Care amiche e cari amici, delegate, delegati, gentili ospiti

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Care amiche e cari amici, delegate, delegati, gentili ospiti, a tutti un caloroso ringraziamento e
un saluto di benvenuto per aver accolto l’invito a partecipare ai lavori del nostro IX Congresso
regionale.
Questa assise congressuale non vede ancora conclusa la grave crisi economica che già si stava
delineando quattro anni fa durante lo svolgimento dell’ultimo congresso.
Il 2009 è stato, infatti, l’anno in cui sono maturati i segnali di crisi: crollo del PIL, della produzione,
dell’occupazione e, conseguentemente ,dell’avviamento al lavoro.
Il 2011 ha introdotto la novità della crisi dei debiti sovrani di alcuni Paesi europei tra cui il nostro,
la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l’Olanda, ecc.
Un fenomeno insidioso che, oltre a far lievitare il costo del servizio al debito del nostro Paese si è
riflesso negativamente sul sistema bancario ed assicurativo europeo e nazionale, tradizionalmente
detentore di quote rilevanti di bond statali.
La conseguenza più immediata è stata la diminuzione del credito disponibile nei confronti delle
imprese e delle famiglie ed il calo dei consumi e degli investimenti con i conseguenti riflessi
negativi sulla fiducia degli operatori.
Siamo, quindi, un Paese duramente colpito dalla crisi economica e dove, a motivo della mancanza
di eque politiche di welfare, i costi della crisi sono scaricati sulla popolazione e, in particolare, sui
giovani e i pensionati.
La condizione di molte persone e famiglie in questi ultimi anni continua gradualmente ma
inesorabilmente a peggiorare per difficoltà a far quadrare i conti familiari, dovendo riuscire a
fronteggiare con minori entrate i costi della casa, dei consumi anche se contenuti, delle imposte
crescenti.
Quando poi sopravvengono eventi, lieti o tristi che siano, che mettono in crisi difficili equilibri di
sopravvivenza quotidiana si accelerano percorsi di impoverimento e di marginalità con depressioni
e paure e progressiva erosione di risparmi e risorse prudentemente accantonati in un passato di
benessere crescente.
Condizioni di tal genere si estendono e coinvolgono con modalità e intensità diverse sempre più
persone e famiglie, molte, non tutte.
Perché sussistono ancora consumi opulenti, quote di popolazioni privilegiate da accentuate disparità
retributive , sperequata ripartizione delle ricchezze, cumulo di più entrate, operazioni al margine o
al di fuori della legalità con evasione fiscale e corruzione, nel pubblico e nel privato.
Le condizioni economiche delle famiglie italiane sono peggiorate sensibilmente con
un’accelerazione particolarmente rapida.
Le strategie familiari di adattamento alla crisi (stili di vita sempre più prudenti, equilibri interni
sempre più controllati, nuovi equilibri tra le generazioni , insieme a riduzione dei consumi e utilizzo
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dei risparmi accumulati in anni precedenti) ora non sembrano più sufficienti ad evitare condizioni
ancora più severe di impoverimento.
Non è questa la sede per ricostruire le componenti che hanno concorso a generare questo degrado:
le politiche economiche nazionali degli ultimi decenni, i fattori internazionali, globali ed europei, le
mancate politiche fiscali e retributive e di contrasto all’evasione fiscale, la corruzione, i privilegi
della politica e dei politici.
Qui valutiamo i risultati delle politiche fortemente restrittive , soprattutto l’aumento delle
imposizioni fiscali e i tagli della spesa pubblica.
Questi tagli hanno ridotto le disponibilità finanziarie generali dei diversi livelli di governo e anche,
specificatamente, le spese di welfare, con la riforma delle pensioni e i tagli alla spesa sanitaria e alla
spesa sociale.
Mi soffermo sulle politiche sociali che nella situazione descritta avrebbero dovuto ottenere una
specifica attenzione dei governi, cosa che, invece, è mancata.
Le politiche sociali potrebbero costituire una risorsa rilevante per fronteggiare gli effetti della
crisi, ma il loro ruolo è ritenuto troppo spesso secondario.
Si è assistito a politiche di screditamento e ridimensionamento dell’azione pubblica in campo
sociale per riproporre un approccio assistenzialistico largamente affidato alla beneficenza privata.
Pare di tornare indietro di decenni.
Il drastico taglio, anno dopo anno, dei fondi sociali statali contestuale ad una riduzione delle risorse
generali a disposizione di regioni ed enti locali, esplicita e concretizza il disegno di riforma della
fiscalità e dell’assistenza in senso peggiorativo.
Allarmanti sono i dati sulla deprivazione materiale.
Un’indagine ISTAT “Reddito e condizioni di vita” rileva che nel 2011 l’indicatore di deprivazione
è aumentato di 6,2 punti percentuali raggiungendo il 22,2% e la deprivazione grave è cresciuta dal
6,9 al 11% .
Nel 2012 la situazione non è certo migliorata.
In particolare, è aumentata la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere
spese impreviste , quella di coloro che affermano di non poter permettersi, se lo volessero, un pasto
nutrizionalmente adeguato ogni due giorni.
La Banca d’Italia rileva che siamo al quinto anno di riduzione del reddito reale .
La Caritas parla di una sorta di normalizzazione della povertà , il diffondersi di situazione di
povertà estrema che coesistono con una vita apparentemente normale , magari vissuta all’interno di
un’abitazione di proprietà e un’area molto estesa di famiglie che comprende situazioni drammatiche
insieme a diffuse “normalità impoverite”, famiglie cioè che conducono una vita sostanzialmente
normale segnata da ristrettezze oramai consolidate e preoccupazioni costanti per il proprio reddito e
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con rari episodi di povertà vera e propria.
