Prof. Diego Manetti Storia LA RIVOLUZIONE RUSSA 1. Da febbraio a ottobre Mentre infuria il primo conflitto mondiale, la mancanza di cibo provoca un’ondata di scioperi che colpiscono Pietrogrado (3/1917) I militari ricevono l’ordine di soffocare i moti di protesta: muoiono 40 civili La guarnigione militare si ribella e fraternizza con gli operai, occupando il Palazzo d’Inverno, sede del governo, su cui viene issata una bandiera rossa. Nicola II abdica e viene formato un sistema di governo provvisorio misto con la Duma (il parlamento istituito nel 1905, teso a risolvere la crisi in modo liberal-costituzionale) e i Soviet (comitati di operai e soldati che controllano il governo e il cui comitato centrale ha sede a Pietrogrado). Obiettivo del governo provvisorio è continuare la guerra nel tentativo di occidentalizzare e modernizzare il Paese. Condividevano questa prospettiva: - i Menscevichi, letteralmente “la minoranza”, nati dal PSD (fondato nel 1898, elettorato operaio) dopo la scissione dai Bolscevichi (“la maggioranza”) di Lenin - i Socialisti rivoluzionari, partito sostenuto soprattutto dai contadini, in particolare la corrente dei democratico-radicali di Kerenskij Menscevichi e Socialisti rivoluzionari democratici ritenevano inevitabile una fase democratico-borghese, mentre i Bolscevichi sostenevano che solo la classe operaia avrebbe potuto guidare la reale trasformazione del Paese. Lenin pubblica sulla “Pravda” (“Verità”) le sue tesi di aprile (4/1917): - occorre abbattere il capitale per porre fine alla guerra imperialistica e capitalistica (in tal modo Lenin ribaltava la teoria marxista secondo la quale sarebbero stati i Paesi dal capitalismo maturo i primi a maturare le condizioni per la rivoluzione socialista) - potere al proletariato - potere ai Soviet, cui spetta il controllo dell’agricoltura e dell’industria - nazionalizzazione delle terra (vs riforma agraria pro kulaki del 1905) Lenin è vs tesi mensceviche (secondo cui occorrerebbe un periodo di sviluppo industriale capitalistico per risollevare il Paese) e vuole una pace “senza condizioni né annessioni”. Stessa tesi pacifista incarna il nuovo governo del socialrivoluzionario Kerenskij, il quale però è paralizzato dalla crisi dello Stato e dallo sfaldarsi dell’esercito. I moderati oppongono al debole Kerenskij un uomo forte, il generale Kornilov. Per scongiurare la crisi Kerenskij chiama a raccolta le forze socialiste e stronca il tentativo di colpo di stato di Kornilov. Kerenskij esce però indebolito poiché ha dimostrato di non potercela fare da solo, mentre i bolscevichi sono rafforzati. 2. La rivoluzione d’ottobre Lenin approfitta di tale debolezza per suscitare l’insurrezione armata dei bolscevichi (25 ottobre 1917, corrispondente al 7 novembre del calendario occidentale): il Soviet di Pietrogrado ottiene il potere agevolmente, senza incontrare resistenza. Anima di tale azione rivoluzionaria è Trotzkij che ha organizzato le guardie rosse (milizie operaie armate) Il governo (composto esclusivamente da bolscevichi) è affidato a un Consiglio dei Commissari del Popolo (Lenin, Trotzskij, Stalin) La RUSSIA non può più combattere, affamata e sull’orlo di una guerra civile, così Lenin: - decide di intavolare trattative di pace con gli Imperi Centrali ( che sfoceranno nella pace di BrestLitovsk del 3/1918), - imponendo poi la nazionalizzazione della terra e Prof. Diego Manetti - Storia il controllo operaio delle fabbriche I menscevichi si limitano a protestare per l’azione violenta dei bolscevichi, attendendo fiduciosi le elezioni del novembre 1917. Dalle quali escono però vincitori i socialisti rivoluzionari. I bolscevichi di Lenin non intendono ovviamente rinunciare al potere appena conquistato e dunque Lenin decide di sciogliere la Assemblea Costituente con la forza, riconoscendo al solo proletariato il diritto di guidare il processo rivoluzionario. Come uniche forme di potere e governo restano i Soviet e il Partito Bolscevico, ponendo le basi per una vera dittatura di partito. 3. Dittatura e guerra civile (1918-1920) I bolscevichi devono affrontare un compito impegnativo: gestire un Paese tanto immenso quanto arretrato. A questa missione fa da sfondo la teoria di Lenin espressa in Stato e rivoluzione secondo la quale lo Stato stesso è destinato a scomparire (come già diceva Marx) e le masse saranno autogovernate dai Soviet. La firma della pace di Brest-Litovsk (marzo 1918) fu vista da molti come un tradimento a causa delle pesanti condizioni di pace imposte. Crebbe dunque l’appoggio alle forze antibolsceviche: - monarchici e zaristi - conservatori e nazionalisti - kulaki (in favore dello zar, contro la nazionalizzazione delle terre che li aveva penalizzati fortemente; sono stanziati soprattutto in Ucraina) Le armate bianche sono sostenute anche dalle truppe anglo-francesi sbarcate nel Nord della Russia (primavera 1918). Per timore che lo zar sia liberato dall’Intesa, lui e la famiglia, tenuti prigionieri in Siberia, vengono giustiziati. Per analoghi timori, la capitale viene spostata da Pietrogrado a Mosca. Si accentuano i caratteri dittatoriali del regime: - nasce la Ceka, la polizia politica - viene istituito il Tribunale rivoluzionario centrale che reintroduce la pena di