Cardiologia Prof. Lucente 30/03/07 Ore 14.00-16.00 Anamnesi ed esame obiettivo del paziente cardiopatico L’approccio al paziente cardiopatico comincia con l’anamnesi. La raccolta anamnestica richiede un rapporto personale col paziente. Il medico, infatti, deve gradualmente stabilire quell’empatia che fa sì che il paziente si rivolga a lui in maniera fiduciosa e convinta. L’anamnesi è quindi il primo passo per raggiungere questo rapporto empatico che consente al medico di arrivare alla diagnosi, alla prognosi e alla terapia. Un’anamnesi approfondita è fondamentale per le malattie cardiovascolari, e non è sostituibile “ex abrupto” da tutte le indagini diagnostiche che abbiamo a disposizione. Ci sono tanti tests diagnostici che possono essere utilizzati e che sono costosi e spesso inefficaci. L’anamnesi familiare viene generalmente trascurata, ma è molto importante perché molte volte si ritrova una certa familiarità nelle cardiopatie. In particolare la coronaropatia, l’ipertensione arteriosa, l’esistenza di una valvola aortica tricuspide (pur essendo un’anomalia congenita abbastanza banale, nell’età più avanzata può acquisire grande importanza). In genere le cardiomiopatie hanno una caratteristica familiarità che va indagata, riconosciuta e quindi chiesta ai pazienti. Il prolasso della valvola mitrale è un altro reperto facilmente riscontrabile nelle famiglie di pazienti che hanno questa anomalia. Tutte queste condizioni hanno una base ereditaria, nel senso che si eredita una predisposizione alla malattia che l’ambiente e le circostanze possono slatentizzare ed evidenziare in maniera più chiara. I sintomi principali della cardiologia Dolore Dispnea Tachicardia Astenia/Facile affaticabilità: è uno dei motivi più frequenti per cui il paziente si rivolge al medico; Palpitazione: la percezione del paziente del battito cardiaco, che può essere più o meno irregolare e che ci orienta verso le aritmie; Lipotimìa Pre-sincope Sincope Bisogna chiedere esplicitamente al paziente: ha dolore? Ha dispnea? Si sente stanco/si affatica? Soffre di palpitazioni? Ha capogiri? Vertigini? È svenuto? Dolore Ischemico Pericardico Atipico Il dolore cardiaco non è soltanto infartuale, ci sono anche quello pericardico e quello atipico. Quest’ultimo tipo è quello per il quale molto spesso le persone si rivolgono al cardiologo perché hanno dei sintomi dolorosi non ben definiti, non rispondono alle caratteristiche tipiche del dolore ischemico o pericardico ma che risvegliano l’ansietà, la preoccupazione del paziente. Ognuno di questi dolori è caratteristico (soprattutto i primi 2 sono ben delineati), anche se spesso si sovrappongono ad altre patologie che hanno caratteri, qualità, localizzazione, gravità diversi e allo stesso tempo simili. Il dolore cardiaco si trasmette alla corteccia cerebrale attraverso le fibre neurovegetative del sistema simpatico; essendo una sensibilità propriocettiva, non ha una specifica localizzazione. Quando noi ci ustioniamo sappiamo benissimo in quale parte del nostro corpo è avvenuta la lesione. Nei casi di dolore viscerale, invece, il segnale viene filtrato dal sistema reticolare e “spruzzato” alla corteccia cerebrale in maniera più generica (non c’è un punto preciso in cui il dolore si manifesta). Però è anche vero che, nel caso del cuore, c’è un’area di localizzazione e soprattutto c’è una tipica proiezione alla periferia, che va dall’orecchio fino all’ombelico. Notoriamente l’infartuato lamenta dolore al braccio sinistro, perché il dolore viscerale viene proiettato su queste aree contigue. Il dolore toracico extra-cardiaco è sempre di origine cardiovascolare, e può nascere da: Grossi vasi: nella dissecazione dell’aorta, una grave condizione che mette in pericolo la vita del paziente, esiste un dolore toracico (“cardiaco” in senso lato) che è appunto generato dall’aorta. Embolia polmonare: l’occlusione dell’arteria polmonare (o dei suoi rami) comporta una sintomatologia dolorosa molto aspecifica, ma particolare. Dolore ischemico cardiaco (definizione) “Il