U.S.A. Informazioni macroeconomiche L’economia degli Stati Uniti è la più grande del mondo per volume, con un Pil di 13,22 bilioni di dollari; Si tratta di un sistema economico misto, dove vi è un netto contributo di grandi aziende private nelle decisioni di microeconomia, regolate però dal governo. I settori di punta sono il terziario (banche, assicurazioni, trasporti, commercio, editoria, intrattenimento) e l'industria (petrolio, armi, prodotti di largo consumo, aerospazio, automobili, informatica, telematica). Rilevante è anche il peso del settore primario, soprattutto nella produzione di soia e cereali (mais, frumento) e nella zootecnia, nonostante il ridottissimo numero di addetti. Dall’analisi dei dati ad oggi disponibili risulta che il contributo alla crescita USA è principalmente attribuibile a maggiori investimenti, soprattutto investimenti “strutturali” (edifici non residenziali e infrastrutture). Anche le esportazioni sono aumentate notevolmente rispetto al passato, mentre segni meno positivi emergono dai consumi privati che risentono degli effetti delle insolvenze sui mutui subprime. Grado di apertura Sia le importazioni che le esportazioni di beni da e per gli Stati Uniti sono cresciute entrambe di oltre il 10% nel 2006. Nello stesso periodo il prezzo del petrolio ha raggiunto cifre molto elevate mentre la domanda interna è cresciuta notevolmente. L’andamento dell’interscambio commerciale USA di beni è stato influenzato da forze contrastanti: da un lato, il dollaro continua ad essere debole nei confronti delle altre valute, cosa che ha contribuito a migliorare la competitività e quindi ad incrementare le esportazioni di beni statunitensi, dall’altro però, il dollaro debole ha anche reso le importazioni – che non accennano a diminuire in quantità vista la sempre crescente domanda interna - più care. Solo nell’ultimissimo periodo si registrano seri problemi alla capacità importativa del paese, soprattutto dalla zona Euro in ragione della forza sempre più marcata della divisa europea. Il nostro paese, con più di 16.000 milioni di dollari, una quota di mercato dell’1,80% ed un incremento di oltre 5 punti nel 2006 sul 2005, si colloca al 12° posto tra i paesi che esportano negli Usa; questi elementi non sono però positivi, se pensiamo che la robustezza dell’euro ha, in pratica, dimezzato la percentuale di esportazioni italiane nell’ultimo biennio. Da questo volume di esportazioni negli Stati Uniti non riusciamo a distinguere quello relativo al complemento d’arredo ed all’imbottito, in quanto Istat inserisce questi dati all’interno della voce “altri prodotti manifatturieri” (che si colloca, per volume, al quarto posto dei settori merceologici); per quanto riguarda il 2006, ad ogni modo, la tendenza non è positiva, registrandosi infatti un calo degli ordinativi di quasi il 16%. Questa situazione è motivata dallo squilibrio, già ricordato, tra euro e dollaro e dal massiccio ingresso sul mercato di produzione cinese a costo notevolmente ribassato rispetto tutte le altre produzioni. Già da qualche anno alcune imprese leaders del distretto forlivese, stanno puntando al mercato degli Stati Uniti; al di là di ogni condizionamento legato al valore delle valute, alle difficoltà attuali dei consumi americani, della concorrenza di prodotti a costi nettamente inferiori, esso rappresenta pur sempre il maggiore mercato mondiale ed il più ricco. Con ogni probabilità, è anche uno dei più complicati e selettivi, perché gli apparenti vantaggi rappresentati da una platea di 150 milioni di potenziali acquirenti, scontano enormi difficoltà legate alla logistica ed alla moltitudine di razze che impongono una modellistica sufficientemente articolata.