Estonia Una giovane tigre tra liberismo e innovazione Contributo di: Federico Mallone Questo contributo è il quinto capitolo della ricerca "Assetto Produttivo, Competitività e Crescita nei Paesi in Transizione", cofinanziata dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione CRT, svolta dal CIRPET (Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Paesi Emergenti e in Transizione, C/o Dipartimento di Economia "S.Cognetti de Martiis" dell’Università di Torino, www.cirpet.unito.it, Direttore Prof. Carlo BOFFITO). La ricerca è stata presentata dal Cirpet, dalla Camera di Commercio di Torino e dal Centro Estero delle Camere di Commercio Piemontesi al “Centro Congressi Torino Incontra” a Torino il 4 marzo 2005. 1 1. Una chiave di lettura 1.1. La transizione: aspetti positivi. L’immagine dell’economia estone che traspare da gran parte della letteratura (scientifica e non) è caratterizzata da toni assai ottimistici. La sua esperienza viene portata ad esempio per tutti i paesi ex sovietici e dell’Europa orientale che non hanno ancora ultimato il processo di transizione. Per molti aspetti il modello estone può essere effettivamente considerato uno schema vincente. Esso è caratterizzato da alcune qualità specifiche, che costituiscono la base del suo successo internazionale e del buon andamento dell’economia. L’apertura radicale nei confronti del mercato, nella sua forma più liberista, ha dato all’economia estone la flessibilità indispensabile per risolvere i grandi problemi che ha dovuto affrontare, ha promosso la precoce formazione delle istituzioni necessarie per il suo funzionamento ed ha creato un ambiente favorevole e stimolante per gli investitori internazionali. L’investimento estero, soprattutto scandinavo, ha rappresentato a sua volta lo stimolo più importante per la ristrutturazione del sistema economico, ha favorito il ri-orientamento produttivo e commerciale del paese ed ha prodotto buoni risultati nella successiva reintegrazione dell’economia estone nell’ambiente circostante. Anche i fattori culturali e storici sono stati determinanti, così come il clima generale di entusiasmo e collaborazione che si è venuto a creare tra i paesi nordici. L’inserimento dell’economia estone nella catena produttiva scandinava costituisce la ragione principale della rapida diffusione delle nuove tecnologie all’interno del paese. Esse rappresentano uno dei settori più promettenti nel contesto economico odierno, e la loro presenza costituisce per l’Estonia una risorsa preziosa. Infatti molte imprese locali (spesso di piccole dimensioni) hanno sviluppato soluzioni innovative e sono state in grado di acquisire fama mondiale. Il governo estone è stato decisamente attivo nella promozione di queste dinamiche virtuose. I suoi obiettivi principali sono stati l’attrazione degli investimenti esteri e lo sviluppo della cosiddetta “economia basata sulla conoscenza”, attraverso la predisposizione di un sistema fiscale molto snello e deregolamentato e la creazione delle condizioni infrastrutturali ideali, soprattutto dal punto di vista informatico e telematico. A causa della sua positiva situazione generale, l’economia estone è posizionata molto in alto nei principali indici di competitività internazionale. Questo rende interessanti le prospettive del paese per i prossimi anni, e lascia intravedere buone possibilità di successo per la sua crescente integrazione nell’economia europea. Box 1: La tecnologia in Estonia La rapida adozione delle nuove tecnologie e la specializzazione nelle attività economiche ad esse correlate è una delle caratteristiche più importanti del sistema estone. Le politiche istituzionali hanno curato questo aspetto più di ogni altro, fin dai primi anni dell’indipendenza. Oggi l’Estonia è uno dei paesi che utilizza maggiormente le nuove applicazioni della telematica (come e-commerce ed e-governement), e ne ha sperimentate di nuove, introducendo innovazioni originali come m-commerce, m-parking, file sharing. Inoltre i principali partner del paese (Finlandia e Svezia) sono tra i più avanzati al mondo in tali 2 produzioni, ed hanno subito individuato nell’Estonia la sede di delocalizzazione ideale. La necessità dei leader scandinavi della telefonia mobile di internazionalizzarsi e di recuperare competitività sui costi si è coniugata con la disponibilità da parte dell’Estonia indipendente di divenire un loro fornitore strategico. La maggior parte della produzione tecnologica estone è dunque legata alla manifattura elettronica, ed in particolare alla componentistica per telefonia mobile. Una sola impresa (la Elcoteq) è responsabile di gran parte della produzione e dell’esportazione in questo settore. Tuttavia anche le piccole imprese locali sono competitive, per quanto potrebbero essere minacciate dal tendenziale aumento dei costi e dei salari. Di esse, la maggior parte costituisce l’indotto della Elcoteq o è attiva nella produzione di componentistica e software. La tecnologia è stata determinante per la conversione dell’Estonia anche dal punto di vista del commercio internazionale. Il paese è oggi tra i più specializzati al mondo in produzioni elettroniche e informatiche; molti dei suoi successi dipendono dai successi del settore. Piuttosto, l’entità dei potenziali effetti positivi è stata limitata dalle condizioni economiche e sociali circostanti. I problemi esistenti nello sviluppo dell’impresa locale e l’impatto in parte distorsivo degli Ide costituiscono fattori decisivi che impediscono la crescita dell’Estonia come polo tecnologico dotato di importanza intrinseca. Il sistema di innovazione nazionale è particolarmente debole nella sua componente privata. Il settore della ricerca e sviluppo in Estonia ha ottenuto risultati inferiori alle aspettative, non tanto a causa dei limitati contributi governativi, quanto per l’apporto relativamente ridotto fornito dalle imprese private. Gli ampi rapporti di perfezionamento passivo e la scarsità delle risorse reperibili localmente impedisce alle grandi imprese estere e a quelle piccole e private di investire adeguatamente in ricerca e sviluppo. Innovazione e tecnologia non sono le sole responsabili del notevole sviluppo dell’Estonia negli ultimi anni. Esso è in gran parte dovuto alla domanda interna, che è rimasta molto alta per un periodo insolitamente lungo, dall’indipendenza (nel ’91) ad oggi. Molti degli investimenti affluiti nel paese (soprattutto nel settore commerciale e dei servizi) sono stati motivati dall’esistenza di un mercato desideroso di consumare “all’occidentale”, dopo anni di “occupazione sovietica”. La ragion d’essere di molte delle attività che movimentano l’economia dell’Estonia risiede nella presenza di una domanda interna relativamente elevata. Essa è un effetto dell’atteggiamento condiscendente delle banche e delle istituzioni nei confronti del consumo e del credito verso i privati. Un’interruzione di tale politica potrebbe pregiudicare l’equilibrio dell’economia estone. 