Gruppo di Intervento Psicologico dell’Ordine degli Psicologi del Lazio per il Liceo Classico "SOCRATE" di Roma (coordinatori prof. Cruciani P. e Urso A.) IL GRUPPO GENITORI docenti: ANTONINO URSO E PAOLO CRUCIANI (dispensa ad uso privato dei genitori partecipanti - prima parte) Perché siamo qui: non solo per ciò che è accaduto (incendio) e che ha visto i massmedia accendere i riflettori sul liceo Socrate, ma anche, perché l’intervento della psicologia scolastica non è solo caratteristico delle situazioni di disagio psicologico, ma è un accompagnamento quotidiano, utile e auspicabile in tutte le scuole; è infatti importante aiutare studenti, docenti e genitori a migliorare la Comunicazione intra ed extra gruppo, ponendosi all'ascolto dei vissuti emotivi che accompagnano quanto avviene all’interno ed all’esterno della comunità scolastica e delle relative percezioni ed elaborazioni. Tipologia del Setting d’intervento: Ogni incontro avrà la durata di un’ora e mezza. Il primo ciclo di incontri comprenderà quattro sedute con cadenza settimanale o quindicinale. I conduttori e i partecipanti siederanno in circolo nella stanza. Il lavoro durante gli incontri può cominciare con la narrazione di un evento, un racconto, una fiaba, un mito o un sogno da parte di uno dei conduttori o di uno qualsiasi dei partecipanti al gruppo, oppure con una domanda diretta posta ai convenuti da uno dei due conduttori. Potrà essere fatto un breve discorso introduttivo con il quale comunicare le informazioni basilari; le indicazioni fornite all’inizio della prima seduta, comunque, saranno brevi e sintetiche. Sarà anche possibile consegnare all’inizio dell’incontro, o fare pervenire preventivamente ai partecipanti, un testo scritto contenente del materiale stimolo per la successiva discussione (ad esempio un racconto, un mito o un fatto di cronaca), preferibilmente da leggere durante la settimana precedente l’incontro. I conduttori inizieranno con una breve comunicazione introduttiva, volta a specificare che i partecipanti sono invitati a condividere i vissuti personali che emergeranno durante l’incontro e ad esplorare i loro possibili significati, insieme a quelli degli altri partecipanti. Implicitamente ciò servirà a comprendere che i vissuti psicologici non sono proprietà privata del sognatore, quanto piuttosto qualcosa di condiviso e comune. Altre poche regole che possono favorire il buon andamento degli incontri sono le seguenti: permettere ai singoli partecipanti di parlare per non più di cinque minuti, in modo da lasciare a ciascuno uno spazio adeguato per intervenire; evitare di rispondere a domande poste direttamente solo ad uno dei partecipanti e di ingaggiare discussioni solo con una persona. Scopo di queste indicazioni è di fornire a tutti l’opportunità di parlare. Nel Gruppo di quali principi è importante tener conto: La Riservatezza: mantenere il segreto sulle informazioni che i partecipanti condividono durante gli incontri, divieto di audio e videoregistrare. Il Dialogo come principio fondamentale per la prassi. Dialogare presuppone riconoscere l'Altro come attore sociale e rispettare le sue condizioni di costruttore di conoscenza e produttore di una storia. Questa relazione, fondata sul rispetto reciproco, deve arricchire non solo i membri della relazione in sé, ma anche la totalità delle relazioni nella scuola, luogo nel quale si costruiscono nuove forme di conoscenza e si trasformano persone e azioni, mentre allo stesso tempo cambia anche la relazione in se stessa. Senza dubbio, poiché la perfetta simmetria nelle relazioni umane sembra essere un'utopia, l'idea di bilanciamento nella relazione sostituisce più adeguatamente la regola dell'equilibrio instabile. Lavorare con le persone, i gruppi e le comunità significa non solo riconoscere l’altro come soggetto attivo, portatore di risorse e bisogni, ma anche valorizzare l’altro, le sue reti, la sua storia e, in nome di ciò che accomuna, condividere una progettualità che renda la vita degna di