ROCCO ANTONIO PISANI
DISTURBI PSICOSOMATICI E GRUPPOANALISI
(Simposio all’Accademia Lancisiana Roma 18 maggio 2004)
Per disturbi psicosomatici intendiamo quei disturbi che esprimono significati inconsci
rimossi attraverso la somatizzazione.
Anzichè parlare di malattie psicosomatiche preferisco usare il termine disturbi
psicosomatici da inquadrare nell’ambito di una visione unitaria mente corpo ( schema 1).
Schema 1 :
DISTURBI PSICOSOMATICI
-Disturbi somatici senza lesioni organiche clinicamente manifeste:
- Psicoestesie
- Cenestopatie di allarme
- Conversioni (isteria)
(Disturbi somatoformi)
-Disturbi somatici con lesioni di organo o di funzione clinicamente manifeste:
Ulcera peptica, rettocolite ulcerosa, M. Crohn, asma, malattie dermatologiche,
ipertensione essenziale, cefalee essenziali, disturbi della funzione genitale, disturbi
alimentari ecc. (cosi dette malattie psicosomatiche).
Leucemie, cancro,infarto del miocardio, connettivopatie ecc. (? ?)
- Alterazioni biologiche concomitanti ( biochimiche es.disfunzione del sistema
dopaminergico, serotoninergico ecc.) nei disturbi psichici: nevrosi e psicosi.
- Disturbi somatopsichici (vissuto emozionale della malattia, malattia come trauma
psichico)
L’esperienza clinica degli ultimi anni tende a prendere in considerazione una etiologia
multifattoriale (predisposizione genetica, stimoli ambientali fisici, chimici e biologici,
conflitti psicosociali consci e soprattutto inconsci) in cui di volta in volta uno o l’altro fattore
può essere predominante.
La Gruppoanalisi (S. H. Foulkes) rappresenta l’evoluzione da una ottica
prevalentemente intrapsichica (psicoanalisi) ad una sociale o meglio ad un collegamento
tra l’inconscio sociale e quello individuale in continuo e dinamico influenzamento
reciproco.
Esiste una profonda interdipendenza tra intrapsichico, interpersonale o rete di interazione
ed il transpersonale o matrice di gruppo.
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La rete di interazione significa che l’equilibrio intrapsichico individuale è strettamente
correlato all’equilibrio delle relazioni interpersonali e che ogni rottura o alterazione
individuale implica una rottura o alterazione dell’intera rete e viceversa, (dinamiche di
gruppo).
“ Il disturbo di un certo paziente è, di fatto, l’espressione di un equilibrio disturbato in un
campo totale di interazione che coinvolge un numero di persone diverse”…”possiamo
vedere meglio che ci sono oltre alle forze difensive della persona stessa anche la difese di
tutto l’ambiente che resistono al cambiamento”( Foulkes S.H., Anthony J.1998, pag.46).
Le Psiconevrosi vengono concepite come “un disturbo nelle relazioni degli
individui”(ibidem pag.193) ed i sintomi come “compromesso tra il bisogno di esprimere
qualcosa che potrebbe essere capita da tutti ed il bisogno di sopprimere tale espressione
con la reticenza, il mascheramento e la distorsione” (ibidem pag.201). La paura
dell’attacco da parte del mondo esterno alimenta cioè il conflitto tra il bisogno di relazioni
con gli oggetti esterni e la chiusura in un isolamento narcisistico.
Matrice di gruppo significa che questa rete di comunicazione e di relazione ha contenuti
che consistono nell’eredità biologica e culturale che gli individui hanno in comune.
L’individuo non può essere concepito in isolamento. E’ precondizionato nel profondo dalla
sua comunità: “La cultura ed i valori di una comunità sono inesorabilmente trasferiti al
bambino che cresce dal suo padre e della sua madre individuali, a loro volta determinati
dalla particolare nazione,classe, regione,religione ecc”.(ibidem pag. 24 –25 ).
