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Demostene e la politica
La posizione politica di Demostene è più complessa da definire di quanto
possa sembrare a prima vista. Egli dichiara di perseguire l’equilibrio sociale e
l’equità fiscale, ma, nella sostanza, la sua politica appare volta alla difesa
delle classi più abbienti.
Demostene rifiuta gli eccessi della democrazia radicale, sostiene l’autorità
dell’Areopago, si comporta insomma da aristocratico che sa finalmente usare
tutte le armi della democrazia.
Rispetto all’epoca di Antifonte sono cambiati: l’aristocratico non rifiuta più,
sdegnosamente, di prendere la parola, non trama nell’ombra; la stessa
professione di logografo è esercitata da politici di primo piano (Iperide, lo
stesso Demostene), non è più appannaggio quasi esclusivo dei meteci.
Anche gli aristocratici ateniesi si sono arresi alla necessità di controllare lo
Stato attraverso il dominio della parola.
L’esigenza di assicurare un sostegno pubblico ai più poveri si accompagna
alla ferma difesa della proprietà privata e del tradizionale sistema di rapporti
tra Stato e cittadini: i ricchi devono pagare le tasse e sottostare alle liturgie
di buon grado, come avveniva all’epoca in cui la città era meno ricca ma più
potente e rispettata.
La linea tenuta da Demostene in politica estera si differenzia abbastanza
presto dalla posizione di chi privilegia il rafforzamento delle finanze ateniesi,
Demostene, al contrario, appare sensibile alle esigenze della tradizionale
politica di potenza e incline ad assumere iniziative anche militari.
La necessità dell’intervento ateniese contro il tiranno che vuole asservire la
Grecia è argomentata attraverso la storia di Atene; il passato glorioso della
città non deve essere considerato alla stregua di un semplice exemplum, ma
diventa la base stessa della decisione politica.
Nel nazionalismo di Demostene rivive l’Atene ideale, la città che combatte
per la libertà di tutti i Greci.
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