Famiglie che vivono una costante fragilità nelle posizioni sociali raggiunte in una società che appare
sempre meno “brillante”, famiglie che per affrontare la crisi costruiscono nuovi equilibri che
appaiono, però, molto fragili e con rischi molto elevati per la coesione sociale.
Le politiche sociali oggi sembrano oscillare tra un versante assistenzialistico e un versante di
semplice erogazione monetaria nei confronti di chi vive condizioni di particolare ed evidente
disagio.
Assistenzialismo e crescenti fragilità organizzative consolidano un’estesa area di dipendenza dal
welfare, un’area estesa di persone che dipendono da concessioni discrezionali, senza diritti da poter
far valere, benefici ben individuabili che possono pretendere.
Per quest’area estesa di dipendenza dal welfare non si costruisce alcuna prospettiva di sviluppo
produttivo, si crea, invece, una situazione di integrazione sociale limitata, di fragilità nelle posizioni
raggiunte, che nel breve termine attenua ogni conflittualità sociale ma nel lungo periodo rischia di
compromettere seriamente ogni progetto di sviluppo.
Le politiche sociali rischiano di diventare per la maggioranza della popolazione, un ambito senza
identità e senza consistenza, politiche evanescenti, che frequentemente non danno vantaggi visibili,
che in alcuni casi consentono di fronteggiare esigenze emergenti ma difficilmente sono risolutive ,
modificano o migliorano stabilmente una condizione.
Fragilità organizzative, provvedimenti parziali, disponibilità di bilanci incerti, i silenzi, i ritardi
fanno ritenere alle famiglie che su molti programmi sociali non si può contare, che è meglio cercare
altre soluzioni e riferirsi ad altri soggetti che possono assicurare una risposta sicura e la continuità
dell’assistenza.
Il sistema delle politiche sociale sta diventando sempre di più un sistema settoriale, privo di legami
e progetti tra i vari sistemi di welfare, in particolare la sanità.
Spesso gli enti che devono risolvere un problema ritengono di essere autosufficienti pensando di
utilizzare solo le risorse pubbliche di cui gli stessi dispongono senza ricercare accordi, sinergie,
definire progetti comuni, senza cercare di modificare l’operatività di altri soggetti che con la stessa
azione interferiscono.
Le politiche sociali risultano profondamente semplificate, ridotte in molti casi a procedure
amministrative in cui si verificano esclusivamente i requisiti in termini di redditi e la
documentazione sulla gravità di una patologia.
In questi anni è cresciuto il peso delle procedure amministrative e sono diminuite contestualmente
le aree di intervento nelle quali è necessario operare secondo specifiche competenze professionali.
E’ una realtà che come sindacato contrastiamo e cerchiamo di porvi rimedio.
La persona non può essere lasciata sola in balia dei suoi problemi ma, soprattutto, occorre creare
una rete che la accompagni nella risoluzione di tutte le problematiche partendo da un unico punto
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di ascolto.
Lo scenario negli ultimi vent’anni è profondamente modificato con la ridefinizione della curva
anagrafica della nostra società che vede l’aumento degli anziani, la denatalità, l’instabilità familiare
,l’instabilità professionale in tutto il percorso lavorativo, la crescita della popolazione immigrata.
Per tutti questi motivi ,la questione centrale dei prossimi anni sarà quella di garantire forme
universalistiche di protezione che considerino il welfare non come una mera voce di costo ma come
un canale privilegiato per creare valore umano, economico e sociale.
Per la pratica applicazione di tutto questo è necessario il dialogo tra tutte le forze sociali, prima fra
tutte il sindacato che per questo ha sempre lottato.
E per far fronte ai provvedimenti governativi, che hanno introdotto misure e balzelli aggiuntivi,
come ticket, addizionali, l’IMU a scapito delle fasce più deboli della popolazione, è importante
l’azione del sindacato nei territori attraverso la concertazione sociale per alleggerire gli effetti
negativi delle scelte di politica economica.
Nella nostra regione , come Organizzazione Sindacale dei Pensionati abbiamo ottenuto, a fronte di
specifica richiesta, incontri con l’ANCI (associazione dei comuni) per condividere indirizzi unitari a
fronte delle ricadute sui territori del minori gettiti derivanti dai blocchi ai finanziamenti alla sanità e
dai tagli dei trasferimenti delle risorse dallo Stato alle Regioni ed ai Comuni.
Con l’ANCI e la Federsanità sono stati sottoscritti significativi protocolli in tema di contrattazione
sociale.
Con l’ANCI , fra gli altri, è stato sottoscritto un protocollo che identifica quale una delle possibili
soluzioni al minor gettito da usufruire sul territorio, il recupero della crescente evasione fiscale e la
messa a disposizione di tale introito per il welfare.
Purtroppo dobbiamo però far rilevare che la poca collaborazione fornita dagli enti locali a tale
proposito ha fatto sì che il protocollo, che doveva coinvolgeva anche l’Agenzia delle Entrate, è
rimasto lettera morta.
I Comuni saranno sempre più il terminale delle richieste dirette dei cittadini e noi, come
OO.SS., abbiamo chiesto e chiediamo loro tavoli di concertazione per una condivisione di scelte
che siano a favore di chi realmente ha bisogno, scelte che siano concrete e non poste in essere su
basi teoriche e non in grado, quindi, di essere concretamente realizzate.
