Banche italiane contro le nuove regole Uè

Banche italiane contro le nuove regole Uè
DA MILANO
e banche italiane non ci stanno a
pagare colpe non loro e a dover essere penalizzate rispetto alle rivali europee, accusate di essere meno attive nel sostenere l'economia reale e più
spregiudicate nell'uso della finanza speculativa. I nuovi requisiti patrimoniali
dell'Eoa, che indicano secondo stime
preliminari una necessità di ricapitalizzazione delle banche italiane pari a 14,7
miliardi, destano preoccupazione e, se
non modificati, potranno contribuire a
creare una contrazione nel credito e un
possibile intervento di capitali stranieri.
Ieri il presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, ha chiesto a governo e parlamento di varare «riforme per abbattere il debito e rilanciare la crescita» al convegno
per la presentazione del libro "Le banche e l'Italia", alla presenza del Capo
dello Stato Giorgio Napolitano. In caso
contrario, la perdita di fiducia dei mercati sull'Italia, causata anche «dall'incertezza politica» renderà insostenibile per le banche la situazione a causa
degli alti costi della raccolta, avvitando
l'economia e l'occupazione. Uno scenario che potrebbe portare lo Stato, che
non ha dovuto salvare le banche, a dover intervenire rimettendo le lancette
dell'orologio a 30 anni fa al tempo delle Bin (banche di interesse nazionale) o
aprire la strada ai grandi gruppi stranieri. «La posta in gioco è molto elevata», ha ammonito Bazoli.
Toni duri anche da parte del presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti, che si è
detto «arrabbiato per decisioni che penalizzano le italiane e fanno salvi gli interessi dei francesi», mentre per l'ad di
Unicredit, Federico Ghizzoni, la decisione Uè «è incomprensibile». Tutti però
hanno insistito sul dovere di portare avanti le riforme in casa propria.
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Bazoli
«Penalizzati
gli istituti italiani
e fatti salvi gli
interessi francesi»
ACRI - SISTEMA FONDAZIONI
«Governo e
parlamento varino
subito riforme per
abbattere il debito»