Omelie per un anno
Volume 2 - Anno “B”
Anno “B”
25ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
 Sap 2,12.17-20 - Condanniamo il giusto a una morte infame.
 Dal Salmo 53 - Rit.: Sei tu, Signore, il mio sostegno.
 Gc 3,16–4,3 - Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per
coloro che fanno opera di pace.
 Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Benedetto sei tu, Padre,
Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri
del regno dei cieli. Alleluia.
 Mc 9,30-37 - Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato... Se
uno vuol essere il primo, sia servo di tutti.
PER COMPRENDERE LA PAROLA
Il giusto perseguitato che si affida a Dio è una prefigurazione di Cristo
nella sua passione.
PRIMA LETTURA
Il libro della Sapienza, nella prima parte, affronta il problema della
morte (cc. 1-3); vi appare con chiarezza l’affermazione
dell’immortalità e di una ricompensa oltre la morte.
Il “giusto” di questo libro è chiamato con maggior frequenza il
“sapiente”, colui che possiede l’abilità, la destrezza, l’uomo accorto
che punta la propria vita su Dio. Contro di lui si ergono coloro che
non pongono la propria fiducia in Dio; questi empi sono decisi a
provare colui che è per loro “una condanna” vivente (v. 14); il
disturbatore, che bisogna sopprimere.
Per una connessione, che non è propriamente logica, l’empio sente il
bisogno di mettere alla prova la pazienza del giusto, fondata sulla sua
fiducia in Dio, e di vedere se Dio interverrà. “Gli empi... concludono
alleanza con la morte” (1,16), fanno alleanza con essa contro il
giusto.
Gli avversari di Gesù non agiranno diversamente fino ai piedi della
croce (Mc 15,29-32).
25ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005
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SALMO
Il giusto perseguitato rivolge la sua preghiera al Signore: innalza la
sua invocazione con fiducia e con insistenza. Tocca al Signore
prendere in mano la sua causa, perché, perseguitando il giusto, gli
empi attaccano proprio lui. Il giusto può allora esprimere il suo
rendimento di grazie, poiché si vede liberato.
SECONDA LETTURA
L’insieme delle esortazioni che compongono la lettera di s. Giacomo
costituiscono un insegnamento sapienziale. A questa sapienza sono
attribuiti la pace e i sentimenti che permettono l’instaurarsi di buoni
rapporti fra gli uomini: misericordia, giustizia, ricerca della pace;
alcune parole sono riprese dalle beatitudini (cf Mt 6,6-10).
L’uomo che non accoglie nel proprio cuore questa sapienza fa opera
di distruzione e di morte. Egli è accecato dalla cupidigia ed è incapace
di rivolgere a Dio una preghiera che possa essere esaudita; perciò fa
a meno di Dio per raggiungere i propri fini.
VANGELO
Gesù annunzia per la seconda volta ai suoi discepoli la sua morte e
risurrezione (cf Mc 8,31ss, Vangelo della 24a domenica). Egli è il
giusto che l’empio è naturalmente portato a far scomparire (cf 1ª e
2ª lettura).
Gli annunzi seguono sempre lo stesso schema:
– Gesù predice ciò che gli accadrà a Gerusalemme.
– Nel sentire queste parole, i discepoli manifestano la propria
incomprensione.
– Gesù li invita a seguirlo.
Lungi dall’aver compreso ciò che Gesù ha loro annunziato della sua
morte, i discepoli discutono sulla preminenza. Gesù li riprende per
queste loro preoccupazioni e li invita al servizio: il primo sarà il servo
di tutti.
Gesù aggiunge un gesto alla sua parola: pone un bambino in mezzo a
loro e lo abbraccia. Egli può allora esprimere due inviti che si fondono
in uno: accogliere i piccoli e accogliere lui stesso.
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
Pro o contro i conflitti... e le loro vittime?
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I rapporti fra gli uomini sono spesso visti come conflitti: l’opposizione
fra le generazioni, le classi sociali, i popoli... Gli psicologi li ritengono
utili per l’affermarsi della personalità; i sociologi trovano che sono
necessari al progresso della società. E il cristiano, che cosa deve fare?
Non deve essere attento anche alle vittime di tali conflitti?
Da che cosa derivano i conflitti? San Giacomo risponde condannando i
conflitti. Ne denuncia le cause: la cupidigia, la gelosia... Di fatto, lo
squilibrio interiore di ciascuno provoca o attizza i conflitti: noi non
siamo in armonia profonda con noi stessi e così diventiamo
aggressivi, e gli altri diventano le nostre vittime.
In un mondo in cui gli scontri sono molto frequenti, Gesù prende le
parti dei deboli, delle vittime di ogni aggressività; e lancia il suo
duplice invito: le beatitudini, il comandamento dell’amore. Tocca a
ciascuno combattere la radice del male con la volontà di convertire il
proprio cuore.
