Deflazione Sintesi da vari articoli di Rampini, Greco e dalla nuova Abc dell’economia La deflazione dovrebbe essere il contrario dell’inflazione, cioè una riduzione del livello assoluto dei prezzi. La deflazione a sua volta può essere “buona”, e allora forse è meglio chiamarla disinflazione, quando la diminuzione dei prezzi è dovuta ad abbondanza di offerta: generoso raccolto agricolo o progressi tecnologici o salto di qualità nella concorrenza. Basti pensare alle riduzioni dei prezzi dei personal computer o agli effetti delle liberalizzazione delle telecomunicazioni. Oppure può essere “cattiva”, quando è dovuta a bassa domanda: basti pensare alla stagnazione dell’economia giapponese negli anni 90. La deflazione cattiva è una specie di anoressia dell’economia e complica la politica monetaria, perché per stimolare l’economia bisognerebbe spingere i tassi di interesse sotto lo zero, cosa che non è possibile. La deflazione cattiva è molto di più di una semplice recessione, non si esaurisce in un arretramento della crescita economica. Le recessioni sono fenomeni abbastanza frequenti (l’ultima negli Usa avvenne nel 2001) e un male curabile dalle autorità di politica economica. La deflazione invece è un fenomeno difficile da capire finché non ci si è in mezzo: e allora è troppo tardi. Gli anni Trenta sono l’unico caso precedente di una deflazione globale nell’era moderna. Quel circolo vizioso oggi viene definito come “un rischio reale” da Nouriel Roubini, l’economista della New York University che seppe prevedere con precisione il grande crac dei mutui. La deflazione non è pertanto solo disinflazione. Una disinflazione è ben vista dal consumatore, perché aumenta il suo potere d’acquisto (anche se il consumatore italiano è l’ultimo ad accorgersene perché monopoli, intermediari e corporazioni parassitarie sequestrano il vantaggio). La deflazione invece è distruttiva, perché abbassa i prezzi dei beni capitali. Una massiccia deflazione globale in atto da mesi ha svalutato tre categorie fondamentali di beni. In primo luogo le case, che negli Usa hanno già perso più del 20% del loro valore. In secondo luogo i titoli e poi le materie prime. La deflazione ha conseguenze perverse sia sul fronte dei debiti che sul fronte dei consumi e gli investitori non investono più. Aspettano nel bunker esattamente come i consumatori, tutti nella stessa spirale viziosa. Secondo Ben Bernanke “Contro la deflazione le autorità monetarie devono fare di tutto, anche gettare soldi da un elicottero”.