SUI NUMERI IRRAZIONALI
Siamo nel V secolo a.C. , in una località della Magna Grecia, probabilmente sulle coste dell’Italia
Meridionale, nei pressi di Crotone. Primo atto: tutto è numero! Secondo atto: dato un numero che
rappresenta il lato di un quadrato, nessun numero può rappresentarne la diagonale; diagonale e lato
sono incommensurabili. Terzo atto: dunque esistono grandezze che nessun numero può esprimere.
Questa constatazione, raggiunta dagli stessi pitagorici, metteva in crisi la loro visione del mondo,
quindi doveva restare tassativamente segreta. Ricominciamo daccapo.
“Tutto è numero. Quali erano i numeri incaricati di esprimere il mondo e l’armonia, quei numeri
che avevano il compito di esprimere il cosmo? I numeri interi. E anche le frazioni, che in
sostanza sono rapporti di numeri interi, ma solo i numeri positivi, per la valida ragione che nelle
civiltà antiche non esistevano numeri negativi.”
…“D’altra parte, i greci utilizzavano i rapporti tra due numeri interi qualsiasi, mentre in Egitto
esistevano soltanto ½ e qualche altra frazione particolare: non 22/7, per esempio. La funzione
principale di questi numeri, definiti in seguito ‘razionali’, era la possibilità di esprimere
numericamente grandezze geometriche, e quindi misurarle.”
Ruche annunciò: “secondo atto. L’arrivo della diagonale del quadrato col lato pari a 1”.
…”Lato e diagonale, i due segmenti notevoli di un quadrato!”
“Che rapporto esiste tra loro? Prendiamo il quadrato più semplice, quello col lato 1. Qual è la
lunghezza della diagonale?…la formula [del teorema di Pitagora] ci dà il seguente risultato:
quadrato della diagonale  12  12  2 . Ed ecco l’informazione essenziale: la lunghezza della
diagonale è il numero il cui quadrato è due.”…“Che numero è? Dire che i greci lo cercassero è
dir poco, ma non esisteva nessun numero che corrispondesse, né intero né frazionario. Allora si
pone il problema: questo numero esiste davvero? E, se non esiste, come accertarsene? Per
accertarsi che qualcosa esiste, basta esibirlo, ma se non esiste? E’ difficile esibire quello che non
esiste. E allora? L’unico modo di affermare che una cosa non esiste è dimostrare che non può
esistere: vale a dire passare dall’impossibilità di trovarla alla certezza che non esiste. Questo
passaggio, tuttavia, ha un prezzo elevato, in quanto esige una dimostrazione: una
dimostrazione d’impossibilità. Ed è proprio quello che hanno fatto i pitagorici: hanno dimostrato
che non può esistere un numero razionale che, elevato al quadrato, dia come risultato due. Se un
numero rappresenta il lato di un quadrato, nessun numero ne potrà rappresentare la diagonale. La
diagonale e il lato sono ‘incommensurabili’! Come avrebbero potuto pervenire a questo risultato
senza una dimostrazione? Osservate la figura”.
