La disciplina del collocamento: tra sollecitazione all’investimento ed offerta fuori sede, di Filippo Sartori** ** L'articolo rappresenta una sintesi del paragrafo (intitolato "La disciplina specifica del collocamento: tra sollecitazione all’investimento ed offerta fuori sede, ") contenuto nella monografia dell'Autore dal titolo "Le regole di condotta degli intermediari finanziari. Disciplina e forme di tutela", Giuffrè, Milano, 2004. *** La disciplina relativa al servizio di collocamento è apparentemente scarna. La Consob si limita infatti a sottolineare, da una parte, che “nella prestazione del servizio di collocamento gli intermediari autorizzati si attengono alle disposizioni dettate dall'offerente o dal soggetto che organizza e costituisce il consorzio di collocamento al fine di assicurare l'uniformità delle procedure di offerta e di riparto” (art. 35 regolamento n. 11522/98) e, dall’altra, a disapplicare le norme regolamentari sui contratti di investimento (art. 30, comma 3 dello stesso regolamento). Ciò è facilmente comprensibile, se si considera che le operazioni di collocamento costituiscono solitamente operazioni di sollecitazione all’investimento e sono quindi sottoposte alla relativa disciplina prevista agli artt. 94 e ss. del TUF. Per sollecitazione all’investimento si intende “ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari”; eccezion fatta per la “raccolta di depositi bancari o postali realizzata senza emissione di strumenti finanziari” (art. 1, comma 1, lett. t) del TUF). Gli intermediari finanziari, che prestano il servizio di collocamento, che integri la fattispecie normativa descritta, sono dunque sottoposti oltre che alle regole generali di condotta previste per i servizi di investimento, anche alla stringente disciplina dettata in tema di sollecitazione. Così, a titolo meramente esemplificativo, prima del compimento delle operazioni in esame deve essere data “preventiva comunicazione alla Consob” delle caratteristiche dell’operazione stessa (art. 94, comma 1). Per raggiungere tale risultato deve essere compilato un prospetto informativo 1 che, previa autorizzazione della stessa Consob2, sarà poi pubblicato affinché i risparmiatori possano “pervenire 1 Ai sensi dell’art. 5 del regolamento Consob n. 11971/99 e succ. modifiche il prospetto informativo deve essere redatto secondo un modulo prestabilito e presente nello stesso regolamento (allegato 1 B); e spetta al responsabile del collocamento attestare, “mediante dichiarazione allegata alla comunicazione, che il prospetto informativo è redatto secondo i predetti schemi e contiene le informazioni rilevanti ai fini dell’art. 94, comma 2, del Testo Unico (…)”. 2 Se l’operazione ha per oggetto prodotti finanziari quotati nei mercati regolamentati o non quotati ma diffusi tra il pubblico in misura rilevante l’autorizzazione si intende rilasciata entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione, salvo che la Consob (entro sette giorni) non indichi informazioni integrative da inserire nel prospetto e a un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull'evoluzione dell'attività dell'emittente nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti” (art. 94, comma 2). Tutta la disciplina della sollecitazione è modellata dal principio della trasparenza e si propone di consentire agli investitori un “giudizio informato” sull’investimento proposto. Anche in tale settore, dunque, il legislatore sembra cedere di fronte al mito del risparmiatore consapevole. Invero, diversamente dal regime previgente, il legislatore del ‘98 manifesta sul punto maggior consapevolezza: non si preoccupa più di garantire esclusivamente la diffusione sul mercato delle informazioni rilevanti, ma si sofferma anche su profili di maggiore effettività, inerenti ai rapporti tra intermediari e investitori. È in questa direzione, infatti, che sembra muoversi l’art. 95 del TUF là dove delega la Consob a stabilire con regolamento “le modalità di svolgimento della sollecitazione anche al fine di assicurare la parità di trattamento tra i destinatari” e “le norme di correttezza che sono tenuti a osservare l'offerente, l'emittente e chi