Sono passati 12 anni da quando, nel novembre 2000, è stata approvata la Legge 328 sul riordino del
Sistema integrato di intervento sui servizi sociali .
Il periodo trascorso è abbastanza ampio da consentire un bilancio.
Nel 2004, con il cambio alla guida politica della Regione, la legge nazionale ha trovato applicazione
sul nostro territorio.
Con la Legge Regionale 6/2006 si è cercato di ampliarne la portata introducendo:
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-
strumenti migliorativi sia per il settore sanitario che per quello sociale
-
riordino del welfare proiettato verso le innumerevoli sfide che una società sempre più
complessa richiede
-
avvio dei Piani di Zona
-
crescente coinvolgimento della comunità e delle associazioni del volontariato
-
accessibilità ai servizi per tutti i cittadini
-
universalità delle cure
In tale ambito erano state introdotte, pur tra innumerevoli difficoltà e discussioni, il reddito di
cittadinanza ed il fondo per l’autonomia possibile (FAP).
Con l’insediamento dell’attuale amministrazione regionale il processo di applicazione pratica che
doveva avvenire tramite l’emanazione dei regolamenti attuativi, ha subito una brusca frenata,
quando non è stato addirittura messo in discussione.
Ricordiamo l’eliminazione del reddito di cittadinanza ( portabandiera del Movimento 5 Stelle che,
quindi, non ha inventato niente di nuovo) basata su motivazioni xenofobe e non veritiere sui reali
destinatari . La sostituzione di tale reddito con sussidi irrisori e privi di alcun accompagnamento
sociale, ha stravolto completamente lo spirito che sottintendeva alla creazione di tale istituto.
La stessa linea di abbandono è stata seguita dalla regione per i Piani di Zona, bloccati nel 2009 per
una verifica tesa ad apportare miglioramenti applicativi e regolamentati .
Solo alla fine del 2011, in materia, sono state dettate nuove linee di indirizzo, codificate in un
Regolamento a tutt’oggi non ancora applicativo sull’intero territorio regionale e che non è stato
ancora oggetto di confronto con le OO.SS.
Null’altro è stato predisposto per il futuro se non un generico invito della Regione ai Comuni e
agli ambiti di provvedervi con risorse proprie.
Lo stanziamento delle risorse per gli anni 2011/2013, che è stato lo stesso degli anni passati,
non è stato certamente positivo per lo sviluppo del welfare territoriale.
Non è ben chiaro per noi come si possa rispondere alla sempre più crescente domanda di servizi con
risorse sempre più limitate, senza condividerne le possibili soluzioni con gli amministratori locali,
sindaci in primis, che per legge sono i responsabili della salute della loro comunità.
La contrattazione sul territorio ha coinvolto tutti i livelli della FNP, dalle strutture locali con i
segretari delle leghe, alle segreterie territoriali, alla segreteria regionale.
Non possiamo non sottolineare lo sforzo e l’impegno profusi dai dirigenti e dai militanti della
FNP che hanno portato avanti le istanze unitamente allo SPI e alla UILP.
Lo sforzo ha permesso di affrontare una serie di questioni socio sanitarie e di rispondere a richieste
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di servizi di vario genere.
Dobbiamo sottolineare che oggi anche le richieste di servizi sono un problema in quanto, in una
realtà familiare non definibile (la famiglia nel senso classico del termine è sempre più rara) le
richieste sono le più disparate : c’è chi chiede l’asilo nido, chi il finanziamento, chi il visto di
soggiorno per la badante, chi l’apprendistato ,ecc.
E’ un welfare che ha perso le proprie connotazioni tradizionali e fatica a trovarne di nuove.
Il territorio va articolato attraverso un piano di interventi amministrativi regionali e comunali in cui
il sindacato, come conoscitore e portatore di interessi, sia l’interlocutore privilegiato.
Il territorio e la famiglia devono essere, oggi ,i punti di riferimento purchè si prenda atto delle
modifiche intervenute nel tempo.
Oggi, la famiglia , che è stata la grande potenza degli anni ’70 e ’80 ( in quanto soggetto di reddito),
perde colpi.
Questo accade per motivi interni, perché è diventata sempre più piccola, sempre più differenziata,
perché ci sono tantissimi anziani, perché alle persone non autosufficienti o che soffrono di
Alzheimer, qualcuno deve pur badare.
La famiglia ha debolezze interne ed esterne come quelle di chiedere i servizi per rispondere ai
propri bisogni. Ciò la fa diventare oggetto della politica con tutte le conseguenze che ne derivano.
Occorre far uscire la famiglia dalla passività oggettiva e farla ridiventare soggetto politico.
Questi sono alcuni dei motivi per cui, la FNP e la CISL, hanno dato avvio all’Osservatorio
Sociale, uno strumento operativo molto importante con l’obiettivo di conoscere i bisogni e
qualificare la concertazione territoriale con un’azione sindacale coordinata tra la nostra categoria e
la confederazione.
Per far fronte alle nuove necessità e incombenze la segreteria regionale, in questi anni, ha favorito la
formazione, la preparazione e l’aggiornamento dei responsabili territoriali di tali attività sia a livello
regionale sia attraverso percorsi avviati dal Centro Studi di Firenze.
Nel 2009 l’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione aveva presentato il “Libro verde” in cui
era evidenziata la volontà di privilegiare le strutture sanitarie ospedaliere a scapito del territorio.
L’operare su tale indirizzo, senza peraltro coinvolgere nelle scelte le OO.SS., non ha prodotto
risultati positivi ma ha solo congelato una situazione di immobilismo.
