DELTA – STRUMENTI DERIVATI I derivati sono degli strumenti finanziari, quotati su mercati specifici, che acquisiscono e variano il loro prezzo in correlazione alla differenza tra valori correnti di contratti di carattere finanziario o commerciale (azioni, obbligazioni, tassi, valute, crediti, merci, contratti documentari etc…) ed andamenti futuri di questi ultimi su mercati regolamentati; i valori da cui traggono origine i derivati sono definiti fondamentali in quanto si tratta di contratti autonomi di credito o di negoziazione (e quindi non dipendono per la loro esistenza da altri contratti). Consideriamo, ad esempio, un investitore che desideri acquisire/vendere a termine un certo portafoglio titoli e desideri beneficiare in anticipo di un prezzo finale: egli potrà allora acquistare/vendere dei “futures” ovvero dei contratti di “scommessa” che lo possano coprire almeno parzialmente da andamenti sfavorevoli del prezzo futuro dello strumento sottostante. In questo caso si definisce un parametro “delta” (in analogia al Beta che rappresenta la variabilità di prezzo di uno strumento finanziario rispetto alle variazioni del mercato dove esso viene quotato) come il rapporto tra valore di mercato del derivato ed il valore dello strumento “sottostante” rispetto al quale il derivato quota la sua differenza. Se sul valore sottostante, ad esempio un portafoglio di obbligazioni che rende il 4%, si registra una diminuzione di prezzo del 2% imputabile ad un aumento dei tassi, quest’ultima evenienza può essere “neutralizzata” acquistando dei derivati sotto forma di opzioni che assicurano in anticipo di godere di un prezzo di acquisto prefissato e inferiore a quello iniziale. Il valore unitario di ogni contratto derivato di acquisto del portafoglio varierà in questo caso con la diminuzione del prezzo del portafoglio sottostante (in caso di aumento l’opzione dovrebbe essere abbandonata o trasformata in opzione di vendita in quanto il prezzo di acquisto sul mercato sarebbe superiore a quello opzionato e vi sarebbe una perdita differenziale nell’acquisto): il valore delle opzioni d’acquisto raggiungerà 0 (situazione detta “out of the money”) quando il prezzo del portafoglio sarà sceso allo stesso livello di quello prefissato nel contratto di opzione; tenderà invece ad 1 (da moltiplicare per il numero di contratti derivati sottoscritti) se la differenza tra acquisto del portafoglio quotato sul mercato e valore iniziale del portafoglio è minima tendendo a zero. Oltre ai contratti futures e di opzione esistono anche, ed hanno un larghissimo sviluppo nel mondo economico, le transazioni di “swap” che sono molto diffuse nei mercati finanziari ed in quelli valutari specie nell’ambito del commercio internazionale che espone le imprese a grandi rischi. Se le imprese possono coprire alcuni rischi o svantaggi finanziari sui mercati dei futures e su quelli valutari a termine, è altresì interessante valutare casi di swap orientati ad arbitraggi di reciproca convenienza tra debitori di standing diverso. Ad esempio, ipotizziamo una società ad alto rating ed in grado di indebitarsi sia a tasso fisso che a tasso variabile a condizioni molto soddisfacenti; definiamone poi un’altra che ha più difficoltà a ricorrere al mercato del tasso fisso perché di minor rating. La prima società finanziariamente più forte può emettere a tasso fisso al 4% ed al 3% sul variabile; la seconda società può fare debito a tasso variabile al 5% e finanziarsi a tasso fisso al 6%. Avviene allora uno scambio di flussi: la prima società emette a tasso fisso al 4% e riceve un tasso fisso dalla seconda società del 5%; contemporaneamente la seconda società paga alla prima un 4% variabile e riceve sempre dalla prima un 2% sempre variabile (con differenza di spread pari all’ 1%). Entrambe le società hanno migliorato la loro forza contrattuale sul costo del debito rispetto all’ipotesi di andare da sole sul mercato.