colloca i prodotti finanziari nonché coloro che si trovano in rapporto di controllo o di collegamento con tali soggetti”. La Commissione, dopo aver ribadito che i soggetti interessati “si attengono a principi di correttezza, trasparenza e parità di trattamento dei destinatari della sollecitazione” stabilisce che gli stessi soggetti non debbano “diffondere notizie in contrasto con il prospetto informativo o idonee ad influenzare l'andamento delle adesioni” (art. 14, comma 1 del regolamento n. 11971/99). Più specificamente, l'offerente e i soggetti incaricati del collocamento sono tenuti a rispettare le modalità operative indicate nel prospetto e compiere, con la massima tempestività, le attività necessarie per il perfezionamento dell'investimento e quelle comunque connesse all'esercizio di diritti degli investitori (art. 14, comma 2 dello stesso regolamento). Per assicurare, inoltre, che i prezzi dei prodotti finanziari collocati riflettano pienamente e in modo corretto le informazioni disponibili, e per evitare, quindi, che venga alterato l’efficiente andamento delle quotazioni dei “titoli” oggetto della sollecitazione (per influenzare le scelte di investimento dei risparmiatori, si intende), l’art. 15 prevede che i soggetti interessati “tra il quindicesimo giorno precedente e il trentesimo giorno successivo al periodo di adesione, possono effettuare per specifiche modalità di pubblicazione dello stesso (art. 94, comma 3 del TUF). Se, invece, la sollecitazione riguarda prodotti finanziari non quotati né diffusi, l'autorizzazione in oggetto è rilasciata entro quaranta giorni dalla data della comunicazione. Termine, quest’ultimo, che viene dimezzato nel caso in cui la sollecitazione riguardi: a) strumenti finanziari non quotati né diffusi emessi da società che abbiano già emesso altri strumenti finanziari quotati o diffusi della stessa categoria ovvero azioni quotate o diffuse; b) azioni o quote di OICR o fondi pensione aperti se è stato già pubblicato un prospetto informativo secondo gli schemi indicati nell'Allegato 1B per prodotti della medesima categoria (art. 7 del regolamento n. 11971/99). conto proprio operazioni di compravendita degli strumenti finanziari oggetto della sollecitazione o ad essi collegati, quotati in Italia, solo sui mercati regolamentati e di Stati appartenenti all'OCSE e a condizione che tali operazioni non siano idonee ad influenzare sensibilmente la quotazione degli strumenti finanziari stessi”3. Come poc’anzi rilevato, la Consob disapplica, in tema di collocamento, le norme regolamentari sui contratti di investimento. Anche tale presa di posizione, si giustifica alla luce della disciplina dei contratti prevista per le operazioni di sollecitazione. Sebbene, infatti, il TUF non richieda la forma scritta ad substantiam, la Consob ha stabilito che l'adesione alla sollecitazione vada effettuata mediante la sottoscrizione del modulo (scritto) predisposto dall'offerente (art. 13, comma 4 del regolamento n. 11971/99); la Consob fa rientrare dalla finestra ciò che il legislatore ha fatto uscire dalla porta: la forma scritta è comunque necessaria e se non rispettata, in considerazione della natura imperativa della norma richiamata, importa la nullità del contratto concluso con il risparmiatore. Quanto osservato rende più agevole comprendere le ragioni per cui il legislatore delegato e la Consob non si siano soffermati in modo analitico sulla disciplina del servizio di collocamento: se gli intermediari finanziari sono tenuti al rispetto degli standard comportamentali previsti in generale per tutti i servizi di investimento, allora l’applicazione al servizio in questione della disciplina della sollecitazione, renderebbe del tutto pleonastica una specifica disciplina aggiuntiva. Si deve ricordare, inoltre, che il servizio di collocamento può essere amministrato dalle regole previste per le operazioni poste in essere “fuori sede”; e ciò in considerazione del fatto che le operazioni di collocamento 3 Sul punto la Consob è intervenuta anche con una nota comunicazione (cfr. la comunicazione n. DM/99038941 del 17 maggio 1999) precisando, ad esempio, che non si ritengono idonee ad