(Sentenza Cassazione civile 15/11/2013, n. 25777) Obbligazioni pecuniarie e liberazione del debitore L’impossibilità che, ai sensi dell’art. 1256 cod. civ., estingue l’obbligazione, è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e non si identifica, pertanto, con una semplice difficoltà di adempiere, e cioè con una qualsiasi causa che renda più oneroso l’adempimento, ma consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l’adempimento. Il che, alla stregua del principio secondo cui “ genus nunquam perit”, può verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato, e non già una somma di denaro. Infatti, in materia di obbligazioni pecuniarie, l’impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell’esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo ed assoluto, tale da non poter essere rimosso, e non può consistere nella mera impotenza economica dipendente dall’inadempimento di un terzo nell’ambito di un diverso rapporto. Gli enunciati principi, già espressi in precedenti arresti, sono stati ribaditi dal giudice di legittimità in una recente sentenza pronunciata nel quadro di una articolata e complessa controversia giudiziaria scaturita dall’inadempimento di una società, in veste di promittente venditore, alla stipulazione del contratto definitivo di compravendita di un fabbricato, negozio posto a sua volta a presupposto da altra società, quale promissario acquirente, per la successiva promessa di alienazione a terzi con distinti contratti di determinate porzioni dell’immobile già oggetto della prima promessa di acquisto. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la valutazione operata dal giudice del merito che aveva escluso che l’evento sopravvenuto prospettato dalla società ricorrente (impossibilità di ottenere, a causa della maturata prescrizione, la restituzione degli importi corrisposti a titolo transattivo a terzi, estranei al rapporto contrattuale principale) potesse integrare una impossibilità obiettiva ed assoluta di adempiere l’obbligazione di restituzione delle somme indebitamente versate all’attrice dalla convenuta in forza dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado. Il Commento L’impossibilità sopravvenuta della prestazione pecuniaria, in grado di estinguere in maniera non satisfattiva il rapporto obbligatorio, deve sostanziarsi in un impedimento obiettivo ed assoluto. Le obbligazioni pecuniarie, tuttavia, sono sempre suscettibili di adempimento. È vero che l’impossibilità potrebbe verificarsi in relazione ad una data valuta che ad es. cessi di avere corso legale; ma anche in questi casi l’obbligazione pecuniaria non si estingue in quanto il debitore è tenuto a pagare con moneta avente corso legale. L’impossibilità sopravvenuta di cui all’articolo 1256 c.c. non può coincidere con la mera impotenza economica; la mancanza di risorse economiche da parte del debitore varrà a renderlo inadempiente, con conseguente obbligo risarcitorio ai sensi dell’articolo 1218 c.c. Nel caso all’attenzione della Suprema Corte, giova evidenziare che la controversia ruotava attorno ad una serie di preliminari di compravendita; il primo (quello dal proprietario al promissario acquirente) ha funto da presupposto per la stipula di conseguenziali contratti preliminari posti in essere dal promissario acquirente (nella veste di promittente venditore) in favore di terzi. Si tratta di preliminari di vendita di cosa chiaramente non di titolarità del promittente; a tal proposito è opportuno ricordare che la domanda di risoluzione del promissario acquirente (cui la cosa fosse promessa come appartenente al patrimonio del promittente venditore) è esperibile solo alla scadenza del termine fissato per la stipula del definitivo; se la finalità del preliminare di vendita è quella di far conseguire al promissario acquirente la proprietà del bene occorrerà, infatti, attendere la scadenza fissata per l’obbligazione principale di trasferire in capo al promittente, al fine di valutarne la responsabilità. L’ultimo appunto sulla presupposizione; non essendo esplicitata (nei contratti preliminari successivi al primo) apre le porte ad incertezze e dubbi. Soluzione più garantista, allora, è quella di condizionare sospensivamente l’efficacia dei preliminari successivi all’esecuzione del preliminare “capofila”.