dolore dell’ischemia cardiaca è l’oppressione, costrizione, peso retro-sternale o precordiale che è rappresentato da un pugno al centro del torace”. Molte volte i pazienti indicano un dolore alla punta del cuore che non necessariamente ha un significato ischemico. Il dolore dell’ischemia miocardica ha un’irradiazione caratteristica nel territorio dei nervi cervicali inferiori, quindi va dal collo alla mandibola (mal di denti); più spesso alla spalla e al braccio sinistro lungo il versante ulnare. A tutto questo si aggiunge una risposta neurovegetativa rappresentata da nausea, vomito, sudorazione fredda (dovuta a una vasocostrizione periferica reattiva). Infine, cosa importantissima che può avvenire quando questi pazienti stanno passando da una situazione solamente ischemica all’infarto vero e proprio, la sensazione di morte imminente, estremamente sgradevole. Il dolore ischemico, quindi, non può essere confuso con altri dolori e ha una caratteristica molto “temporale”. Per esempio, nell’aterosclerosi coronarica (che è la condizione più frequente) il dolore dell’ischemia è correlato agli sforzi fisici. Il dolore nell’infarto, a differenza della situazione precedente, spesso è una manifestazione del tutto nuova, improvvisa, che avviene senza prodromi e in condizione di riposo, tante volte di notte. Ci sono studi che hanno dimostrato come l’infarto (e anche l’ischemia) ha una sua caratterizzazione circadiana, con una massima espressione nelle prime ore del mattino. Spesso le persone sono colte da infarto acuto verso le 4-5 del mattino e, se (classicamente) l’evento anticipa di qualche ora, trovano la morte improvvisa durante il sonno, oppure al risveglio stanno così male che vanno al pronto soccorso. Un’altra manifestazione del dolore da ischemia è quella dovuta allo spasmo arterioso per restringimento dinamico delle coronarie (angina variante o di Printzmetal). Questa presenta una caratteristica elettrocardiografica invertita: se l’ischemia si manifesta con una depressione del tratto S-T dell’ECG, questa forma presenta un sovraslivellamento del tratto S-T che simula la fase acuta dell’infarto, con la differenza che questa forma di ischemia è transitoria (si presenta, ha una sua massima evoluzione e poi scompare), mentre nel soggetto infartuato si ha l’evoluzione verso la necrosi. Questo tipo di dolore compare soprattutto a riposo o di notte. Una cosa fondamentale è la durata del dolore ischemico. Dura 10-20 min, non può essere un dolore che dura ore o un’intera giornata. Quando il paziente viene a dire che ha un dolore che dura da tanto tempo, non necessariamente si tratta di un dolore anginoso, o perlomeno bisogna fargli discriminare la fase in cui è più intensa e violenta (della durata di qualche min) dal momento in cui c’è il ricordo psicologico della sintomatologia provata e che viene mantenuto, oppure quando non ha nessuna attinenza con il cuore e l’ischemia. Dolore pericardico (definizione) “È dovuto all’infiammazione del pericardio parietale, ha un carattere lancinante, urente o tagliente, non è così tenebrante come quello dell’ischemia”. A differenza del dolore ischemico è peggiorato dalla tosse, dalla deglutizione, dal respiro profondo o dalla posizione clinostatica. Un soggetto con pericardite non riesce a stare disteso a letto, infatti assume una posizione semiseduta o inclinato in avanti. Rispetto a quello ischemico è meno variabile per caratteristiche, sede e irradiazione. È un dolore precordiale che non va al braccio sinistro, non va necessariamente alla mandibola…può persistere per diversi giorni e soprattutto, rispetto a quello ischemico, non è sensibile alla somministrazione di nitroglicerina, il farmaco d’elezione per risolvere gli spasmi coronarici nelle fasi acute di ischemia miocardica. Dolore toracico atipico (definizione) “Ha carattere lancinante, urente, è variabile per localizzazione e intensità tra un episodio e l’altro. Ha una durata estremamente breve (pochi secondi,) o viceversa molto prolungata (molte ore o giorni)”. Questo