influenzare sensibilmente le quotazioni degli strumenti finanziari oggetto di sollecitazione: a) le operazioni effettuate in controtendenza rispetto all'andamento del mercato, cioè “le operazioni di acquisto e vendita stipulate ad un prezzo unitario, rispettivamente, non superiore e non inferiore all'ultimo prezzo di riferimento degli strumenti finanziari, e aventi ad oggetto un quantitativo giornaliero non superiore al 25 per cento del quantitativo medio giornaliero scambiato durante i precedenti quindici giorni di negoziazione nel mercato prevalente” (…); b) “nel caso di offerte finalizzate alla quotazione, le operazioni di acquisto e vendita stipulate nel primo giorno di quotazione ad un prezzo unitario, rispettivamente, non superiore e non inferiore al prezzo di offerta”; c) “gli acquisti effettuati dagli incaricati del collocamento, dopo il periodo di adesione e in controtendenza rispetto all'andamento del mercato prevalente, per quantitativi non superiori all'ammontare degli strumenti finanziari collocati in misura eccedente il quantitativo oggetto dell'originaria offerta, per i quali non sono state esercitate opzioni rinvenienti da contratti conclusi con l'offerente nell'ambito dei rapporti inerenti l'effettuazione del collocamento”; d) “le operazioni di riporto, prestito titoli e altre operazioni di finanziamento similari sugli strumenti finanziari oggetto della sollecitazione e su quelli collegati”; e) “le operazioni di compravendita concluse in conseguenza di obblighi di quotazione sul mercato, a condizione che le proposte in acquisto o in vendita formulate dagli intermediari che svolgono funzioni di market makers o di specialisti non si discostino in modo significativo da quelle esposte dagli altri operatori che esercitano analoghi compiti e dall'operatività storica degli stessi intermediari su tali strumenti finanziari”; f) “le operazioni di arbitraggio”; g) “le operazioni delta neutrali”, etc. presso il pubblico sovente vengono realizzate al di fuori della sede legale o delle dipendenze dell’intermediario. La sinergia risulta palese già dalla stessa definizione di offerta fuori sede, ovvero dall’attività di promozione e collocamento “presso il pubblico: a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento; b) di servizi di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio” (art. 30, comma 1 del TUF). Ne consegue che qualora l’intermediario svolga un’attività di collocamento presso il pubblico, sia di strumenti finanziari4 sia di servizi di investimento5, in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze6 dello stesso intermediario collocatore, sarà assoggettato alla disciplina prevista per la c.d offerta fuori sede. I rapporti tra investitori e intermediari saranno, così, amministrati da regole specifiche che si aggiungono a quelle comunque applicabili alle parti e che vanno nella direzione di incrementare ulteriormente il grado di tutela del risparmiatore. In primo luogo, va rammentata la regola secondo la quale gli intermediari finanziari, che svolgono una attività di offerta fuori sede di strumenti finanziari, di servizi di investimento e di prodotti finanziari disciplinati dall'articolo 30 del Testo Unico, si devono avvalere dei promotori finanziari; ovvero, di persone fisiche che, in qualità di dipendenti, agenti o mandatari dell’intermediario, esercitano professionalmente tale attività. 4 Giova ricordare che, ai sensi dell’art. 30, comma 3 del TUF “l'offerta fuori sede di strumenti finanziari può essere effettuata: a) dai soggetti autorizzati allo svolgimento del servizio previsto dall'articolo 1, comma 5, lettera c); b) dalle società di gestione del risparmio e dalle Sicav, limitatamente alle quote e alle azioni di Oicr”, dalle stesse gestiti. 5 Se i servizi di investimento offerti fuori sede sono propri, ogni intermediario finanziario può “promuoverli o collocarli” in luogo diverso dalla propria sede legale o dipendenza; se invece i servizi di investimento sono prestati da intermediari diversi possono essere offerti fuori sede esclusivamente dalle imprese di investimento e dalle banche autorizzate allo svolgimento del servizio di collocamento (cfr. art. 30, comma 4 del TUF). 