Care amiche e cari amici, delegate, delegati, gentili ospiti, a tutti un caloroso ringraziamento e un saluto di benvenuto per aver accolto l’invito a partecipare ai lavori del nostro IX Congresso regionale. Questa assise congressuale non vede ancora conclusa la grave crisi economica che già si stava delineando quattro anni fa durante lo svolgimento dell’ultimo congresso. Il 2009 è stato, infatti, l’anno in cui sono maturati i segnali di crisi: crollo del PIL, della produzione, dell’occupazione e, conseguentemente ,dell’avviamento al lavoro. Il 2011 ha introdotto la novità della crisi dei debiti sovrani di alcuni Paesi europei tra cui il nostro, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l’Olanda, ecc. Un fenomeno insidioso che, oltre a far lievitare il costo del servizio al debito del nostro Paese si è riflesso negativamente sul sistema bancario ed assicurativo europeo e nazionale, tradizionalmente detentore di quote rilevanti di bond statali. La conseguenza più immediata è stata la diminuzione del credito disponibile nei confronti delle imprese e delle famiglie ed il calo dei consumi e degli investimenti con i conseguenti riflessi negativi sulla fiducia degli operatori. Siamo, quindi, un Paese duramente colpito dalla crisi economica e dove, a motivo della mancanza di eque politiche di welfare, i costi della crisi sono scaricati sulla popolazione e, in particolare, sui giovani e i pensionati. La condizione di molte persone e famiglie in questi ultimi anni continua gradualmente ma inesorabilmente a peggiorare per difficoltà a far quadrare i conti familiari, dovendo riuscire a fronteggiare con minori entrate i costi della casa, dei consumi anche se contenuti, delle imposte crescenti. Quando poi sopravvengono eventi, lieti o tristi che siano, che mettono in crisi difficili equilibri di sopravvivenza quotidiana si accelerano percorsi di impoverimento e di marginalità con depressioni e paure e progressiva erosione di risparmi e risorse prudentemente accantonati in un passato di benessere crescente. Condizioni di tal genere si estendono e coinvolgono con modalità e intensità diverse sempre più persone e famiglie, molte, non tutte. Perché sussistono ancora consumi opulenti, quote di popolazioni privilegiate da accentuate disparità retributive , sperequata ripartizione delle ricchezze, cumulo di più entrate, operazioni al margine o al di fuori della legalità con evasione fiscale e corruzione, nel pubblico e nel privato. Le condizioni economiche delle famiglie italiane sono peggiorate sensibilmente con un’accelerazione particolarmente rapida. Le strategie familiari di adattamento alla crisi (stili di vita sempre più prudenti, equilibri interni sempre più controllati, nuovi equilibri tra le generazioni , insieme a riduzione dei consumi e utilizzo 1 dei risparmi accumulati in anni precedenti) ora non sembrano più sufficienti ad evitare condizioni ancora più severe di impoverimento. Non è questa la sede per ricostruire le componenti che hanno concorso a generare questo degrado: le politiche economiche nazionali degli ultimi decenni, i fattori internazionali, globali ed europei, le mancate politiche fiscali e retributive e di contrasto all’evasione fiscale, la corruzione, i privilegi della politica e dei politici. Qui valutiamo i risultati delle politiche fortemente restrittive , soprattutto l’aumento delle imposizioni fiscali e i tagli della spesa pubblica. Questi tagli hanno ridotto le disponibilità finanziarie generali dei diversi livelli di governo e anche, specificatamente, le spese di welfare, con la riforma delle pensioni e i tagli alla spesa sanitaria e alla spesa sociale. Mi soffermo sulle politiche sociali che nella situazione descritta avrebbero dovuto ottenere una specifica attenzione dei governi, cosa che, invece, è mancata. Le politiche sociali potrebbero costituire una risorsa rilevante per fronteggiare gli effetti della crisi, ma il loro ruolo è ritenuto troppo spesso secondario. Si è assistito a politiche di screditamento e ridimensionamento dell’azione pubblica in campo sociale per riproporre un approccio assistenzialistico largamente affidato alla beneficenza privata. Pare di tornare indietro di decenni. Il drastico taglio, anno dopo anno, dei fondi sociali statali contestuale ad una riduzione delle risorse generali a disposizione di regioni ed enti locali, esplicita e concretizza il disegno di riforma della fiscalità e dell’assistenza in senso peggiorativo. Allarmanti sono i dati sulla deprivazione materiale. Un’indagine ISTAT “Reddito e condizioni di vita” rileva che nel 2011 l’indicatore di deprivazione è aumentato di 6,2 punti percentuali raggiungendo il 22,2% e la deprivazione grave è cresciuta dal 6,9 al 11% . Nel 2012 la situazione non è certo migliorata. In particolare, è aumentata la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste , quella di coloro che affermano di non poter permettersi, se lo volessero, un pasto nutrizionalmente adeguato ogni due giorni. La Banca d’Italia rileva che siamo al quinto anno di riduzione del reddito reale . La Caritas parla di una sorta di normalizzazione della povertà , il diffondersi di situazione di povertà estrema che coesistono con una vita apparentemente normale , magari vissuta all’interno di un’abitazione di proprietà e un’area molto estesa di famiglie che comprende situazioni drammatiche insieme a diffuse “normalità impoverite”, famiglie cioè che conducono una vita sostanzialmente