dolore può essere riferito al cuore oppure no; può essere dovuto a un’irritazione dei nervi costali, può essere dovuto a condizioni diaframmatiche, ma in alcuni casi questi soggetti possono avere un prolasso della valvola mitrale. È una condizione molto frequente, non necessariamente grave (lo è solo nei casi più avanzati o più seri), nella maggior parte dei casi è un reperto asintomatico. Non sappiamo bene se questo dolore atipico dei soggetti con prolasso della mitrale è corrrelato ad esso oppure se è un epifenomeno. Il dolore toracico atipico è comune anche in assenza di prolasso. Il dolore toracico si osserva anche nelle tachiaritmie atriali isolate senza significativa cardiopatia di base. Uno può avere una semplice tachicardia dovuta a emozione, stimolazione adrenergica, eccesso di tiroxina, e avvertire questa sensazione dolorosa; è una esaltazione della sensazione propriocettiva. Una condizione di dolore toracico è la dissezione dell’aorta, patologia di particolare gravità che non va dimenticata. Il dolore è molto intenso, ha un carattere di rottura o di lacerazione, insorge con una sensazione di pugnalata, di trafittura violenta e improvvisa che coglie il soggetto in momenti di vita assolutamente normali. È un processo nel quale, per varie ragioni, l’intima dell’aorta si lacera e comincia la dissecazione. Spesso si verifica un periodo silente di ore o giorni: il paziente prima sente questo dolore violento, poi si attenua, perché la dissezione è cominciata e prosegue, ma la circolazione avviene ancora nel vero lume aortico e quindi non insorgono ancora problemi. Il dolore in seguito riprende perché la dissezione (che è partita, per esempio, dall’arco aortico) comincia a scavare, a diffondersi distalmente e a occludere, per esempio, le succlavie o le carotidi o addirittura può coinvolgere gli osti coronarici. La localizzazione è tipicamente al centro del torace, ma si irradia al dorso o al collo; questo perché l’aorta discendente, quando coinvolta, dà dolore anche dorsale; allo stesso modo le arterie carotidi danno dolore irradiato al collo. Questi soggetti non trovano pace perché il dolore non è influenzato dalla posizione. Se l’ematoma intravascolare aortico rompe le invaginazioni che avvolgono il cuore, il sangue irrompe nel pericardio; qui è il versamento emorragico nel pericardio a dare dolore e solo in questo caso può essere attenuato dalla posizione seduta o inclinata in avanti (tipico delle pericarditi). Se la dissecazione coinvolge gli osti coronarici (a livello del bulbo aortico) si sovrappongono i sintomi da ischemia miocardica (o addirittura da infarto vero e proprio), con conseguente tipico dolore anginoso. In questi casi la situazione è talmente grave per cui bisogna stare molto attenti, perché è un fenomeno difficilmente identificabile. È chiaro che facendo ECG, rispetto a un battito cardiaco normale ci si accorge che si sta verificando un infarto. Embolia polmonare Anche questa è una condizione molto grave in cui c’è il dolore toracico. È un dolore pleurico se l’infarto del polmone va verso la pleura (comporta pleurite). Ha gli stessi caratteri del dolore anginoso se c’è un’ischemia del ventricolo destro secondaria all’ipertensione polmonare. Quando c’è il sospetto dell’embolia polmonare? Un soggetto operato recentemente (soprattutto nella chirurgia addominale) o che abbia una tromboflebite dovuta al fatto che è stato a lungo allettato. Quest’ultima è una eventualità meno frequente, ma va sempre considerata soprattutto per gli anziani i quali, allettati per vari ragioni, possono sviluppare un’embolia polmonare e avere un dolore toracico dovuto ad essa. Dispnea (definizione) “La percezione di un respiro fastidioso, difficoltoso o affannoso”. È dovuta all’edema delle pareti bronchiali e alla rigidità del polmone che per l’edema parenchimale o alveolare interferisce con il flusso dell’aria. Può risultare per una inadeguata gittata cardiaca (rispetto alle esigenze metaboliche dell’organismo), e quindi verificarsi anche in assenza di edema