SCRITTURA PRIVATA - Associazione Giuristi di Amministrazione

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L’ACCESSO CIVICO NELL’AMBITO DELLA COMUNICAZIONE
DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
dell’Avv. Donato Iannone
Sommario: Premessa – 1. I principi del procedimento amministrativo
nella comunicazione delle pubbliche amministrazioni – 2. I principali
istituti
operativi
per
la
comunicazione
tra
cittadini
e
pubbliche
amministrazioni – 3. L’accesso civico all’insegna della progressiva
trasparenza amministrativa – 4. La giurisprudenza in tema di accesso civico
– 5. Bibliografia.
Premessa
Le
modalità
amministrazioni
e
gli
ambiti
sono
della
comunicazione
considerevolmente
mutati
delle
negli
pubbliche
ultimi
anni,
anche a seguito della notevole produzione legislativa che ha riguardato
direttamente o indirettamente tale tematica. Le modifiche normative
hanno perseguito l’obiettivo di collocare il cittadino al centro di un
processo di rinnovamento nell’ormai consolidata valutazione secondo
la quale gli amministrati vanno considerati sempre più utenti, o
addirittura
clienti,
autorevolmente
e
sempre
sostenuto 1,
le
meno
sudditi.
amministrazioni
Secondo
pubbliche
quanto
devono,
ormai, individuare, nel proprio ambito gli uffici che provvedano con
maggiore tempestività ed efficacia all’adozione di provvedimenti o
all’erogazione di servizi e, al contempo, assicurino il più alto grado di
soddisfazione degli utenti.
1
G.P. Iaricci, Istituzioni di diritto pubblico, Maggioli, 2014, 398 s.
1
La ben nota legge 7 agosto 1990 n. 241 ha dato l’avvio al pieno
recepimento dei principi costituzionali e, successivamente, molteplici
sono
state
le
disposizioni
normative
che
ha nno
proseguito
nella
suddetta direzione percorrendo un cammino che non è affatto da
considerarsi concluso. Recentemente, infatti, il legislatore ha inteso
porre un ulteriore tassello per pervenire ad una piena e concreta
attuazione dei principi di cui all’art. 97 della Costituzione ed, in
particolare,
per
assicurare
“il
buon
andamento
e
l’imparzialità
dell’amministrazione”. Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha,
tra l’altro, introdotto una nuova nozione di accesso, specificando
ancora meglio gli ambiti di alcuni principi contenuti nella legge n.
241/1990, quali la trasparenza e la pubblicità. Occupandosi di accesso,
risulta, quindi, organicamente doveroso effettuare una breve analisi
della legge n. 241/1990 proprio per contestualizzare al meglio la
norma innovativa che, sin dai primi ar ticoli, palesa i riferimenti
giuridici
alla
disposizione
di
partenza.
In
sostanza,
prima
di
soffermarsi sul cosiddetto accesso civico, è opportuno delineare i
principi cui esso si ispira ed i valori giuridici che il legislatore ha inteso
attuare istituendo tale nuova fattispecie di accesso.
1.
I
principi
del
procedimento
amministrativo
nella
comunicazione delle pubbliche amministrazioni
Il
procedimento
esplicazione
Queste,
amministrativo
dell’attività
infatti,
agiscono
svolta
per
lo
rappresenta
il
dalle
pubbliche
più
attraverso
modo
tipico
di
amministrazioni.
procedure,
cioè
sequenze ordinate di atti e comportamenti che conducono ad un
risultato. La dottrina 2 ha chiarito, quindi, che l’attività amministrativa
è solitamente procedimentalizzata, svolgendosi n el rispetto di regole
strutturali e funzionali, formali e sostanziali. L’introduzione di regole e
2
A. Sandulli, Il procedimento, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, II,
Giuffrè, 2000, 928.
2
garanzie
procedimentali
rappresentato
un
nell’esercizio
fondamentale
punto
del
di
potere
svolta
pubblico
ha
nell’ambito
del
processo di “civilizzazione” dei r apporti tra pubbliche amministrazioni e
cittadini.
