Il dialogo, l’ironia e la maieutica Secondo Socrate non è possibile essere certi delle proprie verità senza averle prima confrontate con quelle altrui, ecco come nasce quel dovere, tipico di Socrate, di scoprire il punto di vista degli altri e perciò di dialogare e discutere con tutti. Discutere infatti vuol dire collaborare alla ricerca della verità comuni ed universali. Tipica del dialogare socratico è la dissimulazione ironica: di fronte a interlocutori sicuri di sapere, Socrate si atteggia ad ammiratore e ad ignorante. Egli sa di non sapere, e questo suo non-sapere è comunque superiore alla presunta sapienza altrui. E in ciò consiste la maieutica di Socrate: liberarsi del sapere apparente e rendersi disponibili verso il sapere La scoperta del concetto e l’equazione di virtù e scienza La domanda caratteristica del dialogo socratico è: che cosa è una data cosa? Questa domanda è giustificata dalla convinzione che esistono alcuni criteri stabili a cui sui fa riferimento x essere capiti dagli altri e x trovare l’accordo nella discussione. L’accordo raggiunto è poi il criterio di giudizio per stabilire se la discussione ha avuto esito o meno. Per questo Socrate è stato definito l’inventore della logica e lo scopritore del concetto. Possiamo inoltre attribuire a Socrate la dottrina che identifica virtù e scienza, teoria e prassi. Secondo lui, tutti gli uomini agiscono in funzione della propria prospettiva, per cui nessuno vuole fare realmente del male, ma lo fa perché ritiene l’azione giusta per lui. Fare il male vuol dire quindi seguire un bene apparente, invece del bene universale, poiché quest’ultimo non è conosciuto. Infatti il bene è tale che, una volta conosciuto, attrae l’uomo e diventa così preferibile a qualunque altra cosa. questi concetti ci spiegano il motivo per cui Socrate rifiuta di occuparsi delle “cose naturali” e preferisce le cose umane. Particolare è l’interpretazione che Socrate fa riguardo alla massima “conosci te stesso e prenditi cura della tua anima”: non significa moderarsi e cercare di prolungare il + possibile la propria vita, ma vuol dire cercare in noi il vero significato di bene, e fare di tutto affinché la nostra anima lo attui. Inoltre Socrate respinge la tesi sofistica della legge come risultato di una convenzione tra gli uomini; infatti ritiene che il patto giuridico si instaura tra legge ed ogni singolo uomo, cosicché essa non è più un contratto, ma una parte contraente. Capitolo IX LE SCUOLE SOCRATICHE MINORI La scuola cinica La scuola cinica, la più importante tra le scuole socratiche, fu fondata da Antistene. Attraverso l’opera di posteriori seguaci, il cinismo si trasformò in un fenomeno più vasto e vivo per tutta l’antichità. Il nome deriva dal fatto che essa si presentava come un’imitazione del cane, simbolo di natura, libertà, socialità. La dottrina socratica che identificava scienza e virtù era intesa dai cinici nel senso che la conoscenza ha valore solo in funzione della prassi. E xciò è valida solo la scienza che dà la soluzione al problema della felicità. E la felicità è data dall’autarchia, dall’autosufficienza, dall’abbandonare i beni materiali e le passioni. Viene condannata anche la civiltà, vista come una convenzione che cerca di liberare l’uomo dalle preoccupazioni ma è fonte lei stessa di problemi. Capitolo X PLATONE: IL PERIODO SOCRATICO La vita La filosofia di Platone ci appare come il tentativo di difendere quella di Socrate da tutte le accuse che la politica gli muoveva contro. Quindi possiamo considerare l’opera di Platone come un’apologia, cioè una difesa di Socrate. Questa difesa nasce dal contrasto tra filosofia e politica che il processo di Socrate aveva messo in luce. Da qui nasce l’esigenza in Platone di conciliare questi due campi, e la constatazione che filosofia e politica sono inconciliabili. Platone nacque ad Atene, intorno al 428 a.C; probabilmente oil suo vero nome era Aristocle, ma fu soprannominato Platone per l’ampiezza delle spalle. La sua famiglia era molto nobile, e aveva un ruolo importante all’interno della città. Platone ricevette un’educazione completa, ma l’interesse per la filosofia nacque con l’incontro con Socrate, che seguì fino alla morte. È questo un periodo di grandi cambiamenti politici all’interno di Atene, eventi che contribuirono alle disillusioni politiche di Platone. Dopo la morte di Socrate, egli intraprese una serie di viaggi che lo portarono in Egitto, nella Magna Grecia e infine in Sicilia, dove cercò di persuadere il tiranno Dionigi delle sue idee ma invano. Imbarcato poi su una nave spartana, fu fatto prigioniero di guerra, in seguito liberato e costretto alla schiavitù. In seguito riuscì a ritornare ad Atene, poiché Sparta fu sconfitta. Alla morte di Dionigi, salì al trono Dionigi il Giovane, che aveva mostrato interesse per la filosofia. Invitato dal siracusano Dione, Platone ritornò in Sicilia, ma le sue idee crearono forti opposizioni, e così Dione fu esiliato, e Platone ritornò ad Atene. Dopo un terzo inutile viaggio a Siracusa, Platone morì, secondo la tradizione, mentre dava forma definitiva alle Leggi, opera in cui confluirono i suoi ideali politici. Gli scritti: cronologia Possiamo dividere l’attività di Platone in tre periodi: 1. dialoghi giovanili o socratici, in cui Platone scrisse l’Apologia 2. dialoghi della maturità o costruttivi, di cui l’opera principale è la Repubblica 3. dialoghi della vecchiaia o dialettici, tra cui anche le Leggi la filosofia dei dialoghi giovanili Nei dialoghi giovanili i grandi temi sono quelli dell’identità di virtù e scienza, della determinazione di questa scienza come scienza del bene e del male, di che cosa sono bene e male. Per trovare una risposta è necessario il dialogo, l’esame delle reciproche convinzioni, e solo allora si potranno trovare i valori universali. Cominciano però a nascere problemi diversi da quelli socratici, come l’opposizione tra bene e piacere e la teoria della reminiscenza. L’opposizione tra bene e piacere e come quella tra anima e corpo, e porta quindi ad una scelta di vita: secondo retorica, volta al piacere, e secondo filosofia, volta al bene. E anche per Platone, come per Socrate, l’attuazione del bene implica felicità. Se l’uomo buono è infelice nella vita terrena, sarà ricompensato nella vita ultraterrena. Da qui deriva la dottrina escatologica, cioè la della salvezza dell’anima dopo la morte del corpo, che è il fondamento della dottrina dell’immortalità dell’anima. Ciò porta Platone al mito della reminiscenza: l’anima, nella sua vita anteriore, ha conosciuto le idee e le forme; rientrata in un corpo, può ricordale se opportunamente guidata.