“Si vede forse che la diagonale e il lato sono incommensurabili? No! Non si nota nessun indizio che
possa metterci la pulce nell’orecchio. Non si avverte affatto l’impossibilità, perché
l’incommensurabilità non è una proprietà visibile. La figura è muta, e solo il lavoro del pensiero
può svelarne i segreti. Eccoci dunque al terzo atto. Come reagì la società greca di fronte a quella
rivelazione? Questo semplice quadrato disegnato sul foglio cela un abisso nel quale sprofondarono
varie certezze. S’interrompeva brutalmente il legame essenziale tra numeri e grandezze, che
garantiva la coerenza dell’universo dei pitagorici, e tutto questo avveniva in una delle figure
base del mondo antico: il quadrato. Inoltre il colpo era stato inflitto proprio dall’applicazione di due
dei più celebri risultati ottenuti dai pitagorici, il teorema di Pitagora…e la separazione dei numeri
interi in pari e dispari…Che significa, esattamente, incommensurabile? Il lato e la diagonale di
uno stesso quadrato non ammettono unità di misura comuni. Se un numero è misura dell’uno,
non può esserlo dell’altro. Questo equivale a sostenere che è impossibile conoscerli esattamente
tutt’e due al contempo…Eppure tutt’e due si mostrano ai nostri occhi con lo stesso grado di
…” – cercò la parola giusta- “…di realtà. La coesistenza di queste due grandezze dimostra che la
realtà è più ricca dei numeri. E’ stato possibile costruire questa diagonale, ma è stato impossibile
misurarla. Eppure fino a quel momento tutto ciò che si poteva costruire si poteva anche
misurare. La solidarietà fra costruzione e misura era cessata. La rivelazione consisteva in
questo: nel caso di certe grandezze non esisteva il numero per indicarle! Ecco perché erano
indicate con la definizione di ‘inesprimibili’, o alogon“. …
“Ecco qual era lo ‘scandalo logico’ che Ippaso di Metaponto divulgò all’esterno della cerchia dei
pitagorici”, riprese il signor Ruche. ”Per averlo fatto, perse la vita in un naufragio, che rappresentò
anche il naufragio di un certo pensiero che si fondava sull’armonia e sull’onnipotenza dei rapporti
razionali tra le cose del mondo; inoltre era stato provocato da una dimostrazione. La storia ricorderà
che la prima dimostrazione matematica è stata una dimostrazione d’impossibilità.”
Da Denis Guedj Il teorema del pappagallo, Longanesi & C.
DIMOSTRAZIONE: Nessuna frazione ha per quadrato due ( 2 è un numero irrazionale)
Supponiamo che esista una frazione, di numeratore a e denominatore b, la quale abbia per quadrato
il numero 2. Le lettere a e b indicano due numeri interi; possiamo pensare i numeri a e b primi tra
loro, perché , se avessero un fattore comune potremmo sempre eliminarlo, dividendo per esso tanto
il numeratore a quanto il denominatore b (proprietà
).
Dovrebbe essere, dunque:
2
a
  2
b
a2
2
b2
a 2  2b 2
a e b, essendo primi tra di loro, non possono essere tutti e due pari. Sono allora possibili tre
casi:
1) a è dispari, b è pure dispari;
2) a è dispari, b è pari;
3) a è pari , b è dispari;
Facciamo ora vedere che tutti e tre i casi contemplati sono impossibili.
Il caso 1) è da escludere. Infatti, se a e b sono dispari, sono dispari anche a 2 e b 2 (il quadrato di un
numero contiene gli stessi fattori del numero, ciascuno ripetuto due volte; se un numero non è
divisibile per due, non lo è neppure il suo quadrato). Ma il doppio di b 2 , cioè 2b 2 , è pari, e non può
essere uguale al numero dispari a 2 ;  a 2  2b 2
Il caso 2) è impossibile. Infatti, se a è dispari, a 2 è dispari mentre, come prima…e più di prima,
2b 2 è pari (già b 2 è pari). Si ha ancora:  a 2  2b 2 .
Infine, anche il caso 3) non si può verificare. Infatti, se a è pari, è divisibile almeno per due (forse
anche per una potenza di due), e perciò il suo quadrato è divisibile almeno per 2*2= 4. Se b è
dispari, b 2 è pure dispari, 2b 2 è divisibile solo per due, e non per 4; perciò:  a 2  2b 2 , perché il
numero [al primo membro] è divisibile per 4. il [numero al] secondo [membro] no.
Quindi:
NON ESISTE NESSUNA FRAZIONE, IN PARTICOLARE NESSUN NUMERO INTERO, CHE
ABBIA PER QUADRATO IL NUMERO DUE.
Il ragionamento svolto dimostra che la misura della diagonale rispetto al lato di un quadrato (di
lato unitario) non è una frazione, non è perciò un numero decimale ordinario (limitato finito o
periodico). Ebbene, ciò vorrà dire che non potremo mai fermarci nella operazione di misura, né ai
decimetri, né ai centimetri, né ai millimetri…né ai milionesimi di millimetro; poiché avanzerà ogni
volta un pezzettino sempre più piccolo, da misurare con una unità di misura sempre più piccola, ma
restando ogni volta un avanzo, all’infinito.
