Lisia e il giudizio degli antichi In epoca classica si affermarono ad Atene tre grandi politici ed oratori: Lisia, Demostene ed Isocrate. Lisia scriveva in dialetto attico puro e divenne ben presto, ancora vivente, sull’onda del suo successo, un modello e fu apprezzo per la purezza della lingua attica. Insomma, con lui, nacque un vero e proprio “modello lisiano”. Gli antichi avevano ben chiara la nozione del suo stile, che coincideva con quello più appropriato all’oratoria giudiziaria: uno stile piano, moderato nell’ornamentazione che privilegiava la chiarezza, la credibilità e la concisione, le tre virtù della narrazione. Nel processo di canonizzazione dell’intera stagione dell’eloquenza attica Lisia è certamente uno dei capisaldi: egli è il rappresentante di maggior prestigio della prima fase dell’eloquenza attica e al tempo stesso il prototipo dello stile piano e dell’espressione breve, priva di ridondanze e senza figure retoriche. Proprio per questa sua prosa tersa e semplice, Lisia diventerà, quindi, il modello insuperabile del genus tenue, ossia dell’atticismo più rigoroso e misurato. Egli, per queste caratteristiche, era, quindi, automaticamente contrapposto a Demostene: e quanto Lisia era efficace nell’esposizione dei fatti così Demostene era superiore nelle perorazioni e in tutte quelle situazioni in cui era necessario trascinare gli ascoltatori. Lisia, infatti, anziché puntare sulla retorica più ostentata - quale poteva essere quella ampollosa e spettacolare dei sofisti - utilizza un linguaggio chiaro e semplice che mira a sorreggere un tipo di argomentazione schematica e rigorosa, in una concatenazione logica tra pensiero ed espressione. Nel I secolo a.C. Lisia fu considerato esempio sommo da alcuni atticisti che vedranno nella oratoria giudiziaria il classico per eccellenza, additandolo come modello di atticismo insieme a Platone (ad esempio Cecilio di Calatte, al quale si contrappone l’anonimo autore del Sublime, che gli preferisce Platone). A Lisia si ispireranno personaggi di rilievo, come Bruto, Calvo e lo stesso Cesare. Ridimensionato dai retori che preferirono la più elaborata eloquenza di Demostene (Cicerone, Dionigi), gli venne comunque riconosciuto per tutta l’antichità un indiscusso primato nel genere giudiziario.