polmonare. Più si aggrava la dispnea, più rapidamente si va verso il cedimento della pompa cardiaca. La ripercussione sul circolo polmonare è grave perché si ha il superamento dei limiti pressori che fanno sì che il liquido extracellulare si riversi negli alveoli e ostacoli la funzione respiratoria. La dispnea cardiaca notoriamente peggiora con lo sforzo e si risolve con il riposo: il paziente cardiopatico si ferma perché gli viene l’affanno. La dispnea può essere più intensa in clinostatismo (con il paziente a letto), infatti i pazienti cardiopatici sono allettati con molti cuscini perché la posizione semiseduta è quella che favorisce meglio il movimento dei polmoni, il movimento toracico e quindi la ventilazione polmonare; si attenua anche stando in piedi, quindi con l’ortopnea. La dispnea parossistica notturna si verifica nei pazienti cardiopatici gravemente ammalati, è causata dalla posizione clinostatica, è causa di risvegli durante la notte e migliora in posizione seduta. Questa è una caratteristica tipica dei cardiopatici di lunga durata, che finiscono per dormire in poltrona senza riuscire più a stare sdraiati a letto. La dispnea causata da edema bronchiale si associa a sibili respiratori dovuti alla restrizione del flusso d’aria; c’è questo espettorato schiumoso, a volte striato di sangue, che è caratteristico dell’edema polmonare. Nell’insufficienza cardiaca congestizia si associa una tosse secca legata all’edema bronchiolare e dovuta all’aumentata rigidità dei polmoni. Una particolarità è che in una piccola percentuale di soggetti la tosse è provocata da farmaci (gli ACE-inibitori). La dispnea è dovuta a un’inadeguata gittata cardiata, non è influenzata dal decubito e varia con lo sforzo. Si associa sempre ad astenia e facile affaticabilità. Nella stenosi mitralica si associano dispnea, dovuta alla riduzione della gittata cardiaca dopo uno sforzo, e alla congestione polmonare perché la valvola polmonare ostacola lo svuotamento del circolo polmonare. In qualsiasi cardiopatia compaia, la dispnea ha un significato prognostico sfavorevole. Esiste infatti una classificazione funzionale (vecchia ormai di 40 anni) della New York Heart Association che si basa sui livelli di dispnea. Anche l’astenia e l’affaticabilità sono la diretta conseguenza dell’inadeguata gittata cardiaca rispetto alle richieste metaboliche dell’organismo, sono inizialmente da sforzo e poi anche a riposo; questo perché la capacità di ripristinare le condizioni di efficienza fisica nei momenti di sonno/riposo viene progressivamente perduta. Nelle cardiopatie congenite l’astenia e l’affaticabilità spesso non sono riconosciuti dai pazienti (soprattutto i ragazzi e i bambini) perché sono ormai “abituati” alla loro condizione e non fanno nessuno sforzo che possa provocar loro qualche sintomo, quindi stanno bene solo se stanno a letto, seduti, fermi… questa limitazione la capiscono solo dopo la correzione della cardiopatia, perché scoprono di poter fare cose che prima non immaginavano neanche di fare. Palpitazione (cardiopalma) È la percezione dell’attività cardiaca del paziente. Bisogna valutare la frequenza e il ritmo della palpitazione per differenziare le palpitazioni fisiologiche da quelle patologiche. Le extrasistoli possono essere originari degli atri o dei ventricoli e si manifestano come battiti mancanti soggettivi e anche obiettivi, perché andando a sentire il polso o auscultando il cuore del paziente ci si accorge che c’è un’interruzione del ritmo cardiaco regolare. La fibrillazione atriale si manifesta sia clinicamente che elettrocardiograficamente con una completa irregolarità del battito cardiaco; non c’è una relazione tra un battito e l’altro. Nelle tachicardie dobbiamo distinguere le forme sopraventricolari o anche ventricolari. Soggettivamente sono percepite come rapide e irregolari; hanno però la caratteristica di iniziare e finire improvvisamente. Una tachicardia parossistica sopraventricolare compare e scompare con la stessa rapidità. Una particolare forma di