1.2. La transizione: aspetti negativi. Un’analisi più approfondita della realtà estone fornisce alcuni spunti problematici, che rendono meno unilaterale il giudizio circa la solidità del suo percorso di sviluppo. Del resto il meccanismo di riconversione di un’economia è un processo molto lento, e la situazione iniziale dell’Estonia non era delle migliori, anche in base ai parametri dell’Europa orientale. I rapidi successi, ottenuti nel corso degli anni ’90, non hanno cancellato del tutto i problemi del paese. Piuttosto, la natura impetuosa e deregolamentata di tale evoluzione ha contribuito a crearne di nuovi. L’estrema fiducia riposta nei meccanismi del mercato ha notevolmente allargato i divari esistenti all’interno del paese, a livello sociale e regionale. Alcune aree e strati sociali hanno potuto sfruttare le 3 opportunità offerte dalla transizione, mentre altri hanno dovuto pagare le conseguenze della crescente incertezza economica. In assenza di una “mano riequilibratrice” queste disparità sono aumentate con gli anni, con effetti negativi per l’equilibrio generale del sistema. Il capitale estero, che si è immediatamente costituito come la più forte delle forze in campo, ha potuto trarre il massimo vantaggio da tale situazione. Il suo controllo, caratterizzato da una posizione dominante difficilmente contrastabile, si estende ai settori più importanti dell’economia estone. Esso non ha aiutato le imprese locali a raggiungere dimensioni e capacità competitive apprezzabili, ma le ha rese fragili e dipendenti: in assenza di un aiuto esterno, il loro sviluppo continua ad essere ostacolato dal difficile accesso a capitali, tecnologie e mercati. In questo senso il funzionamento anomalo del settore bancario costituisce la difficoltà più grande (cfr. box 2, il paragrafo sul sistema bancario). Le ripercussioni di tale situazione sono negative anche sulla competitività tecnologica dell’Estonia. Le imprese locali rischiano di restare bloccate all’interno dei canali di produzione e di scambio controllati dalle grandi imprese estere, caratterizzati da un livello tecnologico e qualitativo relativamente basso, essenzialmente connesso a dinamiche di perfezionamento passivo. Questo limita notevolmente molti dei benefici derivanti dalla loro specializzazione nei settori più promettenti. Molte di queste contraddizioni sono state alimentate dalle scelte politiche del governo. La sua fiducia nel mercato e nell’investimento estero ha innescato una situazione contraddittoria: la presenza di un mercato deregolamentato e l’afflusso di investimenti esteri hanno garantito il successo economico del paese, ma senza il mantenimento di queste condizioni l’economia estone rischia di crollare su se stessa. Ad esempio, il carico fiscale limitato ha contribuito ad attrarre le imprese scandinave, ma ha ridotto le risorse per attuare politiche di riequilibrio sociale e regionale. In questo modo molti dei problemi del paese permangono, ma l’innalzamento delle imposte viene evitato perché scoraggia l’afflusso dei capitali, indispensabile per il funzionamento della attività produttiva. Il meccanismo che ha garantito fino ad oggi la buona performance del sistema continua a funzionare, ma esistono questioni di base che non sono state risolte. Da questo punto di vista le prospettive dell’Estonia risultano molto più incerte, ed il suo ingresso nell’Unione europea tende ad apparire soprattutto come un’occasione per districare le residue difficoltà strutturali, con un oculato utilizzo dei fondi comunitari. Box 2: Le principali contraddizioni della struttura economica estone I divari regionali. Sono consistenti, appaiono soprattutto confrontando Tallinn ed il resto del paese, ma anche le contee centro-orientali e quelle settentrionali. Il nord-est dell’Estonia (identificabile nelle regioni di Narva e Kohtla-Järve), che è stato privilegiato dall’industrializzazione sovietica, presenta una struttura produttiva pesante e fatiscente, costituita da imprese estrattive, chimiche e metallurgiche. Quelle che non sono ancora state chiuse attraversano una fase di grande difficoltà. La loro stessa esistenza costituisce una violazione delle norme ambientali di base dell’Unione europea. La vicinanza del confine russo, la composizione etnica della popolazione (prevalentemente russofona) ed il degrado sociale hanno scoraggiato l’ingresso di investitori esteri. Nel clima di generale deregolamentazione della transizione in Estonia, queste aree sono sempre più sprofondate in una spirale di depressione socio-economica. Questa situazione rappresenta una minaccia per la stabilità dell’intero paese. Essa 4 alimenta le rivendicazioni delle frange oltranziste russe, che chiedono la ri-annessione dell’IdaVirumaa alla Russia. I divari sociali. Sono consistenti soprattutto tra vecchi e giovani, tra russofoni ed estoni. La loro distribuzione geografica è molto chiara: le fasce più deboli della popolazione si concentrano nelle regioni disagiate, nei quartieri degradati delle principali città e nei villaggi poveri e isolati della campagna. Al contrario, le fasce più ricche ed istruite popolano le zone più belle e moderne dei grandi centri, soprattutto di Tallinn. Gli anziani sono particolarmente vulnerabili perché il sistema pensionistico è crollato dopo l’indipendenza. I contributi versati alle strutture centralizzate sovietiche non sono stati restituiti, e l’atteggiamento rigoroso dal punto di vista fiscale (derivante dalla scelta del currency board) ha impedito la costituzione di un sistema nuovo e funzionante. Le pensioni medie sono al di sotto dei livelli minimi di sussistenza, e molti anziani sono costretti a lavorare in nero per sopravvivere. La tutela sindacale è pressoché inesistente, così come il rispetto delle norme basilari del lavoro. È possibile assumere e licenziare senza alcun vincolo, i turni possono raggiungere le dodici ore. Questo pone i lavoratori meno qualificati in una posizione di estrema vulnerabilità. Anche i lavori meglio retribuiti sono soggetti, nel bene e nel male, ad una flessibilità elevata. La popolazione di origine russa è naturalmente oggetto di ulteriori discriminazioni. Esse aggravano la situazione già resa precaria dal suo livello di istruzione, mediamente più basso. Tali condizioni di lavoro possono essere sfruttate da imprese particolarmente propense all’utilizzo di manodopera flessibile e poco retribuita, ma dal punto di vista della competitività esse costituiscono per l’Estonia più una debolezza che una forza. Ad esse sono attribuibili molti dei problemi più gravi denunciati dalle aziende che operano nel paese, tra cui soprattutto la scarsità di figure professionali qualificate. Inoltre l’elevata mobilità della forza lavoro ne limita l’affidabilità, risultando alla lunga dannosa per la stessa impresa. Questa