L’unica conseguenza è che è risultato impossibile dare alla gente risposte alle crescenti richieste
provenienti dal territorio ( FAP e case di riposo).
L’attuale Giunta di centrodestra ha approvato, il 5 dicembre 2012,la riforma della sanità regionale
con la riduzione delle Aziende sanitarie da 6 a 3, con il dimezzamento dei Distretti sanitari che
avranno minore autonomia gestionale e saranno , quindi, costretti a diminuire, di molto ,l’offerta di
prevenzione sanitaria.
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La legge toglie inoltre qualsiasi potestà decisionale ai sindaci che non potranno più intervenire su
questioni territoriali, prevaricati da un neo centralismo della Regione.
Nella stesura di questa legge , che andrà in vigore nel 2014, il sindacato non è stato in alcun modo
coinvolto, non vi è stato un serio confronto delle posizioni all’interno dei luoghi deputati.
La nostra proposta del 2006, avallata dalla raccolta di un milione di firme, per l’approvazione di una
legge che definisca i livelli minimi d’assistenza per le persone non autosufficienti, non ha ancora
trovato risposte, né alla Camera né al Senato.
Al tema della non autosufficienza è necessariamente collegata quello della residenza assistita,
problematica su cui viene applicata da anni una politica governativa di annunci e rinvii.
A livello regionale , invece, grazie al nostro impegno, il tema della non autosufficienza non è
rimasto lettera morta.
Nel 2004, anno delle precedenti elezioni regionali, la FNP, unitamente alle altre organizzazioni di
categoria confederali, era riuscita ad ottenere in periodo di campagna elettorale, impegni in merito
alla realizzazione di un fondo per la non autosufficienza.
Ciò ha portato alla promulgazione della Legge regionale 6/2006 con cui il progetto è stato avviato.
Nel 2006 lo stanziamento del fondo regionale per la non autosufficienza è stato pari a € 10 milioni.
Il Governo centrale, pur in assenza di una legge specifica ( da noi sempre richiesta) ha erogato
negli anni, sul fondo sociale, degli importi a tale titolo in maniera però discontinua e irregolare.
Ad esempio: 400 milioni ( per l’intero territorio nazionale)nel 2010, nulla nel 2011 e 2012.
Per il 2013 sono stati stanziati, sempre a livello nazionale,270 milioni collegati alla SLA.
Nella nostra regione siamo oggi a quota 34 milioni, certamente non sufficienti a coprire l’intero
fabbisogno ma comunque un risultato da ritenersi positivo se paragonato alle altre realtà regionali.
L’attività della nostra organizzazione in merito continuerà, in primis, con la richiesta di
confronto con i candidati alla presidenza della Regione prima delle elezioni di aprile p.v.
affinchè vengano, dagli stessi, assunti impegni precisi.
L’esito delle elezioni nazionali, recentemente svolte, ci preoccupa come organizzazione sindacale
in quanto, di fatto, il Paese sembra essere ingovernabile.
L’antipolitica è un fenomeno tutt’altro che originale anche se in Italia è forse più frequente che
altrove.
Tra alti e bassi, la disaffezione verso i partiti e la politica ha raggiunto l’ apice all’inizio degli anni
’90 con “ Tangentopoli” quando le inchieste della magistratura rivelarono l’esistenza di un sistema
basato su corruzione, concussione e finanziamenti illeciti che coinvolgeva imprenditori ed esponenti
della classe politica locale e nazionale.
Da quella crisi, nonostante i vari tentativi di rigenerazione e di “reinvenzione”, i partiti non si sono
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più ripresi e, come tante altre istituzioni, hanno continuato a perdere credibilità e legittimazione.
Per riacquistarle non è sufficiente una nuova strategia di marketing, come il cambio di nomi e
simboli, ma serve un ripensamento profondo, poiché la crisi della politica è vera e radicale e la
delegittimazione dei partiti è altrettanto evidente e priva di attenuanti.
Astensionismo, disaffezione ,caduta dei partiti tradizionali ci parlano di un grido di sdegno, della
volontà della gente di non fornire ulteriore legittimazione a qualcosa in cui non ha più fiducia.
Non necessariamente, però, sembra essere venuta meno la passione per la democrazia e il bene
comune.
Non è la società a ritirarsi dalla politica, sono i partiti che hanno perso la capacità di ascoltarla e di
comunicare con essa nonostante al loro interno ci siano anche persone seriamente impegnate.
Non a caso la critica fondamentale all’attuale classe politica è di essere diventata autoreferenziale,
cioè di portare avanti le proprie istanze e aspirazioni e non quelle della società
Il radicamento nella società civile è, infatti, essenziale poiché è da essa che provengono le istanze
che i partiti sono chiamati ad interpretare.
Ciò che è assente nella politica è la capacità di presentare visioni globali della persona, della
società e del mondo.
Morte le ideologie è rimasto solo il vuoto che è una cosa ben diversa dall’assenza di qualcosa.
Distinzione importante perché parlare di assenza significa almeno avvertire che qualcosa manca.
Il problema peggiore si ha quando il bisogno non si avverte più ma subentra l’indifferenza: tutto
uguale, tutto irrilevante.
Dato comunque per assodato che dei partiti non possiamo fare a meno - in forza del loro ruolo
nell’attuale ordinamento, delle buone ragioni di fondo a favore della loro esistenza, o della
constatazione storica che la loro eliminazione o il loro indebolimento aprono rapidamente a derive
plebiscitarie o populiste, che sono un rimedio peggiore del male, - non significa doversi
accontentare di partiti qualunque, purchè ci siano.
