Psicopatologia e Didattica dei Disturbi di lettura e scrittura Il Disturbo della lettura diagnosi e definizioni Classificazione diagnostica secondo il DSM IV (1994) F81.0 Disturbo della Lettura [315.00] (136) Caratteristiche diagnostiche La caratteristica fondamentale del Disturbo della Lettura è data dal fatto che il livello di capacità di leggere raggiunto (cioè, precisione, velocità, o comprensione della lettura misurate da test standardizzati somministrati individualmente) si situa sostanzialmente al di sotto di quanto ci si aspetterebbe data l'età cronologica del soggetto, la valutazione psicometrica dell'intelligenza, e un'istruzione adeguata all'età (Criterio A). L'anomalia della lettura interferisce notevolmente con l'apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura (Criterio B). Se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà nella lettura vanno al di là di quelle di solito associate con esso (Criterio C). Se sono presenti una condizione neurologica o un'altra condizione medica generale oppure un deficit sensoriale, questi dovrebbero essere codificati sull'Asse III. Nei soggetti con Disturbo della Lettura (che è stato anche definito "dislessia"), la lettura orale è caratterizzata da distorsioni, sostituzioni o omissioni; sia la lettura orale che quella a mente sono caratterizzate da lentezza ed errori di comprensione. Criterio A: il problema di lettura può riguardare sia la velocità (lettura molto lenta e stentata), sia la correttezza (lettura caratterizzata da errori frequenti), sia la comprensione (gravi difficoltà a capire il significato del testo letto), sia una combinazione qualsiasi di questi tre elementi. Criterio B:la persona con tale disturbo non si limita a leggere male, soffre per questo, si trova a disagio in alcune situazioni scolastiche e ha bisogno di aiuto per imparare in modo adeguato materie come la storia, la geografia, le scienze, ecc. Criterio C: se vi è un deficit sensoriale come la sordità, se esiste un ritardo mentale, probabilmente il disturbo della lettura è riconducibile ad un sintomo di tali quadri patologici complessi. LA RICERCA La ricerca sui disturbi dell’apprendimento ha una storia recente: Alla fine degli anni ’60 la pedagogia speciale si occupava di bambini con handicap conclamati fisici, psichici o sensoriali e prevedeva per questi percorsi educativi speciali (classi differenziali) Le difficoltà di apprendimento venivano denominati “disturbi lacunari” o Dislessia, Disgrafia e Discalculia. LA RICERCA Questi allievi venivano etichettati come svogliati, poco motivati, poco portati per la scuola, più adatti ad essere inseriti il prima possibile nel mondo del lavoro. LA RICERCA L’atteggiamento ha cominciato a cambiare con gli studi specifici che gli psicologi dell’educazione hanno avviato sulle cosiddette Learning disabilities (Hammil, 1990; Cornoldi, 1991; Tressoldi 1991). Questi studi hanno evidenziato come esistano profili piuttosto precisi e ricorrenti di bambini con disturbi spesso limitati alla sfera dell’apprendimento scolastico. LA RICERCA Le prime ricerche in Italia sui Disturbi dell’apprendimento hanno posto l’accento su due punti fondamentali: Il criterio di discrepanza ovvero prestazioni inferiori del bambino rispetto a bambini di pari età e condizioni simili; I fattori di esclusione che cercano di isolare il disturbo specifico rispetto all’esito sintomatico di un quadro psicopatologico più grave. LA RICERCA Tale modello è stato superato ed oggi non si prendono in considerazione solo questi criteri, ma ha permesso di focalizzare le attenzioni sul vero problema della diagnosi: Da “Disturbi Specifici dello Sviluppo” a “Disturbi dell’Apprendimento”. EPIDEMIOLOGIA I dati sostengono che vi è una presenza di tali disturbi nel 10% della popolazione scolastica (Crisfield, 1996) e, tra i disturbi dell’apprendimento quello della lettura è di gran lunga il più diffuso (8 su 10 