normale segnata da ristrettezze oramai consolidate e preoccupazioni costanti per il proprio reddito e 2 con rari episodi di povertà vera e propria. Famiglie che vivono una costante fragilità nelle posizioni sociali raggiunte in una società che appare sempre meno “brillante”, famiglie che per affrontare la crisi costruiscono nuovi equilibri che appaiono, però, molto fragili e con rischi molto elevati per la coesione sociale. Le politiche sociali oggi sembrano oscillare tra un versante assistenzialistico e un versante di semplice erogazione monetaria nei confronti di chi vive condizioni di particolare ed evidente disagio. Assistenzialismo e crescenti fragilità organizzative consolidano un’estesa area di dipendenza dal welfare, un’area estesa di persone che dipendono da concessioni discrezionali, senza diritti da poter far valere, benefici ben individuabili che possono pretendere. Per quest’area estesa di dipendenza dal welfare non si costruisce alcuna prospettiva di sviluppo produttivo, si crea, invece, una situazione di integrazione sociale limitata, di fragilità nelle posizioni raggiunte, che nel breve termine attenua ogni conflittualità sociale ma nel lungo periodo rischia di compromettere seriamente ogni progetto di sviluppo. Le politiche sociali rischiano di diventare per la maggioranza della popolazione, un ambito senza identità e senza consistenza, politiche evanescenti, che frequentemente non danno vantaggi visibili, che in alcuni casi consentono di fronteggiare esigenze emergenti ma difficilmente sono risolutive , modificano o migliorano stabilmente una condizione. Fragilità organizzative, provvedimenti parziali, disponibilità di bilanci incerti, i silenzi, i ritardi fanno ritenere alle famiglie che su molti programmi sociali non si può contare, che è meglio cercare altre soluzioni e riferirsi ad altri soggetti che possono assicurare una risposta sicura e la continuità dell’assistenza. Il sistema delle politiche sociale sta diventando sempre di più un sistema settoriale, privo di legami e progetti tra i vari sistemi di welfare, in particolare la sanità. Spesso gli enti che devono risolvere un problema ritengono di essere autosufficienti pensando di utilizzare solo le risorse pubbliche di cui gli stessi dispongono senza ricercare accordi, sinergie, definire progetti comuni, senza cercare di modificare l’operatività di altri soggetti che con la stessa azione interferiscono. Le politiche sociali risultano profondamente semplificate, ridotte in molti casi a procedure amministrative in cui si verificano esclusivamente i requisiti in termini di redditi e la documentazione sulla gravità di una patologia. In questi anni è cresciuto il peso delle procedure amministrative e sono diminuite contestualmente le aree di intervento nelle quali è necessario operare secondo specifiche competenze professionali. E’ una realtà che come sindacato contrastiamo e cerchiamo di porvi rimedio. La persona non può essere lasciata sola in balia dei suoi problemi ma, soprattutto, occorre creare una rete che la accompagni nella risoluzione di tutte le problematiche partendo da un unico punto 3 di ascolto. Lo scenario negli ultimi vent’anni è profondamente modificato con la ridefinizione della curva anagrafica della nostra società che vede l’aumento degli anziani, la denatalità, l’instabilità familiare ,l’instabilità professionale in tutto il percorso lavorativo, la crescita della popolazione immigrata. Per tutti questi motivi ,la questione centrale dei prossimi anni sarà quella di garantire forme universalistiche di protezione che considerino il welfare non come una mera voce di costo ma come un canale privilegiato per creare valore umano, economico e sociale. Per la pratica applicazione di tutto questo è necessario il dialogo tra tutte le forze sociali, prima fra tutte il sindacato che per questo ha sempre lottato. E per far fronte ai provvedimenti governativi, che hanno introdotto misure e balzelli aggiuntivi, come ticket, addizionali, l’IMU a scapito delle fasce più deboli della popolazione, è importante l’azione del sindacato nei territori attraverso la concertazione sociale per alleggerire gli effetti negativi delle scelte di politica economica. Nella nostra regione , come Organizzazione Sindacale dei Pensionati abbiamo ottenuto, a fronte di specifica richiesta, incontri con l’ANCI (associazione dei comuni) per condividere indirizzi unitari a fronte delle ricadute sui territori del minori gettiti derivanti dai blocchi ai finanziamenti alla sanità e dai tagli dei trasferimenti delle risorse dallo Stato alle Regioni ed ai Comuni. Con l’ANCI e la Federsanità sono stati sottoscritti significativi protocolli in tema di contrattazione sociale. Con l’ANCI , fra gli altri, è stato sottoscritto un protocollo che identifica quale una delle possibili soluzioni al minor gettito da usufruire sul territorio, il recupero della crescente evasione fiscale e la messa a disposizione di tale introito per il welfare. Purtroppo dobbiamo però far rilevare che la poca collaborazione fornita dagli enti locali a tale proposito ha fatto sì che il protocollo, che doveva coinvolgeva anche l’Agenzia delle Entrate, è rimasto lettera morta. I Comuni saranno sempre più il terminale delle richieste dirette dei cittadini e noi, come OO.SS., abbiamo chiesto e chiediamo loro tavoli di concertazione per una condivisione di scelte che siano a favore di chi realmente ha bisogno, scelte che siano concrete e non