“La matrice può essere vista come la base operativa di tutti i processi nel gruppo, così
come la ‘mente’ dell’individuo è la base operativa di tutti i suoi processi mentali. Le sue
linee di forza possono essere concepite come passanti attraverso i singoli membri e
possono pertanto essere chiamate una rete transpersonale paragonabile ad un campo
magnetico .L’individuo è pensato come
un punto nodale in questa rete, come sospeso in essa”…”I membri del gruppo parlano ora
attraverso una bocca, ora attraverso un’altra… correnti attive all’interno del gruppo
possono essere espresse o venire in mente a una particolare persona, tra persone
particolari, e possono in un certo senso essere ‘personificate’ negli individui… qualunque
cosa stia avvenendo nel gruppo la guardiano sempre come un processo che si sviluppa
nel gruppo totale” (ibidem pag. 211).
La gruppoanalisi è una psicoterapia psicoanalitica.
Parliamo di psicoterapia psicoanalitica quando prendiamo in considerazione
1) L’inconscio;
2) Il contenuto dell’inconscio: le pulsione istintuali dell’Es, il rimosso, i meccanismi di
difesa, gli archetipi dell’inconscio collettivo e l’inconscio sociale rimosso;
3) L’analisi: tutto il lavoro che viene fatto per rendere conscio l’inconscio e ottenere un
cambiamento.
La psicoanalisi opera su una relazione duale, basata sul transfert e controtransfert.
Invece la gruppoanalisi opera su una relazione multipersonale basata su un transfert
multiplo ma anche su molti altri fattori che non sono transferenziali ma riguardano il
qui ed ora: cioè rispecchiamento, risonanza, esperienza emotiva correttiva, Ego –
Self trainig in action, socializzazione (schema 2)
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Schema 2: PSICOTERAPIE PSICOANALITICHE
INCONSCIO:PULSIONI ISTINTUALI,RIMOSSO
MECCANISMI DI DIFESA ( I. INDIVIDUALE)
ARCHETIPI DELL’INCONSCIO COLLETTIVO,
INCONSCIO SOCIALE RIMOSSO ( I. SOCIALE)
ANALISI: TUTTO IL LAVORO FATTO PER RENDERE
CONSCIO L’INCONSCIO, CAMBIAMENTO
PSICOANALISI: RELAZIONE DUALE
TRANSFERT – CONTROTRANSFERT
GRUPPOANALISI:
RELAZIONE MULTIPERSONALE
T= t + x
t= TRANSFERT MULTIPLO
X = HIC et NUNC: RISPECCHIAMENTO, RISONANZA,
ESPERIENZA EMOTIVA CORRETTIVA, EGO SELF TRAINIG
IN ACTION, SOCIALIZZAZIONE
La situazione totale di terapia (T), include il transfert (t) e tutti gli altri fattori del qui e ora
(x).
La gruppoanalisi è una psicoterapia psicoanalitica effettuata dall’intero gruppo, sotto la
guida del conduttore attraverso la comunicazione e il lavoro di traduzione del significato di
ciò che viene comunicato. Questo lavoro porta alla maturazione della matrice di gruppo,
che a sua volta produce il cambiamento individuale. La maturazione dell’individuo va ad
ulteriore vantaggio della matrice di gruppo, in cotinuum dinamico e circolare. (Pisani
R.A.,2000)
“La teoria ed il metodo gruppoanalitico fanno a meno di pseudoproblemi quali biologico
contro culturale, somatogenico contro psicogenico, individuo contro gruppo, realtà contro
immaginazione. Noi cerchiamo di usare concetti che rendano giustizia ad una visione
integrata” (Foulkes S.H., Anthony J. 1998, pag. 24-25).
Foulkes ribadisce che non esiste contrapposizione tra malattia psicologica e malattia
fisica: Quando chiamiamo psicologica una condizione non affermiamo che ci sia nulla che
incontriamo nella vita umana che non abbia il lato fisico materiale, perfino nel caso di
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fenomeni chiamati con nomi altisonanti ‘spirituali’. Al contrario crediamo che tutto ciò che
avviene nell’organismo umano possa essere guardato sotto entrambi gli aspetti, quello
fisiologico e quello psicologico” (Foulkes S.H.,Anthony J.1998, pag.42)
D. G. Brown è il gruppoanalista che più ha studiato i disturbi psicosomatici ( D.G. Brown
1976,1985, 1989, 1993, 1997).