tachicardia sopraventricolare è la tachicardia atriale, che è seguita dalla minzione (poliuria pallida) perché aumenta la produzione del fattore natriuretico atriale. C’è una percezione soggettiva dell’attività cardiaca; il sistema neurovegetativo controlla l’attività cardiaca, infatti nei soggetti ansiosi la percezione delle funzioni corporee è anormalmente intensa e patologica. Nei soggetti sani questa (percezione) è normale durante l’esercizio fisico. Cardiopalma associato ad aritmia è tipico dell’insufficienza della valvola aortica e della tireotossicosi. Contemporaneamente c’è la sensazione del cardiopalma del paziente e un battito irregolare (o comunque veloce). La palpitazione associata al dolore toracico si verifica esclusivamente nella cardiopatia ischemica. La tachicardia, dal punto di vista funzionale, è poco utile perché riduce il flusso coronarico durante la diastole e quindi (riduce) la fase in cui avviene la perfusione del letto coronarico. Lipotinia – Pre-sincope – Sincope (definizione) “Improvvisa perdita di conoscenza di breve durata con la perdita del tono posturale”. Questo si verifica nelle cardiopatie o nelle gravi aritmie che riducono in maniera significativa e improvvisa la gittata cardiaca. Sincope da sforzo Si verifica frequentemente nella stenosi aortica o nella cardiomiopatia ipertrofica, nella tachicardia ventricolare (sono le aritmie più gravi perché possono causare morte improvvisa). Si può verificare nelle gravi bradicardie o nella asistolia (sincope di Stokes-Adams: sincope da blocco cardiaco). Nei pazienti con malattia coronarica, miocardite, cardiomiopatia o aritmie ventricolari note, la comparsa della sincope è un segno prognostico negativo. Sincope da trombi intracardiaci I trombi intra-cardiaci (trombi a palla) si generano all’interno degli atri o dei ventricoli e interrompono in maniera intermittente il flusso dei sangue. Questa evenienza non è affatto rara, anzi, è stata spesso osservata negli ultimi 30 anni perché con lo studio del cuore mediante ultrasuoni con l’ecocardiografia si è visto quanto frequente sia il formarsi di trombi nell’atrio e nel ventricolo sinistro in relazione a malattie della valvola mitrale o a malattie del muscolo cardiaco, zone infartuate… In un soggetto che ha delle sincopi, se ha una storia specifica di valvulopatia o di infarto, si deve sospettare la presenza di un trombo intracardiaco. Cause benigne di sincope Ipotensione ortostatica (più comune): la possiamo provocare con un test (Tilt test), che consiste nel mettere un soggetto in piedi per un tempo sufficientemente lungo per riprodurre la sincope. Il test può essere potenziato da farmaci quali la nitroglicerina, che dà una caduta della resistenza vascolare periferica e consente di precisare meglio le caratteristiche della sincope del soggetto. Sincope vaso-vagale: capita spesso nei soggetti sani dopo aver fatto una prova da sforzo massimale, cioè dopo aver “spremuto” tutta l’adrenalina che hanno nel loro corpo; alla fine della prova c’è un rimbalzo vagale con conseguente caduta pressoria, improvvisa riduzione della frequenza cardiaca (e quindi sincope), perché c’è la briglia vagale che prende il sopravvento su quella simpatica (che ormai ha esaurito tutta la sua tensione durante la prova da sforzo). Bisogna distinguere la sincope dalla crisi epilettica. Nella crisi epilettica non ci sono soltanto le contrazioni tonico-cloniche, ma anche manifestazioni quali la sospensione della coscienza, l’aura..; nel momento in cui si ha la perdita del tono muscolare il soggetto cade, e questo può simulare la lipotimia. È anche vero che l’episodio sincopale si può verificare per ipossia cerebrale durante l’attacco epilettico (anche se in questo caso è un’implicazione che deve essere nota nella storia del paziente). Esame obiettivo Sono dati fondamentali che spesso non vengono compilati nelle cartelle cliniche: Altezza e peso corporeo: questo è un dato che molti ignorano completamente, invece sono importanti sia per avere un po’ di mass-index, ma soprattutto