6 La nozione di sede o dipendenza è la stessa prevista all’art. 25 del regolamento n. 11522/98. Si tratta, di una sede diversa “dalla sede legale dell'intermediario autorizzato, costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico, dotata di autonomia tecnica e decisionale, che presta in via continuativa servizi di investimento (…)”. La Consob con la comunicazione n. DI/98068214 del 21 agosto 1998 ha specificato il significato di tutti gli elementi costitutivi la nozione di sede o dipendenza. In particolare, ha stabilito che deve intendersi: a) per “stabile organizzazione di mezzi e di persone, il capitale tecnologico ed umano, le strutture logistiche ed organizzative, e quant'altro necessario per svolgere in modo continuativo il servizio di investimento che si intende erogare presso la dipendenza”; b) per “autonomia tecnica e decisionale, la presenza di dotazioni tecnologiche, di figure professionali adeguate e di soggetti muniti delle responsabilità necessarie per consentire alla dipendenza di erogare il servizio di investimento in modo autonomo”; c) per “apertura al pubblico, la possibilità per la clientela effettiva e potenziale di accedere ai locali della dipendenza per ottenere informazioni, impartire disposizioni, etc. ...”; d) per “ prestazione in via continuativa dei servizi di investimento, l'idoneità della sede ad offrire alla clientela un'efficace ed efficiente fruizione del servizio di investimento, senza che necessariamente l'intero processo produttivo del servizio offerto sia svolto dalla medesima sede”. Sul punto cfr. anche la comunicazione n. DI/98017959 del 12 marzo 1998. La figura del promotore, alla luce dell’articolata disciplina che seleziona l’accesso alla professione e che la regolamenta, costituisce “uno strumento di rafforzamento della tutela dell’investitore, nello svolgimento di un’attività che la legge considera particolarmente delicata” 7 . I promotori, infatti, devono essere iscritti in un apposito albo; possedere determinati requisiti di professionalità e onorabilità; aver superato, salvo i casi tassativi di iscrizione di diritto, un apposito esame; etc8. Per prevenire l’insorgere di situazioni conflittuali, il legislatore delegato introduce la regola del “monomandato”, in base alla quale “(…) l'attività di promotore finanziario è svolta esclusivamente nell'interesse di un solo soggetto” (art. 31, comma 2 del TUF). Il promotore, inoltre, è soggetto ad un corpus normativo che si riferisce più specificamente ai rapporti con gli investitori. In questa prospettiva, i promotori devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza; devono rispettare, oltre alla normativa primaria e regolamentare, i codici di autodisciplina relativi alla loro attività e a quella della categoria del soggetto abilitato per conto del quale operano; devono attenersi alle procedure e ai codici interni di comportamento del soggetto abilitato che ha loro conferito l'incarico (art. 95, comma 1 del regolamento n. 11522/98); devono assicurare la riservatezza delle informazioni acquisite dagli investitori in ragione della propria attività, salvo diversamente disposto (art. 95, comma 2); devono consegnare al cliente un documento redatto dall’intermediario finanziario da cui risultino gli elementi identificativi dello stesso operatore e del promotore; devono assolvere gli obblighi informativi nei confronti dell'investitore in modo chiaro ed esauriente e verificare che lo stesso abbia compreso le caratteristiche essenziali dell'operazione proposta, non solo con riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali, ma anche con riferimento alla sua adeguatezza in rapporto alla situazione dell'investitore. Viene, quindi, riaffermata con specifico riferimento al rapporto tra le parti la suitability rule. È, infine, previsto il divieto del promotore di ricevere dall'investitore qualsiasi compenso ovvero finanziamento 9 ; vi sono, infine, una serie di regole dettagliate inerenti agli obblighi di conservazione della documentazione. 7 Cfr. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2002, pagg. 139 e 140. Cfr. artt. 87 e ss. del regolamento Consob n. 11522/98 e la delibera Consob n. 12636 del 28.6.2000; inoltre, per quanto concerne i requisiti di onorabilità e professionalità cfr. il decreto Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica dell'11.11.1998 n. 472 (pubblicato nella G.U. n. 7 dell'11.1.1999). 9 Ai sensi dell’art. 96, comma 6 del regolamento n. 11522/98, infatti, “Il promotore può ricevere dall'investitore, per la conseguente immediata trasmissione, esclusivamente: a) assegni bancari o assegni circolari intestati o girati al soggetto abilitato per conto del quale opera ovvero al soggetto i cui servizi, strumenti finanziari o prodotti sono offerti, muniti di clausola di non trasferibilità; b) ordini di bonifico e documenti similari che abbiano quale beneficiario uno dei soggetti indicati nella lettera precedente; c) strumenti finanziari nominativi o all'ordine, intestati o girati a favore del soggetto che presta il servizio oggetto di offerta”. 8 Sempre nella direzione di rafforzare il principio della protezione dell’investitore è stata introdotta una figura di responsabilità solidale dell’intermediario per i danni arrecati a terzi dal promotore finanziario, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale (art. 31, comma 3 del TUF). Infine, la tutela del risparmiatore “nei confronti di una tecnica sollecitatoria intrinsecamente pericolosa, come quella del collocamento e della promozione fuori sede, è perseguita anche sul piano della disciplina del contratto”10. Tale disciplina è caratterizzata da un “rigido e ossessivo formalismo”, che tuttavia non si sofferma, almeno direttamente, sui profili della forma scritta. Invero, quest’ultimo requisito non è imposto da alcuna disposizione, ancorché una più attenta analisi delle norme di legge e di regolamento dimostri in realtà come la forma per iscritto sia requisito caratterizzante l’attività in questione e necessario per la validità dell’atto. Il contratto de quo, infatti, presuppone la “sottoscrizione” del cliente, e i moduli o i formulari (contrattuali) devono prevedere, sotto pena di nullità, l’indicazione della facoltà di recesso del cliente. A prescindere dall’aspetto della forma esteriore dell’atto va rammentato che al centro del sistema di tutela dell’investitore vi è, nell’ambito delle attività fuori sede, il c.d. “diritto di ripensamento” del cliente. I commi 6, 7 e 8 dell’art. 30 del TUF disciplinano, infatti, l’esercizio del diritto di recesso dal contratto e/o di revoca della proposta da parte dell’investitore relativamente a contratti (o proposte di contratti) di collocamento di strumenti finanziari e di gestione di portafogli di investimento su base individuale conclusi fuori sede o collocati a distanza ai sensi dell’art. 32. Si tratta di un istituto già presente nel regime previgente rispettivamente dall’art. 18-ter della legge n. 216/1974 (per quanto concerne il recesso dai contratti stipulati “a domicilio” relativi a valori mobiliari) e dall’art. 20, comma 2 del decreto Eurosim (in materia di recesso da contratti di gestione di portafogli di investimento conclusi fuori sede). Il legislatore del ’98 ha, quindi, unificato la disciplina dello jus poenitendi con riferimento all’offerta fuori sede sia di strumenti finanziari sia di contratti di gestione. Il comma 6 dell’art. 30 del TUF dispone, infatti, che: “L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza ai sensi dell'articolo 32 è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte 10 In questi termini, COSTI, Il mercato mobiliare, Torino, 2000, pag. 106. dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore (…)”. La norma in commento sembra aver posto fine ad un vivace dibattito sulla natura dell’istituto in questione. In particolare, si è discusso a lungo sulla legittimità dell’accezione “recesso”; e ciò in quanto nella prassi il contratto con l’investitore non si conclude(va) al momento della sottoscrizione dell’intermediario. Costui, infatti, tramite il proprio promotore finanziario (di regola privo di poteri di rappresentanza) consegna(va) all’investitore un modulo contrattuale che acquisisce(va) la forma di proposta dell’investitore all’intermediario; e poiché, come testé