E’ indispensabile che i partiti ricostruiscano la buona politica attraverso solide argomentazioni
offerte da persone credibili, scongiurando i limiti della demagogia anticasta.
Un primo fonte di impegno è quello ordinario dell’amministrazione della cosa pubblica, potere
praticato che rappresenterà anche la prova del fuoco per il Movimento 5 Stelle che sulla protesta
urlata ha costruito il suo successo.
Servono delle riforme che, in aggiunta a quella, indispensabile, della legge elettorale, potrebbero
aiutare i cittadini a superare la sfiducia diffusa e depressiva nelle possibilità di incidere sulla realtà
attraverso le dinamiche della rappresentanza democratica.
Parliamo, in particolare, di democraticità interna dei partiti che vincoli il loro funzionamento ed
elimini la percezione di un arbitrio sfrenato dei vertici in virtù dell’assenza di ogni controllo e della
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trasparenza. Gli abusi non possono emergere solo quando arrivano magistratura e forze dell’ordine
senza che all’interno nessuno si accorga di nulla.
L’attuale situazione è la logica conseguenza dell’immobilismo dei partiti politici tradizionali.
Tutte le riforme da tempo invocate dall’opinione pubblica sono state ,per inerzia e convenienza,
bloccate dai partiti che, peraltro, non si sono curati di ascoltare le parti sociali di cui il sindacato
rappresenta la parte più consistente.
Anzi, si parla, nel nuovo che avanza, della loro eliminazione.
Affermazione, questa, gratuita e offensiva nei confronti della nostra organizzazione e di noi tutti che
quotidianamente lottiamo per una società più civile e più vivibile affrontando i problemi sul campo.
Ritengo importante, a questo punto, ribadire l’autonomia assoluta delle nostra Organizzazione
rispetto ai partiti politici.
La situazione attuale fatta di scandali continui, di gestioni inefficienti , di corruzione ,di spreco nella
gestione del denaro pubblico, è segnale della necessità di ricostruzione dalle fondamenta del nostro
Paese .
E’ sempre più netta e angosciosa la sensazione che l’Italia rischi un vero e proprio sfaldamento
delle istituzioni e della società.
Per evitare che succeda questo è naturale la ricerca di ciò che può rappresentare la controtendenza
di una situazione non più reggibile che, tuttavia, non significa perdita dell’autonomia, autonomia
che è il fondamento della nostra organizzazione.
Un’Organizzazione che è fatta di militanti, persone che sono disposte ad accollarsi sacrifici e
responsabilità a tutela degli associati e dell’organizzazione stessa.
Nella CISL già da tempo i pensionati superano numericamente gli attivi.
Siamo, quindi, una risorsa non da poco per la società e la Confederazione .
E per essa ci spendiamo, collaborando nell’erogazione dei servizi, assicurando una presenza
capillare e continua su tutto il territorio, collaborando per l’integrazione degli immigrati,
relazionando con le istituzioni, facendo da intermediari tra le autonomie locali e i soggetti bisognosi
di aiuto.
E’, quindi, logica conseguenza che vi sia una sinergia tra la nostra Federazione e i servizi INAS e
CAF, sinergia che spesso vien meno creando nocumento all’intera organizzazione.
Come Federazione regionale abbiamo aderito al Progetto FNP INAS nazionale che prevede, ai fini
del proselitismo, l’assunzione a tempo determinato di un giovane a disposizione del Patronato (nel
caso di specie in supporto all’INAS di Pordenone) ma economicamente a carico nostro.
L’esperienza, che si concluderà nell’aprile di quest’anno, ha dato ottimi risultati rispetto
all’obiettivo e, pertanto, si ritiene utile ripeterla anche se con una persona diversa.
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Come segreteria regionale si auspica che l’INAS provveda a non disperdere il patrimonio acquisito
dall’operatore soggetto della prima fase del progetto.
Va sottolineato che il patronato esiste ed opera a fronte di richieste specifiche.
La gente va aiutata non solo nella conoscenza dei propri diritti ma anche nel rendere esigibili gli
stessi mediante richieste mirate.
Mai come in questo periodo l’azione di proselitismo è divenuta importante.
Il blocco delle pensioni non da prospettive dell’entrata di nuovi pensionati e, quindi, è necessario
lavorare capillarmente contattando chi è già in pensione.
A questo proposito va rilevato che il nuovo governo dovrà avere polso fermo nel varare misure per
uscire dalla crisi ma dovrà anche rivedere quanto di sbagliato è stato fatto in tema di pensioni.
L’ultima riforma varata, senza peraltro essere preceduta, è bene ricordarlo, da alcuna trattativa
sindacale, è stata fatta sulla pelle dei più deboli, dove i soldi si possono recuperare con
immediatezza.
L’aumento dell’età pensionabile ha penalizzato maggiormente i nati in un determinato periodo e le
donne che pagano in maniera doppia, sia come aumento di anni lavorativi sia come diminuzione
dell’importo della pensione.
Dopo essere stati, per anni, tacciati per quelli che andavano in pensione troppo presto, ora siamo
quelli che vanno più tardi di tutti.
Quindi, devono essere rivisti i criteri per l’accesso alla pensione e deve essere anche eliminato il
blocco sulla rivalutazione delle pensioni superiori tre volte il minimo.
Il tetto dovrà essere posto su altri redditi pensionistici a cominciare da quello dei dirigenti per un
senso di equità e solidarietà con coloro che non riescono ad arrivare alla fine del mese.