situazione di incertezza e di conflittualità tende a ripercuotersi negativamente sulle relazioni industriali. Impresa locale e Ide. Gli investimenti esteri hanno svolto un ruolo ambiguo per l’Estonia in termini di sviluppo locale. Da una parte i loro capitali sono stati indispensabili alla ristrutturazione e alla ripresa dell’attività produttiva, hanno migliorato la dotazione tecnologica del paese ed hanno creato un notevole indotto di micro imprese e di piccole imprese. Dall’altra, nella maggior parte dei settori essi hanno acquisito una posizione dominante e limitano lo sviluppo di imprese locali di dimensioni rilevanti. La presenza delle multinazionali scandinave è decisamente radicata sul mercato interno; inoltre essa assorbe molte delle risorse del paese, soprattutto in termini di figure professionali qualificate, il cui costo tende ad aumentare. La maggior parte delle imprese estoni lamenta infatti difficoltà nell’accesso ai mercati e alle risorse. Per esse il maggior potere contrattuale che un partner estero è in grado di offrire rappresenta il mezzo più sicuro per poter sopravvivere a lungo. Tuttavia il controllo estero tende più a perpetuare il problema che a risolverlo, e spesso circoscrive l’impegno delle imprese locali ad attività a minor valore aggiunto. Inoltre pone la struttura produttiva in una situazione di precarietà, perché dinamiche esterne poco controllabili possono indurre lo spostamento delle filiali verso localizzazioni alternative. Il governo liberale tende ad avvallare il ruolo centrale 5 assunto dalle grandi imprese, in virtù della loro importanza per il paese, sottraendo risorse utili a finanziare uno sviluppo più equilibrato e stabile. Il sistema bancario. Il funzionamento anomalo del sistema bancario rappresenta uno dei fattori limitanti più gravi per l’economia estone. Le banche sono controllate quasi interamente dai capitali svedesi, sono molto solide e competitive ed attraversano una fase di espansione nei paesi limitrofi. Tuttavia la loro attività è attualmente sbilanciata a favore del credito al consumo e del credito verso i privati, per il quale offrono condizioni particolarmente vantaggiose. Questo atteggiamento rinforza la frenesia consumistica degli estoni, che perdura oltre i limiti imposti dalla necessità di mantenere l’equilibrio macroeconomico. L’economia attraversa una fase di surriscaldamento ed il deficit commerciale ha raggiunto livelli preoccupanti. Ciononostante, gran parte della crescita del paese negli ultimi anni è stata trainata dall’elevata domanda interna. Gli effetti di una continuazione di tale impeto consumistico (concluso da alcuni anni negli altri paesi dell’Est), così come quelli di una sua brusca interruzione, potrebbero essere molto gravi. Un’eccessiva disinvoltura nel concedere prestiti a privati (spesso dietro la garanzia di un posto di lavoro e di uno stipendio poco sicuro) potrebbe minare la tradizionale solidità dello stesso sistema bancario. D’altra parte la disponibilità delle banche nel concedere prestiti per finanziare attività produttive a livello locale non è altrettanto spiccata. I livelli più elevati di rischio e i più alti ammontari necessari, congiuntamente con tassi d’interesse comunque bassi, rendono molto alta la domanda di attività collaterali come garanzia. Le imprese più piccole spesso non sono in grado di soddisfare questi requisiti e risultano penalizzate; né sono in grado di ottenere finanziamento attraverso l’emissione di azioni, perché i mercati e gli strumenti finanziari sono poco sviluppati in Estonia. Quest’ultima caratteristica è anche legata alla necessità di ridurre il rischio di attacchi speculativi che potrebbero destabilizzare il sistema di cambi fissi. 1.3. L’Estonia e l’allargamento. L’Estonia è in una valida posizione per sostenere la concorrenza internazionale, ma gran parte di ciò che caratterizza la situazione odierna verrà a cambiare in seguito al suo ingresso nell’Unione europea. Tale prospettiva non ha rappresentato finora uno stimolo significativo per nuovi investimenti, anche se è stata generalmente gradita dal mondo delle imprese, che l’hanno accolta come una conferma dei successi del paese. L’atteggiamento dei cittadini e degli operatori locali verso l’allargamento resta a tutt’oggi piuttosto controverso. • I rappresentanti delle forze politiche dimostrano un diffuso ottimismo, ma non ritengono che gli effetti dell’adesione siano consistenti. Essi considerano l’ingresso nell’Ue come l’ufficializzazione di un processo già quasi completato, che non muterà considerevolmente le prospettive del paese. • L’atteggiamento degli operatori privati è più problematico. Esso rivolge maggiore attenzione all’incognita dell’aumento dei prezzi e della diminuzione della competitività salariale, di cui già oggi si avvertono gli effetti: 1) prezzi e salari sono in crescita da alcuni anni; 2) la performance del paese nell’attrazione di investimenti esteri attraversa fasi di declino sempre più frequenti; 3) l’interesse di molti (e anche di alcune imprese estoni) si è già spostato aldilà della nuova frontiera dell’Unione europea. 6 Il miglioramento delle componenti della competitività non legate al prezzo, come la qualità dei prodotti e la tecnologia applicata, rappresenta la chiave di volta per rispondere a queste sfide. Oggi è evidente che i segmenti produttivi e le imprese che sono riusciti ad attuare per prime con successo questa “seconda transizione” verso livelli superiori di qualità e tecnologia rappresentano una forza trainante per l’intero sistema economico. Le difficoltà restano molte, ma il governo estone è da tempo nettamente orientato in questa direzione. Si assiste infatti un dinamismo eccezionale e ad un continuo moltiplicarsi di iniziative, il cui fine ultimo è quello di fare dell’Estonia un polo di avanguardia tecnologica in Europa. Ma la crescente integrazione nell’Unione europea non è soltanto un problema, di cui si cerca la risposta attraverso il miglioramento tecnologico. Essa è anche un’opportunità: 1) per sviluppare le potenzialità tecnologiche esistenti attraverso progetti congiunti; 2) per garantire ai settori produttivi d’avanguardia l’accesso al mercato europeo; 3) per garantire all’Estonia una protezione politica e daziaria europea nei confronti della Russia. Queste nuove possibilità, che si apriranno in particolare lungo i confini orientali del paese, potranno essere alla base di un rinnovato interesse da parte degli investitori internazionali. I principali disagi della struttura economica estone sono dovuti alla persistenza di divari interni molto pronunciati, non colmati dal tipo di sviluppo portato avanti finora. È dunque probabile che l’ingresso nell’Ue rappresenti un notevole passo avanti verso una graduale attenuazione dei divari interni, grazie alle politiche di riequilibrio sociale e regionale attuabili mediante i fondi strutturali. Inoltre i progetti infrastrutturali europei potranno eliminare molti dei fattori alla base della marginalizzazione economica di alcune aree dell’Estonia, estendendo i progressi che hanno finora caratterizzato Tallinn e la regione circostante. 