casi); La frequenza è notevolmente maggiore nei maschi (ricerche genetiche); Aumento significativo negli ultimi anni EZIOLOGIA Il problema di chiarire le cause di tali disturbi è ancora all’inizio ed una spiegazione esaustiva è ancora lontana dall’essere formulata. Ad oggi il filone di ricerca più approfondito riguarda la messa in relazione di più cause: dalle condizioni medicobiologiche (anomalie cromosomiche e fattori genetici predisponenti) alle encefaliti, forme di meningite, prematurità, sofferenze prenatali e perinatali, imperfetto sviluppo neurologico; da criteri quali la povertà, i problemi psicologici e sociali dei genitori alla bassa qualità dell’accudimento, la bassa qualità dell’educazione, per arrivare a quello che fino a poco tempo fa era ritenuto l’unico vero campo in cui indagare e cioè i problemi motivazionali ed emotivi del bambino. LE CHIAVI DI LETTURA Uno dei modelli teorici più sviluppati è quello dell’HIP (Human Information Processing) che tende a correlare Disabilità cognitive e Disturbi dell’apprendimento. Isolando una serie di abilità cognitive come la denominazione, la ripetizione mentale, vari tipi di memoria, l’attenzione, la consapevolezza fonemica, la velocità di elaborazione delle informazioni, queste sono state messe in relazione con particolari compiti di apprendimento (Tressoldi e Cornoldi, 1991). LE CHIAVI DI LETTURA Ciò ha permesso di individuare dei sottotipi di difficoltà di lettura: PERCETTIVO nel quale c’è una correlazione tra la compromissione specifica dell’emisfero cerebrale sinistro e una capacità di lettura corretta ma lenta; LINGUISTICO nel quale è colpito l’emisfero destro e la lettura appare veloce ma particolarmente scorretta. LE CHIAVI DI LETTURA Prendendo in considerazione le difficoltà specifiche dello sviluppo vi sono sottotipi quali: Disturbo della lettura FONOLOGICO determinato da problemi nello sviluppo dello stadio alfabetico, dove la maggiori difficoltà sono nella lettura di non-parole; MORFOLOGICO-LESSICALE o SUPERFICIALE determinato da problemi nello sviluppo dello stadio ortografico e lessicale, dove le maggiori difficoltà si incontrano nella lettura di parole irregolari e di parole omofone. LE CHIAVI DI LETTURA Poi vi è il filone di ricerca sulla METACOGNIZIONE (Cornoldi, 1995) ovvero la capacità di riflettere sui propri processi di pensiero che riveste un’importanza cruciale per ottenere la consapevolezza del fine primo ed ultimo della lettura di un testo: capire quello che il testo vuole comunicare, comprendere il significato. LINEE DI INTERVENTO I problemi correlati ai disturbi dell’apprendimento riguardano la demotivazione, la mancanza di autostima, di autoefficacia, lo stile di attribuzione; ciò è essenzialmente dovuto ad etichettamento e Rinforzamento negativo. LINEE DI INTERVENTO Ne consegue che una linea di intervento trasversale ed irrinunciabile è quella di un corretto uso del Rinforzamento, atto a sottolineare i progressi e il raggiungimento di sottomete, anche se ancora distanti dal raggiungimento della capacità di lettura. LINEE DI INTERVENTO TRAINING CENTRATO SUL DEFICIT: Metodo teorico- applicativo che indaga i processi cognitivi sottostanti alle difficoltà di lettura, individuando i processi carenti e riabilitandoli: Lateralizzazione Discriminazione visiva e uditiva Coordinamento oculo- motorio Funzioni intellettivo- rappresentative Conoscenza dello schema corporeo Abilità ritmico- respiratoria Equilibrio psico- affettivo emozionale (Cornoldi, Miato, Molin e Poli, 1986) LINEE DI INTERVENTO A tale proposito sono fondamentali gli approcci basati sull’analisi del compito e l’uso di programmi particolari denominati apprendimento senza errori. (Celi, 1990; Lancioni, 1992; Perini, 1997) LINEE DI INTERVENTO Altre linee di intervento sono: Lavoro sulla Metacognizione; Parent Training e Teacher Training; Apprendimento cooperativo e Tutoring; Applicazioni di software.