrementato le possibilità per le persone di riconoscere le proprie attitudini, di averne maggiore consapevolezza e quindi di poter scegliere un lavoro(significativamente qui si parla anche di attività o funzione, quindi non solo di lavoro dipendente) svolto con passione, in modo leggero, in modo non solo da contribuire alla ricchezza del Paese, il cosiddetto progresso materiale, ma anche all’incivilimento e all’ingentilimento della società. Ecco, forse è in questo articolo che si può intravedere l’approssimazione migliore al concetto di felicità della società Il lavoro nell’articolo 4 La Costituzione americana promette il diritto alla felicità per i suoi cittadini. La nostra ha il coraggio e l’umiltà di non fare affermazioni di questo genere, ma in questo articolo delinea una strada possibile per la realizzazione della persona umana e per il miglioramento della società. Dichiarazione Universale dei diritti umani Articolo 22 – “Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione(…) dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità” Articolo 23 – “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea Art. 1 – “Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata” Art. 2 – “Ogni cittadino dell’Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro” Art. 3 – “I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione” Una Repubblica fondata sul lavoro Che tipo di lavoro avevano in mente i Padri Costituenti? Era soprattutto il lavoro regolato dal contratto a tempo indeterminato, tipico del modello fordista Oggi il contratto standard, o a tempo indeterminato, non è più la regola, ma l’eccezione, soprattutto per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Le riforme del lavoro Le due principali riforme in tema di flessibilità sono: Legge 196/97 (conosciuta anche come “pacchetto Treu”); Legge 30/2003 (conosciuta anche come riforma Biagi). Oggi ha ancora senso una Costituzione fondata sul lavoro? (Brunetta vorrebbe abolire il riferimento al lavoro) Ha ancora maggiore senso, proprio in una fase in cui il lavoro è “sotto attacco” da fenomeni come la globalizzazione . L’economia tende a prevalere e anzi condiziona, anche attraverso la pressione delle imprese multinazionali, le scelte dello Stato in materia finanziaria e sociale, richiede una crescente flessibilità (o precarizzazione) del lavoro, con sacrifici da parte delle generazioni più giovani. La tendenza è a un appiattimento dei diritti sociali ed economici verso il basso nei paesi avanzati per aumentarne la competitività economica. Il mercato diventa quello che detta legge e si perdono le capacità di regolazione del mercato da parte dello Stato. Anche il Governatore della Banca d’Italia Draghi ha insistito in più occasione sulla necessità di stabilizzare i rapporti di lavoro dei giovani. Ci sono molte proposte in questo senso(modello scandinavo, contratto unico suggerito da Tito Boeri, ma la classe politica è impegnata su altri fronti, nonostante la Repubblica che la classe politica è chiamata a servire (minister=servitore) sia fondata sul lavoro Che cosa ci dicono oggi gli articoli 1, 3 comma 2 e 4 della Costituzione? La realtà attuale: spostamento dai salari ai profitti Indagine sulla povertà Aumento e non diminuzione delle disuguaglianze Art. 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.” Art. 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.” La giusta retribuzione Quando una esistenza può dirsi libera e dignitosa? Che cosa ci dice la nostra Costituzione su questo punto? Ha senso oggi portare al centro della discussione pubblica il problema della distribuzione del reddito? Il problema della giusta retribuzione perché non si parla del modo in cui remunerare i diversi lavori? Il problema dell’altezza degli stipendi dei manager, privati e pubblici Il problema del doppio, triplo quadruplo lavoro e della pluralità degli incarichi in epoca di disoccupazione Articolo 2 e dovere di solidarietà sociale Art. 37 “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.” La donna e il lavoro Tutti i partiti politici, di ogni collocazione, si riempiono la bocca con la parola “FAMIGLIA”. Siamo l’unico Stato in cui si festeggia il “Family day”, ma in tutti questi anni non si è realizzata una politica di servizi alla famiglia e alla donna(asili nido e scuole aperte fino a sera e dal mattino presto, ad es.). La donna ha sulle sue spalle la cura degli anziani e dei malati e se vuole fare carriera, spesso deve rinunciare alla maternità, diversamente da quanto accade nei Paesi del Nord Europa. Il recente provvedimento del Parlamento sulle quote rosa nei cda delle società quotate in borsa ha incontrato ed incontra difficoltà. Art. 38 Il Welfare State “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera.” Tasso di disoccupazione giovanile: 29% Il reddito di cittadinanza Gli ammortizzatori sociali per il lavoro precario e per il lavoro autonomo di seconda generazione Art. 39 “L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.” Crisi del sindacato, crisi della rappresentanza Contratti aziendali in luogo dei contratti collettivi Integrare con Bonomi e con il sole 24 ore Art. 40 “Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.” Ricordiamo che nello Stato liberale lo sciopero, essendo considerato un inadempimento contrattuale, poteva comportare il licenziamento del lavoratore,mentre in epoca fascista, essendo considerato un reato, prevedeva l’arresto. Articolo 41 L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i controlli e i programmi opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Articolo 43 Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale Articolo 45 La Repubblica riconosce la funzione socialedella cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuive e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato Articolo 46 “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.” Articolo 117 ….Sono materie di legislazione concorrente (tra Stato e Regioni): ….tutela e sicurezza del lavoro ARTICOLO 53 Il sistema tributario italiano è informato a criteri di progressività Ridare dignità al lavoro I principi costituzionali non sono solo un’eredità del passato. Sono un patrimonio prezioso, del quale ciascuno di noi ha il dovere di aver cura per salvaguardarlo e svilupparlo. L’attuazione della Costituzione, sotto questo riguardo, non è un’impresa a tempo: è un compito permanente (Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale). Compito prioritario e permanente, oggi, è ridare dignità al lavoro