In
passato,
alla
posizione
di
supremazia
dell’autorità
amministrativa, che esercitava il potere pubblico in modo imperativo
ed assoluto, si contrapponeva la posizione di soggezione del cittadino,
che subiva gli effetti del provvedimento, avendo come solo strumento
di tutela il ricorso, amministrativo o giurisdizionale.
La legge 7 agosto 1990 n. 241 ha, per la prima volta nel nostro
ordinamento, disciplinato in maniera organica, anche se non esaustiva,
il procedimento amministrativo. Prima di allora, come si diceva in
precedenza,
la
discrezionalità
delle
autorità
amministrative
era
estremamente ampia e le difese del cittadino erano affidate, oltre che
al continuo impegno giurisprudenziale di recepire le ist anze di tutela
dei soggetti privati, all’opera dottrinale di enucleazione di principi ai
quali la corretta azione della pubblica amministrazione avrebbe dovuto
modellarsi.
La
legge
disposizioni
n.
241/1990
(modificata
ed
integrata
da
molteplici
successive) detta norme valide per la generalità dei
procedimenti amministrativi, ad eccezione di quelli per i quali sia
prevista una normativa specifica. Essa, per la verità, non disciplina
minuziosamente il procedimento in tutte le sue fasi, ma fissa i principi
generali
cui
lo
stesso
deve
conformarsi.
Tali
principi
che,
sostanzialmente, riproducono le indicazioni elaborate in precedenza
dalla dottrina e, soprattutto, dalla giurisprudenza, possono essere così
raggruppati: 1) il principio del giusto procedimento, con la garanzia
del diritto degli interessati di partecipare all’azione amministrativa in
conformità al principio di imparzialità di cui all’art.97 Cost.; 2) il
principio di trasparenza, con la previsione dell’obbligatorietà della
motivazione del provvedimento amministrativo e dell’identificazione
preventiva dell’ufficio e del dipendente responsabile del procedimento,
e con il riconoscimento del diritto dei cittadini interessati di accedere
3
ai documenti amministrativi; 3) il principio di semplificazione, con
l’introduzione di taluni istituti diretti a snellire e rendere più celere
l’azione
amministrativa
(silenzio-assenso,
provvedimento
implicito,
conferenza dei servizi ecc.), nuovamente in conformità al principio di
imparzialità di cui all’art. 97 Cost.
Con particolare riferimento al principio di trasparenza, basilare
piattaforma del diritto di accesso di cui alla legge n. 241/1990 e
dell’accesso civico di cui al decreto legislativo n. 33/2013, la dottrina
ha, anche recentemente, osservato che esso discende dal principio di
pubblicità, prevedendo che “il cittadino possa e debba conoscere, nel
modo
più
trasparente
possibile,
l’attività
della
pubblica
amministrazione, anche grazie ai mezzi telematici, al fine di potersi
difendere da eventuali abusi” 3.
La completa elencazione e l’analisi dettagliata dei principi della legge
n. 241/1990 e, conseguentemente, del procedimento amministrativo,
esula,
evidentemente,
dagli
intenti
della
presente
pubblicazione.
Tuttavia, la suesposta schematica e sintetica citazione di alcune delle
caratteristiche
procedimento”
che
il
legislatore
consente
di
prevede
affermare
alla
che
la
base
del
“giusto
corretta
azione
amministrativa non può attualmente prescindere, sia da un punto di
vista formale che da un punto di vista sostanziale, dal porre al centro
dell’attenzione i diritti e le legittime aspettative del cittadino. La
partecipazione ed il coinvolgimento degli amministrati ed il rispetto dei
loro diritti sono, ormai, divenuti punti fermi che caratterizzano la
legittimità
di
ogni
provvedimento
amministrativo,
fatte
salve,
naturalmente, alcune limitate eccezioni.
In tal senso, quindi, gli uffici, volendo dare prova di aver rispettato i
criteri richiamati, non hanno potuto fare a meno di migliorare la loro
struttura
organizzativa.