La mancata rivalutazione delle pensioni potrà avere anche delle ripercussioni sulle adesioni al
sindacato; la cifra del tesseramento è modesta ma, allo stato attuale, è pur una somma che può
diventare importante.
In ambito regionale registriamo una leggera flessione degli iscritti, pari a circa il 3% dovuta
sicuramente, al mancato ricambio generazionale, gap che va sicuramente colmato.
Il 70% circa dei lavoratori iscritti quando erano in attività non hanno aderito alla FNP.
Dobbiamo lavorare affinchè tutti si rendano conto che, accanto alle rivendicazioni inerenti il lavoro,
esistono delle rivendicazioni che riguardano la società nel suo insieme, quella società di cui tutti
facciamo parte.
La mentalità oggi in voga , secondo cui non serve più né aderire né partecipare all’attività sindacale
dal momento in cui si raggiungeva, parlo al passato poiché con le nuove norme, di cui auspichiamo
la correzione ,non si raggiunge più, la fatidica pensione, deve essere scalzata.
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Importante per il proselitismo è anche la formazione degli operatori,attuali e nuovi .
In quest’ottica, come segreteria regionale, abbiamo promosso molteplici attività formative sia di
carattere prettamente sindacale che tecnico, sia sul territorio che presso il Centro Studi di Firenze.
Sono stati tenuti corsi per agenti sociali su tematiche previdenziali e pensionistiche, per operatori di
sportello, sul federalismo fiscale, per segretari di lega o componenti di segreteria, per operatori
FNP, Coordinamento Donne e ANTEAS.
Con dispiacere, comunico che con il 2013 è stata sospesa la pubblicazione della nostra rivista
bimestrale “ Conquiste dei Pensionati”.
Nel corso delle assemblee delle leghe e territoriali sono state sollevate non poche perplessità a tale
proposito.
E’ certamente difficile competere con l’web o con la tv, ma l’approfondimento che la rivista
consentiva non è certamente paragonabile alla mera quotidianità della notizia.
Oltretutto non va sottovalutato il senso di appartenenza che gli iscritti sentivano nel ricevere il
giornale nazionale.
Valuteremo la possibilità di sopperire in qualche modo a tale mancanza.
Ritengo doveroso, a questo punto, soffermarmi sul processo di ristrutturazione in atto all’interno
della nostra Confederazione.
All’interno della Confederazione e anche della nostra FNP, da tempo ci si interroga se il modello
organizzativo, orizzontale e verticale, sia adeguato alla sfida che deriva dal mondo del lavoro e
dalla trasformazione della nostra società.
L’attuale struttura organizzativa, come tutti sanno, risale agli anni ’70, periodo che ormai sembra
preistoria.
Da qui, l’esigenza di rivedere se tale struttura rispecchi ancora i bisogni degli iscritti e le nostre
peculiarità.
Non dobbiamo dimenticare che la CISL è una confederazione di categorie ed è su questa stessa
base che va innescato il processo di riorganizzazione.
E’ con questa premessa che , come FNP regionale, abbiamo aderito alla richiesta di revisione del
nostro assetto.
Nella nostra regione, finora, vi è stato un processo di unificazione degli organismi di due province,
Gorizia e Trieste.
E’ stata una unificazione condivisa ma , come tutti i cambiamenti, non certo facile.
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Siamo certi, tuttavia, che l’organizzazione ne risentirà positivamente , in termini di vertenzialità e
servizi su tutto il territorio.
Auspichiamo che un positivo immediato riscontro alla prima unificazione effettuata, faccia sì che
la riorganizzazione prosegua e, soprattutto, che sia condivisa da tutte le UST della regione.
Come FLP stiamo valutando se le nostre strutture territoriali, le leghe, siano ancora rispondenti alle
necessità attuali essendo necessario che le strutture siano simmetriche agli ambiti comunali e socio
sanitari di riferimento.
Ferma restando la necessità della nostra presenza capillare sul territorio, viene valutata la possibilità
di creare la figura del “delegato comunale” come punto di riferimento di ogni iscritto.
Una figura sindacale capace di dare risposte ai bisogni reali, di convogliare i cittadini verso i servizi
dell’organizzazione e in grado di rappresentare, nell’ambito degli organi della lega, le esigenze del
territorio di propria competenza.
Chiaramente, il” riassetto” deve essere attuato nell’ottica di un pluralismo sindacale ed
organizzativo che tenga conto delle specificità del territorio.
E, parlando di territorio , dobbiamo rivolgere un’attenzione particolare all’ANTEAS.
La FNP e la CISL riconoscono l’ANTEAS come associazione di volontariato e di promozione
sociale favorendone lo sviluppo delle sue attività caratterizzate dalla pratica della solidarietà.
Il volontariato ANTEAS è uno strumento che ormai, a distanza di dieci anni dalla sua nascita, è ben
radicato sul territorio.
Rappresenta uno strumento eccezionale di servizio nei confronti dei più deboli ed è una
dimostrazione che gli anziani sono una risorsa per la società.
Sono , infatti, soprattutto i pensionati ad essere attivi nella prestazione dei servizi che l’ANTEAS
offre.
Come FNP abbiamo, nel quadriennio passato, consolidato il ruolo dell’associazione creando le
condizioni affinchè anche i giovani si avvicinino e cooperino nell’attività, oltre ad aver provveduto
a dotarla di un gruppo dirigente a livello regionale ai fini di una migliore condivisione e
trasparenza delle scelte operate .
Nel sottolineare il ruolo che l’ANTEAS ricopre nel mondo del volontariato puro, non si può però
sottacere delle necessità economiche collegate alla sua crescente attività.