Riassumo i suoi principali lavori:
La gruppoanalisi teoricamente e praticamente offre un utile approccio allo studio ed al
trattamento dei disturbi psicosomatici. Offre la possibilità di vedere la difficoltà di spostarsi
da una internalizzazione e somatizzazione di difficoltà emozionali alla loro comprensione e
risoluzione all’interno di una rete di relazioni.
La natura bio-psico-sociale degli esseri umani è di fondamentale importanza.
La malattia origina tra le persone in quelle sensazioni e fantasie che non possono essere
espresse e perfino pensate all’interno delle reti della situazione attuale di vita, la famiglia
primaria internalizzata e il sociale che permea inconsciamente.
Le esperienze fisiche del bambino, da cui emergono le sue funzioni mentali sono
fondamentalmente influenzate non solo dalla relazione madre bambino ma anche dal
padre, dalla famiglia e dalla cultura sociale in cui il bambino è immerso.
Per Freud l’Io è innanzi tutto un Io corporeo. Le funzioni mentali emergono gradualmente
dalle funzioni corporee nel primo e secondo anno di vita, dall’originaria unità madre
bambino. Lo sviluppo implica un processo di desomatizzazione. Concetto ripreso da Bion
con lo stato protomentale, gli elementi beta e la funzione alfa. Le difficoltà psicosomatiche
risalgono ad esperienze preverbali, presimboliche basate più su parti psicotiche.
Brown cita Joyce McDougal secondo cui i processi di differenziazione mente corpo
possono essere disturbati dalle principali figure di attaccamento che possono essere molto
strette e nocive oppure molto distanti al momento di emergenza del Sé dalla simbiosi
madre bambino e della mente dallo psicosoma indifferenziato. Ambedue possono
predisporre sia alle psicosi che ai disturbi psicosomatici. La scarsità di sogni e di vita
immaginativa è collegata all’espulsione dalla mente sia di affetti che di rappresentazioni
attraverso uno “scoppio somatico”.
I sintomi di conversione sono più delle comunicazioni . I disturbi psicosomatici veri sono
più regressioni a stati preverbali primitivi (protamentale di Bion).
I disturbi psicosomatici si presentano in famiglie che non offrono contenimento psicologico
né permettono l’espressione e la ricezione di affetti. Favoriscono la somatizzazione non
parlando dei sentimenti e dando sostegno e attenzione solo quando i bambini hanno
sofferenze fisiche o sono malati.
La predisposizione genetica ed i fattori ambientali possono essere favoriti da fallimenti, a
livello dell’interazione madre –bambino, di comunicazioni familiari e di atteggiamenti socio
culturali, incluso l’atteggiamento dei medici.
Brown riprende il concetto di alexitimia di Nemiah e Sifneos: incapacità di trovare le
parole per esprimere sensazioni, emozioni, sentimenti, fantasie e impulsi.
I sintomi fisici rappresentano un blocco della comunicazione e nello stesso tempo sono
una comunicazione indiretta. Il loro trattamento implica la creazione di significato e
simbolizzazione da parte di individui che rimangono legati alla somatizzazione della prima
infanzia.
Il lavoro gruppoanalitico consiste nello scoprire il significato di questi sintomi fino
al livello più primitivo (proto mentale) per essere desomatizzato, tradotto in parole e
mentalizzato.
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Uno dei vantaggi dei gruppi è che gli alexitimici possono sviluppare gradualmente la
verbalizzazione. Il gruppo svolge inoltre una migliore funzione di contenimento dei crolli
psicotici.
Nei gruppi analitici la comunicazione avviene a vari livelli: da un livello psicosomatico
indifferenziato , primario a livelli crescentemente simbolici verbali e astratti. La relazione
progressiva e la condivisione sono fattori essenziali. Essa implica la traduzione della
mimica, dell’espressione emotiva diretta, delle manifestazioni di conversione del
linguaggio degli organi e degli affetti in comunicazione verbale chiara che permette ai
processi ed ai messaggi autistici di essere aperti e valutati in un clima di apertura e di
comprensione condivisa. La traduzione può avere una parte importante per aiutare le
persone a superare l’abituale fiducia nei disordini psicosomatici ed esprimere quegli
aspetti di sé delle loro relazioni che non possono essere espresse in altra maniera.