Dal
canto
suo, il legislatore
è
più volte
intervenuto per l’attuazione operativa dei suddetti principi, agevolando
3
G.P. Iaricci, Istituzioni di diritto pubblico, cit., 402.
4
la comunicazione tra cittadini e pubbliche amministrazioni attraverso,
ad esempio, la creazione di uffici o la disciplina di determinate
procedure. In tale ambito, assume particolare importanza l’istituzione
degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico in quanto, come si vedrà, la
loro
funzione
e
la
loro
regolare
attività
costituiscono
elemento
fondamentale per consentire ai cittadini di dialogar e con gli enti
pubblici anche e soprattutto al fine di esercitare i loro diritti.
2. I
principali istituti operativi per
la comunicazione tra
cittadini e pubbliche amministrazioni
Nell’ambito delle politiche di innovazione amministrativa degli anni novanta
sono state emanate specifiche ed incisive normative finalizzate ad attuare
operativamente i principi di cui alla legge n. 241/1990. In tale contesto, ha
assunto particolare rilevanza la legislazione che ha istituito gli Uffici per le
Relazioni
con
comunicazione
il
Pubblico
delle
(URP),
pubbliche
fondamentale
amministrazioni
strumento
e,
quindi,
di
proficua
di
concreta
alla
pubblica
realizzazione del progetto normativo di centralità del cittadino.
Come
è
stato
giustamente
affermato,
“di
fronte
amministrazione non deve esserci più il suddito, che subisce passivamente le
decisioni prese nei suoi confronti, ma un interlocutore, in grado non solo di
conoscere l’azione amministrativa, ma anche di dire la sua opinione e di
concorrere al suo funzionamento”.4
Con il decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 è stato previsto, all’art.12,
che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle loro ordinarie attività di
programmazione, debbano fornire particolare impulso alle attività idonee a
realizzare iniziative di divulgazione al pubblico delle loro strutture e dei
rispettivi servizi. Il decreto citato ha, inoltre, ribadito il dovere delle stesse
amministrazioni di individuare, al loro interno, gli Uffici per le Relazioni con il
4
F. Faccioli, Diritto all’informazione e comunicazione pubblica. Come parlano le istituzioni, in
Sociologia e ricerca sociale, XV, 44, 1994.
5
Pubblico, le cui finalità sono state contestualmente delineate con ben maggiore
precisione (servizio all’utenza per i diritti di partecipazione procedimentale,
informazione all’utenza relativa agli atti e sullo stato dei procedimenti,
contributo alla formulazione di proposte sugli aspetti organizzativi e logistici del
rapporto con l’utenza). Le disposizioni ora ricordate hanno, inizialmente, creato
non pochi problemi alle amministrazioni tenute ad adeguarvisi, attesa la
ritenuta mancanza di concrete indicazioni circa il reale ambito di competenza
ed operatività dei nuovi uffici da istituire. Il Governo è, quindi, intervenuto con
la direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri 11 ottobre 1994,
definendo principi e modalità per l’istituzione, organizzazione e funzionamento
dei nuovi uffici, in attuazione del suddetto art.12 del d. lgs. n. 29/1993. Si è
così precisato che a tali uffici possono, in primo luogo, rivolgersi i soggetti
aventi accesso agli atti di un procedimento, a mente dell’art.10 della legge n.
241/1990, e i titolari di interessi personali e concreti di accesso ai sensi
dell’art. 22 della stessa legge, al fine di ottenere informazioni sullo stato di un
procedimento ovvero l’acquisizione di un documento. Gli URP devono, quindi,
essere in grado – grazie al supporto di sistemi telematici di collegamento con
banche dati e di sistemi automatizzati di ricerca – di fornire nel più breve
tempo possibile al richiedente le informazioni necessarie per individuare il
documento che deve formare, poi, l’oggetto di un’eventuale domanda di
accesso.