poste in essere su basi teoriche e non in grado, quindi, di essere concretamente realizzate. Sono passati 12 anni da quando, nel novembre 2000, è stata approvata la Legge 328 sul riordino del Sistema integrato di intervento sui servizi sociali . Il periodo trascorso è abbastanza ampio da consentire un bilancio. Nel 2004, con il cambio alla guida politica della Regione, la legge nazionale ha trovato applicazione sul nostro territorio. Con la Legge Regionale 6/2006 si è cercato di ampliarne la portata introducendo: 4 - strumenti migliorativi sia per il settore sanitario che per quello sociale - riordino del welfare proiettato verso le innumerevoli sfide che una società sempre più complessa richiede - avvio dei Piani di Zona - crescente coinvolgimento della comunità e delle associazioni del volontariato - accessibilità ai servizi per tutti i cittadini - universalità delle cure In tale ambito erano state introdotte, pur tra innumerevoli difficoltà e discussioni, il reddito di cittadinanza ed il fondo per l’autonomia possibile (FAP). Con l’insediamento dell’attuale amministrazione regionale il processo di applicazione pratica che doveva avvenire tramite l’emanazione dei regolamenti attuativi, ha subito una brusca frenata, quando non è stato addirittura messo in discussione. Ricordiamo l’eliminazione del reddito di cittadinanza ( portabandiera del Movimento 5 Stelle che, quindi, non ha inventato niente di nuovo) basata su motivazioni xenofobe e non veritiere sui reali destinatari . La sostituzione di tale reddito con sussidi irrisori e privi di alcun accompagnamento sociale, ha stravolto completamente lo spirito che sottintendeva alla creazione di tale istituto. La stessa linea di abbandono è stata seguita dalla regione per i Piani di Zona, bloccati nel 2009 per una verifica tesa ad apportare miglioramenti applicativi e regolamentati . Solo alla fine del 2011, in materia, sono state dettate nuove linee di indirizzo, codificate in un Regolamento a tutt’oggi non ancora applicativo sull’intero territorio regionale e che non è stato ancora oggetto di confronto con le OO.SS. Null’altro è stato predisposto per il futuro se non un generico invito della Regione ai Comuni e agli ambiti di provvedervi con risorse proprie. Lo stanziamento delle risorse per gli anni 2011/2013, che è stato lo stesso degli anni passati, non è stato certamente positivo per lo sviluppo del welfare territoriale. Non è ben chiaro per noi come si possa rispondere alla sempre più crescente domanda di servizi con risorse sempre più limitate, senza condividerne le possibili soluzioni con gli amministratori locali, sindaci in primis, che per legge sono i responsabili della salute della loro comunità. La contrattazione sul territorio ha coinvolto tutti i livelli della FNP, dalle strutture locali con i segretari delle leghe, alle segreterie territoriali, alla segreteria regionale. Non possiamo non sottolineare lo sforzo e l’impegno profusi dai dirigenti e dai militanti della FNP che hanno portato avanti le istanze unitamente allo SPI e alla UILP. Lo sforzo ha permesso di affrontare una serie di questioni socio sanitarie e di rispondere a richieste 5 di servizi di vario genere. Dobbiamo sottolineare che oggi anche le richieste di servizi sono un problema in quanto, in una realtà familiare non definibile (la famiglia nel senso classico del termine è sempre più rara) le richieste sono le più disparate : c’è chi chiede l’asilo nido, chi il finanziamento, chi il visto di soggiorno per la badante, chi l’apprendistato ,ecc. E’ un welfare che ha perso le proprie connotazioni tradizionali e fatica a trovarne di nuove. Il territorio va articolato attraverso un piano di interventi amministrativi regionali e comunali in cui il sindacato, come conoscitore e portatore di interessi, sia l’interlocutore privilegiato. Il territorio e la famiglia devono essere, oggi ,i punti di riferimento purchè si prenda atto delle modifiche intervenute nel tempo. Oggi, la famiglia , che è stata la grande potenza degli anni ’70 e ’80 ( in quanto soggetto di reddito), perde colpi. Questo accade per motivi interni, perché è diventata sempre più piccola, sempre più differenziata, perché ci sono tantissimi anziani, perché alle persone non autosufficienti o che soffrono di Alzheimer, qualcuno deve pur badare. La famiglia ha debolezze interne ed esterne come quelle di chiedere i servizi per rispondere ai propri bisogni. Ciò la fa diventare oggetto della politica con tutte le conseguenze che ne derivano. Occorre far uscire la famiglia dalla passività oggettiva e farla ridiventare soggetto politico. Questi sono alcuni dei motivi per cui, la FNP e la CISL, hanno dato avvio all’Osservatorio Sociale, uno strumento operativo molto importante con l’obiettivo di conoscere i bisogni e qualificare la concertazione territoriale con un’azione sindacale coordinata tra la nostra categoria e la confederazione. Per far fronte alle nuove necessità e incombenze la segreteria regionale, in questi anni, ha favorito la formazione, la preparazione e l’aggiornamento dei responsabili territoriali di tali attività sia a livello regionale sia attraverso percorsi avviati dal Centro Studi di Firenze. Nel 2009 l’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione aveva presentato il “Libro verde” in cui era evidenziata la volontà di privilegiare le strutture sanitarie ospedaliere a scapito del territorio. L’operare su tale indirizzo, senza peraltro coinvolgere nelle scelte le OO.SS., non ha prodotto risultati positivi ma ha solo congelato una situazione di immobilismo. L’unica conseguenza è che è risultato impossibile dare alla gente risposte alle crescenti richieste provenienti dal territorio ( FAP e case di riposo). L’attuale Giunta di centrodestra ha approvato, il 5 dicembre 2012,la riforma della sanità regionale con la riduzione delle Aziende sanitarie da 6 a 3, con il dimezzamento dei Distretti sanitari che avranno minore autonomia gestionale e saranno , quindi, costretti a diminuire, di molto ,l’offerta di prevenzione sanitaria. 