Riassunto Economia dopo guerra

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L’economia globale del dopo guerra
Tra il 1945 e il 1973 l’economia mondiale occidentale ebbe una crescita eccezionale, tanto che il PIL
mondiale quasi si triplicò (nella prima metà del secolo si era solo raddoppiato). Inoltre in tale periodo ebbe
luogo la cosiddetta Terza Rivoluzione Industriale legata all’astronautica, all’energia atomica, all’informatica.
Tuttavia tale crescita non riguardò più di tanto il Terzo Mondo (Africa) e i paesi comunisti.
Questo sviluppo fu possibile grazie al Piano Marshall (14 miliardi di dollari dati dall’America ai paesi
devastati dalla guerra), al nuovo sistema finanziario scaturito dalla Conferenza di Bretton Woods del
1944, che creò il FMI (Fondo Monetario Internazionale) a sua garanzia1, dal GATT (Accordo Generale sulle
tariffe e il commercio) creato a Ginevra nel 1948 per favorire il commercio e il libero scambio che
prevedeva: a) riduzione delle tariffe doganali, b) nessun limite alle importazioni, c) riunirsi periodicamente in
conferenze per stimolare il libero scambio internazionale. Inoltre nel periodo vi fu un forte incremento
demografico che permise un aumento notevole della richiesta di beni di consumo, nonché un’espansione
degli investimenti pubblici e privati, e un costo contenuto delle materie prime esportate dal Terzo Mondo,
soprattutto il petrolio.
Tale crescita eccezionale, di stampo liberista, riguardò prevalentemente l’Occidente (Giappone, Germania
ed Europa sotto il controllo americano, America del Nord), mentre i paesi controllati dall’URSS, con lo
sviluppo della Guerra Fredda, rifiutarono di aderire al Piano Marshall, al FMI e al Gatt, preferendo avviare
sistemi economici statalisti imposti politicamente basati su un’agricoltura collettivizzata (nazionalizzata), che
si dimostrò negli anni scarsamente produttiva, e sullo sviluppo dell’industria pesante (siderurgia, armi, ecc.),
a scapito di quella leggera (manifatturiera, tessile, ecc.), scelta che determinò una costante penuria di beni
di consumo quotidiani e un diffuso basso tenore di vita, ma che permise all’URSS di questi anni un elevato
tasso di crescita economica (globale, non individuale). Ottenne successi anche in campo aerospaziale
inviando nel 1957 il primo Sputnik nello spazio, e nel 1960 il primo astronauta (Yuri Gagarin).
Gli altri paesi fuori da questi due blocchi (dell’Africa, del Sud America, del Medio Oriente e di altre aree
geografiche) rimasero economicamente molto sottosviluppati (Terzo e Quarto Mondo), privi di
industrializzazione, quindi ancora prevalentemente agricoli, con elevati tassi di disoccupazione, gravi
carenze alimentari, spesso sfruttati dai paesi industriali come semplici (e molto economici) esportatori di
materie prime, o di manovalanza a basso costo.
Tale periodo aureo per l’Occidente ebbe fine nel 1973 con lo scoppio della Guerra del Kippur tra Israele da
un lato e Siria ed Egitto dall’altro, in cui Israele ebbe subito la meglio occupando territori dei suoi avversari.
L’OPEC (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) capì di avere in mano un’arma terribile con cui
ricattare l’Occidente, per cui ridusse la produzione di petrolio e ne aumentò il prezzo per indurre Israele a
ritirarsi. Nel 1974 il costo del petrolio si era quadruplicato determinando così una grave crisi economica
mondiale, che si ripeté nel 1979, sempre per aumenti del petrolio legati a rivolgimenti politici in Iran.
In entrambe queste crisi i paesi a economia di mercato dovettero diminuire le importazioni di petrolio e
subirono un brusco calo di produzione. Si scatenò immediatamente un fenomeno economico del tutto
nuovo: un’inflazione galoppante e una stagnazione dei mercati (stagflazione), mentre nella crisi del ’29 i
prezzi dei beni di consumo erano calati, non aumentati. Questa nuova forma di recessione economica rese
inutili i rimedi d’ispirazione keynesiana adottati allora per risolvere la crisi, ovvero investimenti in grandi
opere (l’inflazione ora avrebbe aumentato i costi in maniera esagerata) e deflazione per fronteggiare
l’inflazione (la restrizione del credito, l’aumento delle imposte, la riduzione della spesa pubblica avrebbero
ulteriormente depresso la produttività). Prese piede quindi una nuova scuola di pensiero definita
neoliberismo secondo cui il mercato può regolarsi e migliorare autonomamente, quindi crescere, purché
liberato da ogni interferenza e rallentamento (politica sindacale, rigidità salariali, difesa del welfare state).
Negli anni ’80 queste tesi furono applicate dai governi conservatori del presidente americano Reagan, e
dalla Thatcher, primo ministro inglese, e determinarono compressione dei salari, riduzione delle imposte per
favorire le imprese, pesanti tagli al welfare, privatizzazione dei servizi pubblici (scuola, sanità, ecc.), riforme
subite soprattutto dai ceti più deboli e criticate da più parti, anche da papa Giovanni Paolo II che sostenne
con forza che il rispetto della dignità umana deve sempre prevalere su qualsiasi logica economica.
Dagli anni ’80 il sistema economico mondiale ha iniziato a trasformarsi in un insieme organico e
strettamente interconnesso (globalizzazione) che ha comportato grande crescita e unificazione planetaria
del mercato finanziario, insieme allo sviluppo di immense multinazionali che si sono poste a capo di buona
1
Nella prima metà del ‘900 non esisteva un coordinamento internazionale a salvaguardia dell’economia globale, per cui ogni
paese agiva in totale autonomia. Infatti per la crisi del ’29 ogni Stato mirò a svalutare la propria moneta, senza accordi con gli
altri Stati, per favorire con le esportazioni lo smaltimento delle eccedenze. Dopo gli accordi di Bretton Woods, invece, il valore
delle diverse monete venne rapportato al dollaro o all’oro, e si stabilì che ogni paese che avesse voluto svalutare la propria
moneta doveva ottenere il permesso del FMI. Quest’organismo, inoltre, era preposto anche a fornire prestiti ai paesi in
difficoltà, e a controllarne il sistema economico una volta ottenuto il prestito. Nel 1961 i paesi occidentali si riunirono
nell’OCSE (Organizzazione per cooperazione e sviluppo economico) sempre per favorire un’economia di mercato.
parte degli scambi internazionali, determinando anche le scelte politiche di molti Stati (nascita dei no-global
1999 circa).
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