ricordato, il promotore (era) è solitamente privo dei poteri di rappresentanza il contratto si conclude(va) nel momento in cui perveniva (al cliente) l’accettazione dell’intermediario (o dell’emittente, si intende). In tale contesto, parlare di recesso o di sospensione dell’efficacia del contratto non era tecnicamente corretto: può esercitarsi un diritto di recesso o sospendere l’efficacia del contratto solo se vi sia stata preventiva conclusione dello stesso. Per risolvere l’impasse, si sono proposte diverse soluzioni. Nell’ipotesi in cui il promotore avesse poteri di rappresentanza dell’intermediario, e che quindi il contratto venisse stipulato contestualmente tra le parti non si ponevano problemi in quanto il momento della sottoscrizione dell’intermediario coincideva con quella del cliente. A conclusione analoga si è pervenuti, nel caso di mancanza di poteri rappresentativi del promotore finanziario, qualificando l’offerta di prodotti finanziari o di servizi di gestione come offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 cod. civ. Anche tale ricostruzione consente di superare l’ostacolo e considerare l’istituto de quo come un vero e proprio recesso. Per converso, nell’ipotesi in cui il modulo contrattuale redatto dall’intermediario doveva considerarsi una proposta contrattuale del cliente (e ciò accadeva necessariamente qualora l’intermediario prevedeva la facoltà di non accettare la proposta della controparte), e quindi il contratto concluso nel momento in cui il risparmiatore veniva a conoscenza dell’accettazione dell’intermediario, il recesso doveva considerarsi come revoca della proposta, comunque esercitabile secondo il diritto comune11. 11 Sul dibattito cfr. LENER, Dalla formazione alla forma dei contratti su valori mobiliari (prime note sul “neoformalismo” negoziale), in Banca, borsa, tit. cred., 1990, pagg. 789 e ss.; TONELLI, La vendita a domicilio di valori mobiliari, in Quadr., 1984, pagg. 542; ROPPO, Investimenti in valori mobiliari (contratto di), in Contr. Impr., 1986, pagg. 542 e ss.; ALPA, Jus Poenitendi e acquisto di valori mobiliari, in Riv. soc., 1987, pagg. 1514 e ss.; INZITARI, La formazione del contratto nella vendita porta a porta dei valori mobiliari (neutralità del modello codicistico e rispetto della tutela del risparmiatore), in Contr. Impr., 1992, pagg. 75 e ss.; BOCHICCHIO, La nuova disciplina sembra eliminare in nuce ogni ostacolo e risolvere i problemi ricordati. Il termine per l’esercizio del “diritto di ripensamento” decorre sempre, infatti, a partire dalla sottoscrizione del cliente: sia del contratto (e in tal caso il modulo redatto dall’intermediario è un’offerta al pubblico ex 1336 cod. civ.) sia della proposta contrattuale; l’ultima parte dell’art. 30 stabilisce che “la medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali (…)”. In tal caso, la proposta contrattuale effettuata dall’investitore resta inefficace per sette giorni dalla sottoscrizione dello stesso cliente. Ne consegue che l’intermediario in tale lasso di tempo non può validamente accettare la proposta e il cliente ha, negli stessi termini, la possibilità di revocarla12; e ciò in deroga all’art. 1328, comma 2 cod. civ., secondo il quale “l’accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione”. A prescindere dalla ricostruzione giuridica e dal nomen juris che si vuole attribuire al “diritto di ripensamento” (vuoi recesso vuoi revoca) il termine di sette giorni deve sempre essere rispettato, sicché il cliente in tale periodo di tempo potrà liberarsi, senza alcuna penalità, dal vincolo contrattuale o precontrattuale.13 Anche in tale frangente, il legislatore si spinge sino a determinare il contenuto della dichiarazione negoziale. Come già avveniva nel regime previgente, infatti, deve essere indicato nel “modulo o formulario” che il cliente può sempre far valere nei sette giorni dalla sottoscrizione la facoltà di recesso (o di revoca, per l’appunto); e l’omessa indicazione “comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente” (art. 30, comma 7 del TUF). Si è detto, in premessa, che il diritto di ripensamento è al centro del sistema di tutela dell’investitore nell’ambito