2. Aspetti salienti L’Estonia è il più piccolo degli stati baltici, sia per popolazione che per superficie. Si trova in una posizione spiccatamente strategica, sulle rotte che congiungono la Scandinavia con il resto del Baltico e con la Russia. Grazie ad un processo di transizione portato avanti con estrema decisione è oggi uno dei paesi più avanzati dell’Europa orientale ed uno dei più integrati a livello internazionale. Tab.1: Paesi baltici: dati generali, 2002 Estonia Lettonia Lituania 1.356.000 2.337.000 3.476.000 Pil pro capite (€) 5091 3813 4221 Disoccupazione (%) 10,3 12,0 13,8 Popolazione Fonte: Statistical office of Estonia (2003), nostra elaborazione Le politiche liberiste radicali avviate fin dal ’91 (l’anno dell’indipendenza) hanno garantito all’Estonia risultati economici migliori di quelli degli altri stati baltici e dei paesi ex sovietici. Tali politiche si sono basate sul libero accesso delle merci e dei capitali, nonché su un sistema valutario, il 7 currency board (con ancoraggio prima al marco e poi all’euro), e sulla privatizzazione quasi totale delle attività produttive pubbliche. La privatizzazione, oggi conclusa, si è sviluppata in varie fasi: 1) la vendita diretta delle imprese più importanti ad investitori strategici esteri; 2) la vendita all’asta delle imprese minori, o delle partecipazioni di minoranza; 3) l’offerta pubblica di azioni emesse a fronte delle quote residue delle imprese più conosciute. Tab.2: Avanzamento della transizione in Estonia (votazione da 1 a 10) imprese mercati e commercio settore finanziario infrastrutture privatizzazione grandi imprese 9 piccole imprese 10 governanza e ristrutturazione 7 liberalizzazione dei prezzi 9 politiche monetarie e commercio estero 10 politiche per la concorrenza 5 riforme bancarie e tassi d’interesse 8 altre istituzioni finanziarie 7 riforma delle infrastrutture 7 Fonte: Bers (2003) Oggi la posizione dell’Estonia nel processo di convergenza verso un’economia di mercato matura è analoga a quella di paesi particolarmente dinamici come la Repubblica ceca e l’Ungheria. Tab.3: Tassi di crescita tasso di crescita del Pil reale 2000 2001 2002 2003 2004* 7,3 6,5 6,0 5,0 6,8 Fonte: Eesti Konjunktuuriinstituut (2004); Bers (2004) *dati relativi al primo trimestre Tab.4: Indicatori di competitività mondo ceec* termine di paragone world competitiveness index 17° 1° Baviera, Lombardia growth competitiveness index 22° 1° Belgio, Irlanda index of economic freedom 6° 1° Usa, Danimarca Fonte: Imd, Wef, Heritage Foundation (2003); *central and eastern European countries In questi anni l’economia estone ha raggiunto e mantenuto tassi di crescita molto elevati, nonostante il tendenziale rallentamento dell’economia mondiale. Le sue prospettive sono giudicate molto favorevoli dai principali indici di competitività internazionale, che la collocano in testa ai paesi in transizione e in una posizione analoga a quella delle regioni e degli stati europei più dinamici. Tab.5: Trasporto di beni attraverso i porti estoni 8 1996 1997 milioni di tonnellate 19 23 1998 1999 2000 2001 2002 29,5 34,5 40 42 47,5 Fonte: Statistical office of Estonia, Enterprise Estonia (dati indicativi) I principali vantaggi dell’investimento in Estonia sono legati alla sua posizione geografica e all’efficienza delle sue infrastrutture, che offrono un facile approdo a mercati molto dinamici quali quelli scandinavi e della Russia baltica. Il governo si è impegnato a far transitare attraverso i porti estoni la maggior parte delle merci provenienti dalla e destinati alla Russia. Tab.6: Imposizione fiscale imposta sui profitti (Irpeg) 0%* imposta sui profitti (dividendi) 26% iva 18% contributi sociali 20% contributi sanitari 13% imposta personale sul reddito 26% Fonte: Enterprise Estonia (2003); *sui profitti reinvestiti Anche le politiche istituzionali sono ispirate a un fermo liberismo economico e a un atteggiamento estremamente accogliente nei confronti dell’investimento estero (e dell’iniziativa privata in generale), che trae vantaggio da misure particolarmente favorevoli. Il livello molto basso di imposizione fiscale rappresenta uno degli aspetti più interessanti della politica economica, soprattutto per le imprese internazionali, in grado di distribuire con dimestichezza profitti e investimenti tra vari paesi. Tab.7: Livelli salariali salario medio lordo mensile (€) variazione rispetto all’anno precedente 1999 2000 2001 2002 287 316 356 396 +10,4% +10,5% +12,3% +11,5% Fonte: Eesti Konjunktuuriinstituut (2004) Per quanto abbiano registrato negli ultimi anni un deciso aumento, i salari sono ancora contenuti rispetto ai paesi in transizione giunti ad un analogo livello di sviluppo, e sono compensati da costi sociali e costi operativi molto ridotti. Inoltre la tendenza all’aumento della produttività del lavoro è più marcata in Estonia che in Ungheria o nella Repubblica ceca, anche se questo aumento è dovuto in parte ad un punto di partenza un po’ più basso. Tab.8: Confronti internazionali (settore manifatturiero) Ungheria 9 Rep. ceca Estonia Produttività del lavoro* 2001 2002 2001 2002 2001 2002 1,6 3,8 5,4 5,4 6,7 14,5 Costo del lavoro per unità di prodotto** 131,2 148,3 137,3 153,9 123,4 118,5 Fonte: Bers; * variazione % rispetto all’anno precedente; ** 1995 = 100 Tab.9: Forza di lavoro Produttività per addetto ($) Preparazione (valutazione dei manager*) Estonia Usa Italia R. Ceca 23.627 71.858 64.495 31.652 5,92 6,72 4,52 5,61 Fonte: Imd, Enterprise Estonia (dati relativi al 2001 e al 2002); *scala da 1 a 10 Il livello di preparazione e di affidabilità della forza di lavoro è eccellente anche in base agli standard occidentali. Ciononostante, la produttività per addetto continua ad essere notevolmente più bassa rispetto a quella dei paesi più avanzati, a causa di una dotazione inadeguata di beni capitali e di una disponibilità limitata di capacità manageriali. I principali problemi del paese riguardano i notevoli divari sociali, regionali ed economici. Le regioni esterne a quella di Tallinn sono state toccate solo marginalmente dagli investimenti e dal recente sviluppo; la stessa cosa si può ripetere per ampie fasce della popolazione, in particolare quelle anziane e russofone; l’impresa locale difficilmente riesce ad acquisire solidità e dimensioni accettabili. Gran parte di queste divergenze sono legate agli effetti sperequativi degli investimenti esteri e delle politiche liberiste attuate nel corso della transizione, che hanno concentrato in un numero ridotto di settori produttivi, di regioni e di ceti sociali i benefici dello sviluppo economico. Il ruolo riequilibratore delle politiche del governo