Le pubbliche amministrazioni, in sostanza, hanno affidato agli URP la
gestione dell’intero procedimento di accesso ai documenti formati dalle altre
unità organizzative
del settore
di amministrazione
cui gli stessi uffici
appartengono.
Taluni enti pubblici hanno coniato simpatici e significativi motti per divulgare
l’istituzione, l’importanza ed i compiti degli URP. A tal proposito, il Comune di
Roma, ora Roma Capitale, ha diffuso alcuni volantini dal titolo: “Il servizio
pubblico va incontro al pubblico”. In tal modo, è stato chiarito che “quando si
rivolge ad un ufficio pubblico, ogni cittadino ha il diritto di essere ascoltato con
attenzione”.
6
Negli URP il cittadino viene accompagnato lungo il percorso relativo al
procedimento amministrativo che lo riguarda. Da parte sua, il cittadino stesso
ha la possibilità di segnalare eventuali disservizi perché – come giustamente ha
sostenuto l’ente capitolino - chi fa osservazioni non crea problemi ma aiuta la
pubblica amministrazione a migliorare la qualità dei propri servizi.
L’istituzione dell’URP non è stata un’iniziativa isolata ma si è collocata
all’interno di una serie di interventi
prodotti allo scopo di realizzare la
sostanziale trasformazione del sistema pubblico di cui si diceva in precedenza e
di agevolare la comunicazione tra cittadini e pubbliche amministrazioni.
Molteplici
sono
comunicativo
gli
delle
ulteriori
pubbliche
strumenti
che
informano
amministrazioni
e,
l’attuale
certamente,
tra
assetto
i
più
importanti sono da considerarsi la Carta dei servizi, l’autocertificazione e la
customer satisfaction.
La
Carta
Presidente
dei
del
servizi,
introdotta
Consiglio
dei
in
Ministri
Italia
del
con
la
direttiva
27/1/1994
del
(“ direttiva
Ciampi”), è, sostanzialmente, un documento che contiene i principi ed i
diritti sulla base dei quali si fondano i rapporti fra i cittadini e la
Pubblica Amministrazione, con particolare riguardo alla funzionalità ed
alla fruizione dei servizi pubblici locali. Essa costituisce, quindi, un
incentivo alla trasparenza dei ser vizi erogati dagli enti pubblici, un
valido strumento “di controllo” accessibile agli utenti e, considerato
anche il processo di privatizzazione dei pubblici servizi, un opportuno
parametro per giudicare le prestazioni fornite. Come ha precisamente
individuato
la
dottrina, 5 il
fulcro
del
provvedimento
consiste
nel
riconoscimento all’utente del diritto al rimborso o, in alternativa, a
forme di ristoro da parte dei “soggetti erogatori” di servizi pubblici nei
casi in cui è possibile dimostrare che “il servizi o reso è inferiore per
qualità e tempestività agli standard pubblicati” . Le indicazioni della
“direttiva Ciampi” prevedono, in particolare, che “ le procedure di
reclamo devono essere accessibili, di semplice comprensione e facile
5
Cfr. G. Grossi – R. Mussari, I servizi pubblici locali nella prospettiva economico aziendale,
Aracne, 2004, 112 ss.
7
utilizzazione; svolgersi in tempi rapidi, predeterminati dai soggetti
erogatori;
assicurare
un’indagine
completa ed imparziale
circa le
irregolarità denunciate e garantire all’utente un’informazione periodica
circa lo stato di avanzamento dell’indagine stessa; prevedere una
risposta completa all’utente e forme di ristoro adeguate, ivi compreso
il rimborso”.
Con particolare riferimento all’autocertificazione, v’è innanzitutto da
dire che essa rappresenta l’esempio più evidente del processo di
semplificazione amministrativa ed è una dichiarazione sottoscritta che
il cittadino può produrre in sostituzione delle normali certificazioni
ordinariamente di competenza degli enti pubblici ed attestante fatti,
stati o qualità che la pubblica amministrazione deve già conoscere e
può agevolmente verificare.