essere vissuta. La Coscientizzazione: La coscientizzazione si definisce come il processo mediante il quale la coscienza critica giunge alla comprensione delle circostanze della vita, individuandone le relazioni causali. Questa è la coscienza del carattere dinamico che hanno le nostre relazioni nel mondo, della nostra capacità di denunciare le situazioni critiche nelle quali ci si trova a vivere. Con la prospettiva psicosociale, intendiamo per coscientizzazione il processo cognitivo ed emozionale che porta a rendersi conto, a essere cosciente, delle circostanze che influiscono nelle condizioni di vita in cui viviamo. La De-ideologizzazione: de-strutturazione delle letture preconcette della realtà e costruzione della capacità di leggere criticamente ciò che accade nella realtà circostante; destrutturazione delle dinamiche sottintese mediante la produzione di nuovi modi di comprendere tanto il contesto di vita della persona quanto le circostanze della sua vita, come un tutt’uno. Implica pertanto la costruzione di un processo di conoscenza, che conduce a stabilire cause e nessi che contrastano con la mancanza di una conoscenza adeguata per leggere le dinamiche dei problemi, che accompagna spesso un certo stato di impotenza. La De-alienazione: processo di comprensione della relazione tra le cose e i fatti che appaiono come al di sopra delle persone stesse e quindi comprensione di come niente potrebbe esistere senza la loro azione; pertanto tutto può essere trasformato e persino eliminato, producendo in questo modo la rottura di un atteggiamento passivo e acritico, mostrando così la capacità creativa e attiva del soggetto. Il superamento del Vissuto di colpa, da sostituire con il Senso di responsabilità: capacità di accettare l'accaduto anche se particolarmente sgradevole, senza negare le emozioni negative che ne derivano, superando le possibili vittimizzazioni concentrandosi su: a) la capacità di assumere nelle proprie mani la responsabilità della propria esistenza,credendo in se stessi e nella concreta possibilità di riuscire a risolvere i propri problemi; b) la capacità di avere fiducia negli altri, di chiedere loro aiuto e di accettarlo, ma soprattutto di instaurare delle relazioni stabili e sicure con persone affidabili; c) la fortuna di incontrare nel proprio cammino delle persone disposte ad offrire non solo e non tanto degli aiuti materiali, quanto piuttosto appoggio, sostegno e incoraggiamento. La teoria e la prassi circa il gruppo come strumento di lavoro clinico si fondano sistematicamente sulla assunzione che il gruppo “esista” nella sua struttura considerata classica, declinata lungo una serie di condizioni largamente condivise da chi opera in questo ambito: i componenti il gruppo, da sei a dodici persone sedute in cerchio, assieme al terapista od all’equipe terapeutica, verbalizzano le proprie fantasie, dicono cioè quello che viene loro alla mente senza trascurare nulla, raccontano i propri sogni, interagiscono nell’arco di tempo di un’ora in mezzo o di due ore, e questo per una, due o tre volte la settimana. Il “gruppo” acquista così un suo spessore storico, collocato nel tempo e nello spazio e viene “nominato”, sia pure con accezioni diverse, da tutti i componenti di questa esperienza: “vado al gruppo”, “questa sera c’è il gruppo”, “il gruppo mi ha fatto notare che …”, “ma questo gruppo è veramente efficace?”, “il gruppo è buono con me”, “faccio il gruppo, non l’individuale”, ecc. Si afferma spesso, nella letterature sull’argomento, che l’individuo, l’essere umano è primariamente “sociale” e che non è possibile porre la dicotomia individuo-gruppo senza incorrere nei rischi di un drastico riduzionismo. Viene alla mente, al proposito, come già nell’ambito della biologia e dell’etologia questo tema fosse stato trattato e risolto individuando le differente ottiche di analisi o “modelli” con i quali è possibile studiare la fenomenologia in esame: la vita delle api, ad esempio, può essere indagata considerando l’alveare come