A RCIDIOCESI DI F ERRARA - C OMACCHIO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- BASILICA CATTEDRALE Omelia di S . E . M ons. P AOLO R ABITTI III Domenica di Pasqua, Giornata Diocesana di preghiera per il Papa Letture della Messa: Atti 5,27-32.40-41; Apocalisse 5,11-14; Giovanni 21,1-19 * * * Il protagonista della liturgia della Parola di questa terza domenica dopo Pasqua è Simone, figlio di Giovanni, chiamato da Gesù ad essere la pietra su cui è fondata la Chiesa: PIETRO. Cambiato il nome; innestata su di lui una missione da vertigine; fortificato dal Risorto; perdonato dei suoi tradimenti; trasformato in "pastore delle pecore madri e degli agnelli", cioè di tutto il popolo di Dio: Vescovi-Presbiteri-Laici. * * * E ci troviamo dinanzi ad un Pietro intrepido: forte di una forza sovrumana. Egli "non cessa di insegnare e portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo" (Atti 5,42). Un Pietro che – superata ogni paura e liberato da ogni interesse terreno o ambizione personale – si dichiara testimone, addirittura in tandem con lo Spirito Santo, capace di portare alla verità coloro che obbediscono alla parola di Dio (Cfr. Atti 5,32). Un Pietro che, unico al mondo,: 1) ha ricevuto la rivelazione di Dio per individuare, dal proprio intimo, il Figlio di Dio presente nel mondo, impersonato da Gesù di Nazaret; 2) ha ascoltato sul Monte la stessa voce del Padre, nel proprio dialetto aramaico; 3) ha visto il volto divino – luminoso come il sole – trasfigurante il volto umano del Messia; 4) ha toccato le piaghe del Risorto, che si era fatto suo commensale sul mare di Tiberiade. Dunque un Pietro "rapito" da tali eventi, e condotto a porre le basi della Chiesa di Gesù, unendo la propria croce e il proprio sangue alla croce e al sangue del Figlio di Dio. "Ubi Petrus ibi ecclesia"! (Ambrogio PL 14,1032A). Così la Chiesa di Cristo è un grande gregge guidato da un solo pastore; ed è "unus populus sub uno capite". In rapporto all'unità, la Chiesa è UNA. In rapporto alle comunità nelle quali si realizza, la Chiesa è molteplice: "Propter unitatem, una Ecclesia; propter congregationes fraternas per locos, multae sunt Ecclesiae (S. Agostino, PL 37, 1837). 1 * * * Anche oggi, e sempre, la Chiesa ha e avrà il suo PIETRO; la indefettibilità della Chiesa comporta la perduranza e la inalienabilità di Pietro. È questa una delle condizioni e delle garanzie per le quali Gesù "è con noi fino alla fine del mondo" (Matteo 28,20). Pietro, cioè il Papa, non è, e non può essere, un propugnatore di quelle idee che, via via, godono di "alto indice di gradimento"; né può, né deve attenersi alle proiezioni dei dati in base ai quali scegliere ciò che va detto e ciò che va taciuto. Tanto meno, il Papa non può modulare il suo magistero secondo il vento delle dottrine in voga e delle opinioni correnti. Il Papa sa bene che "bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (Atti 5,29); e che "il Vangelo da trasmettere, insieme ai vescovi, è il principio di tutta la vita della Chiesa – e perciò del mondo – in ogni tempo" (Lumen Gentium 23). Allorché il Papa "sancisce, con un proprio atto solenne e definitivo, una dottrina riguardante la fede da credere e la morale da praticare" (Lumen gentium 25), tale definizione, come ha detto Gesù, è infallibile, cioè vera in cielo e in terra (Cfr. Matteo 16,19). Ma, anche quando non interviene una così solenne definizione, ciò che il Papa propone nel suo quotidiano insegnamento – avendo la preoccupazione di illuminare di Vangelo, le questioni che, via via, insorgono nell'umanità e nella Chiesa – è sempre Pietro che orienta la Chiesa, ed è sempre Gesù che, a mezzo di Pietro, "tiene deste le esortazioni" per mantenere il popolo di Dio nella salvezza e nella verità. * * * Già il primo Pietro sapeva; ma ancora più hanno sperimentato i "Pietro" succedutisi nei vari secoli, che vi sono nel mondo "favole artificiosamente inventate" (2 Pietro 1,16) e che, spesso, "non si sopporta più la sana dottrina, e gli uomini si circondano di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per perdersi dietro alle favole" (2 Timoteo 4,4). E ogni "Pietro" ha spesso, come aperitivo, il "fiele" che si propina a lui da chi lo vuole controbattere con "l'infallibilità del momento", salvo poi contestarlo, in seguito, di non aver proclamato a sufficienza "l'infallibilità del Vangelo"! E tutti noi abbiamo constatato che, se il Papa esprime un parere, subito s'innalzano "dispareri". Affidando la Chiesa alla "rettoria" di Pietro ("divino dignatione praepositus" [S. Cipriano Ep 58,1; 63,1]), Gesù non ha inteso premiare Pietro per la sua impeccabilità, né gli ha garantito la impeccabilità futura. Anzi! Pietro ha avvertito, forse come nessuno, la sua miseria di peccatore, se è arrivato a dire "Signore, allontanati da me perché sono un peccatore" (Luca 5,8). 