Prima o poi i pazienti psicosomatici abbandonano la dipendenza da forme somatiche di
comunicazione. Il gruppo si dimostra un contenitore migliore della propria madre e
famiglia, la frustrazione non attiva più inevitabilmente lo psicosoma primitivo (proto
mentale).
E’ necessario tollerare e contenere l’ansia, il dolore, la mancanza di aiuto, la dipendenza e
la rabbia. Il gruppo facilita la comunicazione ad un livello primitivo più profondo ed il
conduttore deve trasformare le sue sensazioni controtransferali in consapevolezza,deve
ascoltare con i suoi intestini oltre che con le orecchie. Deve facilitare la comunicazione ai
livelli primitivi più profondi ed infine tradurli in parole.
La matrice di gruppo permette la capacità di pensare su sensazioni e relazioni che in
precedenza erano cosi minacciose da essere impensabili nella originaria matrice materna,
familiare e sociale.
Il gruppo analitico offre uno spazio transizionale di contenimento dove transfert scissi
possono essere sperimentati e integrati, dove il movimento dall’isolamento all’adattamento
empatico può aver luogo al passo che è compatibile con ciascun membro e ove i livelli
corporei come quelli di transfert e proiettivi di funzionamento possono essere esplorati.
D.G.Brown (1985) riassume questi concetti in 6 massime:
1) Disturbi profondi necessitano sostegno e preparazione
2) Bisogna contenere l’ansia, il dolore, la sensazione di mancanza d’aiuto e la rabbia
3) Il significato dei fenomeni fisici deve essere scoperto perché il soma possa essere
mentalizzato
4) Il terapeuta deve dare il nome alle sensazioni
5) Bisogna facilitare la comunicazione a livelli profondi
6) Il terapeuta deve ascoltare con il corpo oltre che con le orecchie.
Perché viene scelto un disturbo psicosomatico anziché un altro, Brown lo spiega in
termini di predisposizione genetica e di fattori ambientali oltre che di aspetti di personalità
e conflitti focali.
Come nell’eczema infantile in cui familiarità, fattori locali come irritazioni, infezioni e fattori
psicologici confluiscono.
La pelle gioca un ruolo chiave di mediazione nella relazione madre bambino, nello stabilire
le sensazioni intime della madre per il bambino, nello stabilire i confini tra il Sé e il non Sé.
E’ uno dei canali più primitivi per la comunicazione preverbale, dove affetti non verbalizzati
possono essere somaticamente sperimentati. La pelle della madre può comunicare un
ampio spettro di emozioni dalla tenerezza, calore e amore fino al disgusto, collera, odio. Il
bambino può reagire attraverso la pelle a sentimenti positivi della madre con senso di
benessere e a quelli negativi con un disturbo cutaneo. Gli affetti non verbalizzati del
bambino trovano espressione attraverso la pelle.
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I disturbi psicosomatici, come le conversioni isteriche racchiudono “il misterioso salto dalla
mente al corpo”. Il loro trattamento. come l’analisi dei sogni, può offrire un’altra” via
maestra verso l’inconscio”, e verso il “misterioso salto”, rivelando affetti disconosciuti e
scissi all’interno della sua matrice di relazioni fin dalle origini, prima della differenziazione
mente corpo.
Esperienze analoghe vengono riferite da G. Petacchi (2003): in una fase avanzata
dell’analisi un paziente gli parla della sua bambina di circa cinque mesi con un eczema
delle guance. Viene proposto alla madre della bambina di allattarla completamente nuda
con la bambina altrettanto nuda. Nei giorni successivi di questo tipo di allattamento si è
assistito ad una progressiva attenuazione dei sintomi fino alla scomparsa dell’eczema.
R. Merendino ( 2003) ha studiato casi di grave patologia organica: leucemia, cancro,
AIDS ecc.