perché ci permettono nella fase diagnostica di cardiologia di sapere a quale livello di sforzo possiamo sottoporre questi pazienti e qual è il livello per quel soggetto che ha quella determinata costituzione. È importante definire l’abito costituzionale e la facies. Esiste una scienza che è la costituzionalistica che descrive la caratteristica fisica degli individui. Parametri vitali: o Pressione arteriosa o Frequenza cardiaca o Frequenza respiratoria: ci permette di definire le apnee da una parte, la dispnea dall’altra, la tachipnea.. o Temperatura corporea Questi parametri sono tenuti in considerazione specialmente nelle terapie intensive. Nell’esame obiettivo la prima cosa che facciamo è la palpazione del polso. I medici del 1700 e del 1800 non avevano altra maniera di visitare i pazienti che palpare il polso. C’era, infatti, una vera arte, molto raffinata, in cui il medico si esercitava fino a saper distinguere tutte le caratteristiche del polso..oggi ovviamente le tecnologie hanno fatto scemare l’importanza di questo rilievo. Bisogna fare: Ispezione Palpazione Auscultazione dei polsi arteriosi periferici delle: o braccia o gambe Di questi dobbiamo controllare la: simmetria elasticità Un polso in rapida ascesa e discesa (collasso) è dovuto ad un’elevata velocità di flusso ed è patognomonico degli shunt artero-venosi e dell’insufficienza aortica. Al giorno d’oggi a questa diagnosi si arriva attraverso l’Ecocardiogramma, il cateterismo, la coronarografia.. Auscultazione dei ronzii venosi Polsi carotidei Vanno ispezionati, palpati e auscultati da ambo i lati. Sono importanti nell’anziano con ipertensione arteriosa, l’aterosclerosi determina rigidità dei vasi che maschera rilievi obiettivi caratteristici; in molti casi l’esame obiettivo delle carotidi può essere difficile o impossibile da interpretare. È questa la ragione della diffusione in questi ultimi anni degli esami doppler vasali, in particolare delle carotidi, che danno informazioni specifiche sulle condizioni del lume carotideo e delle placche ateromasiche, che hanno una corrispondenza anche piuttosto stretta con gli ateromi delle coronariche e delle arterie cerebrali. Quanto più è grave e diffusa l’aterosclerosi delle carotidi tanto più è probabile che ci sia una analoga e seria aterosclerosi delle arterie intracraniche e coronarie. Un’altra particolarità è che nel bambino il polso carotideo può anche essere normale anche quando c’è una stenosi aortica grave (che diagnostichiamo con la visita del cuore), perché le arterie non si sono ancora adattate alla situazione di valvulopatia. Le caratteristiche del polso carotideo che ci fanno pensare alla patologia sono: Caratteri del polso Possibili patologie Ipertensione stati ipermetabolici (ipertiroidismo), patologie accompagnate da una rapida salita e brusca discesa Ampio e schioccante dell’onda sfigmica come si verifica nel o dotto arterioso pervio o insufficienza aortica (polso di Corrigan o polso a martello pneumatico) Volume e ampiezza ridotte con un Ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro picco ritardato (stenosi sub-aortiche sia membranose che muscolari) Bifido con rapida fase Cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva ascendente* Bifido Stenosi e insufficienza aortica combinate Ampiezza ridotta Stenosi carotidee dovute ad aterosclerosi** monolateralmente o bilateralmente * Esaminando la forma d’onda del polso carotideo si nota un indice iniziale puntato in alto e l’incisura dicrota che sta nella parte terminale della fase discendente. ** In questi casi si ausculta il soffio sistolico (soffio vascolare generato dall’ostruzione dell’arteria) Anche le vene del collo sono importanti: Giugulare interna: dà un’analisi della pressione venosa e della forma delle onde venose, perché rispecchia meglio la pressione endocavitaria dell’atrio destro. Giugulare esterna: ci dà informazioni sull’ampiezza delle onde venose Il paziente va esaminato in decubito inclinato a 45° perché in questa condizione la colonna venosa è