2 È Gesù stesso lo preavvisò che "Satana avrebbe cercato di setacciarlo come il grano" (Luca 22,34). Non dunque un Pietro sovrumano e incontaminato, ma "scelto per gli uomini, così da essere in grado di sperimentare ciò che avviene in coloro che sono nell'ignoranza e nell'errore" (Ebrei 5,2). * * * E, tuttavia, a questo Pietro "debole" è stato affidato il Regno di Dio; non solo per conservare immune della Chiesa nel mondo la parola di Dio "ridestando continuamente il giusto modo di pensare" (2 Pietro 3,1) e per "far conoscere alle Nazioni – per bocca di Pietro stesso – il Vangelo e così a portare alla fede" (Atti 15,7), ma anche per "prendere le decisioni" (in greco: dògmata tà kekrimèna = i decreti, quelli stabiliti) e per "farle osservare" (Atti 16,4). * * * Possiamo dunque valutare la fatica del Pietro del nostro tempo, Benedetto XVI: - "non può tacere" (Atti 4,20). S. Pietro stesso dirà una volta per tutte: "Iddio... ci ha ordinato di annunciare al popolo che Gesù è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio" (Atti 10,42). - Non può transigere su ciò che, nella Chiesa, contraddice e si oppone a ciò che Gesù ha stabilito; - ma deve disporre provvedimenti (1 Corinti 7,17; in greco: diatàsso) direttive, proibizioni, rimedi. E possiamo immaginare a quale sofferenza il Papa sia sottoposto, allorché avviene che, non solo in mezzo i non credenti avvengono immoralità di condotta e travisamenti di verità (verso i quali il Papa non può far altro che alzare il suo monito); ma, ancor più, quando succede che, pure all'interno dei Sacerdoti, dei fedeli, figli della Chiesa – quali i Religiosi e i Laici – emergono – proprio come scrisse il primo Pietro – fatti "scandalosi e vergognosi, desideri disonesti e insaziabili, adescamenti di persone deboli e si scopre che alcuni camminano secondo la carne, con bramosia di turpitudini" (2 Pietro 2,14.10). Avviene come in una famiglia, quando il padre o qualche figlio maggiore si copre di delittuosità, e la madre – che esige e insegna ai figli minori la buona condotta – si sente come azzerata nella sua autorevolezza educativa, soprattutto quando non le è più possibile sottrarre alla debole psicologia o alla labilità e impressionabilità di tali figli minori il male che avviene nella casa stessa, dove si stava costruendo la loro formazione. * * * È esattamente ciò che il Papa ha provato in questo difficile momento del mondo e della Chiesa: egli non cessa di dire al mondo: "quando si promuove o si insegna, o addirittura si impone, forme di ateismo pratico, si sottrae ai cittadini la forza morale e 3 spirituale indispensabile allo sviluppo umano integrale...". Benedetto XVI poi aggiunge: "pronti a scandalizzarsi per cose marginali, molti sembrano tollerare ingiustizie inaudite. Senza Dio, l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia. La chiusura ideologica a Dio e l'ateismo dell’indifferenza, rischiano di dimenticare i valori umani". " Le nuove forme di schiavitù della droga e la disperazione, in cui cadono tante persone, trovano una spiegazione nel vuoto spirituale" (Caritas in veritate NN. 29; 75; 78; 76). Ma l'umanità cammina per la propria strada; e si tende a zittire o a vanificare – se non ridicolizzare e boicottare – questo lucido e allarmato Magistero. Il Papa, poi, – volgendosi alla Chiesa e prendendo progressiva conoscenza che la "sporcizia" praticata in tanti cosiddetti "paradisi sessuali"; o portata in casa da siti inverecondi; e, perfino celebrata, come "ars liberatoria" da inibizioni bigotte – [il Papa, dico] – pur soffrendo come la madre di cui sopra – ha detto: BASTA! Basta reticenze; sia pure a fin di bene; basta tolleranza senza espiazione; basta sacerdozio coesistente con reati scellerati; basta infangare i tanti sacerdoti, fedeli ai loro impegni e limpidi nella loro missione, per colpa di un'esigua anche se esiziale minoranza di chi ha "mente, coscienza (e azioni) corrotte" (Tito 1,15); basta incriminare la Chiesa intera, ma rientrare tutti in "penitenza" (2 Pietro 3,9). * * * Ebbene! – nonostante la limpidissima eco del Vangelo di Cristo che troviamo sulla bocca, nella penna e nella persona di Benedetto XVI; nonostante l'identica limpidezza e fortezza di lui nel mettere allo scoperto, per quanto dipende da lui, ieri-oggi, queste sofferenze e questi mali della Chiesa, al fine di stopparli, se possibile – il Papa viene ora come scarnificato da chi non coglie il suo "agire di piena rettitudine" (Atti 23,1) – fissando lo sguardo sereno e amorevole del Papa, si vede bene chi "ha il cuore retto davanti a Dio" (Atti 8,21): se è Pietro, oppure se sono quegli "affabulatori, a cui prestano attenzione piccoli e grandi" (Atti 8,10) e che hanno nel cuore "fiele amaro" (Atti 8,23). Noi, da qui, vogliamo dire, e abbiamo già detto, al Papa, la stessa parola del primo Pietro: "se uno soffre come cristiano non ne arrossisca" (1 Pietro 4,16). Coraggio! Santo Padre, siamo tutti con Te! E da qui – nella Chiesa di Ferrara-Comacchio – così preghiamo: "Benedetto sii tu, Signore, per averci donato Benedetto XVI". 4