6 La legge toglie inoltre qualsiasi potestà decisionale ai sindaci che non potranno più intervenire su questioni territoriali, prevaricati da un neo centralismo della Regione. Nella stesura di questa legge , che andrà in vigore nel 2014, il sindacato non è stato in alcun modo coinvolto, non vi è stato un serio confronto delle posizioni all’interno dei luoghi deputati. La nostra proposta del 2006, avallata dalla raccolta di un milione di firme, per l’approvazione di una legge che definisca i livelli minimi d’assistenza per le persone non autosufficienti, non ha ancora trovato risposte, né alla Camera né al Senato. Al tema della non autosufficienza è necessariamente collegata quello della residenza assistita, problematica su cui viene applicata da anni una politica governativa di annunci e rinvii. A livello regionale , invece, grazie al nostro impegno, il tema della non autosufficienza non è rimasto lettera morta. Nel 2004, anno delle precedenti elezioni regionali, la FNP, unitamente alle altre organizzazioni di categoria confederali, era riuscita ad ottenere in periodo di campagna elettorale, impegni in merito alla realizzazione di un fondo per la non autosufficienza. Ciò ha portato alla promulgazione della Legge regionale 6/2006 con cui il progetto è stato avviato. Nel 2006 lo stanziamento del fondo regionale per la non autosufficienza è stato pari a € 10 milioni. Il Governo centrale, pur in assenza di una legge specifica ( da noi sempre richiesta) ha erogato negli anni, sul fondo sociale, degli importi a tale titolo in maniera però discontinua e irregolare. Ad esempio: 400 milioni ( per l’intero territorio nazionale)nel 2010, nulla nel 2011 e 2012. Per il 2013 sono stati stanziati, sempre a livello nazionale,270 milioni collegati alla SLA. Nella nostra regione siamo oggi a quota 34 milioni, certamente non sufficienti a coprire l’intero fabbisogno ma comunque un risultato da ritenersi positivo se paragonato alle altre realtà regionali. L’attività della nostra organizzazione in merito continuerà, in primis, con la richiesta di confronto con i candidati alla presidenza della Regione prima delle elezioni di aprile p.v. affinchè vengano, dagli stessi, assunti impegni precisi. L’esito delle elezioni nazionali, recentemente svolte, ci preoccupa come organizzazione sindacale in quanto, di fatto, il Paese sembra essere ingovernabile. L’antipolitica è un fenomeno tutt’altro che originale anche se in Italia è forse più frequente che altrove. Tra alti e bassi, la disaffezione verso i partiti e la politica ha raggiunto l’ apice all’inizio degli anni ’90 con “ Tangentopoli” quando le inchieste della magistratura rivelarono l’esistenza di un sistema basato su corruzione, concussione e finanziamenti illeciti che coinvolgeva imprenditori ed esponenti della classe politica locale e nazionale. Da quella crisi, nonostante i vari tentativi di rigenerazione e di “reinvenzione”, i partiti non si sono 7 più ripresi e, come tante altre istituzioni, hanno continuato a perdere credibilità e legittimazione. Per riacquistarle non è sufficiente una nuova strategia di marketing, come il cambio di nomi e simboli, ma serve un ripensamento profondo, poiché la crisi della politica è vera e radicale e la delegittimazione dei partiti è altrettanto evidente e priva di attenuanti. Astensionismo, disaffezione ,caduta dei partiti tradizionali ci parlano di un grido di sdegno, della volontà della gente di non fornire ulteriore legittimazione a qualcosa in cui non ha più fiducia. Non necessariamente, però, sembra essere venuta meno la passione per la democrazia e il bene comune. Non è la società a ritirarsi dalla politica, sono i partiti che hanno perso la capacità di ascoltarla e di comunicare con essa nonostante al loro interno ci siano anche persone seriamente impegnate. Non a caso la critica fondamentale all’attuale classe politica è di essere diventata autoreferenziale, cioè di portare avanti le proprie istanze e aspirazioni e non quelle della società Il radicamento nella società civile è, infatti, essenziale poiché è da essa che provengono le istanze che i partiti sono chiamati ad interpretare. Ciò che è assente nella politica è la capacità di presentare visioni globali della persona, della società e del mondo. Morte le ideologie è rimasto solo il vuoto che è una cosa ben diversa dall’assenza di qualcosa. Distinzione importante perché parlare di assenza significa almeno avvertire che qualcosa manca. Il problema peggiore si ha quando il bisogno non si avverte più ma subentra l’indifferenza: tutto uguale, tutto irrilevante. Dato comunque per assodato che dei partiti non possiamo fare a meno - in forza del loro ruolo nell’attuale ordinamento, delle buone ragioni di fondo a favore della loro esistenza, o della constatazione storica che la loro eliminazione o il loro indebolimento aprono rapidamente a derive plebiscitarie