morte (abolita con la rivoluzione di ottobre) per eliminare i “nemici del popolo” (arresti arbitrari, esecuzioni sommarie) - l’esercito si riorganizza nella Armata Rossa degli Operai e dei Contadini guidata da Trotzkij La guerra civile volge in favore dell’armata Rossa, poiché i bianchi: - sono divisi internamente - perdono l’appoggio delle truppe dell’Intesa che si ritirano dal fronte per il timore che il messaggio rivoluzionario diffusosi tra i soldati possa essere esportato in Occidente Nella primavera del 1920, dopo due anni di feroci scontri e milioni di vittime (per guerra e carestia), la guerra civile si conclude con la vittoria dell’Armata Rossa bolscevica. Subito però approfitta della debolezza russa la Polonia, in un conflitto (1920-21) al termine del quale riesce a sottrarre Ucraina e Bielorussia alla Russia. Quest’ultima, sconfitta sul campo, vede però accresciuta la propria coesione nazionale. 4. Dal comunismo di guerra alla NEP Nel 1919 Lenin decise di fondare la Terza Internazionale (dopo l’esperienza della Prima, 1864-75, e della Seconda Socialista, 1889-1914). L’indirizzo rivoluzionario bolscevico, che si richiama esplicitamente all’esperienza della Comune di Parigi (1870-71), porta alla nascita del Partito Comunista (Boscevico) di Russia come guida della Terza Internazionale Comunista (Comintern). Il PCUS impone rigide regole agli altri partiti comunisti aderenti al Comintern, divenendo il riferimento del comunismo mondiale, ma in Occidente i partiti comunisti restano comunque minoritari rispetto ai socialisti. L’economia russa, già provata dal primo conflitto mondale, è duramente messa alla prova dalla guerra civile, per affrontare la quale Lenin impone il “comunismo di guerra” (1918-1920): risorse e beni vengono Prof. Diego Manetti Storia sequestrati agli agricoltori ritenuti benestanti per sostenere le truppe dell’Armata Rossa. Si incoraggiano le fattorie collettive (kolchoz) e statali (sovchoz). Vengono nazionalizzati i settori più importanti dell’industria. Risultato: l’esercito è sostenuto, ma l’economia è in profonda crisi. La terribile carestia del 1921 (3 mln di morti di fame) colpisce l’immagine del regime sovietico e induce Lenin ad abbandonare l’esperimento del comunismo di guerra e a indirizzarsi verso una Nuova Politica Economica (NEP). La NEP (1922) stimola la produzione agricola concedendo il libero mercato ai contadini (riemerge così il ceto dei contadini ricchi, i Kulaki), liberalizza il commercio e la piccola industria (mantenendo però il controllo statale delle banche e dei grandi gruppi industriali). Per quanto riguarda la politica estera, la NEP aspirava a relazioni commerciali con l’occidente, in modo da beneficiare dei normali scambi tipici del sistema capitalista. Nonostante questo l’economia rimane ancora in gravi difficoltà, i salari sono bassi e gli operai, che avrebbero dovuto beneficiare della rivoluzione comunista, pagano il prezzo più alto. 5. L’URSS: da Lenin e Stalin Nel 1922 viene sancita la nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Il nuovo Stato ha dunque carattere federale. Il potere supremo viene affidato al Congresso dei Soviet. Il potere reale è di fatto nelle mani del Partito Comunista Sovietico (PCUS) che lo esercita tramite la polizia politica e all’insegna di un rigido centralismo. I bolscevichi conducono una ferrea opposizione contro la Chiesa Ortodossa, promuovendo la scristianizzazione del Paese anche tramite la legalizzazione del divorzio e dell’aborto. L’istruzione fu resa obbligatoria fino ai 15 anni, privilegiando però l’istruzione tecnica e l’indottrinamento marxista. Nel 1922 Stalin viene nominato segretario generale del PCUS (posizione di grande potere), mentre Lenin viene colpito da malattia (muore nel 1924). A Stalin si oppone Trotzkij che vorrebbe ridare più spazio alla democrazia sovietica contro il rigido centralismo partitico di Stalin. Trotzkij, anima militare della rivoluzione d’ottobre e della guerra civile, era stato designato dallo stesso Lenin a succedergli. Trotzkij sosteneva che l’URSS avrebbe dovuto uscire dall’isolamento internazionale e farsi promotrice di un processo che estendesse la rivoluzione socialista in tutto l’occidente. Alla “rivoluzione permanente” di Trotzkij, Stalin opponeva invece il “socialismo in un solo Paese”: l’URSS aveva le forze per fronteggiare l’ostilità del sistema capitalista occidentale che non doveva essere abbattuto con la violenza e del quale aveva anzi bisogno per migliorare le proprie condizioni economiche, sulla scia di quanto previsto dalla NEP di Lenin. Tra il 1924 e il 1925 le potenze occidentali riconobbero l’URSS e ripresero normali rapporti diplomatici: questo contribuì a rafforzare la posizione di Stalin contro Trotzkij. Stalin si poteva presentare così come il vero erede di Lenin, continuatore della NEP leninista (appoggiato in questo anche da Bucharin), mentre Trotzkij stesso veniva accusato di ricusare i principi leninisti (mentre in realtà Trotzkij non faceva altro che essere fedele ai principi bolscevichi del “primo Lenin”). Trotzkij fu poi deportato, quindi espulso dall’URSS. Si chiudeva dunque la prima fase della rivoluzione comunista e si apriva la nuova fase della dittatura personale di Stalin.