SINTESI DELL’INTERVENTO DEL PROF. SABINO DE PLACIDO Al recente congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), il maggior appuntamento mondiale dell’oncologia, sono stati presentati risultati di grandissima rilevanza clinica nella terapia del carcinoma mammario, sicuramente i migliori da anni a questa parte. Mi riferisco a quanto è emerso dallo studio HERA (HERceptin Adjuvant), che ha valutato il trattamento con un anticorpo monoclonale, il trastuzumab, delle donne che presentavano un’iperespressione dell’oncogene HER2 - la cui presenza sulle cellule neoplastiche rappresenta di per sé un fattore prognostico altamente sfavorevole - e che erano già state sottoposte a trattamenti radio e chemioterapici. Ebbene, a solo un anno di distanza, si è riscontata una riduzione di quasi il 50% del rischio di recidive, con un aumento esponenziale non solo della sopravvivenza ma anche della possibilità di guarigione. Considerando il breve follow up siamo di fronte a risultati impressionanti: è difficile infatti trovare riscontri di questa portata in studi di terapia adiuvante, dove cioè l’end point è la guarigione. L’analisi intermedia ad un anno era stata pianificata dal protocollo: si sperava di avere un risultato positivo, ma questo è andato al di là di ogni previsione e attesa. L’HERA è uno dei più ampi studi mai condotti tra le donne con carcinoma mammario con più di 5000 pazienti arruolate in 480 centri di 39 Paesi, Italia compresa. L’obiettivo era di valutare il ricorso a chemioterapia sistemica standard e radioterapia (quando possibile) seguito da trastuzumab ogni 3 settimane per 12 o 24 mesi in donne con tumore HER2 positivo allo stadio iniziale (il 20-30% del totale dei tumori). In entrambi i bracci (a 12 e 24 mesi) le pazienti trattate con trastuzumab hanno mostrato un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da malattia, intesa come l’intervallo di tempo successivo al trattamento, durante il quale non viene evidenziata alcuna ripresa del tumore. Questi risultati sono confortati da altri due studi nord americani che hanno dimostrato una riduzione proporzionale del rischio di recidivare del 52%, e del 33% del rischio di morte. I due studi i questione, randomizzati e controllati, sono stati sponsorizzati dal National Cancer Institute e condotti da un network di ricercatori guidati dal National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project (NSABP) e dal North Central Cancer Treatment Group (NCCTG). Lo studio NCCTG ha arruolato, a partire dal giugno 2000, 3406 pazienti, il NSABP 2085. Sono stati raccolti dati da 3.300 pazienti che hanno costituito la base dell’analisi. In questo caso gli studi miravano a valutare la combinazione di doxorubicina e ciclofosfamide (AC) seguita da paclitaxel, con o senza trastuzumab, utilizzando diversi schemi di trattamenti con paclitaxel, in donne con tumore della mammella sempre HER2 positivi. Ultima cosa, non meno importante, l’Italia ha dato un grandissimo contributo attraverso alcuni gruppi cooperativi: il GIM (Gruppo Italiano Mammella) di cui faccio parte, il Gruppo Michelangelo, il GOIRC e il GONO . IL PROF. DE PLACIDO E’ PROFESSORE ORDINARIO DI ONCOLOGIA MEDICA DELL’UNIVERSITÀ FEDERICO II DI NAPOLI