unità fenomenica inscindibile, di cui le “api” rappresentano l’unità “cellulare” costutitiva; e questo modello mette in luce fenomeni ed eventi dei quali lo studio della singola ape non consentirebbe l’evidenza. Si afferma anche che il gruppo ha un suo pensiero, una sua “mente”, ed al proposito si può ricordare la nozione di rete in Foulkes. S.H. Foulkes (1898-1976), psichiatra inglese di origine tedesca, considerato l’ideatore dell’indirizzo di studi denominato “gruppoanalitico”. La sua formazione, oltre che dalla psicoanalisi freudiana, era costituita dal lavoro di Burrow e dai contatti con il Lewiniano Institut of Relations della Tavistock Clinic londinese. Si riferì alla scuola di Francoforte per quanto riguarda il rapporto tra psicoanalisi e sociologia, alle ricerche empiriche della Gestalt sul rapporto figura sfondo, a quelle del sociologo Elias sull’identità io-noi, al suo maestro di neurologia K. Goldstein e alla sua concezione olistica del neurone, come punto nodale di un sistema interattivo, al fisico teorico Hutten, che fu suo paziente e per certi aspetti continuatore. Foulkes quando iniziò a chiedersi che cosa sarebbe successo se i suoi pazienti, che conosceva bene individualmente, si fossero riuniti in gruppo, cominciò a raccogliere i frutti dei suoi studi precedenti, consolidando la sua convinzione che la dimensione intrapsichica, non può essere considerata separatamente dalle relazioni interpersonali, sia nel loro accadere storico che “nell’hic et nunc”: “Ciascun individuo è inevitabilmente determinato essenzialmente e principalmente dal mondo in cui vive, dalla comunità, dal gruppo di cui egli è parte…….La vecchia contrapposizione tra mondo interno e mondo esterno, tra costituzione e ambiente, individuo e società, fantasia e realtà, corpo e mente e così via non è più sostenibile. Non possono essere separati in nessuna fase l'uno dall'altro, se non grazie a un isolamento artificioso.” (S.H. Foulkes, 1948, p. 10, citato in A. Powell, La psiche e il mondo sociale). Successivamente eEgli centrò il suo interesse prevalentemente sulla clinica gruppale e lavorò per ben quarant’anni con i piccoli gruppi. Mise a punto una metodologia non rigida attraverso cui giunse alla costruzione di una ipotesi teorica secondo la quale l’individuo e l’intrapsichico potessero essere concepiti come biunivocamente collegati al multipersonale e al sociale. Non portò mai a compimento la sua elaborazione teorica della gruppoanalisi, mentre la sua teoria della tecnica si è rivelata particolarmente importante nel lavoro clinico con i gruppi. A partire da questa fondazione il contesto gruppale è diventato, per la gruppoanalisi, non solo uno strumento clinico ma anche un luogo di osservazione per lo studio dello psichismo e del suo rapporto con le dimensioni multipersonali quali famiglia, organizzazioni/istituzioni, cultura ecc. In tale ottica, la dinamica individuo-gruppo va vista in termini di figura-sfondo in una continua alternanza, e va collegata al processo gruppale inteso come rete relazionale (matrice dinamica) e ai processi transpersonali (lo psichismo inconscio comune) del gruppo. Da allora ad oggi la gruppoanalisi di scuola inglese, diffusa ormai in tutto il mondo occidentalizzato, ha annoverato una quantità di esperienze veramente notevole. (G. Lo Verso ,G. R 1.Ustica 1996) La gruppoanalisi si è inizialmente sviluppata in Inghilterra, ma ha via via trovato diffusione in tutto il mondo. In Italia è stata inizialmente introdotta da vari autori tra i quali F. Napolitani, D. Napolitani e L. Ancona. Successivamente il pensiero gruppoanalitico ha dato vita ad un vero e proprio filone autonomo di ricerca e lavoro clinico con i contributi di F. Di Maria, G. Lo Verso, F. Fasolo, C. Pontati, R. Menarini ed altri. Gli ambiti particolarmente approfonditi sono: il ruolo della famiglia, la teoria della complessità, la concezione della personalità in termini di gruppalità identificatorie, lo studio dei gruppi istituzionali, la terapia multimodale.