Corso di Diritto industriale e della concorrenza A.A. 2002/2003 COMMENTO ALLA DECISIONE DELLA COMMISSIONE DELLE COMUNITA’ EUROPEE DELL’11/12/2001 RELATIVA AD UN PROCEDIMENTO A NORMA DELL’ARTICOLO 81 DEL TRATTATO CE RIGUARDANTE IL CASO: “SPESE BANCARIE PER IL CAMBIO DELLE VALUTE DELLA ZONA EURO-GERMANIA” La decisione della Commissione delle comunità europee dell’11/12/01 riguarda l’accordo, intercorso tra le maggiori banche tedesche operanti sul mercato del cambio delle valute, per la fissazione di una commissione a titolo di rimborso spese in conseguenza dell’eliminazione del margine di cambio derivante dall’abolizione dello spread denaro-lettera conseguente l’introduzione dei cambi fissi irrevocabili tra le valute partecipanti all’Unione monetaria (zona Euro) a partire dal 1/1/99. Le banche destinatarie della decisione sono: - Commerzbank AG, - Dresdner Bank AG, - Bayerische Hypo- und Vereinsbank AG, - Deutsche Verkehrsbank AG, - Vereins- und Westbank AG. Esse sono riconosciute colpevoli di essersi accordate, attraverso successive riunioni documentate, sulla fissazione di una commissione di circa il 3% dell’importo delle operazioni, da esporre in modo trasparente, con l’obiettivo di riuscire a recuperare almeno il 90% dei ricavi che sarebbero venuti meno in seguito all’abolizione del margine di cambio sulle valute della zona Euro. 1) Qual è il mercato rilevante? Il mercato interessato dalla decisione è quello della compra-vendita di banconote e monete metalliche nelle valute degli Stati aderenti all’Unione monetaria, che a partire dall’1/1/99 rappresentano unità divisionali diverse dell’Euro. Tale mercato è caratterizzato da una certa sostituibilità dal lato dell’offerta (banche e cambiavalute), ma pressoché nulla da quello della domanda, infatti i bonifici transfrontalieri non rappresentano alternative altrettanto valide all’operazione di cambio. All’interno di tale mercato, che rappresenta circa il 52% dell’intero interscambio di valute, la divisa che viene maggiormente trattata è il Marco tedesco che rappresenta il 35% delle operazioni di vendita e il 50% di quelle di acquisto. A sua volta il mercato tedesco contabilizza circa il 20% dell’intero volume di scambi tra i paesi della zona Euro. 2) Che norma è applicata? Il comportamento delle banche tedesche identificato dalla Commissione delle comunità europee, si pone in violazione dell’articolo 81 del trattato CE, il quale vieta ogni accordo tra imprese volto a pregiudicare il commercio tra stati membri attraverso la fissazione di prezzi o di altre condizioni di transazione. 3) Come è interpretata? Secondo la Commissione tale comportamento si pone in violazione del trattato in quanto, pur riguardando solo banche tedesche, è attuato sul mercato nazionale europeo che coinvolge il maggior numero di transazioni; inoltre, per sua stessa natura, questo tipo di “commercio” ha influenze Andrea Zamboni – matr. 49AC Corso di Diritto industriale e della concorrenza A.A. 2002/2003 transfrontaliere riguardando un servizio indispensabile e fortemente collegato ad ogni altra transazione di beni o servizi tra i paesi membri. Un altro punto rilevante è il fatto che i rappresentanti delle banche intervenute alle riunioni avessero espresso la loro preoccupazione riguardo alla minaccia che le banche centrali potessero offrire gratuitamente il servizio di cambio tra le Euro-divise; ciò a dimostrare la finalità esplicitamente collusiva delle consultazioni considerate. 4) Come è applicata e quali sono gli elementi importanti della decisione? In considerazione delle informazioni e delle prove raccolte, la Commissione UE decide di applicare il regolamento n. 17 che prevede il pagamento di ammende commisurate alla gravità e alla durata dell’infrazione, e l’ingiunzione ad astenersi dal tenere comportamenti analoghi o con fini coincidenti in futuro. La Commissione ha perciò sentenziato il pagamento di ammende da parte delle banche coinvolte tenendo conto nel calcolo delle somme: - della struttura patrimoniale e reddituale delle imprese considerate, - dell’importanza nella loro attività del comparto delle operazioni di cambio, - del ruolo avuto nell’iniziativa di accordo - dei rapporti partecipativi esistenti tra le stesse. Le sanzioni così commisurate devono avere l’effetto di disincentivare il ripetersi di comportamenti analoghi e non quello di risarcire i consumatori del benessere perso in conseguenza del fatto che il libero gioco della concorrenza è stato falsato; infatti l’articolo 81 del trattato CE vieta gli accordi collusivi in quanto impediscono il pieno realizzarsi della libertà di scambio tra gli stati membri, e non perché rendono impossibile la massimizzazione del benessere sociale portata da un regime di mercato di concorrenza perfetta. 5) Quale teoria della concorrenza viene applicata? In questa sentenza la Commissione UE sembra decisamente sostenere una teoria della concorrenza di tipo “Harvardiano” in quanto condanna un comportamento che, a livello tedesco, potrebbe aver modificato le forze di mercato in essere precedentemente, ma che, a mio avviso, non era comunque in grado di falsare il gioco della concorrenza, soprattutto confrontando le conseguenze che si sono avute rispetto al meccanismo basato sugli spread. Infatti, come risulta dai dati esposti nella decisione, gli utenti del servizio di cambio sono passati da una situazione in cui pagavano in media una commissione, parzialmente mascherata nello spread, del 2,88%, ad una in cui pagano una commissione media esplicita del 3%. Questa riflessione non è stata minimamente considerata nella sentenza, fatto che aumenta ancor più la prossimità dei principi della scuola di Harvard a quelli sostenuti dalla Commissione. Se la Commissione avesse ritenuto importante l’elemento della trasparenza nel cambiamento della struttura delle spese, avrebbe potuto applicare un’attenuante alle sanzioni. Ma visto che viene esplicitamente esclusa ogni attenuante-aggravante nei confronti delle banche coinvolte si può concludere che la Commissione sarebbe stata incline a punire qualsiasi tipo di comportamento più o meno collusivo, in qualsiasi modo esso fosse stato attuato e a prescindere dagli effetti provocati sul mercato, sulla base del semplice sospetto che tale attività fosse potenzialmente atta a disturbare la realizzazione del libero scambio tra i paesi membri. E’ evidente dunque la scarsa fiducia nel buon funzionamento autonomo dei mercati (come, al contrario, sosteneva la teoria neoclassica), così come il contrasto con la teoria della scuola di Chicago, secondo la quale non serve intervenire contro gli oligopoli collusivi in quanto essi contengono degli elementi intrinseci (o nel tipo di accordo o nella struttura delle imprese partecipanti) che non permettono loro di sopravvivere a lungo. Andrea Zamboni – matr. 49AC