Il suo parere è che “la malattia mortale in genere ed in particolare la malattia tumorale
derivi dalla perdita precoce, oltre una determinata soglia, della capacità comunicativa del
soggetto sia nei confronti del mondo esterno che nei confronti del mondo interno”...”la
malattia si manifesta ogni qual volta la comunicazione verso l’esterno e l’interno
diminuiscono fino a ridursi ad un minimo oltre il quale il Sé mente-soma non può più
garantire la vita e si dissolve. Possiamo dire, in termini più specificatamente psicoanalitici
che la malattia fisica e la malattia mentale, separate o insieme, sono il segno di una
riduzione della capacità relazionale del soggetto”…”Il tumore maligno sembra insorgere in
soggetti che, per motivi difensivi, si sono costruiti un’immagine di Sé ed un carattere
essenzialmente monadico ed hanno alimentato un sistema di controllo onnipotente dei
rapporti affettivi e delle relazioni sociali. Ne è derivato un Sé narcisistico profondamente
autarchico”…
“Possiamo quindi ritenere che il tumore sia una tipica manifestazione del Sé arcaico
arelazionale ed esploda nel momento in cui il controllo onnipotente della realtà, vista e
sentita come persecutoria, sfugge di mano…Il tumore maligno esprime tutta la virulenza
distruttiva del Sé arcaico arelazionale che si trasforma in Sé persecutorio…I soggetti affetti
da tumore maligno presentano un assetto psicomentale caratterizzato da una forte
angoscia persecutoria nei confronti delle relazioni con gli altri e con se stessi; essi si
difendono assumendo un’idea autarchica e narcisistica di Sé ed un controllo onnipotente
verso le relazioni…La malattia tumorale è rappresentabile come l’estremo tentativo di
recuperare ed attivare l’onnipotenza allo scopo di annullare il presunto attacco
persecutorio da parte di una rete relazionale che si evolve e si muove al di fuori
indipendentemente dal Sé narcisistico del soggetto. Non potendo colpire a morte la realtà
che si evolve, il Sé attacca le parti vive di se stesso e si autoelimina”.
Per Merendino “non vi è alcuna operazione mentale che non abbia una sua
corrispondenza nel soma, non vi è alcuna operazione somica che non abbia una sua
corrispondenza mentale”.
Ciò significa che curando la mente curiamo anche il corpo e curando il corpo curiamo
nello stesso tempo la mente.
Contributo personale
Signora A: soffriva di Emicrania Classica con scotomi scintillanti e segni neurologici di
accompagnamento (parestesie labiali, afasia espressiva). Gli attacchi si presentavano con
la frequenza di uno ogni quindici giorni in media. Ha praticato il trattamento
gruppoanalitico dal 1983 al 1987. Il significato emerso attraverso l’analisi gruppale è quello
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di una forte rimozione dell’aggressività, indirizzata contro la sessualità maschile, che
ritorna indietro sotto la spinta dei sensi di colpa.
All’età di sette anni rimase molto impressionata nel vedere un film sulla violenza subita da
Maria Goretti. Da allora ha sempre visto la sessualità come violenza, come quella che le
sembrava sua madre subisse da suo padre.
In una seduta racconta un sogno: è in campagna, vede un “grosso lucertolone”, prende il
fucile e gli spara contro, ma la pallottola rimbalza contro di lei che, colpita al capo, cade a
terra…
Ad un livello più profondo sono emerse ansie di separazione, come quando, nel 1985, di
fronte all’ipotesi di finire la terapia, ha avuto una grossa crisi cefalalgica, dopo due anni di
assenza. Ha avuto” paura del vuoto”. In seduta è emerso il bisogno di essere legata a
qualcuno, come una bambina che ha bisogno della madre. La cefalea serve “per avere
comprensione”, come ha sempre fatto fin da bambina, e rappresenta nello stesso tempo la
paura di legarsi ad un uomo.
Dall’epoca della fine dell’analisi ad oggi con ha più avuto attacchi di emicrania.
Signorina B: ha 28 anni; è affetta da rettocolite ulcerosa dall’età di 17 anni.All’inizio del
trattamento gruppoanalitico soffriva di una grave sintomatologia di tipo ansioso fobico con
panico agorafobico. Anche la madre è affetta da rettocolite ulcerosa. E’ entrata nel gruppo
a marzo del 1996 ed è tuttora in trattamento.
