L’INVITO A “NON TEMERE”
Domenica XII del tempo Ordinario: Matteo 10, 26-33
Continua il “discorso missionario” di Gesù. L’evangelista Matteo delinea la figura del discepolo,
apostolo cristiano come quella di un “confessore” della fede, di un vero “martire”. L’ impatto con il
mondo che il missionario di Gesù deve sostenere, può essere traumatico come quello di Geremia, di
cui parla la prima lettura. Persecuzioni, incubi, pericoli simili a quelli del lungo elenco che fa san
Paolo nella seconda lettera ai Corinzi ((4,2). Ma in questa tempesta che fa intravedere persino il
rischio della propria vita fisica, “non temete coloro che possono uccidere il corpo”, si sente una
voce, è il comando di Cristo ribadito come un ritornello insistente , garanzia e pegno di vittoria e di
liberazione:”non temeteli!”.
“Non temete!” Il Vangelo di questa domenica è un invito al coraggio. L’espressione “non
temere” ricorre tre volte e scandisce tutto quanto il brano: “non li temete” se hanno chiamato
Belzebù il padrone, quanto più i suoi familiari; “non temete coloro che uccidono il corpo”;
“Perfino i capelli del vostro capo sono contati. Non temete dunque : voi valete ben più di molti
passeri”.
Sono indicate alcune forme in cui il coraggio deve manifestarsi: oltre al coraggio nella
persecuzione, occorre anche il coraggio di parlare chiaro, di gridare il nome di Cristo dai tetti, il
coraggio di non avere mai vergogna di Cristo di fronte agli uomini.
“Due passeri non si vendono forse per pochi spiccioli? Eppure non uno di essi cade per terra
senza il permesso del Padre vostro celeste”. Alle forme di coraggio si aggiungono, anzi si
mescolano, i motivi che devono sostenere tale coraggio: la certezza di essere nelle mani del Padre,
la certezza che condividere la croce di Cristo significa anche condividere la risurrezione, la certezza
infine che gli uomini non possono fare nulla per toglierti la vita vera. E’ un coraggio che nasce
dalla fede e dalla libertà: la condizione è amare Cristo più del padre e della madre, più di ogni altra
cosa.
Solo così il discepolo è libero da se stesso, e non ha più nulla da temere, da difendere e quindi non
è più ricattabile. Perché la paura viene dal mondo, sì, ma trova complicità nel cuore del discepolo
che non ha ancora infranto l’attaccamento a se stesso. Non ricattabile è il discepolo non preoccupato
di sé, ma del vangelo che annuncia. A lui ci pensa il Padre celeste.
“Persino i capelli del vostro capo sono contati. Non temete, dunque, voi valete più di molti
passeri”. Soprattutto il discepolo deve sapere che il più è al sicuro, nelle mani di Dio. Questo
coraggio è importante, non solo perché rende possibile la verità dell’annuncio, ma anche perché è il
criterio con cui si sarà giudicati.
“Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre
mio che è nei cieli. Ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini , anch’io lo rinnegherò davanti
al Padre mio che è nei cieli”. Si noti la contrapposizione tra il discepolo che difende Cristo
davanti al tribunale degli uomini e Cristo che , a sua volta, difende il discepolo davanti al tribunale
di Dio.
Preghiamo. Signore insegnaci la fede che osa credere . Tu sei con noi e quindi di nulla dobbiamo
temere. La fede che tu ci chiedi non sopporta di essere mischiata con la paura. Lo stesso Vangelo
inizia così: “Non temere, Maria”, “non temere Giuseppe”. “Perché temete, uomini di poca fede?”.
“Noi crediamo, Signore, ma tu aiuta la nostra incredulità”. E poi perché avere paura e da dove
vengono le nostre paure cos’ insensate? Il Padre che segue i passeri in volo; il Padre che conta
persino i capelli che abbiamo sulla testa, cose che nessuna mai ha conosciuto. Davvero, insegnaci,
Signore, a non temere. Amen.
Camilla Vitali, Missionaria del Cuore di Gesù