è sempre stato molto modesto, sia per una carenza effettiva di risorse (aggravata da una politica fiscale rigorosa), sia per la scelta di concentrare gli sforzi sulla promozione degli investimenti e dei settori produttivi strategici. Tab.10: Divari regionali regioni settentrionali % di valore aggiunto sul tasso di % di vendite totale nazionale disoccupazione sul tot. nazionale 58,8 8,9 71,8 ,, centrali 7,6 9,4 4,4 ,, nord orientali 7,7 19,2 6,4 ,, occidentali 9,1 9,8 4,0 ,, meridionali 16,1 12,3 13,4 Fonte: Ice (2003) 10 3. Struttura produttiva L’aspetto strutturale più impressionante dell’economia estone è il peso preponderante acquisito dal settore dei servizi, che testimonia il livello di avanzamento delle riforme e dell’integrazione internazionale da essa raggiunto. All’interno di tale settore le attività più importanti sono quelle che legano l’economia del paese all’ambiente circostante. Il turismo rappresenta una ricca fonte di nuovi legami internazionali e di valuta estera, uno stimolo per un’ampia gamma di attività produttive ed una garanzia per larghi strati delle forze di lavoro; il suo ruolo è stato determinante nel costituire le basi dell’apertura economica e culturale dell’Estonia. Tab.11: Composizione del prodotto interno (2003) settore primario 5,5 settore secondario 28,5 di cui attività manifatturiere 19,5 servizi di pubblica utilità 2,6 costruzioni 6,4 commercio 13,7 turismo, trasporti, intermediazione 33,0 altri servizi pubblici e privati 19,3 66,0 settore terziario di cui Fonte: Statistical office of Estonia I trasporti e le comunicazioni (legati in particolare ai porti ed agli oleodotti provenienti dalla Russia) hanno un’importanza analoga, in quanto costituiscono lo strumento più importante attraverso il quale circolano i prodotti e le persone che rendono l’economia estone tanto integrata con l’estero. Tale integrazione è a sua volta un fattore decisivo nell’attrazione degli investimenti e nel finanziamento del deficit commerciale del paese. Il settore finanziario è quasi interamente nelle mani degli svedesi, è estremamente solido e competitivo ma tende a perpetuare alcuni squilibri più che a risolverli: spesso alimenta l’eccessiva euforia dei consumatori estoni, rinunciando a sostenere le imprese emergenti. Tab.12: Composizione % della produzione manifatturiera (2003) cibo, bevande 17,7 tessile, abbigliamento, cuoio 13,3 legno, carta, mobili 22,9 chimica, plastica, metalli 24,3 macchinari, elettronica, attrezzature 16,5 altro 5,3 Fonte: elaborazione su dati Statistical office of Estonia 11 L’industria costituisce un settore ancora rilevante dell’economia estone. A fronte dell’industria estrattiva e pesante, un tempo fiorente nell’est del paese ed oggi in via di smantellamento, hanno acquisito grande vigore le produzioni più leggere, favorite dall’afflusso di capitali internazionali. Tab.13: Indici di specializzazione per alcuni prodotti vantaggio competitivo posizione a livello rivelato* mondiale IT e elettronica di consumo 2,03 7° prodotti in legno 4,25 14° varie manifatture 1,27 17° tessili 1,73 26° attrezzature non elettroniche 0,41 48° componenti elettroniche 0,43 50° prodotti chimici 0,55 68° alimentari 0,53 69° *formula di Bela-Balassa; valori superiori a 1 indicano una specializzazione; Fonte: Itc (2002); Il settore alimentare è rivolto al mercato e all’impresa locali, di cui costituisce la parte più solida, ma è già internazionalizzato in alcune produzioni (latticini, bevande alcoliche e pesce). Rappresenta una buona possibilità di cooperazione per le imprese italiane, con le quali potrebbe scambiare conoscenze relative ai rispettivi mercati (da una parte l’area baltica, dall’altra la “vecchia” Unione europea), con reciproci vantaggi in termini di ulteriore penetrazione commerciale. Il settore elettronico è nello stesso tempo il più competitivo, il più orientato all’esportazione ed il più dipendente dagli investimenti esteri; quello che lascia intravedere maggiori aspettative per il futuro e quello sul quale le autorità centrali puntano maggiormente, nonché quello che ha già avuto un peso maggiore nel riorientamento della specializzazione internazionale dell’Estonia. Sebbene la sua quota nella produzione manifatturiera sia più limitata di quella di altri settori, l’elettronica occupa una posizione centrale nell’immagine più pubblicizzata dell’economia del paese. Le sue potenzialità sono effettivamente notevoli (com’è dimostrato dall’indice di specializzazione internazionale, nella tabella 13). Tuttavia è ancora molto dipendente da attività di perfezionamento passivo che lasciano poco spazio per la transizione verso una “economia basata sull’innovazione”, che rappresenta il fine ultimo degli sforzi politici delle autorità estoni. Molti dei suoi sviluppi sono ancora legati all’imitazione ed all’assorbimento di tecnologia, e resta un settore molto concentrato in un numero limitato di imprese (in particolare in una, la Elcoteq, con il suo indotto). L’industria forestale presenta grandi prospettive in termini di sfruttamento di materie prime, e per la presenza di un indotto del mobile già competitivo; insieme al settore tessile essa mantiene buoni livelli di competitività e di internazionalizzazione, ma la sua natura labour-intensive già rende necessario valutare la convenienza di spostamenti verso altri paesi. Anche in questo ambito potrebbero 12 esistere buone opportunità per le imprese italiane: la quota di questi settori nelle esportazioni estoni in Italia è già del 60 per cento. L’agricoltura è stata probabilmente l’attività meno avvantaggiata dalla transizione, ed in particolare dall’assenza di dazi e sussidi paragonabili a quelli adottati in altri paesi (in primo luogo europei). Per questi motivi (e per una situazione di partenza non eccelsa) non ha potuto contare su una significativa espansione internazionale ed interna, ed è rimasta un settore relativamente arretrato. Oggi costituisce una quota marginale del prodotto e dell’occupazione dell’Estonia (tabella 11), ma l’atteggiamento benevolo dell’Unione europea e i fondi che le saranno destinati nei prossimi anni in seguito all’adesione apriranno prospettive di investimento interessanti. 