proprio al di sopra della clavicola (nel soggetto normale). La pressione applicata sull’addome alza fisiologicamente la colonna venosa al di sopra della clavicola, quindi noi vediamo riempirsi le vene del collo (viene definito reflusso epato-giugulare). Nei soggetti patologici la situazione persiste. Forma d’onda normale del polso giugulare L’onda c è dovuta all’impulso carotideo che è trasmesso ma non si osserva frequentemente. Questa immagine deve rimanere nella vostra cultura generale, anche se oggi è si fa l’esame doppler vascolare (delle carotidi e delle vene del collo) che ci presenta in modo differente il fenomeno. Ronzii venosi Non sono frequenti, però vanno tenuti in considerazione nel quadro complessivo. Sono rumori continui, che si percepisce meglio in posizione seduta o in piedi e scompare con la compressione della vena giugulare interna omolaterale. Ispezione e palpazione del torace Vanno definite alcune caratteristiche anatomiche: Pectus excavatum Torace carenato Sono 2 condizioni estreme, ma non così insolite. Tante volte queste caratteristiche del torace spiegano alcune anomalie che, non conoscendo fisicamente il paziente, possono indurci in errore. Esempio: soggetto con elettrocardiogramma che evidenziava un disturbo della condizione destro, ovvero un blocco incompleto della branca destra; la causa di questa anomalia elettrica era proprio la presenza dell’appiattimento e incassamento dello sterno verso l’interno del torace, spostando il cuore al suo interno, evidenzia queste caratteristiche tipiche. Il torace carenato è una condizione spesso legata al rachitismo (che oggi non osserviamo più come in passato) che causa conseguenze sia respiratorie che cardiache. Nell’ispezione e la palpazione del torace è importante l’itto della punta, legato all’impulso del ventricolo sinistro sul torace, ma anche all’impulso del ventricolo destro. L’impulso del ventricolo sinistro si trova nell’emitorace di sinistra, al IV-V spazio intercostale, si può osservare nei soggetti magri. Nella maggior parte dei casi non è visibile ma percepibile con la palpazione. La presenza di masse pulsanti: è soprattutto riferito agli aneurismi sifilitici (un tempo molto frequenti) che usurando le coste del torace si potevano vedere, palpare e auscultare. Fremiti I fremiti sono rumori che possiamo percepire con la palpazione nei casi in cui c’è un flusso vascolare turbolento (che genera il soffio all’auscultazione e il fremito alla palpazione). Classico esempio è il fremito vocale tattile. Fremiti rilevabili alla palpazione del torace e patologie associate ad essi Sede del fremito Patologia associata Fremito sistolico alla base del cuore, Stenosi valvolare aortica a livello del II spazio intercostale a destra dello sterno Fremito sistolico all’apice Insufficienza mitralica A livello del II spazio intercostale a Stenosi valvolare polmonare sinistra dello sterno A livello del IVspazio intercostale Piccolo difetto del tratto muscolare del setto interventricolare (malattia di Roger) * * al giorno d’oggi raramente viene osservata in età più avanzata di quella adolescenziale (viene identificato molto prima dagli esami strumentali) Questi fremiti spesso si associano a rumori. Percussione e auscultazione del torace Vanno osservate le escursioni delle basi polmonari e occorre vedere come gli emitoraci si muovono (più o meno facilmente, in maniera simmetrica o asimmetrica). Si può percuotere il torace per localizzare il livello di un versamento pleurico, oppure distinguerlo da un addensamento polmonare, oppure per ascoltare il murmure vescicolare o i rumori polmonari in condizioni diverse (ronchi, rantoli, sibili) e, non ultimi, gli sfregamenti pleurici. Auscultazione L'auscultazione cardiaca richiede un eccellente orecchio e la capacità di discriminare sottili differenze di tonalità e durata. Molti ottimi medici non possiedono una buona capacità di percezione acustica o perdono la capacità di discriminare le tonalità di toni e soffi a causa di una pratica inadeguata. Inoltre, molti