Per la verità, tale istituto è stato, per la prima volta, disciplinato con
la legge n. 15/1968, ma per la sua completa attuazione si sono resi
necessari ulteriori interventi legislativi. Una sistemazione organica
dell’istituto in questione è stata, comunque, effettuata con l’entrata in
vigore del D.P.R. n. 445/2000. Tale provvedimento, denominato “Testo
unico
in maniera di documentazione amministrativa”, rappresenta
l’attuale fonte normativa di riferimento. Naturalmente, non è possibile
autocertificare certificati sanitari e veterinari, certificati di conformità
CE e certificati di marchi e brevetti. E’, invece, possibile autocertificare
i dati anagrafici e di stato civile (nascita, residenza, cittadinanza stato
di famiglia ecc.), i titoli di studio e le qualifiche professionali, la
situazione
economica,
fiscale
e
reddituale
(reddito,
assolvimento
obblighi contributivi, possesso e numero di codice fiscale ecc.), la
posizione giuridica (legale rappresentante, tutore, curatore ecc.), lo
stato di disoccupazione, la posizione agli effetti degli obblighi militari,
la qualità di casalinga o di studente.
Va, comunque, precisato che i Tribunali non sono tenuti ad accettare
l’autocertificazione
e
che
i
privati
(ad
esempio
le
banche,
le
8
assicurazioni ed i notai) possono (ma non devono necessariamente)
accettare l’autocertificazione.
La customer satisfaction può essere definita come una strategia finalizzata a
modellare i servizi pubblici sui bisogni dei cittadini e sulle sue attese. In
pratica, il cittadino, con la tecnica in questione, ha la possibilità di esprimersi
sulla qualità erogata dall’ente o da un suo ufficio, attraverso questionari o
moduli da compilare, e l’ente viene invitato a valutare il grado di soddisfazione
o, meglio, di insoddisfazione di coloro che usufruiscono dei suoi servizi
attraverso una diligente analisi delle osservazioni ricevute.
Con particolare riferimento all’attività di programmazione, la pubblica
amministrazione, attraverso la customer satisfaction, può e deve individuare le
azioni più idonee ad incidere sul contesto, per assicurare la piena soddisfazione
dei cittadini.
3. L’accesso civico all’insegna della progressiva trasparenza
amministrativa
Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, si è, innanzitutto, soffermato sul
concetto di “trasparenza amministrativa”. In particolare, secondo quanto
disposto,
essa
va
intesa
“come
accessibilità
totale
delle
informazioni
concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo
scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni
istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. Come si vede, quindi, il
legislatore, sin dal primo comma del primo articolo, ha desiderato ribadire
l’associazione del concetto di trasparenza all’esigenza di rendere accessibili le
informazioni che
consentano
il controllo
delle
attività istituzionali, con
particolare riferimento alla spesa pubblica. Per sottolineare tale assioma, nel
comma 2 del medesimo articolo la trasparenza è vigorosamente connessa alle
libertà individuali e collettive, ai diritti civili, politici e sociali, essendo una
“condizione di garanzia”. In tal modo risulta ancora più evidente l’importanza di
garantire il rispetto del precetto normativo. La pubblicità delle informazioni
9
diventa, una volta di più, fondamentale per attuare il principio di trasparenza.
Tuttavia, la normativa non si limita all’affermazione teorica del basilare
concetto
ma
amministrazioni
detta
specifiche
l’elencazione,
prescrizioni,
anche
indicando
schematica,
delle
alle
pubbliche
informazioni
da
pubblicare sui siti istituzionali.