L’inserimento di tale associazione tra quelle destinatarie del 5x1000
l’organizzazione, e il CAF in primis, impegnati nella sua promozione.
deve vedere tutta
Pur riconfermando l’impegno della segreteria regionale a sostenerla sul territorio, auspichiamo
che l’associazione si renda economicamente autonoma al fine di incrementare autonomamente la
propria progettualità.
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Con l’inizio del 2013 è stato dato l’avvio anche all’ANTEAS Servizi , che sostituirà l’ETSI.
Ci auguriamo che le due forme sociali dell’ANTEAS oltre a convivere riescano ad interagire
fornendo così agli iscritti servizi sempre più completi e pregnanti.
Un’attenzione particolare va rivolta alle donne.
Il cambiamento dello status sociale delle donne avvenuto negli ultimi decenni in Italia e nei Paesi
occidentali è una vera e propria trasformazione rivoluzionaria.
Abbiamo assistito a modifiche profonde nei loro comportamenti, nelle decisioni riguardo
all’istruzione, alla vita familiare, al modo di essere madri, alla presenza nel mondo del lavoro.
Questa rivoluzione silenziosa è incompiuta e tutt’ora in atto in diversi ambiti: in famiglia, dove le
donne inserite nel mercato del lavoro continuano ad avere carichi di lavoro familiare insostenibili e
dove permangono stereotipi molto radicati della divisione dei lavori per genere, in ambito
occupazionale, dove molte ottengono ottimi risultati universitari senza prospettive lavorative; nel
campo della maternità dove le donne mettono al mondo meno bambini di quanto desiderano.
Una rivoluzione, questa, che ora che ha raggiunto la ribalta della scena economica, politica e
sociale, ha bisogno di essere accompagnata da alcune condizioni istituzionali, che portano il nome
di politiche di conciliazione, volte ad armonizzare tempi di lavoro e familiari di uomini e donne.
Il 23 maggio 2012 la Commissione del Senato, durante la discussione sulla riforma del lavoro, ha
dato via libera a un ordine del giorno votato all’unanimità, che impegna il Governo a colmare il
divario retributivo tra uomini e donne, a parità di funzioni, entro dicembre 2016.
Saluteremo con grande soddisfazione quel giorno in cui in Italia, come già in essere in altri Stati,
avremo raggiunta la parità anche in quel settore.
Non dobbiamo dimenticare, però, che alla base di tutto ci deve essere l’autodeterminazione della
donna che, nell’ultimo periodo, è sempre più in pericolo.
Mi riferisco ai femminicidi che nel nostro Paese e nel mondo intero sono all’ordine del giorno e che
come organizzazione sindacale dobbiamo reprimere e condannare con forza.
Nella FNP le donne occupano un ruolo importante e significativo.
E’ stato deliberato, ed attuato a tutti i livelli, che la presenza femminile deve essere pari al 30% in
tutti gli organismi diretti.
L’attuazione di tale scelta comporterà , di conseguenza, il rafforzamento del coordinamento donne
che svolge un’importante attività di promozione e di sensibilizzazione su tutto il territorio.
Il rapporto intergenerazionale tra anziani e giovani ha risentito, nel corso degli ultimi anni, di
alcuni mutamenti globali che hanno interessato la famiglia e, più in generale, la società nel suo
complesso.
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Il sindacato, e specificatamente il nostro sindacato, è stato il primo a proporre una profonda
riflessione su cosa significa e cosa comporta l’invecchiamento della popolazione senza che a tale
invecchiamento corrisponda una natalità sufficiente al mantenimento dell’equilibrio sociale.
Si deve riconoscere che , nonostante il nostro grido di allarme, niente è stato fatto per cercare di
incentivare economicamente la natalità.
Il cambiamento demografico dovrà portare inevitabilmente a una nuova valutazione e alla
rielaborazione di alcune politiche economiche e sociali all’interno della società.
Dare la possibilità e gli strumenti alle persone anziane per invecchiare in buona salute e per
contribuire più attivamente al mercato del lavoro e alle loro comunità ci aiuterà a far fronte alla
sfida demografica in modo che sia equo e sostenibile per tutte le generazioni.
La sfida per i responsabili politici e tutte le parti interessate è migliorare la possibilità di invecchiare
restando attivi e di condurre una vita autonoma intervenendo positivamente in tutti i settori: lavoro,
assistenza sanitaria, servizi sociali, volontariato, ecc.
Il prolungamento della vita media, il miglioramento delle condizioni di salute e una migliore
qualità della vita, consentono agli anziani, già oggi, di condurre una partecipazione più attiva alla
vita dei giovani.
Inoltre la sempre più crescente tendenza di questi ultimi ad allungare la propria permanenza in seno
alla famiglia di origine, ha modificato la qualità della relazione in esame sotto molteplici aspetti.
Il 2012 è stato l’Anno Europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni,
un’occasione per cogliere le opportunità che ne derivano.
In quest’ottica la FNP nazionale ha promosso il primo festival delle generazioni che si è tenuto a
Firenze nel mese di ottobre dello scorso anno.
La FNP, in virtù del suo innato carattere confederale, rappresentando una realtà aperta alla
solidarietà concreta e all’accettazione, ha avvertito una necessità di incontro e di relazione proprio
con la componente giovanile, ed ha, di conseguenza, promosso questo festival, destinato a
rinnovarsi ogni anno, per un incontro di generazioni in difficoltà di fronte alle domande di un
mondo che cambia.
