COME AFFRONTARE I DISTURBI DELL`APPRENDIMENTO

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COME AFFRONTARE I DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO
Spesso gli insegnanti, i genitori e gli stessi alunni - bambini o adolescenti - si trovano dinanzi
a problematiche inerenti l’apprendimento. Non è affatto raro, infatti, ascoltare frasi del tipo:
“Non riesco a studiare” “…leggo e rileggo ma mi sembra di non apprendere nulla…”, “…ma è possibile che tu
non riesca a comprendere e memorizzare un concetto così semplice?”, “…credo che mio figlio non sia portato per
la scuola…impiega molto tempo ad acquisire un suo metodo di studio ed è molto indietro rispetto agli
altri…penso che abbia un disturbo dell’apprendimento…”.
Credo sia fondamentale, nel momento in cui ci si trovi dinnanzi a difficoltà oggettive ed
evidenti, comprendere a pieno la situazione, chiedendo – se necessario – il parere di un esperto
(Psicologo, Neuropsichiatra Infantile, ecc.). Il più delle volte infatti, si confondono, o si
considerano sinonimi, i termini difficoltà e disturbi di apprendimento. In realtà, tali termini
assumono e corrispondono a problematiche di differente intensità e rilevanza. Le difficoltà di
apprendimento rappresentano degli “elementi”, delle “tappe” o degli “ostacoli” che tutti
incontriamo - o possiamo incontrare - durante il percorso di studi. Esse possono essere
sperimentate al momento dell’ingresso nell’ambiente scolastico, nel periodo di transizione da un
grado scolastico all’altro, durante l’acquisizione di concetti nuovi, e così via. Nel caso delle
difficoltà non ci si trova dinanzi a problematiche gravi e ben definite, ma piuttosto ci si imbatte in
“impedimenti” superabili e meno radicati, dovuti a differenti cause e/o fattori relativi sia allo
studente (globalmente, come persona) che al contesto (famiglia, scuola, ambiente socioculturale,
ecc.) in cui egli viene a trovarsi. Come affermato da vari esperti del settore e anche dall’autore
Cesare Cornoldi - nel suo testo Le difficoltà dell’apprendimento scolastico - un adeguato sviluppo
cognitivo, l’apprendimento di nuove nozioni e, di conseguenza, un esito scolastico positivo,
sono il risultato dell’interazione di molteplici fattori o elementi situazionali, identificabili in:

caratteristiche personali ed aspetti motivazionali dell’alunno

stile di attaccamento madre-bambino
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
clima familiare