La normativa in questione, pertanto, corrisponde pienamente alla necessità
di comunicare con il cittadino, mettendolo nella condizione di conoscere
elementi importanti anche per poter giudicare o, comunque, controllare le
attività pubbliche. Nel prevedere l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di
pubblicare determinati documenti e informazioni, statuisce che, in caso di
inosservanza del precetto, il cittadino può richiedere ed esigere il rispetto
senza particolari qualità o requisiti. L’accesso civico consiste, quindi, nella
possibilità conferita ai cittadini di far valere i loro diritti, “accedendo” e
pretendendo la pubblicazione di specifici dati indicati nel d. lgs. n. 33/2013,
qualora le pubbliche amministrazioni non provvedano spontaneamente. Non si
tratta, pertanto, di accesso in cui occorre dimostrare l’interesse qualificato di
cui alla legge n. 241/1990 (diretto, concreto ed attuale) ma di un accesso
semplicemente conseguente ad un inadempimento legislativo.
L’art. 4 del decreto legislativo n. 33/2013, al comma 2, delinea la finalità
della
pubblicazione
di
determinate
informazioni
sui
siti
istituzionali
(realizzazione della trasparenza pubblica), richiamando, comunque, il “rispetto
della disciplina in materia di dati personali”, mentre il successivo art. 5 si
intitola proprio “accesso civico” e ne qualifica sostanzialmente la natura
giuridica.
accesso
In tale parte della norma, infatti, si precisa che “la richiesta di
civico
non
è
sottoposta
ad
alcuna
limitazione
soggettiva
del
richiedente, non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al
responsabile
della
trasparenza
dell’amministrazione
obbligata
alla
pubblicazione”. Le puntuali indicazioni sottolineano quanto detto in precedenza
circa l’assenza di particolari caratteristiche del richiedente e, quindi, la totale
estensione del diritto.
10
L’amministrazione a cui perviene la richiesta deve, entro trenta giorni,
pubblicare sul sito istituzionale il documento, l’indicazione o il dato e deve
trasmetterlo al richiedente ovvero deve comunicare al medesimo l’avvenuta
pubblicazione.
Nell’ambito della normativa in questione particolare importanza riveste
l’indicazione sulla qualità delle informazioni, dal momento che il legislatore ha
desiderato
esplicitamente
elencare
le
caratteristiche
di
una
corretta
pubblicazione. In particolare, le pubbliche amministrazioni, nel pubblicare le
informazioni, devono assicurarne l’integrità, il costante aggiornamento, la
completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità,
l’omogeneità, la facile accessibilità e la conformità ai documenti originali,
l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità.
Con riferimento alla facile accessibilità delle informazioni l’art. 9 del decreto
legislativo n. 33/2013 prevede che nella home page dei siti istituzionali sia
collocata un’apposita sezione denominata “Amministrazione trasparente”. In
tale sezione devono confluire i dati, le informazioni ed i documenti pubblicati. Il
legislatore, in proposito, ha voluto anche sottolineare come non sia possibile
disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web
di indicizzare ed effettuare ricerche all’interno della sezione “Amministrazione
trasparente”.
In maniera dettagliata, il capo II della normativa di cui si tratta si sofferma
sull’oggetto e gli ambiti delle pubblicazioni. In particolare, l’art. 13 si riferisce,
in generale, agli obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione delle
pubbliche amministrazioni, comprendendo, tra l’altro, le competenze degli
organi di indirizzo politico e di amministrazione e gestione, l’articolazione degli
uffici con i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici e l’elenco dei numeri
di telefono nonché delle caselle di posta elettronica istituzionali. Con specifica
attinenza agli obblighi di pubblicazione concernenti i componenti degli organi di
indirizzo politico, l’art. 14 dispone, tra l’altro, la pubblica divulgazione dell’atto
di nomina o di proclamazione, del curriculum, dei compensi connessi
all’assunzione della carica e dei dati relativi all’assunzione di altre cariche. Il
11
successivo art. 15 si occupa degli obblighi di pubblicazione concernenti i titolari
di incarichi dirigenziali e di collaborazione o consulenza, elencando l’obbligo di
far conoscere gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, il curriculum
vitae, i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti
di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo
svolgimento di attività professionali ed i compensi relativi ala rapporto di
lavoro, di consulenza o di collaborazione, con la specifica evidenza delle
eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato.