o populiste, che sono un rimedio peggiore del male, - non significa doversi accontentare di partiti qualunque, purchè ci siano. E’ indispensabile che i partiti ricostruiscano la buona politica attraverso solide argomentazioni offerte da persone credibili, scongiurando i limiti della demagogia anticasta. Un primo fonte di impegno è quello ordinario dell’amministrazione della cosa pubblica, potere praticato che rappresenterà anche la prova del fuoco per il Movimento 5 Stelle che sulla protesta urlata ha costruito il suo successo. Servono delle riforme che, in aggiunta a quella, indispensabile, della legge elettorale, potrebbero aiutare i cittadini a superare la sfiducia diffusa e depressiva nelle possibilità di incidere sulla realtà attraverso le dinamiche della rappresentanza democratica. Parliamo, in particolare, di democraticità interna dei partiti che vincoli il loro funzionamento ed elimini la percezione di un arbitrio sfrenato dei vertici in virtù dell’assenza di ogni controllo e della 8 trasparenza. Gli abusi non possono emergere solo quando arrivano magistratura e forze dell’ordine senza che all’interno nessuno si accorga di nulla. L’attuale situazione è la logica conseguenza dell’immobilismo dei partiti politici tradizionali. Tutte le riforme da tempo invocate dall’opinione pubblica sono state ,per inerzia e convenienza, bloccate dai partiti che, peraltro, non si sono curati di ascoltare le parti sociali di cui il sindacato rappresenta la parte più consistente. Anzi, si parla, nel nuovo che avanza, della loro eliminazione. Affermazione, questa, gratuita e offensiva nei confronti della nostra organizzazione e di noi tutti che quotidianamente lottiamo per una società più civile e più vivibile affrontando i problemi sul campo. Ritengo importante, a questo punto, ribadire l’autonomia assoluta delle nostra Organizzazione rispetto ai partiti politici. La situazione attuale fatta di scandali continui, di gestioni inefficienti , di corruzione ,di spreco nella gestione del denaro pubblico, è segnale della necessità di ricostruzione dalle fondamenta del nostro Paese . E’ sempre più netta e angosciosa la sensazione che l’Italia rischi un vero e proprio sfaldamento delle istituzioni e della società. Per evitare che succeda questo è naturale la ricerca di ciò che può rappresentare la controtendenza di una situazione non più reggibile che, tuttavia, non significa perdita dell’autonomia, autonomia che è il fondamento della nostra organizzazione. Un’Organizzazione che è fatta di militanti, persone che sono disposte ad accollarsi sacrifici e responsabilità a tutela degli associati e dell’organizzazione stessa. Nella CISL già da tempo i pensionati superano numericamente gli attivi. Siamo, quindi, una risorsa non da poco per la società e la Confederazione . E per essa ci spendiamo, collaborando nell’erogazione dei servizi, assicurando una presenza capillare e continua su tutto il territorio, collaborando per l’integrazione degli immigrati, relazionando con le istituzioni, facendo da intermediari tra le autonomie locali e i soggetti bisognosi di aiuto. E’, quindi, logica conseguenza che vi sia una sinergia tra la nostra Federazione e i servizi INAS e CAF, sinergia che spesso vien meno creando nocumento all’intera organizzazione. Come Federazione regionale abbiamo aderito al Progetto FNP INAS nazionale che prevede, ai fini del proselitismo, l’assunzione a tempo determinato di un giovane a disposizione del Patronato (nel caso di specie in supporto all’INAS di Pordenone) ma economicamente a carico nostro. L’esperienza, che si concluderà nell’aprile di quest’anno, ha dato ottimi risultati rispetto all’obiettivo e, pertanto, si ritiene utile ripeterla anche se con una persona diversa. 9 Come segreteria regionale si auspica che l’INAS provveda a non disperdere il patrimonio acquisito dall’operatore soggetto della prima fase del progetto. Va sottolineato che il patronato esiste ed opera a fronte di richieste specifiche. La gente va aiutata non solo nella conoscenza dei propri diritti ma anche nel rendere esigibili gli stessi mediante richieste mirate. Mai come in questo periodo l’azione di proselitismo è divenuta importante. Il blocco delle pensioni non da prospettive dell’entrata di nuovi pensionati e, quindi, è necessario lavorare capillarmente contattando chi è già in pensione. A questo proposito va rilevato che il nuovo governo dovrà avere polso fermo nel varare misure per uscire dalla crisi ma dovrà anche rivedere quanto di sbagliato è stato fatto in tema di pensioni. L’ultima riforma varata, senza peraltro essere preceduta, è bene ricordarlo, da alcuna trattativa sindacale, è stata fatta sulla pelle dei più deboli, dove i soldi si possono recuperare con immediatezza. L’aumento dell’età pensionabile ha penalizzato maggiormente i nati in un determinato periodo e le donne che pagano in maniera doppia, sia come aumento di anni lavorativi sia come diminuzione dell’importo della pensione. Dopo essere stati, per anni, tacciati per quelli che andavano in pensione troppo presto, ora siamo quelli che vanno più tardi di tutti. Quindi, devono essere rivisti i criteri per l’accesso alla pensione e deve essere anche eliminato il blocco sulla rivalutazione delle pensioni superiori tre volte il minimo. Il tetto dovrà essere posto su altri redditi pensionistici a cominciare da quello dei dirigenti per un senso di equità e solidarietà con coloro che non riescono ad arrivare alla