Se vogliamo introdurre nei nostri calcoli algebrici una cosa così semplice, e indispensabile, quale la
misura della diagonale rispetto al lato del quadrato, dobbiamo accettare questi numeri così
complicati, e che destano una certa repulsione al comune buon senso, alla ‘ragione’: si chiamano
numeri irrazionali, che in verità qui significa non-rapporti, e non contro ragione.
L’idea di un numero irrazionale è, certo, difficile; ma oggi anche chi non l’ha mai bene afferrate fa
tranquillamente i suoi calcoli con la radice quadrata di 2 o la radice quadrata di 3 o con il numero di
Archimede  che è irrazionale, di una razza assai peggiore della onesta radice quadrata di 2 (infatti
è un numero irrazionale trascendente).
Noi siamo abituati cioè a considerare la radice quadrata di 2 un numero come tutti gli altri, anche se
in realtà non abbiamo capito bene bene di che si tratta, così come siamo abituati all’idea che la terra
gira intorno al Sole anche se non siamo ben capaci di spiegare perché le cose vanno in modo tanto
contrario a quello che ci dicono gli occhi. ..Per fare dell’algebra, per trattare come numeri anche
questi ‘non numeri’ occorreva quindi un grande e profondo sforzo mentale: occorreva una nuova
idea di numero, più vasta, e non solo la introduzione di nuovi simboli.
Da Lucio Lombardo Radice La matematica da Pitagora a Newton, Editori Riuniti. Paideia
Quando Pitagora affermava che l’universo è governato dai numeri, si riferiva ai numeri interi e ai
rapporti (o rationes), tra numeri interi, cioè alle frazioni. …I numeri irrazionali sono così strani da
non poter essere scritti in termini decimali, neppure in termini di decimali periodici. Un decimale
periodico come 0,11111… è ancora un numero abbastanza semplice ed equivale alla frazione 1/9. Il
fatto che il numero 1 si ripete per sempre significa che il decimale ha una struttura molto semplice
e regolare. Questa regolarità, nonostante continui all’infinito, comporta che il decimale possa essere
riscritto in termini frazionari. Se invece cercate di esprimere un numero irrazionale in forma
decimale finirete per avere un numero che continua per sempre senza una struttura regolare
o coerente.
Il concetto di numero irrazionale fu una novità terribile…Per Pitagora, la bellezza della matematica
era l’idea che i numeri razionali potessero spiegare tutti i fenomeni naturali. Questo orientamento
filosofico rese Pitagora cieco dinanzi all’esistenza dei numeri irrazionali e forse determinò
l’esecuzione di uno dei suoi allievi. Secondo un aneddoto sembra che un giovane studente di nome
Ippaso stesse trastullandosi oziosamente con la radice quadrata di 2, nel tentativo di trovare la
frazione equivalente. Alla fine si rese conto che tale frazione non esisteva, ossia che 2 è un
numero irrazionale. Ippaso deve essere stato felicissimo della scoperta, ma non altrettanto lo fu il
suo maestro. Pitagora aveva definito l’universo in termini di numeri razionali e l’esistenza dei
numeri irrazionali metteva in dubbio il suo ideale. La conseguenza dell’intelligente osservazione di
Ippaso avrebbe dovuto essere un periodo di discussione e di meditazione durante il quale Pitagora
avrebbe dovuto accettare questa nuova sorgente di numeri. Pitagora non era però disposto ad
ammettere di aver sbagliato, ma allo stesso tempo era incapace di distruggere l’argomentazione di
Ippaso con la forza della logica. Allora decise di condannare a morte Ippaso per annegamento e
questa decisione va a sua eterna vergogna…La negazione dei numeri irrazionali da parte di Pitagora
è la sua azione più sciagurata ed è forse la tragedia maggiore della matematica greca. Fu solo dopo
la sua morte che i numeri irrazionali poterono essere resuscitati senza paura.
Da Simon Singh L’ultimo teorema di Fermat, Rizzoli