4. Il mondo dell’impresa Il settore delle imprese in Estonia è quasi interamente dominato dall’iniziativa privata, di cui quella estera rappresenta una quota notevole, in particolare in termini di fatturato. I dati potrebbero sottostimare la reale entità del fenomeno, data la grande varietà di forme indirette che può assumere il controllo estero. Tab.14: Struttura del settore delle imprese per tipo di proprietà (2000) pubbliche private Totale statali locali totale estoni estere totale n° di imprese (%) 0,3 1,1 1,4 92,5 6,0 98,6 100 fatturato (%) 6,5 2,5 9,0 69,0 22,1 91,0 100 Fonte: Estonian Enterprise Register Dal punto di vista dimensionale la situazione è estremamente frammentata: la micro-impresa costituisce la parte preponderante del settore, seguita da un’impresa piccola e media la cui presenza resta comunque limitata, e da un settore della grande impresa numericamente molto ridotto. Tuttavia in termini di fatturato queste tre componenti si suddividono il totale in parti quasi uguali, a testimonianza della bassa produttività della micro-impresa (a controllo prevalentemente locale) e dell’alta produttività della grande impresa (a controllo prevalentemente estero). Tab.15: Dati dimensionali delle imprese (fine 2002) Fatturato, % sul totale n° di dipendenti n° di imprese, % sul totale 35.6 1 - 19 89.0 18.1 20 - 49 7.1 12.6 50 - 99 2.3 13 33.7 > 100 1.6 100 totale 100 Fonte: Estonian Enterprise Register Questa situazione è in parte spiegabile in termini di limitatezza (e di frammentazione geografica) del mercato interno, in parte con la maggior concentrazione delle aziende più piccole nel settore dei servizi, che lascia spazio ad un settore manifatturiero più variegato. Tuttavia esiste anche una componente patologica, legata all’influenza economica e politica che singole imprese molto grandi sono in grado di esercitare in un paese così piccolo, ed alle difficoltà strutturali che ostacolano l’evoluzione delle micro-imprese in strutture più solide. Innanzitutto, i settori in cui vi erano notevoli prospettive di crescita (e dunque imprese di dimensioni maggiori) sono stati immediatamente colonizzati dal capitale estero. Ciò ha portato a un’espansione dell’indotto (e dello sviluppo di imprese di dimensioni relativamente minori), ma ha presto generato posizioni dominanti difficilmente contrastabili. La pressione della concorrenza infatti è considerata dalla Bers l’aspetto più problematico della transizione economica in Estonia (cfr. tabella 2). Essa rappresenta anche un effetto collaterale delle politiche liberiste che, ponendo sullo stesso piano le imprese grandi e piccole, hanno reso più difficile l’affermazione delle seconde. Inoltre il sistema bancario agevola ampiamente il credito al consumo e varie forme di credito speciale a vantaggio di particolari categorie (soprattutto giovani e studenti), ma richiede consistenti garanzie alle imprese, che necessitano di crediti più elevati. Questo rende facile avviare un’attività, ma molto difficile mantenerla, soprattutto nei primi anni e per mancanza di collaterali. Alla concorrenza delle imprese estere ed alla carenza di capitali si aggiunge spesso una scarsa esperienza imprenditoriale. Box 3 – Elcoteq e Tarkon, i leader della manifattura elettronica L’investimento della Elcoteq è il più ingente di quelli attratti dall’Estonia in campo manifatturiero. La Elcoteq è una multinazionale finlandese leader nella produzione sotto licenza di elettronica di consumo, principalmente per conto della Nokia, di cui è la fornitrice più importante. I suoi due impianti di Tallinn, avviati già nel ’92, hanno rappresentato la sua prima esperienza di internazionalizzazione, e si sono progressivamente allargati fino a dar lavoro a più di 3000 addetti. Col tempo tuttavia la natura dell’azienda è andata mutando profondamente: i mercati e le basi produttive di riferimento tendono ad essere sempre più dislocati in estremo Oriente (soprattutto in Cina), mentre è in corso una fase di ristrutturazione produttiva volta a differenziare maggiormente la produzione, soprattutto nella direzione dei servizi avanzati e della progettazione. La perdita di molti clienti (ed in particolare della Ericsson), seguita alla crisi generale del 2001, che ha coinvolto soprattutto i “nuovi mercati” ed il settore delle telecomunicazioni, è stata la ragione di fondo che ha determinato questa duplice svolta strategica. Gli effetti dell’investimento della Elcoteq sul sistema economico dell’Estonia sono stati importanti ma in un certo senso contraddittori. L’investimento ha aiutato il paese dal punto di vista occupazionale e 14 nell’acquisizione di know-how e tecnologia negli anni più duri della transizione, e gli ha aperto la strada dello sviluppo centrato sulle telecomunicazioni. Tuttavia esso è anche la causa principale della notevole concentrazione del settore elettronico in Estonia, che da una parte è alla base della formazione di un indotto di piccole imprese, dall’altra limita lo sviluppo di queste ultime verso strutture più grandi e solide. Inoltre la crescente presenza della Elcoteq in Asia tende a mettere in dubbio le prospettive degli impianti di Tallinn, che non sono in grado di offrire costi convenienti quanto quelli garantiti nelle “zone economiche speciali” cinesi, né risorse paragonabili, in termini di know-how, ai piccoli impianti finalizzati allo sviluppo di nuovi prodotti, dislocati in vari paesi dell’Europa occidentale e negli Usa. La Tarkon è una delle principali fornitrici della Elcoteq in Estonia. Ha tradizioni storiche consolidate: fondata nel 1907 come fabbrica di telefoni, ha attraversato fasi alterne di sviluppo e collaborato con imprese svedesi e tedesche, per raggiungere il culmine del successo durante il periodo sovietico, in cui era specializzata in macchinari di misurazione e di controllo per l’industria aeronautica. Dopo la crisi provocata dalla perdita del mercato ex-sovietico è entrata a far parte del gruppo svedese HallbergSekrom, che le ha fornito nuovi mercati e nuove tecnologie, inserendola nella produzione in subappalto. La specializzazione nella manifattura elettronica è uno dei pochi aspetti che accomuna la sua esperienza a quella della Elcoteq. Le scelte delle due imprese (oltre alla loro natura ed alle loro dimensioni) sono radicalmente diverse: da una parte, la crescente specializzazione nel settore telefonico di consumo è associata ad una notevole visione strategica ed internazionale; dall’altra, per la Tarkon, il tentativo di sopravvivere agli eventi è stato affidato ad una incredibile diversificazione della produzione (in senso verticale e orizzontale) e ad una strategia di collaborazione a livello locale, che le permette di acquisire nuove potenzialità senza un eccessivo impegno finanziario. Il settore delle telecomunicazioni offre grandi opportunità ma è instabile. Le due imprese affrontano tale instabilità con una mentalità opposta. La Tarkon è un’impresa ancora legata al passato, perché le sue scelte sono state condizionate dalla struttura industriale ereditata dai tempi dell’Urss, e perché le sue possibilità di farsi avanti nella ristretta realtà di Tartu dipendono in buona parte dalla reputazione acquisita in quel periodo. I clienti, le imprese partner ed i finanziatori della Tarkon, oltre che i suoi dirigenti, aspirano a ricostituirne il ruolo trainante per l’economia della regione, che ricopriva fino ad alcuni anni addietro. Se rispetto alla Elcoteq la Tarkon ha una condizione più vulnerabile ed una mentalità più difensiva, la sua presenza in Estonia è più chiaramente orientata ad un’ottica di sviluppo di lungo periodo. La sua capacità di attrarre a sé le piccole imprese locali e la sua strategia moderata e realista costituiscono un esempio interessante di come un medio investimento estero può radicarsi con successo nella realtà produttiva estone. 