Lettera aperta al Presidente Enrico Letta
La Finanza per lo sviluppo:tre ricette per sostenere la crescita e il lavoro.
Gli straordinari sforzi del nostro governo, delle istituzioni comunitarie e della Banca Centrale Europea per
far ripartire l’economia e lottare contro la disoccupazione rischiano di essere vanificati se non si agisce con
decisione per correggere gli attuali limiti del sistema finanziario. La crisi economica ha prodotto drammatici
effetti distributivi, perché i costi dei salvataggi bancari sono stati pagati dalle finanze pubbliche con un
onere complessivo che varia tra gli 8 e i 14 trilioni di dollari a livello mondiale. I problemi, però, restano
quasi tutti sul tappeto, perché ancora oggi quattro banche possiedono un volume di derivati pari a tre volte
il PIL mondiale. La principale soluzione alla crisi resta l’iniezione di liquidità che le banche centrali
effettuano in vario modo nel sistema. La liquidità però entra in un acquedotto pieno di perdite e solo parte
di essa arriva dove dovrebbe, alimentando la domanda e finanziando prestiti alle imprese. Non è un caso
che i valori delle attività finanziarie siano rapidamente ritornati ai massimi pre-crisi mentre quelli
dell’economia reale non si sa se potranno ritornarvi. Il problema è ancora una volta nelle regole e negli
incentivi degli intermediari finanziari che, massimizzando il profitto, trovano più conveniente impiegare il
denaro a basso costo per operazioni di trading più o meno rischioso piuttosto che nei prestiti all’economia
reale.
La strada che come Intergruppo proponiamo per “riparare l’acquedotto” è triplice.
Primo, sostenere a livello europeo l’introduzione di una piccola tassa su tutte le transazioni finanziarie (5
per 10000) che modifichi la struttura degli incentivi rendendo non più redditizia l’attività speculativa del
trading ad alta frequenza, consentendo di raccogliere risorse per finanziare i bilanci pubblici e i beni
pubblici globali e aumentando l’incentivo degli intermediari finanziari a investire nell’economia reale.
Secondo, sostenere le varie proposte di legge fatte da numerosi stati europei per tornare alla separazione
tra banca commerciale e banca d’affari. Non è possibile infatti che i depositanti mettano i loro risparmi in
banche ritenute “tranquille” che usano invece la raccolta per fare operazioni speculative e assumono rischi
tanto maggiori quanto più sono sicure di essere salvate dagli Stati che intervengono in soccorso dei
depositanti. Senza questa separazione le risorse che la BCE concede alle banche a basso costo si
trasformano in un sussidio alla speculazione invece che in un finanziamento all’economia reale. I cittadini
europei devono sapere dove mettono i loro soldi. O in una banca commerciale dove chiederanno
rendimenti bassi, in virtù del minor rischio corso, o in un fondo speculativo dove pretenderanno rendimenti
elevati in virtù del maggior rischio sostenuto.
Terzo, chiediamo di sostenere la causa della “biodiversità” bancaria. I dati dimostrano che le banche con
una mission diversa da quella della massimizzazione del profitto (come le banche di credito cooperativo, le
casse rurali, le banche popolari fedeli alla loro tradizione costitutiva e le banche etiche) hanno prestato per
una quota largamente maggiore dei loro attivi a cittadini ed imprese e hanno evitato comportamenti
speculativi. Per questo motivo riteniamo fondamentale che la regolamentazione della nuova vigilanza
europea e le regole di Basilea non penalizzino paradossalmente le banche più virtuose, premiando invece i
comportamenti e lo stile di investimento di quelle responsabili della crisi. Nonostante i prestiti al social
business abbiano un rischio di non restituzione di gran lunga più basso di quelli alle imprese profit, è
paradossale che per essi la regolamentazione richieda alle banche maggiori accantonamenti per il rischio.
Così come è contraddittorio e penalizzante per le banche che più contribuiscono al finanziamento
dell’economia reale, e che sono spesso sostenute da migliaia di piccoli azionisti, l’imposizione di un’imposta
minima di 34,20 euro anche per investimenti sotto i 1000 euro.
Il prossimo semestre italiano rappresenta un’occasione straordinaria per realizzare, in sintonia con i
desideri dell’opinione pubblica europea (in larga maggioranza favorevole a queste riforme come
dimostrano i sondaggi di opinione) e delle istituzioni comunitarie (che hanno avviato la cooperazione
rafforzata a 11 per il varo della tassa sulle transazioni) quelle riforme decisive per riportare la finanza al suo
ruolo di servizio dell’economia reale. L’anomalia dei nostri tempi è quella di una coalizione vastissima
(cittadini, istituzioni, economia reale) che preme per un cambiamento, ma non riesce a realizzarlo per
l’opposizione di una lobby di categoria che continua a spingere in una direzione contraria. E’ per salvare
l’Europa e il sistema finanziario da nuove crisi che Le chiediamo di sostenere ed operare con forza per
promuovere questi cambiamenti sui quali si giocherà il nostro destino futuro.
Luigi Bobba (PD) – coordinatore dell’Intergruppo per la Finanza Sostenibile
Maurizio Bernardo (PdL)
Andrea Causin (SCpI)
Giancarlo Giorgetti (Lega)
Giulio Marcon (SeL)
Giorgio Sorial (M5S)
Giorgio Zanin (PD)