stile relazionale alunno-insegnante

capacità “empatica” e “coinvolgente” dell’insegnante

qualità e adeguatezza dell’insegnamento

elementi socio-culturali.
Le difficoltà di apprendimento si connotano, dunque, come “condizioni” temporanee e
generalmente superabili. Se non identificate, accettate e superate, però, esse possono condurre a
un calo del livello motivazionale, della volontà di imparare, nonché dell’autostima dell’alunno
stesso; in casi ancor più gravi, tali difficoltà possono radicarsi, divenendo sempre più stabili ed
evidenti, arrivando a configurarsi come disturbi.
Può accadere infatti, che le particolari difficoltà incontrate da un/una alunno/a - rispetto ai
suoi compagni - nello svolgimento di compiti di matematica, ad esempio, se non identificate
(dall’insegnante, educatore, esperto, genitore o alunno stesso), accettate e riconosciute
(dall’alunno) e superate (dall’alunno, con gli insegnanti, insieme ad un esperto del settore, se
necessario) con strategie adeguate, potrebbero far emergere in lui/lei la convinzione di non
essere “all’altezza di”, di non essere “in grado di” o, ancora, non essere “alla pari” dei propri
coetanei ed essere, perciò, inferiore ad essi. In altri casi le stesse difficoltà, se non evidenziate e
poi affrontate con successo, potrebbero evolversi ulteriormente, giungendo a configurare un
rendimento scolastico insufficiente per raggiungere il successo scolastico atteso.
Il discorso è differente per quanto riguarda i disturbi dell’apprendimento – inizialmente
definiti Disturbi delle capacità scolastiche. Secondo il DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico
dei Disturbi Mentali), essi vengono diagnosticati in seguito alla somministrazione di test
standardizzati, specifici per i differenti disturbi dell’apprendimento stesso - quali quello della
lettura, del calcolo e della scrittura – e solo nel caso in cui le performance dei soggetti esaminati
risultino significativamente inferiori, rispetto all’età, al grado d’istruzione e al livello
d’intelligenza di un campione simile. La maggior parte dei soggetti con tali disturbi giunge
all’osservazione clinica durante la fanciullezza o l’adolescenza, anche se rimane comunque reale
la possibilità che tali disturbi non vengano diagnosticati fino all’età adulta. L’espressione di tali
disturbi si manifesta ed è ben evidente nelle azioni quotidiane abituali, quali ad esempio la
lettura di un giornale, la scrittura di un sms, il calcolo del conto al ristorante e così via. Oltre alle
mura domestiche, soprattutto per i più piccoli, l’ambiente in cui è molto probabile incorrere
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nella manifestazione, riconoscimento e intervento di tali disturbi è quello scolastico. E, come
affermato anche in precedenza, è sempre nell’ambito scolastico - nel caso di bambini,
adolescenti o giovani adulti - che emergono quelle che vengono identificate come
manifestazioni o disturbi associati a quelli dell’apprendimento, quali demoralizzazione, scarsa
autostima e scarse capacità sociali, deficit dell’attenzione e iperattività, disturbi della condotta,
anomalie dell’elaborazione cognitiva, ecc...
Nel diagnosticare un disturbo dell’ apprendimento - come del resto accade nella diagnosi di
tutti i disturbi, siano essi puramente clinici, fisici, psichici, psico-fisici, ecc.- bisogna agire con
molta cautela, effettuando una differenziazione accurata rispetto alle normali variazioni che
possono emergere nei risultati scolastici o rispetto a quelle difficoltà scolastiche dovute a
mancanza di opportunità, insegnamento scadente, fattori culturali, e così via.
I differenti disturbi dell’apprendimento (ossia il Disturbo della lettura, il Disturbo del Calcolo, il
Disturbo dell’espressione scritta e il Disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato), sono
caratterizzati da proprie, specifiche, caratteristiche ma sono accomunati dalla possibile
associazione a deficit sensoriali e dal marcato interferimento con l’apprendimento scolastico o
con specifiche attività quotidiane (a seconda del disturbo stesso).
Concludendo con alcune considerazioni, credo sia necessario tener ben presente
l’individualità di ciascun alunno – bambino o adolescente che sia – cercando di non identificare
a priori la minor creatività o la mancata “immediatezza” nell’apprendimento di un bambino
rispetto ad un altro, come deficit o debolezza. Ogni bambino ha, o può avere, determinati
tempi e modalità di apprendimento riferibili solo a se stesso e alla sua “storia”. Come è altresì
necessario non indulgere eccessivamente, invece, se si intravede un chiaro deficit o difficoltà
ricorrenti.
Credo, infine, sia essenziale riuscire a riconoscere, nonché “accettare” le proprie competenze, così come i propri
limiti e incanalare le particolari attitudini di cui si è dotati, ottenendo da esse il massimo rendimento
realizzabile. Compito degli educatori, insegnanti, esperti e genitori, quindi, quello di seguire, sostenere e aiutare
(laddove fosse necessario) i più piccoli nel loro sviluppo intellettivo e formativo, dentro i vincoli delle loro capacità,
potenzialità e limiti.
Dott.ssa Nadia DEL VILLANO
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PRINCIPALE BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
 APA (AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION), Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali, DSM-IV, Trad. It. Masson, Milano 2000.
 Cesare Cornoldi, Le difficoltà di apprendimento a scuola, il Mulino, Bologna
1999.
 Patrizio E. Tressoldi, Claudio Vio, Diagnosi dei disturbi dell’apprendimento
scolastico, Erikson, Trento 2000.
N.B. (I contenuti e la bibliografia di quest’articolo sono stati scelti e
selezionati liberamente dall’autore, che si assume l’intera responsabilità, sulla
fondatezza e la veridicità, di quanto ha scritto)
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