Omelie per un anno
Volume 1 - Anno “B”
Anno “B”
5ª DOMENICA DI PASQUA
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At 9,26-31 - Barnaba raccontò agli apostoli come durante il
viaggio Paolo aveva visto il Signore.
Dal Salmo 21- Rit.: A te la mia lode, Signore, nell'assemblea dei
fratelli.
1 Gv 3,18-24 - Questo è il suo comandamento: che crediamo e ci
amiamo.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Rimanete in me ed io in voi,
dice il Signore; chi rimane in me porta molto frutto. Alleluia.
Gv 15,1-8 - Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.
PER COMPRENDERE LA PAROLA
Tre letture continuate, tre piste di catechesi post-battesimale:
Prima lettura: La Chiesa degli apostoli accoglie Paolo. La Chiesa si
edifica, progredisce, si moltiplica. Durante i tre cicli liturgici questa 1ª
lettura sottolinea particolarmente il posto dei ministeri nella Chiesa.
Salmo 21: È l'ultima parte della preghiera di Gesù in croce: annuncia
la risurrezione del giusto e il suo riconoscimento da parte di tutte le
nazioni. L'inizio del salmo è stato cantato dopo il III canto del Servo,
la domenica delle Palme.
Seconda lettura: Continuazione di 1 Giovanni. Legame con la 1ª
lettura: i due testi finiscono con la presenza dello Spirito (si avvicina
la Pentecoste). Legame col Vangelo: «Dimorare in Dio e Dio in noi».
Vangelo: Nelle ultime tre domeniche del tempo pasquale la liturgia
propone estratti del discorso dopo la Cena.
PRIMA LETTURA
Gesù si è rivelato a Paolo (o Saulo), non per la sua personale
santificazione, ma, come in tutte le vocazioni nella Bibbia, con una
missione: «Per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di
Israele» (9,15).
Il nostro testo narra il suo inserimento nella comunità e le spiegabili
resistenze incontrate da questo ex persecutore. Ma fin dall'inizio è
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tracciato il solco di Paolo: «Parlare apertamente nel nome del
Signore». Egli non devierà più.
Il passo finisce con un cenno sulla crescita pacifica dell'insieme della
Chiesa. Annotazione eccezionale fra i capitoli 4-8 e 12: è l'unico
punto degli Atti in cui l'insieme delle comunità cristiane sia chiamato
Chiesa.
SALMO
È la preghiera di un uomo in grande difficoltà. Nella prima parte (vv.
1-19) ha potuto ispirare la redazione della passione nei sinottici. Ma,
mentre all'inizio l'uomo si sentiva abbandonato da Dio (citato in Mt
27,46 e Mc 15,34), alla fine del suo canto egli grida, forse
anticipandola nella fede, la propria riconoscenza per essere stato
esaudito e salvato. E il passo qui utilizzato. Canto di Cristo risorto e
dei credenti.
SECONDA LETTURA
Si veda l'analisi della 4a domenica di Pasqua.
Giovanni enumera diversi segni di autenticità della nostra comunione
con Dio: amare con i fatti. Sottomettersi ai comandamenti di Dio:
credere nel Figlio suo Gesù e amarci gli uni gli altri. Allora possiamo
avere fiducia.
VANGELO
Con questa domenica ha inizio la lettura di alcuni passi del discorso
dopo la Cena. L'immagine della vigna, nei profeti, designa Israele (Is
5,1; Os 10,1; Ez 15,1-8; Ger 2,21). Il suo vero vignaiolo è Dio. Gesù
l'applica a se stesso. Egli è la discendenza di Abramo (Gal 3,16).
L'allegoria della vigna corrisponde all'insegnamento dato con
insistenza nella prima lettera di Giovanni: bisogna aderire a Cristo
con la fede, rimanere in lui ed egli in noi. La parola ritorna sette
volte; è la condizione per lavorare per la gloria di Dio, «portare
frutto».
Il frutto non deve essere solo di alcuni, ma di tutti; l'inutilità del legno
senza frutto si trova già in Ez 15,2.
Giovanni aggiunge (forse in un ambiente di persecuzione) l'utilità
provvidenziale delle prove (v. 2).
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PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
Il Padre mio è il vignaiolo
Il vignaiolo conosce le cure minuziose che richiede la vite per portare
frutti. Ci vuole tempo per piantarla e per coltivarla. Ogni lavoro si fa a
suo tempo, non si trascura nulla, e il ritardo rischia di pregiudicare il
buon raccolto. « Il Padre mio è il vignaiolo». La vigna gli ha richiesto
molte cure e attenzioni. Egli l'aveva vangata, sgombrata dai sassi e vi
aveva piantato scelte viti... (1s5,2).