fine del mese. La mancata rivalutazione delle pensioni potrà avere anche delle ripercussioni sulle adesioni al sindacato; la cifra del tesseramento è modesta ma, allo stato attuale, è pur una somma che può diventare importante. In ambito regionale registriamo una leggera flessione degli iscritti, pari a circa il 3% dovuta sicuramente, al mancato ricambio generazionale, gap che va sicuramente colmato. Il 70% circa dei lavoratori iscritti quando erano in attività non hanno aderito alla FNP. Dobbiamo lavorare affinchè tutti si rendano conto che, accanto alle rivendicazioni inerenti il lavoro, esistono delle rivendicazioni che riguardano la società nel suo insieme, quella società di cui tutti facciamo parte. La mentalità oggi in voga , secondo cui non serve più né aderire né partecipare all’attività sindacale dal momento in cui si raggiungeva, parlo al passato poiché con le nuove norme, di cui auspichiamo la correzione ,non si raggiunge più, la fatidica pensione, deve essere scalzata. 10 Importante per il proselitismo è anche la formazione degli operatori,attuali e nuovi . In quest’ottica, come segreteria regionale, abbiamo promosso molteplici attività formative sia di carattere prettamente sindacale che tecnico, sia sul territorio che presso il Centro Studi di Firenze. Sono stati tenuti corsi per agenti sociali su tematiche previdenziali e pensionistiche, per operatori di sportello, sul federalismo fiscale, per segretari di lega o componenti di segreteria, per operatori FNP, Coordinamento Donne e ANTEAS. Con dispiacere, comunico che con il 2013 è stata sospesa la pubblicazione della nostra rivista bimestrale “ Conquiste dei Pensionati”. Nel corso delle assemblee delle leghe e territoriali sono state sollevate non poche perplessità a tale proposito. E’ certamente difficile competere con l’web o con la tv, ma l’approfondimento che la rivista consentiva non è certamente paragonabile alla mera quotidianità della notizia. Oltretutto non va sottovalutato il senso di appartenenza che gli iscritti sentivano nel ricevere il giornale nazionale. Valuteremo la possibilità di sopperire in qualche modo a tale mancanza. Ritengo doveroso, a questo punto, soffermarmi sul processo di ristrutturazione in atto all’interno della nostra Confederazione. All’interno della Confederazione e anche della nostra FNP, da tempo ci si interroga se il modello organizzativo, orizzontale e verticale, sia adeguato alla sfida che deriva dal mondo del lavoro e dalla trasformazione della nostra società. L’attuale struttura organizzativa, come tutti sanno, risale agli anni ’70, periodo che ormai sembra preistoria. Da qui, l’esigenza di rivedere se tale struttura rispecchi ancora i bisogni degli iscritti e le nostre peculiarità. Non dobbiamo dimenticare che la CISL è una confederazione di categorie ed è su questa stessa base che va innescato il processo di riorganizzazione. E’ con questa premessa che , come FNP regionale, abbiamo aderito alla richiesta di revisione del nostro assetto. Nella nostra regione, finora, vi è stato un processo di unificazione degli organismi di due province, Gorizia e Trieste. E’ stata una unificazione condivisa ma , come tutti i cambiamenti, non certo facile. 11 Siamo certi, tuttavia, che l’organizzazione ne risentirà positivamente , in termini di vertenzialità e servizi su tutto il territorio. Auspichiamo che un positivo immediato riscontro alla prima unificazione effettuata, faccia sì che la riorganizzazione prosegua e, soprattutto, che sia condivisa da tutte le UST della regione. Come FLP stiamo valutando se le nostre strutture territoriali, le leghe, siano ancora rispondenti alle necessità attuali essendo necessario che le strutture siano simmetriche agli ambiti comunali e socio sanitari di riferimento. Ferma restando la necessità della nostra presenza capillare sul territorio, viene valutata la possibilità di creare la figura del “delegato comunale” come punto di riferimento di ogni iscritto. Una figura sindacale capace di dare risposte ai bisogni reali, di convogliare i cittadini verso i servizi dell’organizzazione e in grado di rappresentare, nell’ambito degli organi della lega, le esigenze del territorio di propria competenza. Chiaramente, il” riassetto” deve essere attuato nell’ottica di un pluralismo sindacale ed organizzativo che tenga conto delle specificità del territorio. E, parlando di territorio , dobbiamo rivolgere un’attenzione particolare all’ANTEAS. La FNP e la CISL riconoscono l’ANTEAS come associazione di volontariato e di promozione sociale favorendone lo sviluppo delle sue attività caratterizzate dalla pratica della solidarietà. Il volontariato ANTEAS è uno strumento che ormai, a distanza di dieci anni dalla sua nascita, è ben radicato sul territorio. Rappresenta uno strumento eccezionale di servizio nei confronti dei più deboli ed è una dimostrazione che gli anziani sono una risorsa per la società. Sono , infatti, soprattutto i pensionati ad essere attivi nella prestazione dei servizi che l’ANTEAS offre. Come FNP abbiamo, nel quadriennio passato, consolidato il ruolo dell’associazione creando le condizioni affinchè anche i giovani si avvicinino e cooperino nell’attività, oltre ad aver provveduto a dotarla di un gruppo dirigente a livello regionale ai fini di una migliore condivisione e trasparenza delle scelte operate . Nel sottolineare il ruolo che l’ANTEAS ricopre nel mondo del volontariato puro, non si può però sottacere delle necessità economiche collegate alla sua crescente attività. L’inserimento di tale associazione tra quelle destinatarie del 5x1000 l’organizzazione, e il CAF in primis, impegnati nella sua promozione. deve vedere tutta Pur riconfermando l’impegno della segreteria regionale a sostenerla sul territorio, auspichiamo che l’associazione si renda economicamente autonoma al fine di incrementare autonomamente la propria progettualità. 