L’analisi ha rivelato un conflitto profondo tra ansie di separazione e fusionali che si
esprimono in legami sado-masochistici. Non può tollerare le separazioni, si sottopone a
forti umiliazioni ed accumula rabbia e aggressività. Le rettorragie compaiono soprattutto
quando viene abbandonata.
Nell’ottobre del 2000 scrive:
“Nel 1996 mi sono rivolta al prof. Pisani presentando i seguenti sintomi e problemi:
attacchi di panico fortissimi non appena dovevo uscire di casa. Innanzi tutto non potevo
uscire se non in presenza dei miei genitori o di mia sorella e, nella maggior parte delle
volte, non appena mettevo piede fuori di casa, i miei giramenti di testa erano talmente forti
che mi sembrava di cadere, in avanti o indietro, oppure di non ricordare la strada che
dovevo fare e finivo per farne una qualsiasi credendo che fosse quella giusta. Se però la
paura mi assaliva completamente, ero costretta a tornare a casa facendo rinunciare anche
i miei ad una passeggiata. Arrivata a casa iniziavo a piangere ininterrottamente e, dopo
una bella “scaricata”, i giramenti di testa sparivano, la tachicardia anche e mi sentivo
pronta ad affrontare “tutto”
Quando gli attacchi di panico si affievolirono, dopo un anno dall’inizio della terapia,
cominciai ad uscire con mia sorella di quattro anni più piccola di me e di un ragazzo
alcoolista di cui ero follemente innamorata. Il suo unico principio era quello di non
innamorarsi mai e di non volersi sposare. Io allora pensai che soltanto dandogli amore
incondizionato avrei potuto fargli cambiare idea. Di lì ho cominciato a capire di avere in me
una forte componente sado-masochistica, perché ero disposta a subire le più grosse
umiliazioni pur di fargli “conoscere” cosa fosse l’amore. Non mi voleva, per mandarmi via
mi prendeva a calci, mi tirava i capelli, ma io non mi arrendevo credendo di non riuscire a
vivere senza di lui. Dopo che lui mi ha lasciato definitivamente, ho subito un forte dolore, la
mia vita non aveva più senso e l’unico momento in cui ero serena era la fine della
giornata, perché pensavo che fosse un giorno in meno di vita.
Dopo qualche giorno mi sono “buttata” con il ragazzo “capitato” e dopo una settimana ero
attaccata a lui più di quanto lo fossi con il ragazzo precedente. Ho cominciato ad avere i
primi rapporti sessuali più che altro perché avevo paura che mi lasciasse. Dopo qualche
mese che eravamo insieme ho scoperto che lui era fidanzato con un’altra e che si doveva
sposare. Ci sono rimasta malissimo, mi è crollato il mondo, ma la paura dell’abbandono
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era talmente forte che ho continuato a stare con lui, mettendomi contro tutta la famiglia
che adoravo, continuando a ricevere torture da questo ragazzo in cambio del non
abbandono.
Nel 1999 ho iniziato a introdurmi nel mondo del lavoro. Ho conosciuto diversi ragazzi, ma
non riuscivo a legarmi per non “tradire” il ragazzo “fidanzato”.
Dopo le ennesime umiliazioni (dovevo presentargli le mie amiche per farle diventare sue
ragazze oppure andare nei locali scambio coppia), mi sono stufata ed ho trasferito il mio
affetto su un telefonino, sui messaggi di amore di un ragazzo mai prima conosciuto di
persona. Finalmente ero diventata una ragazza viva, capace di provare sane emozioni.
Questa felicità è durata poco, in quanto anche questo ragazzo si è trasformato in un
sadico, umiliandomi per telefono, facendo la parte del geloso per cui io non potevo uscire
di casa altrimenti lui per telefono si arrabbiava, non potevo frequentare amiche ecc.