dell’attività di collocamento svolta fuori sede. Ci si deve dunque interrogare circa l’effettività dello jus poenitendi nel raggiungere l’obiettivo che ne giustifica la stessa esistenza: la tutela del risparmiatore (rectius del risparmio), per l’appunto. Orbene, aderendo ad una qualificata dottrina che si è occupata della questione, sembra potersi affermare che “una valutazione dei costi-benefici condanna(i) Sollecitazione al pubblico risparmio. Profili civilistici, in Riv. crit. dir. priv., 1991, pagg. 161 e ss.; VISENTINI, Emissione e collocamento di valori mobiliari. Prime note di commento alla legge 77/1983, in Riv. soc., 1984, pagg. 984 e ss. 12 Come è stato fatto notare da CARBONETTI, Lo jus poenitendi nell’offerta fuori sede di prodotti finanziari, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, pag. 781 “è certo (…) che la disciplina in esame è incompatibile con qualunque clausola volta a rendere irrevocabile la proposta, sicché una siffatta clausola dovrebbe considerarsi nulla, salva l’eventuale conversione ai sensi dell’art. 1424 c. c. in una clausola che faccia decorrere la irrevocabilità della proposta dalla scadenza del settimo giorno”. 13 Sulle modalità operative attraverso le quali il cliente può esercitare il diritto di recesso cfr. la comunicazione Consob n. DI/98004696 del 23 gennaio 1998. l’istituto” 14 . I benefici, in termini di protezione del risparmio, sono, infatti, pressoché irrilevanti, se si considerano la selezione dei promotori finanziari, la stringente disciplina cui costoro sono sottoposti e la responsabilità solidale dell’intermediario conferente l’incarico15. I costi, al contrario, sono elevatissimi. Ciò si deve, da un lato, al ritardo che il cliente deve subire per realizzare l’investimento programmato; ritardo che “è reso ancora più pesante dall’odierno quadro operativo, caratterizzato dalla velocizzazione delle operazioni, consentita dall’informatica e dalla telematica, e dall’ampiezza delle fluttuazioni dei prezzi” 16 ; dall’altro, dipende dal rischio di comportamenti opportunistici da parte dello stesso cliente, indotto ad esercitare il diritto di recesso solo perché la quotazione dello strumento finanziario acquistato o sottoscritto abbia subito, nel corso dei sette giorni, un deprezzamento rispetto alla prezzo di acquisto o sottoscrizione. Sono queste le considerazioni alla base degli interventi normativi finalizzati a ridurre l’ambito d’operatività dell’istituto in esame. Così, a titolo esemplificativo, l’art. 30, comma 8 stabilisce che il diritto di ripensamento non si applica alle offerte pubbliche di vendita o di sottoscrizione di azioni con diritto di voto o di altri strumenti finanziari che permettano di acquisire o sottoscrivere tali azioni, purché le azioni o gli strumenti finanziari siano negoziati in mercati regolamentati italiani o di paesi dell'Unione Europea. Inoltre, la Banca d’Italia ha stabilito che lo jus poenitendi non si applica nelle operazioni di conversione (c.d. switch) tra fondi comuni o comparti di SICAV17; la Consob ha specificato che l’istituto non trova applicazione con riferimento ai fondi o comparti inseriti solo successivamente nel prospetto, e purché ne sia stata data adeguata informazione al cliente etc. In conclusione, la regola dello jus poenitendi deve considerarsi obsoleta e inidonea a svolgere la funzione di protezione del risparmiatore, in un contesto in cui tale obiettivo tende ad essere raggiunto mediante “ben più organici strumenti, quali la tipizzazione degli intermediari ed il loro assoggettamento a vigilanza anche per quanto riguarda l’osservanza delle regole di comportamento, a loro volta dettagliatamente formulate. Inoltre, essa è priva di riferimenti nel diritto comunitario, nel quale occorre cercare i principi generali cui devono ispirarsi e con cui devono essere interpretate le regolamentazioni nazionali del mercato finanziario”18. 14 CARBONETTI, Lo jus poenitendi nell’offerta fuori sede di prodotti finanziari, cit. Ibidem. 16 Ibidem 17 Cfr. la nota n. 37287 del 10 febbraio 1997. 18 Cfr. ancora CARBONETTI, Lo jus poenitendi nell’offerta fuori sede di prodotti finanziari, cit., pag. 788. 15