« Io sono la vera vite». In Gesù si compie tutta la speranza del Padre
per la sua vigna. Essa è piantata su una terra che non sarà più
maledetta a causa dell'uomo (alleanza con Noè: Gn 8,21); sarà il
segno della terra promessa e del paradiso ritrovato (Nm 13,20).
L'opera del vignaiolo è descritta anche nella parabola dei vignaioli
omicidi (Mt 21,33-34). Nulla potrà ormai cacciare il vignaiolo dalla
sua vigna né renderla infruttuosa; essa è piantata definitivamente in
Gesù (Cf la vigna di Nabot: 1 Re 21).
Le vendemmie della nuova vigna sono assicurate. Questa gioiosa
festa delle vendemmie è il banchetto del regno, annunciato,
prefigurato e già iniziato nell'Eucaristia. Giovanni situa questo
Vangelo all'inizio del discorso dopo la Cena. I discepoli hanno gustato
il vero frutto della vite: «Voi siete già mondi, per la parola che vi ho
annunziato. Rimanete in me e io in voi».
Un legame vitale fra i tralci e la vite è stretto dall'Eucaristia. Un
legame che il vignaiolo non smetterà di coltivare e di ravvivare. Ne va
della vita della vite e dei suoi frutti. Il vignaiolo non permetterà più
che la sua vigna si alteri. Egli la ripulisce perché porti più frutto. Lo fa
per una preoccupazione di efficacia? E piuttosto una legge del regno,
una legge di comunione e di intimità. Per la gloria del Padre: la sua
gloria consiste nel fatto che i tralci portino frutto. Questa comunione
dà dei diritti reciproci: «Chiedete quel che volete e vi sarà dato».
Corrispondenze bibliche: Rm 11,16-24: l'oleastro e l'olivo buono (in
rapporto con la 1ª lettura); Mc 11,12-25: il fico sterile.
Un comportamento pasquale
Gli uomini cercano un comportamento valido, che sia riconosciuto
come tale dagli altri. E una questione di equilibrio, di rapporti... una
questione di pace e di serenità... per avere una certa influenza ed
efficacia. Il Vangelo non offre forse un'arte di vivere?
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«Noi dobbiamo amare». L'amore impegna e trasforma una vita.
Normalmente le parole traducono i pensieri profondi. Spesso il
silenzio è più eloquente delle parole, ma l'azione è l'espressione di
una vita. Il Vangelo è la traduzione nella vita di quanto Dio rivela con
la sua Parola. La vita di Cristo si è svolta «con i fatti e nella verità».
Gli uomini sono innestati in lui e devono amare come lui.
«Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore». Vivere sotto lo
sguardo di Dio consente di avere una visuale ampia: al di là di taluni
particolari, al di là del provvisorio, al di là delle impressioni del
momento... Il nostro cuore potrà rimproverarci e colpevolizzarci e
giudicarci. «Il mio giudice è il Signore». Il perdono genera la pace.
È possibile un comportamento pasquale. La Pasqua ha cambiato la
condizione umana innalzandola alla sua vera dimensione, quella di
Dio: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Perché rimanere
al di qua di ciò che ci è donato?
Il salmo 21, il salmo di Cristo in croce, traduce nella sua totalità la
vita nuova del cristiano che ha vissuto la Pasqua.
Portare frutto
Il Vangelo della vite ripete l'espressione sei volte; tutto il resto
sostiene e rafforza questo imperativo: il lavoro del Padre, lo stretto
legame del tralcio con la vite, la sorte del tralcio secco.
Gesù si aspetta dunque in modo assoluto che noi portiamo frutto. Egli
compie la sua opera nel mondo attraverso noi. Paolo (1ª lettura) ne è
un bell'esempio fin dalla sua conversione. La Chiesa (cioè noi) è
missionaria. Essa proclama il Vangelo e salva amando. In realtà,
amando, si porta frutto. Il non-amore, la durezza, il disprezzo
(individuale o razzista), l'egoismo, l'indifferenza, sono il deserto della
vita, il deserto di Dio. Non vi cresce nulla, come in un mondo
minerale senza acqua, né aria né calore.
«Rimanete in me» significa: per mezzo della fede attiva, della vita
comunitaria, della vita sacramentale, della vita evangelica, vivere
nell'amore, credere in Gesù, amarci gli uni gli altri, osservare i suoi
comandamenti. Allora siamo vivi e portiamo certamente frutto, o
meglio, Gesù lo porta attraverso noi. Il Vangelo porta i suoi frutti.
Tutto ciò passa attraverso la prova. Dio ci pota, ci fa partecipare alla
passione del Figlio. Anche questo, anziché essere soltanto «uno
stupido incidente... una malattia che ci impedisce di fare qualche
cosa... tensioni che annientano i nostri sforzi, una morte che fa
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crollare tutto...» è al
maturazione dei frutti.
contrario
una
tappa
necessaria
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