Questa situazione mi ha condotto in aprile 2000 in ospedale, con la colite ulcerosa in fase
attiva con sangue nelle feci, febbre a 40° C. Ho iniziato con cortisone e
immunosoppressori, perché nessun altro farmaco mi faceva ormai più effetto. A questo
punto ho cercato di cambiare vita e mi sono fidanzata con un “bravo” ragazzo.”
Questo ragazzo, con cui sta tuttora, non la matratta né la umilia.Le è molto affezionato.
Nel 2002 ha sospeso gli immunosoppressori.. E’ diventata indubbiamente più autonoma
da figure con cui ha sempre vissuto in maniera infantile, dipendente, sottomessa
masochisticamente; non ha più avuto grosse manifestazioni di ansia né gravi
manifestazioni colitiche. Fino ad un anno fa aveva scariche diarroiche ogni ora. Neanche
con il cortisone migliorava. Da un anno non ne ha più.
In data 14/1/03 il collega gastroenterologo scrive:” paz. in trattamento cronico con
salazopirina, mostra un andamento clinico, per quanto concerne la colite ulcerosa, del
tipo: malattia in fase di quiescenza”.
Coloscopia del 19/4/2000: “…Dal fondo ciecale fino al retto, ad eccezione di brevi tratti nel
colon dx e nel traverso, la mucosa appare diffusamente interessata da intenso edema,
ulcerazioni superficiali e profonde e pseudopolipi…”.
In data 4/3/2004: “…l’esame endoscopico è condotto fino al cieco. Da tale limite sino alla
parte prossimale del colon discendente il viscere presenta una normale austratura ed una
mucosa microscopicamente normale. Da circa 50 cm sino al margine anale la mucosa è
discromica, presenta delle cicatrici e delle piccole aree iperemiche: inoltre nel sigma e nel
retto sono presenti varie piccole rilevatezze sessili di tipo pseudopolipi (?) su uno dei quali
viene effettuata una biopsia. A circa 25-22 e 20 cm dal margine anale sono presenti delle
piccole formazioni polipoidi plurilobate, la prima peduncolata e le altre due sessili, della
grandezza di 7-8 mm ricoperte da mucosa iperemia ed ulcerata che vengono asportate
con ansa diatermica…”
F.Agresta, nel corso di un seminario del 2003, riassumeva cosi la dinamica inconscia
della rettocolite ulcerosa: sensi di colpa preedipici (aggressività orale ed anale) – tensione
e attesa per la punizione – aggressività scaricata sulla parete intestinale.
La rabbia è inesprimibile perché manifestarla implica la ribellione che può causare il
castigo dell’abbandono. Sotto l’effetto dei sensi di colpa, la rabbia accumulata, con il suo
carico di distruttività, si trasforma in autoaggresività e viene incorporata.
Concludo con il “misterioso salto dalla mente al corpo”. Studi recenti (Bruno G. 2004)
hanno dimostrato che, in soggetti costituzionalmente predisposti, stimoli di vario tipo (tra
cui anche quelli psicogeni) possono indurre, attraverso un riflesso antidromico,
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un’attivazione delle terminazioni nervose sensitive (fibre C) con rilascio di neuropeptidi:
Sostanza P, Neurochinina A, calcitonine gene releted peptide (CGRP) ecc.. L’insieme dei
fenomeni conseguenti alla liberazione di neurochinine è la “neurogenic inflammation”, o
neuroflogosi “termine questo usato inizialmente da Jancsò e coll. per descrivere l’aumento
della permeabilità vasale e l’edema che si verificano nella cute e nella congiuntiva, quando
le terminazioni nervose sensitive sono stimolate dall’applicazione topica di irritanti”.
La Neuroflogosi, mediata dalle tachichinine, sembra svolgere un ruolo in molte patologie:
l’asma bronchiale, la congiuntivite primaverile, la rinopatia allergica, la dermatite atopica,
l’artrite reumatoide, la malattia di Crohn, alcune patologie dentarie, una particolare forma
di “cistite neurogena”.
Scrive Bruno G.: “Sulla base di tali acquisizioni, emerge evidente la conferma della visione
olistica della medicina e conseguentemente del malato, che non possono e non devono
essere assoggettati a divisioni o parcellizzazione del sapere: il malato è un insieme
inscindibile nel suo stato di malattia”
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