I farmaci in gravidanza Controindicazioni Durante il periodo di gestazione è buona norma chiedere sempre consiglio al proprio medico prima di assumere qualsiasi farmaco. In gravidanza i farmaci dovrebbero essere prescritti solo se i benefici attesi per la madre sono di gran lunga maggiori del rischio a cui si espone il feto. I farmaci, infatti, possono essere dannosi per il feto in qualsiasi periodo della gravidanza: durante i primi tre mesi di gravidanza (e in modo particolare tra la terza e l’undicesima settimana) l’uso di alcuni farmaci può causare malformazioni congenite (teratogenesi); nel secondo e terzo trimestre i farmaci possono provocare alterazioni della crescita e dello sviluppo del feto o risultare tossici per il nascituro; prima del parto o durante il travaglio i farmaci somministrati possono provocare effetti indesiderati sul parto stesso o sul neonato. Pochi farmaci si sono dimostrati teratogeni nell’uomo, ma nessun farmaco può essere considerato veramente sicuro nelle prime fasi della gravidanza: se possibile, nessun farmaco dovrebbe essere somministrato nel primo trimestre. Se questo si rende necessario, è preferibile usare farmaci da tempo diffusamente utilizzati in gravidanza, quindi generalmente sicuri, rispetto a farmaci nuovi o non valutati. Il rischio che i farmaci causino malformazioni nell’embrione è molto basso (0,5-1 per cento) rispetto ad altre possibili cause, ma la consapevolezza di questa eventualità ha portato all'introduzione di norme più rigorose per la sperimentazione dei farmaci prima della loro immissione in commercio. Quasi sempre i foglietti illustrativi delle specialità medicinali riportano la controindicazione all'uso in gravidanza. Nella maggior parte dei casi la controindicazione viene posta per cautela perché il farmaco non possiede una adeguata documentazione sull'impiego in gravidanza. Se la terapia con un farmaco controindicato in gravidanza fosse già in atto quando una donna si accorge di essere gravida (la situazione di gran lunga più frequente) la lettura di questa controindicazione non deve gettare nel panico: è bene affidarsi al consiglio di esperti che, in base alla documentazione scientifica disponibile e alle modalità di assunzione del farmaco, potranno valutare la situazione nel suo complesso e quantificare il rischio reale. Imparare ad usare i farmaci solo quando sono effettivamente necessari è il modo migliore per limitare il rischio di assumere medicinali nelle prime settimane di gravidanza, quando questo stato non è ancora noto e il rischio per il feto è maggiore. Farmaci e sostanze con effetto teratogeno Il numero di farmaci sicuramente teratogeni (cioè che possono provocare malformazioni nel bambino) è molto ristretto. Di seguito viene fornito un elenco: Ormoni androgeni e progestinici di sintesi derivati dal nortestosterone: possono provocare una mascolinizzazione del feto femmina di grado più o meno grave; analoghi effetti e anomalie del tratto urogenitale possono essere indotti dal danazolo. Nessuna di queste sostanze trova indicazione nella gestante. Farmaci citostatici, in particolare alcuni antagonisti dell'acido folico (methotrexate, aminopterina). Actinomicina D, adriamicina, colchicina, podofillina, vincristina: hanno un'azione embriotossica ed anche abortigena; alle dosi abituali, però, l'effetto è incostante. Talidomide, un farmaco ipnotico che è stato responsabile di numerosi casi di morte e di gravi malformazioni del feto (focomelia). Attualmente non è più usato eccetto che nel trattamento di alcune forme di lebbra. Vitamina A ad alto dosaggio (sola o in associazione multivitaminica) e i suoi analoghi: si sono dimostrati particolarmente pericolosi dal punto di vista teratogeno. Restano nell’organismo a lungo (circa 80-100 giorni) ed è quindi tassativo sospenderne l’uso molti mesi prima del concepimento. Alcool ad alte dosi: provoca ritardo di crescita intrauterina, sindrome "da astinenza" post-natale, sindrome fetale malformativa da alcool e intossicazione transplacentare acuta. Nella gestante l'alcool etilico non viene più utilizzato a scopo terapeutico (in passato si sfruttava la sua azione in caso di minaccia di parto pre-termine); i danni fetali citati sono collegati solamente con l'assunzione eccessiva e molto prolungata a scopo voluttuario. Trattamenti farmacologici da tenere sotto controllo durante la gravidanza Sedativi, tranquillanti ed altri farmaci psicotropi sono farmaci