12 Con l’inizio del 2013 è stato dato l’avvio anche all’ANTEAS Servizi , che sostituirà l’ETSI. Ci auguriamo che le due forme sociali dell’ANTEAS oltre a convivere riescano ad interagire fornendo così agli iscritti servizi sempre più completi e pregnanti. Un’attenzione particolare va rivolta alle donne. Il cambiamento dello status sociale delle donne avvenuto negli ultimi decenni in Italia e nei Paesi occidentali è una vera e propria trasformazione rivoluzionaria. Abbiamo assistito a modifiche profonde nei loro comportamenti, nelle decisioni riguardo all’istruzione, alla vita familiare, al modo di essere madri, alla presenza nel mondo del lavoro. Questa rivoluzione silenziosa è incompiuta e tutt’ora in atto in diversi ambiti: in famiglia, dove le donne inserite nel mercato del lavoro continuano ad avere carichi di lavoro familiare insostenibili e dove permangono stereotipi molto radicati della divisione dei lavori per genere, in ambito occupazionale, dove molte ottengono ottimi risultati universitari senza prospettive lavorative; nel campo della maternità dove le donne mettono al mondo meno bambini di quanto desiderano. Una rivoluzione, questa, che ora che ha raggiunto la ribalta della scena economica, politica e sociale, ha bisogno di essere accompagnata da alcune condizioni istituzionali, che portano il nome di politiche di conciliazione, volte ad armonizzare tempi di lavoro e familiari di uomini e donne. Il 23 maggio 2012 la Commissione del Senato, durante la discussione sulla riforma del lavoro, ha dato via libera a un ordine del giorno votato all’unanimità, che impegna il Governo a colmare il divario retributivo tra uomini e donne, a parità di funzioni, entro dicembre 2016. Saluteremo con grande soddisfazione quel giorno in cui in Italia, come già in essere in altri Stati, avremo raggiunta la parità anche in quel settore. Non dobbiamo dimenticare, però, che alla base di tutto ci deve essere l’autodeterminazione della donna che, nell’ultimo periodo, è sempre più in pericolo. Mi riferisco ai femminicidi che nel nostro Paese e nel mondo intero sono all’ordine del giorno e che come organizzazione sindacale dobbiamo reprimere e condannare con forza. Nella FNP le donne occupano un ruolo importante e significativo. E’ stato deliberato, ed attuato a tutti i livelli, che la presenza femminile deve essere pari al 30% in tutti gli organismi diretti. L’attuazione di tale scelta comporterà , di conseguenza, il rafforzamento del coordinamento donne che svolge un’importante attività di promozione e di sensibilizzazione su tutto il territorio. Il rapporto intergenerazionale tra anziani e giovani ha risentito, nel corso degli ultimi anni, di alcuni mutamenti globali che hanno interessato la famiglia e, più in generale, la società nel suo complesso. 13 Il sindacato, e specificatamente il nostro sindacato, è stato il primo a proporre una profonda riflessione su cosa significa e cosa comporta l’invecchiamento della popolazione senza che a tale invecchiamento corrisponda una natalità sufficiente al mantenimento dell’equilibrio sociale. Si deve riconoscere che , nonostante il nostro grido di allarme, niente è stato fatto per cercare di incentivare economicamente la natalità. Il cambiamento demografico dovrà portare inevitabilmente a una nuova valutazione e alla rielaborazione di alcune politiche economiche e sociali all’interno della società. Dare la possibilità e gli strumenti alle persone anziane per invecchiare in buona salute e per contribuire più attivamente al mercato del lavoro e alle loro comunità ci aiuterà a far fronte alla sfida demografica in modo che sia equo e sostenibile per tutte le generazioni. La sfida per i responsabili politici e tutte le parti interessate è migliorare la possibilità di invecchiare restando attivi e di condurre una vita autonoma intervenendo positivamente in tutti i settori: lavoro, assistenza sanitaria, servizi sociali, volontariato, ecc. Il prolungamento della vita media, il miglioramento delle condizioni di salute e una migliore qualità della vita, consentono agli anziani, già oggi, di condurre una partecipazione più attiva alla vita dei giovani. Inoltre la sempre più crescente tendenza di questi ultimi ad allungare la propria permanenza in seno alla famiglia di origine, ha modificato la qualità della relazione in esame sotto molteplici aspetti. Il 2012 è stato l’Anno Europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni, un’occasione per cogliere le opportunità che ne derivano. In quest’ottica la FNP nazionale ha promosso il primo festival delle generazioni che si è tenuto a Firenze nel mese di ottobre dello scorso anno. La FNP, in virtù del suo innato carattere confederale, rappresentando una realtà aperta alla solidarietà concreta e all’accettazione, ha avvertito una necessità di incontro e di relazione proprio con la componente giovanile, ed ha, di conseguenza, promosso questo festival, destinato a rinnovarsi ogni anno, per un incontro di generazioni in difficoltà di fronte alle domande di un mondo che cambia. L’idea è maturata nella convinzione di stimolare l’avverarsi di un flusso relazionale fra anziani e giovani, inteso come dono reciproco, come pegno di solidarietà, da cui nasce il senso di condivisione delle responsabilità. Coinvolgere i giovani nelle fasi iniziali è necessario per ottenere l’ispirazione reciproca e per aumentare la consapevolezza dell’interdipendenza tra le generazioni, ad esempio, in termini di sistemi pensionistici. In quest’ottica la FNP regionale ha istituito , già nel 2007, un premio di laurea, rivolta a studenti dell’Università di Trieste e di Udine, per la migliore tesi che affronta la materia dell’assistenza agli anziani . 