Particolare attenzione è stata dedicata anche agli obblighi di pubblicazione
riguardanti il personale delle pubbliche amministrazioni. Nel dettaglio, va
osservato che è necessario divulgare il conto annuale del personale e delle
relative spese sostenute e che l’indicazione della distribuzione del personale tra
le diverse qualifiche e aree professionali deve essere estesa anche al personale
assunto “non a tempo indeterminato”. Sussiste, altresì, l’obbligo di pubblicare,
al di là degli altri obblighi di pubblicità legale, i bandi di concorso per il
reclutamento, a qualsiasi titolo, di personale presso l’amministrazione ed i dati
relativi all’ammontare complessivo dei premi collegati alla performance
stanziati e l’ammontare dei premi effettivamente distribuiti.
Nella normativa non manca la necessità di pubblicare i dati relativi agli enti
pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico ed alle
partecipazioni in società di diritto privato. In proposito, il legislatore ha imposto
l’obbligo di pubblicare l’elenco degli enti pubblici istituiti, vigilati e finanziati
dall’amministrazione, l’elenco delle società di cui detiene direttamente quote di
partecipazione anche minoritaria, l’elenco degli enti di diritto privato in
controllo dell’amministrazione ed una o più rappresentazioni grafiche che
evidenzino i rapporti tra l’amministrazione e gli anti citati.
Per quanto concerne i singoli provvedimenti amministrativi, l’art. 23 del
decreto legislativo n. 33/2013 impone alle pubbliche amministrazioni di
pubblicare ed aggiornare ogni sei mesi gli elenchi dei provvedimenti adottati
dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti con particolare riferimento ai
provvedimenti finali dei procedimenti di autorizzazione o concessione, di scelta
12
del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, di concorsi e
prove
selettive
per
l’assunzione
del
personale
e
di
accordi
stipulati
dall’amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche.
In caso di sovvenzioni, contributi, sussidi ed attribuzione di vantaggi
economici
a
persone
fisiche
ed
enti
pubblici
e
privati,
le
pubbliche
amministrazioni sono tenute a pubblicare il nome dell’impresa o dell’ente ed i
rispettivi dati fiscali o il nome di altro soggetto beneficiato, l’importo del
vantaggio economico corrisposto, la norma o il titolo a base dell’attribuzione,
l’ufficio ed il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento
amministrativo, la modalità seguita per l’individuazione del beneficiario ed il
link al progetto selezionato ed al curriculum del soggetto incaricato.
Va osservato, inoltre, che, nel segno della continuità con istituti di
comunicazione cui si accennava in precedenza, il d. lgs. n. 33/2013, all’art. 32,
impone la necessità di pubblicare la Carta dei servizi o il documento contenente
gli
standard
di
qualità
dei
servizi
pubblici.
Tale
precetto
normativo,
accompagnato dal dovere di pubblicazione dei controlli sulle dichiarazioni
sostitutive (art. 35), assume rilevanza anche e soprattutto ai fini di delineare
un percorso che, iniziato con la legge n. 241/1990, prosegue all’insegna di
innovazioni coerenti e continuative.
Con riferimento al servizio sanitario nazionale, l’art. 41 prevede che le
aziende sanitarie ed ospedaliere debbano pubblicare tutte le informazioni ed i
dati concernenti le procedure di conferimento degli incarichi di direttore
generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché degli incarichi
di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse, ivi compresi
i bandi e gli avvisi di selezione, lo svolgimento delle relative procedure, gli atti
di conferimento.
Al fine di attuare le disposizioni normative ivi previste, il d. lgs. n. 33/2013
individua la figura di “responsabile della trasparenza” attribuendo tale
responsabilità, di norma, al responsabile per la prevenzione della corruzione di
cui all’art. 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190. Alla
Commissione per la valutazione, l’integrità e la trasparenza delle pubbliche
13
amministrazioni
(CIVIT)
è
assegnato
il
compito
di
controllare
l’esatto
adempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dal d. lgs. n. 33/2013,
esercitando poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e
documenti alle amministrazioni pubbliche ed ordinando l’adozione di atti o
provvedimenti
richiesti
ovvero
la
rimozione
di
comportamenti
o
atti
contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza.