da usare con estrema cautela e sotto guida medica. I più comuni sono: Le benzodiazepine, ossia i più diffusi farmaci ad azione sedativa, ipnotica e anticonvulsivante. È da evitare l’uso regolare per il rischio di sindrome da astinenza neonatale; sono da utilizzare solo per l’indicazione di controllo delle convulsioni (dosaggi elevati durante l’ultimo periodo della gravidanza possono causare ipotermia neonatale, ipotonia e depressione respiratoria del neonato). Gli antipsicotici (per esempio fenotiazine e butirrofenoni) mettono a rischio il neonato soprattutto nell’ultimo trimestre della gravidanza. Gli antidepressivi triciclici e gli inibitori delle monoamino-ossidasi sono sconsigliabili durante la gestazione. I sali di litio, la cui assunzione va evitata durante il primo trimestre di gravidanza per il rischio di teratogenicità e anomalie cardiache. In ogni caso anche nei trimestri successivi si consiglia un controllo attento delle concentrazioni di litio nel sangue per il rischio di tossicità nel neonato. Antibiotici e farmaci antinfettivi In un'ipotetica graduatoria tra i farmaci utilizzabili in gravidanza, in termini di rapporto tra possibili rischi e benefici, gli antibiotici certamente occuperebbero uno dei posti più favorevoli, nonostante siano stati sovente accusati di provocare danni al feto e al neonato. È in ogni caso buona norma usare le opportune cautele e in gravidanza impiegare gli antibiotici più idonei al singolo caso, scelti dal medico sulla base dell'antibiogramma e, quando possibile, rimandare la loro assunzione al termine del primo trimestre. I più comuni sono: Penicilline naturali, amoxicillina, ampicillina e derivati, le loro associazioni con probenecid, con acido clavulanico e con sulbactam, non hanno segnalazioni di tossicità. Cefalosporine: valgono le considerazioni fatte per le penicilline. Sebbene questi antibiotici superino con facilità la placenta, non sono conosciuti casi di accumulo pericoloso del farmaco. Eritrocina, spiramicina e josamicina: sono considerati farmaci ragionevolmente "sicuri" per la somministrazione ad una gestante. Spiramicina e josamicina vengono usate selettivamente per la cura della prima infezione toxoplasmica in gravidanza. Sulfamidici: l'uso cinquantennale di questi farmaci anche in gravidanza li deve far considerare privi di effetti teratogeni ed esenti da rilevante tossicità; anche il rischio teorico di favorire l'ittero prenatale si è rivelato infondato. Sono sconsigliati soltanto i sulfamidici a lunga emivita plasmatica (cioè che restano a lungo nell’organismo materno prima di essere eliminati). Metronidazolo: ha un impiego (locale o per via sistemica) più che ventennale in ostetricia, anche se il produttore ne sconsiglia l’uso a dosaggi elevati. Tetracicline: studi condotti sull’animale hanno evidenziato effetti sullo sviluppo scheletrico durante il primo trimestre di gravidanza; nei trimestri successivi possono causare alterazioni della colorazione dei denti ed epatossicità materna quando somministrate a dosaggi elevati. Il loro uso è perciò sconsigliato in gravidanza. Cloramfenicolo: va usato con cautela per il rischio, anche se modesto, di anemia aplastica della gestante e sostituito, quando possibile, con farmaci alternativi. Inoltre presenta il rischio di "sindrome grigia" del neonato (una grave sindrome tossica denominata così dal colore grigio della cute dei piccoli pazienti) quando somministrato direttamente al neonato, soprattutto se nato pre-termine. Aminoglicosidi: possono causare danni ai nervi vestibolare e acustico, soprattutto la streptomicina, mentre è più basso il rischio con gentamicina e tobramicina. Il loro uso è comunque da evitare se non essenziale (se somministrati, controllare regolarmente le concentrazioni nel sangue). Antimicotici: nistatina, clotrimazolo, miconazolo ecc. possono essere impiegati tranquillamente in gravidanza per uso topico. Tra gli antimicotici per uso sistemico, la griseofulvina è sconsigliata nel primo trimestre (rischio di aborto e di malformazioni), mentre per il fluconazolo, che sembrerebbe privo di rilevanti effetti teratogeni, sono necessarie ulteriori valutazioni più approfondite. Acyclovir: non ha una lunga sperimentazione perciò non dovrebbe essere usato nel primo trimestre, la sua somministrazione va valutata solo quando i benefici siano maggiori dei rischi. Chinolonici: sono da evitare, anche perché sono disponibili alternative più sicure.