14 Rappresenta , questo, la concreta testimonianza dell’attenzione della FNP regionale ad incentivare i giovani ad interessarsi al modo degli anziani. Ritengo doveroso e necessario, a questo punto, riproporre il tema del potere d’acquisto delle nostre pensioni. Dal 1992 le pensioni hanno perso più del 30% del potere di acquisto. Il continuo aumento del costo della vita, della sanità, dei servizi, dei prezzi e delle tariffe nonché l’elevata pressione fiscale e l’ assenza di un meccanismo di rivalutazione hanno generato l’attuale situazione di sempre maggior povertà. Se si aggiunge che negli ultimi due anni è stata bloccata anche l’indicizzazione ISTAT che, seppur inconsistente, qualcosa era, la situazione non appare delle migliori. La natura di retribuzione differita delle pensioni deve ( come peraltro ribadito dalla Corte Costituzionale che si è pronunciata in merito all’applicazione del Decreto legislativo 503/92) assicurare al pensionato ed alla sua famiglia un’esistenza dignitosa in quanto ne costituisce l’unica fonte di reddito. E’ evidente che l’allungamento della vita dei cittadini e la conseguente estensione del periodo di godimento della prestazione previdenziale, rende non più procrastinabile l’esigenza di porre concretamente mano al problema. Rivendichiamo, pertanto, a gran voce, il ripristino della indicizzazione per tutte le pensioni e la salvaguardia del potere di acquisto delle stesse attraverso l’applicazione del meccanismo IPCA (indice prezzi al consumo armonizzato), già in essere per i salari e le retribuzioni, in sostituzione di quello attuale che prende a riferimento il paniere ISTAT desensibilizzato dalle voci per noi più significative. La CISL deve essere portavoce delle nostre istanze mettendole al primo posto nella scala delle priorità. Rappresentiamo, al suo interno, una forza talmente significativa da non poter rimanere inascoltata. Avviandomi alla conclusione di questa relazione, che ha cercato di affrontare quelli che sono, per la FNP regionale i principali nodi da sciogliere , senza tuttavia avere la pretesa di averli toccati tutti, vorrei sottolineare che l’assise odierna conclude un positivo percorso avvenuto sull’intero territorio, iniziato con i congressi delle leghe e continuato con quelli territoriali. Le relazioni e i documenti conclusivi di tutti i congressi in cui ognuno ha espresso le proprie priorità dovranno, unitamente al documento conclusivo dei lavori di queste giornate, costituire la base su cui operare nel prossimo quadriennio. Solo una condivisione delle problematiche emerse su tutto il territorio e un fattivo confronto sulle stesse creerà quella coesione indispensabile per un’operatività incisiva e positiva per i nostri iscritti. Il quadriennio passato ha visto La FNP territoriale e regionale lavorare in sinergia sia con la 15 Confederazione sia con il sindacato di categoria dei lavoratori pubblici ( il cui apporto è indispensabile sul territorio). Auspico che tale collaborazione prosegua e venga incentivata. Consentitemi, a questo punto, di porgere un sincero ringraziamento a coloro che hanno contribuito, con il loro impegno alla crescita della nostra federazione, e che lasciano l’incarico favorendo così il ricambio all’interno dell’organizzazione. Grazie, quindi, a Lucia Andreoli e Giulio Greatti per il lavoro che hanno svolto e la passione con cui hanno operato. Sindacalisti che hanno sempre supportato la segreteria regionale con validi suggerimenti rendendosi disponibili alla collaborazione, senza mai rinunciare al rigore delle loro posizioni, lavorando affinchè le istanze sindacali portate avanti lo fossero sempre nell’interesse di chi noi siamo chiamati a rappresentare. E di questo sono loro sinceramente grato. Rimanendo in tema di ringraziamenti, come è abitudine alla fine di ogni mandato congressuale, un grazie particolare allo staff tecnico e operativo della segreteria. Giuseppina e Corinna sono collaboratrici preziose, che svolgono il proprio lavoro con competenza e professionalità ma soprattutto con un senso di appartenenza alla nostra organizzazione. Sottolineo il sentito senso di appartenenza in quanto, nella mia lunga esperienza sindacale, non sempre l’ho trovata. Un grazie al collegio dei revisori dei conti per i suggerimenti fatti e le istruzioni date perchè la contabilità venga tenuta nel pieno rispetto delle norme fiscali vigenti. Ricordiamo, in particolare, l’amico Ezio Tomadini che ha svolto, con passione e impegno, questo incarico per due mandati. Gli auguro una pronta guarigione che gli consenta un rientro fattivo nelle nostre file. Un grazie a tutti e un augurio che la nostra organizzazione possa continuare a crescere al fine di poter rappresentare e dare voce a chi voce non ce l’ha. Il Segretario Generale Regionale Gianfranco Valenta 16 17