Il Vangelo non sopprimerà mai i conflitti. Dal momento che gli uomini
vivono in società, è normale che si manifestino contrasti. Rifiutare di
vederli significa dissimulare gran parte della realtà; non volerli
affrontare, significa spesso dimostrare debolezza. Coloro che vogliono
essere artefici di pace devono dar prova di lucidità e di forza, non
della forza che schiaccia il piccolo, ma di quella che accoglie queste
dure realtà nello sguardo vero dell’amore.
A che cosa portano i conflitti? Sull’umanità pesa da molto tempo la
minaccia di un conflitto che potrebbe scuotere violentemente il
pianeta. Questa situazione è provocata dalla persistenza qua o là di
punti caldi... A tutti i livelli c’è sempre il rischio di un peggioramento
con conseguenze irreparabili.
Noi siamo chiamati a essere i fautori di distensione. Non si tratta di
sganciarsi o di smobilitarsi, sarebbe una dimissione. Gesù Cristo ha
accettato il conflitto; ha sentito molto presto l’ostilità dei suoi
avversari e presentito l’esito fatale (Vangelo). Ma in questa lotta ha
avuto l’ultima parola: con la potenza di Dio e la forza dell’amore, egli
vive per sempre, dopo essere passato attraverso la morte. Egli ci
invita a seguirlo per superare tutti i conflitti con lui e come lui... La
vera soluzione è quella di affrontare e superare i conflitti, e ciò è
possibile soltanto nell’amore. In questo sforzo, i cristiani si sentiranno
spesso crocifissi, perché sempre divisi tra la fedeltà a Dio e la
presenza agli uomini.
Il più grande... il bambino... colui che serve...
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La domanda si pone appena si costituisce un gruppo umano: chi sarà
il capo di una banda di ragazzi che gioca? A chi affidare il governo di
una nazione? Gli apostoli si sono posti la domanda per il proprio
gruppo: chi è il più grande?...
Gesù risponde: “Se uno vuol essere il primo...” (Vangelo). In altre
circostanze denuncerà quanti cercano di occupare il primo posto. Egli
sta in mezzo ai suoi “come colui che serve” (Lc 22,27): è il Servo
sofferente fino alla croce.
Gesù risponde ancora alla domanda con un gesto: mette un bambino
in mezzo ai discepoli. Nella società di allora il bambino non aveva
l’importanza che ha oggi. Il gesto di Gesù era perciò di una portata
straordinaria. Il bambino è piccolo e debole... ma egli lo sa e tutto il
suo atteggiamento è fatto di fiducia e di semplicità. Per entrare nel
regno è necessario essere fiduciosi e semplici (cf Mc 10,14). Questo
comportamento è esattamente l’opposto di quello abituale degli
uomini: la legge del più forte regna ovunque (cf 1ª lettura), i piccoli
spesso sono schiacciati. Il Vangelo è perciò un appello alla
conversione dei cuori e alla trasformazione del mondo. Bisogna
lottare senza sosta perché il piccolo abbia il suo spazio, e non è
possibile ottenerlo se non ci si fa personalmente servi degli altri.
Il giusto perseguitato
È un appellativo che può sembrarci lontano. Lo attribuiamo sì a Gesù
Cristo ma non vi ci soffermiamo; siamo così sicuri che egli è
risuscitato... che rischiamo di dimenticare che è stato il Servo
sofferente. Questo appellativo può anche applicarsi a milioni di
cristiani perseguitati in tutto il mondo... ma tale persecuzione ci
sembra così lontana! Ci lasciamo cullare dalla diffusa indifferenza che
vediamo intorno a noi e spesso ci accontentiamo di una fede
sonnolenta...
Il Signore stesso ci annunzia la persecuzione come ha annunziato la
sua passione (Vangelo). Gli apostoli, quando Gesù annunzia loro le
sue sofferenze, non lo comprendono; ma noi diamo prova della stessa
incomprensione quando ci meravigliamo delle difficoltà che sbarrano
la nostra strada. Ci scoraggiamo subito quando sentiamo la resistenza
e l’opposizione altrui. Quale sarebbe il nostro atteggiamento di fronte
alla persecuzione, condizione normale del cristiano: “Se hanno
perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20)?
Il cristiano è chiamato a dar prova di fortezza nella persecuzione. Egli
testimonia allora che “le sue parole sono vere” (1ª lettura). Non si
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tratta perciò di irrigidirsi di fronte all’incomprensione; il cristiano, in
tale situazione, ha più che mai bisogno della forza di Dio; ne abbiamo
l’assicurazione: “...poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito
Santo...” (Mc 13,11).
Ogni cristiano è chiamato a vivere in solidarietà con i suoi fratelli
perseguitati: è anormale ignorarli, mentre è un dovere esserne
informati. Essere solidali con loro significa volere per sé e per le
comunità cristiane una fede forte e perseverante. Le ultime due
beatitudini riguardano particolarmente i perseguitati, ma tutti i
cristiani sono chiamati a dar prova di fortezza perseverante (cf Mc
13,13). Sono tutti discepoli di Gesù Cristo, il Giusto perseguitato.
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