Per ciò che concerne le sanzioni a seguito di violazioni degli obblighi di
trasparenza, l’art. 46 del d. lgs. n. 33/2013 prevede che l’inadempimento
costituisca elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale
causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione ed è
comunque valutato ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e
del
trattamento
accessorio
collegato
alla
performance
individuale
dei
responsabili. Viene anche stabilita una sanzione pecuniaria da 500 a 10.000
euro a carico del responsabile della mancata o incompleta comunicazione di
informazioni e dati che riguardano la situazione patrimoniale del titolare
dell’incarico, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del
coniuge e dei parenti entro il secondo grado e tutti i compensi cui dà diritto
l’assunzione della carica, con pubblicazione del provvedimento sanzionatorio
sul sito internet dell’amministrazione.
4. La giurisprudenza in tema di accesso civico
Con sentenza n. 5515 del 20 novembre 2013, il Consiglio di Stato, sez. VI, si
è pronunciato sul diritto d’accesso, delineando anche il rapporto tra il diritto di
accesso di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241 e l’accesso civico di cui al
decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33. In particolare, va sottolineato che
nella sentenza viene precisato che con il d. lgs. n. 33/2013 “si intende
procedere al riordino della disciplina intesa ad assicurare a tutti i cittadini la più
ampia accessibilità alle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività
delle pubbliche amministrazioni al fine di attuare il principio democratico e i
principi
costituzionali
di
eguaglianza,
imparzialità,
buon
andamento,
responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, quale
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integrazione del diritto ad una buona amministrazione, nonché per la
realizzazione di un’amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
Come
si vede,
l’autorevole
giurisprudenza avvalora
quanto
detto in
precedenza con riferimento sia all’attuazione dei principi costituzionali sia alla
centralità del cittadino quale soggetto pieno detentore di diritti fondamentali. I
giudici di Palazzo Spada hanno, quindi, continuato chiarendo che, a differenza
dell’accesso ai documenti di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n.
241/1990 in cui è necessario che i richiedenti abbiano un interesse diretto,
concreto ed attuale, nel caso dell’accesso civico chiunque può accedere
direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione. Tale
distinzione si rivela fondamentale per comprendere la portata innovativa del
d.lgs. n. 33/2013, laddove si comprenda l’estensione della possibilità di
affermazione piena del diritto di richiedere la pubblicazione di documenti,
informazioni o dati. Il decreto legislativo n. 33/2013, in sostanza, non
rappresenta solo una semplice continuità con la legislazione favorevole al
cittadino ma, nell’ambito della comunicazione pubblica, si sostanzia in un
completamento del percorso giuridico relativo al dovere di porre chiunque nella
condizione di verificare e, quindi, di giudicare le attività delle pubbliche
amministrazioni. Per l’accesso civico non occorre quella che la sentenza del
Consiglio di Stato n. 5515 del 2013 efficacemente definisce “un’attenta
valutazione – da effettuare caso per caso – circa la stretta funzionalità
dell’accesso alla salvaguardia di posizioni soggettive protette, che si assumano
lese, con ulteriore salvaguardia, attraverso i limiti così imposti, degli altri
interessi coinvolti, talvolta rispondenti a principi di pari rango costituzionale
rispetto al diritto di difesa”. Per l’accesso civico risulta sufficiente dimostrare
una questione oggettiva e cioè che una specifica amministrazione ha omesso di
pubblicare documenti, informazioni o dati che un preciso precetto normativo
dispone di divulgare sul sito istituzionale. I contorni della differenza, per la
verità già ben rappresentata dal legislatore, hanno ottenuto, attraverso
l’autorevole sentenza del Consiglio di Stato, una definitiva legittimazione nel
lodevole intento di continuare a creare strumenti che conferiscano al
cittadino/contribuente il ruolo che gli spetta.
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5. Bibliografia
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