L’idea è maturata nella convinzione di stimolare l’avverarsi di un flusso relazionale fra anziani e
giovani, inteso come dono reciproco, come pegno di solidarietà, da cui nasce il senso di
condivisione delle responsabilità.
Coinvolgere i giovani nelle fasi iniziali è necessario per ottenere l’ispirazione reciproca e per
aumentare la consapevolezza dell’interdipendenza tra le generazioni, ad esempio, in termini di
sistemi pensionistici.
In quest’ottica la FNP regionale ha istituito , già nel 2007, un premio di laurea, rivolta a studenti
dell’Università di Trieste e di Udine, per la migliore tesi che affronta la materia dell’assistenza agli
anziani .
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Rappresenta , questo, la concreta testimonianza dell’attenzione della FNP regionale ad incentivare i
giovani ad interessarsi al modo degli anziani.
Ritengo doveroso e necessario, a questo punto, riproporre il tema del potere d’acquisto delle
nostre pensioni.
Dal 1992 le pensioni hanno perso più del 30% del potere di acquisto.
Il continuo aumento del costo della vita, della sanità, dei servizi, dei prezzi e delle tariffe nonché
l’elevata pressione fiscale e l’ assenza di un meccanismo di rivalutazione hanno generato l’attuale
situazione di sempre maggior povertà.
Se si aggiunge che negli ultimi due anni è stata bloccata anche l’indicizzazione ISTAT che, seppur
inconsistente, qualcosa era, la situazione non appare delle migliori.
La natura di retribuzione differita delle pensioni deve ( come peraltro ribadito dalla Corte
Costituzionale che si è pronunciata in merito all’applicazione del Decreto legislativo 503/92)
assicurare al pensionato ed alla sua famiglia un’esistenza dignitosa in quanto ne costituisce l’unica
fonte di reddito.
E’ evidente che l’allungamento della vita dei cittadini e la conseguente estensione del periodo di
godimento della prestazione previdenziale, rende non più procrastinabile l’esigenza di porre
concretamente mano al problema.
Rivendichiamo, pertanto, a gran voce, il ripristino della indicizzazione per tutte le pensioni e la
salvaguardia del potere di acquisto delle stesse attraverso l’applicazione del meccanismo IPCA
(indice prezzi al consumo armonizzato), già in essere per i salari e le retribuzioni, in sostituzione di
quello attuale che prende a riferimento il paniere ISTAT desensibilizzato dalle voci per noi più
significative.
La CISL deve essere portavoce delle nostre istanze mettendole al primo posto nella scala delle
priorità.
Rappresentiamo, al suo interno, una forza talmente significativa da non poter rimanere inascoltata.
Avviandomi alla conclusione di questa relazione, che ha cercato di affrontare quelli che sono, per la
FNP regionale i principali nodi da sciogliere , senza tuttavia avere la pretesa di averli toccati tutti,
vorrei sottolineare che l’assise odierna conclude un positivo percorso avvenuto sull’intero
territorio, iniziato con i congressi delle leghe e continuato con quelli territoriali.
Le relazioni e i documenti conclusivi di tutti i congressi in cui ognuno ha espresso le proprie
priorità dovranno, unitamente al documento conclusivo dei lavori di queste giornate,
costituire la base su cui operare nel prossimo quadriennio.
Solo una condivisione delle problematiche emerse su tutto il territorio e un fattivo confronto sulle
stesse creerà quella coesione indispensabile per un’operatività incisiva e positiva per i nostri
iscritti.
Il quadriennio passato ha visto La FNP territoriale e regionale lavorare in sinergia sia con la
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Confederazione sia con il sindacato di categoria dei lavoratori pubblici ( il cui apporto è
indispensabile sul territorio).
Auspico che tale collaborazione prosegua e venga incentivata.
Consentitemi, a questo punto, di porgere un sincero ringraziamento a coloro che hanno contribuito,
con il loro impegno alla crescita della nostra federazione, e che lasciano l’incarico favorendo così
il ricambio all’interno dell’organizzazione.
Grazie, quindi, a Lucia Andreoli e Giulio Greatti per il lavoro che hanno svolto e la passione con
cui hanno operato.
Sindacalisti che hanno sempre supportato la segreteria regionale con validi suggerimenti rendendosi
disponibili alla collaborazione, senza mai rinunciare al rigore delle loro posizioni, lavorando
affinchè le istanze sindacali portate avanti lo fossero sempre nell’interesse di chi noi siamo chiamati
a rappresentare.
E di questo sono loro sinceramente grato.
Rimanendo in tema di ringraziamenti, come è abitudine alla fine di ogni mandato congressuale, un
grazie particolare allo staff tecnico e operativo della segreteria.
Giuseppina e Corinna sono collaboratrici preziose, che svolgono il proprio lavoro con competenza
e professionalità ma soprattutto con un senso di appartenenza alla nostra organizzazione.
Sottolineo il sentito senso di appartenenza in quanto, nella mia lunga esperienza sindacale, non
sempre l’ho trovata.
Un grazie al collegio dei revisori dei conti per i suggerimenti fatti e le istruzioni date perchè la
contabilità venga tenuta nel pieno rispetto delle norme fiscali vigenti.
Ricordiamo, in particolare, l’amico Ezio Tomadini che ha svolto, con passione e impegno, questo
incarico per due mandati. Gli auguro una pronta guarigione che gli consenta un rientro fattivo nelle
nostre file.
Un grazie a tutti e un augurio che la nostra organizzazione possa continuare a crescere al fine di
poter rappresentare e dare voce a chi voce non ce l’ha.
Il Segretario Generale Regionale
Gianfranco Valenta
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