15 5. Commercio estero La composizione merceologica del commercio estero estone rivela una profonda integrazione nel tessuto economico europeo. Il settore più rappresentato è quello elettronico e dei macchinari, seguito da quello del legname, del mobilio, del tessile e dell’alimentare; il primo tuttavia (macchinari ed apparecchiature), ed in una certa misura il tessile, sono di gran lunga quelli in cui la cooperazione con l’estero è più intensa, perché costituisce una parte consistente del traffico di perfezionamento passivo. Tutti questi settori, ma soprattutto il settore elettronico-informatico e quello del legno rivelano anche il maggior livello di specializzazione e di competitività internazionale (cfr. tabella 13). Tab.16: Interscambio manifatturiero dell’Estonia (2003) % export Settore % import 24.2 Macchinari e apparecchiature 27.5 17.5 Legno grezzo e lavorato, carta 4.9 11.1 Tessili 7.2 9.3 Mobili e altre manifatture 1.4 8.7 Metalli grezzi e lavorati 9.2 7.5 Prodotti chimici, plastica e gomma 12.4 7.5 Prodotti agricoli e alimentari 9.1 4.3 Mezzi di trasporto 15.1 2.5 Combustibili 5.4 7.4 Altro 7.8 100.0 totale 100.0 Fonte: Statistical office of Estonia Lo spirito imprenditoriale e la competitività (nonché la composizione relativamente avanzata dell’interscambio) rappresentano un indicatore delle buone prospettive dell’economia estone. Tuttavia possono anche rappresentare un fattore di debolezza, poiché i settori più dinamici sono fortemente dipendenti da processi di perfezionamento passivo. Questo mette in luce la loro scarsa autonomia nei confronti delle esigenze mutevoli degli investitori internazionali, ed il mancato sviluppo di un settore imprenditoriale realmente competitivo. Tab.17: Traffico di perfezionamento passivo (2003) % export Settore % import 58.7 Macchinari e attrezzature 59.2 15.4 Tessili 13.4 9.4 Metalli grezzi e lavorati 8.6 3.7 Prodotti chimici, plastica e gomma 5.7 12.8 Altri prodotti 13.1 100.0 Totale 100.0 16 Fonte: Statistical office of Estonia Questo aspetto è strettamente connesso all’eccessiva “concentrazione e frammentazione” dell’attività produttiva, dove dominano grandi imprese estere spalleggiate da un gran numero di micro imprese locali, poco adatte ad affrontare autonomamente i mercati. Le difficoltà nello sviluppo di Pmi solide hanno spinto il governo ad intensificare gli sforzi per sostenere la cooperazione e la “distrettualizzazione” di tali imprese, dopo aver portato a compimento gli obiettivi prioritari della stabilizzazione macroeconomica e della promozione degli investimenti. L’orientamento geografico del commercio estero estone presenta aspetti significativi. Finlandia e Svezia sono le principali fornitrici delle imprese estoni, ma ancor più rappresentano i loro principali mercati. Questi due paesi assorbono una quota rilevante del loro commercio intra-settoriale, e sono responsabili di molte delle iniziative di cooperazione internazionale esistenti, soprattutto per la formazione della manodopera. Germania e Federazione Russa sono altri partner importanti, in particolare come fornitori (rispettivamente di macchinari e di materie prime), mentre la Lettonia è in primo luogo un grande mercato, ampliato dalla ri-esportazione verso la Russia. Oltre il 90 per cento delle esportazioni ed oltre l’80 per cento delle importazioni hanno come partner un paese europeo, a testimonianza che l’integrazione economica nell’Ue è già in buona parte avvenuta. Tuttavia essa è ancora abbastanza limitata al mondo nordico e scandinavo, che assorbe più del 60 per cento dell’interscambio totale dell’Estonia. Tab.18: Principali partner commerciali (2003) % export Paese % import 25.9 Finlandia 16.1 15.3 Svezia 8.8 3.7 Norvegia 1.0 3.9 Federazione Russa 8.4 ex Urss 1.9 Ucraina 4.3 ex Urss 16,6 % 7.1 Lettonia 2.3 18,4 % 3.7 Lituania 3.4 9.8 Germania 11.4 3.9 Danimarca 2.2 1.1 Polonia 2.9 4.2 Regno Unito 2.3 3.2 Paesi Bassi 2.3 1.3 Italia 3.3 Scandinavia 44,9 % nord Europa 14,8 % altri Europa 8,7 % Scandinavia 25,9 % nord Europa 16,5 % altri Europa 7,9 % Fonte: Statistical office of Estonia Tab.19: Interscambio con l’Italia (2002) Import italiano dall’Estonia Export italiano in Estonia 17 tessili 33,9 % macchinari 45,1 % legno 24,6 % tessili 10,9 % carta 9,9 % metalli 7,3 % minerali 7,3 % mobili 5,0 % Fonte: Ice Il ruolo commerciale dell’Italia è meno rilevante rispetto a quello dei paesi nordici, baltici e della Russia. Il saldo dell’interscambio è positivo per il nostro paese, grazie ad una presenza importante nel settore dei macchinari e dei metalli, oltre che nell’abbigliamento. Le principali importazioni italiane hanno luogo nei settori tessile, del legno e della carta. Esistono buone prospettive per le esportazioni di prodotti alimentari dall’Italia, finora limitate da norme discriminatorie, che presto verranno adeguate in seguito alle richieste dell’Unione europea. 6. Investimenti esteri La composizione settoriale degli investimenti esteri in Estonia è analoga a quella produttiva e commerciale. I risultati ottenuti nell’afflusso di investimenti esteri diretti sono stati tra i migliori dell’Europa orientale, per quanto negli ultimi anni vi sia stato un certo rallentamento. Tale rallentamento da una parte è tipico dei paesi early performers (che, essendosi mossi prima degli altri, hanno già sfruttato i vantaggi offerti dal processo di privatizzazione e dai bassi salari); dall’altra è dovuto a fattori congiunturali, come la crisi del settore elettronico degli anni 2001-2002. Tab.19: Andamento degli Ide e confronti 2000 2001 2002 variazione % Estonia 26,89 40,05 -43,36 Ide in entrata Rep. Ceca -21,01 13,14 65,26 Ungheria -16,74 48,24 -65,00 Ide in entrata, in % Estonia 32,9 37,8 16,8 dell’investimento Rep. Ceca 34,3 35,6 59,1 lordo Ungheria 14,6 20,1 - stock di Ide Estonia 51,5 57,2 65,9 in % del Pil Rep. Ceca 42,1 47,4 54,8 Ungheria 42,5 45,4 38,2 stock di Ide Estonia 1889,29 2257,14 3018,57 pro capite Rep. Ceca 2101,36 2630,29 3733,01 Ungheria 1941,57 2356,20 2441,60 Fonte: Unctad 18 I dati più recenti dimostrano comunque che l’Estonia è ancora prima tra i paesi in transizione in termini di Ide espressi come percentuale del Pil, mentre è seconda (dopo la Repubblica ceca) per quanto riguarda gli Ide pro capite. Il ruolo degli Ide è stato determinante durante la transizione e nella successiva fase di sviluppo. Essi hanno portato in Estonia i capitali e la tecnologia necessari per la ristrutturazione del tessuto industriale, ed hanno semplificato alle imprese estoni l’accesso a nuovi mercati. Tuttavia, i problemi relativi alla disponibilità di capitali, alla tecnologia ed all’accesso ai mercati costituiscono ancora il principale vincolo allo sviluppo delle imprese locali. Per questo motivo gli investimenti esteri continuano ad essere percepiti come indispensabili dagli imprenditori locali e dalla classe dirigente estone. Tab.20: stock di Ide per settore e per attività produttiva (marzo 2004) 0,8 21,7 77,5 100 settore attività economica primario settore primario 0,8 manifattura 17 utilities 2,5 costruzioni 2,2 commercio 15,1 turismo e comunicazioni 18,5 intermediazione finanziaria 30,3 immobili 10,6 altri servizi pubblici e privati 3 totale 100 secondario terziario totale Fonte: Bank of Estonia Tab. 21: afflusso di Ide per attività manifatturiera (2000) beni agricoli e alimentari 22.6 legname, mobilio, carta, editoria 16.5 altri prodotti 19.2 tessili 13.8 prodotti chimici, plastica e gomma 9.8 attrezzature da trasporto 6.9 macchinari e apparecchiature 6.2 metalli grezzi e lavorati 3.9 combustibili 1.0 totale 100 Fonte: Oecd 19 Dal punto di vista settoriale le attività più importanti sono quelle del terziario, ed in particolare turismo, trasporti, commercio e intermediazione finanziaria e immobiliare. Analogamente, in campo manifatturiero, le produzioni principali sono state quelle che oggi presentano una maggior crescita, come quelle dei macchinari, delle apparecchiature e dell’elettronica (inclusa nella voce “altri prodotti”), gli alimentari, il tessile ed il grande settore del legno, della carta e dei mobili. Da una parte questo andamento conferma l’importanza dell’inserimento dell’Estonia nella catena produttiva nordica, alla quale appartengono investimenti tipicamente export-oriented quali quelli manifatturieri: elettronica, macchinari, tessile, legname. Dall’altra mette in evidenza il ruolo altrettanto fondamentale degli investimenti di tipo market-seeking, quali quelli attuati nell’industria alimentare o nei servizi, ed in particolare nel commercio. Le grandi catene moderne di supermercati scandinavi fanno ormai parte del paesaggio di Tallinn ed altre città, alimentate dall’euforia da consumi che in Estonia si prolunga più che in altri paesi, complici anche le suddette misure creditizie e fiscali. Da una parte i bassi tassi d’interesse ed il credito al consumo, dall’altra la defiscalizzazione dei profitti reinvestiti (che incoraggia l’acquisto da parte delle imprese di attività poco necessarie alle loro mansioni, come auto di lusso) rappresentano un notevole meccanismo propulsivo per l’economia estone, che potrebbe però rovesciarsi nel caso in cui l’indebitamento del settore privato si facesse insostenibilmente elevato. Tab.22: principali paesi investitori (% sul totale) (2003) 68,9 4,9 9,8 16,4 Scandinavia Nord Europa Altri Europa Altri mondo Svezia 38,3 Finlandia 28,3 Norvegia 2,3 Danimarca 2,5 Germania 2,4 Paesi Bassi 5,2 Regno Unito 2,5 Italia 2,1 Stati Uniti 6,1 Altri 10,3 Fonte: Ice La situazione riguardante gli investimenti esteri è più concentrata di quella relativa ai flussi commerciali, già fortemente orientati verso i paesi scandinavi. La maggior parte degli Ide sono giunti dalla Svezia e dalla Finlandia, anche se la presenza della prima, preponderante, è concentrata prevalentemente nel settore bancario, mentre la seconda è più differenziata in varie attività, soprattutto manifatturiere e commerciali. La dipendenza economica e commerciale da un numero ristretto di paesi rappresenta un carattere distintivo della situazione estone; essa costituisce nel medesimo tempo la sua principale forza, poiché le economie scandinave sono tra le più competitive ed affidabili a livello mondiale, ma è anche una evidente debolezza, in quanto rischia di bloccare l’Estonia nel suo ruolo di 20 subfornitore a basso costo, le cui prospettive tendono sempre più a ridursi con il progressivo spostamento verso est delle frontiere dell’Unione. La portata degli altri investitori è decisamente ridotta, ma vede soprattutto coinvolti gli Stati Uniti e i Paesi Bassi; la presenza italiana è limitata ad interventi piuttosto marginali in termini di capitali, ed è più consistente nel settore dei servizi (ristorazione, intermediazione immobiliare, vendita di abbigliamento e calzature). 7. Presenza italiana Il principale investimento produttivo italiano in Estonia è stato quello della Htm Sport di Rapallo, produttrice di calzature e attrezzature sportive. Tuttavia tale attività (che impiegava circa 500 addetti) è stata recentemente chiusa; inoltre rappresentava indirettamente un investimento austriaco, poiché la società italiana è controllata al 100 per cento da una multinazionale austriaca. Gli investimenti italiani più conosciuti in Estonia sono quelli effettuati dall’imprenditore Ernesto Preatoni e dalla sua società, la Pro Kapital As. I suoi interessi si sono concentrati soprattutto nel settore finanziario-bancario attraverso la Preatoni Bank, nel settore turistico con l’agenzia di viaggi Domina Travel, nel settore alberghiero con gli hotel della catena Domina, ed anche, fortemente, nel settore immobiliare attraverso la realizzazione di numerose opere di costruzione e ristrutturazione. Tuttavia esse sono oggi per lo più cedute o sequestrate a causa di problemi giudiziari legati in particolare a episodi di evasione fiscale e di fallimenti, che hanno notevolmente rovinato l’immagine economica dell’Italia. La persistenza di un flusso consistente di turismo sessuale di origine italiana non contribuisce a migliorare tale reputazione. Comunque le opportunità che si aprono per le imprese italiane sono notevoli, soprattutto nell’ambito dei macchinari sofisticati (di cui gli investimenti di imprese come la Costech International e la Thor Baltic rappresentano dei buoni esempi di successo), dei servizi (le cui prospettive continuano ad essere assai promettenti nel commercio, nell’intermediazione immobiliare e finanziaria e nella ristorazione) e degli alimentari. In questo settore esistono delle controparti locali aperte ad iniziative di collaborazione, mentre con l’ingresso del paese nell’Unione europea sarà possibile una maggiore penetrazione commerciale. 21 Bibliografia essenziale Bers (2003), Transition Report 2003, Ebrd, London Blawatt K. L. (1995), Entrepreneurship in Estonia: profiles of entrepreneurs, in Journal of small business management, vol. 33, n° 2 Commissione Europea (2003), Comprehensive monitoring report on Estonia’s preparation for membership Dalla Verità G. M., Scarpa C. (2001), Affari & commercio con: i paesi baltici, inserto di Commercio internazionale, n° 15-16 / 2001 Eiu (2003), Estonia, Country profile 2003, Eiu, London Eki, Eesti Konjunktuuriinstituut (2003), Baltic facts 2002 – economic and social indicators (pubblicazione su Cd rom) Enterprise Estonia (2003), pubblicazioni informative e promozionali: Estonia brand book Establishing a company How did John get his money back in one year? 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