possiedono fonendoscopi progettati tenendo conto di ogni particolare eccetto che della fisica acustica. Il primo punto è saper distinguere i toni, capire qual è il primo e qual è il secondo; questo ci permette di distinguere la diastole dalla sistole. In diastole si possono auscultare soffi diastolici, toni aggiunti che hanno origine dal miocardio ventricolare e toni aggiunti dovuti alla valvola mitrale (III, IV tono, click di apertura della mitrale..). In sistole, invece, si possono rilevare soffi sistolici e toni aggiunti extravalvolari (click sistolici legati al prolasso della mitrale). Toni sistolici Il primo tono(S1) È dovuto soprattutto alla chiusura della mitrale, ma può anche comprendere alcune componenti legate alla chiusura della tricuspide. È spesso sdoppiato (e ciò rientra nella normalità) e ad alta frequenza. Nell'insufficienza mitralica dovuta a sclerosi e rigidità dei lembi valvolari può essere debole o assente, e questo è facilmente comprensibile perché la valvola è insufficiente, non si muove regolarmente. Nelle insufficienze mitraliche dovute a degenerazione mixomatosa dell'apparato mitralico o nelle disfunzioni dei muscoli papillari è spesso ben udibile. Il secondo tono (S2) È dovuto alla chiusura della valvola aortica e della valvola polmonare. La chiusura della valvola aortica normalmente precede quella della valvola polmonare per ragioni emodinamiche evidenti, perché il règime pressorio che c’è nelle sezioni sinistre del cuore è più elevato di quelle destre. Un ritardo di chiusura della valvola aortica si verifica nel blocco di branca sinistro (anomalia elettrica per cui l’attivazione del cuore sinistro avviene dal cuore destro); questo comporta lo sdoppiamento del secondo tono. L'anticipazione della chiusura della valvola polmonare si ha in alcune forme di preeccitazione ventricolare (sindrome di Wolff-Parkinson-White). Un ritardo della chiusura della valvola polmonare (il II tono è sdoppiato più marcatamente) si verifica quando il volume del flusso ematico attraverso il ventricolo destro è aumentato (per es. nel difetto del setto interatriale di tipo ostium secundum, una delle cardiopatie congenite più comuni) o nel blocco di branca destra completo. L'aumento del flusso elimina anche il normale ritardo di chiusura della valvola polmonare dovuto all'aumento del volume ventricolare destro durante l'inspirazione, momento in cui il volume ventricolare sinistro diminuisce (sdoppiamento fisso di S2). Un S2 unico, non sdoppiato, può aversi quando la valvola aortica è insufficiente, gravemente stenotica o atresica (si verifica nel tronco arterioso, cardiopatia congenita in cui c'è una valvola atrioventricolare comune). I Click Si verificano solo in sistole e si distinguono da S1 e S2 per la loro frequenza più elevata, per la durata minore e per il fatto che possono essere rilevati in momenti diversi durante la sistole (proto, meso o tele sistolici) a seconda delle condizioni emodinamiche. I click possono essere singoli o multipli. Per ragioni sconosciute, le caratteristiche dei click possono variare enormemente da un esame clinico a l'altro e possono scomparire o ricomparire. I click dovuti a degenerazione mixomatosa delle valvole tendono ad avvicinarsi a S1 con tutte le manovre che diminuiscono il volume ventricolare (p. es. passaggio dal clinostatismo all'ortostatismo o manovra di Valsalva: espirazione forzata a glottide chiusa) diventando click protosistolici. Se il volume di riempimento ventricolare è aumentato, come nella posizione supina, il click si sposta verso S2, soprattutto nel prolasso della mitrale. Toni diastolici Contrariamente ai toni sistolici, quelli diastolici hanno una bassa frequenza, una minore intensità e una più lunga durata. Questi toni sono sempre patologici negli adulti. Il terzo tono (S3) È protodiastolico e si ha quando il ventricolo è dilatato e ha una ridotta distensibilità. Si verifica durante la fase di riempimento ventricolare diastolico passivo e indica una disfunzione ventricolare grave, tranne che nei giovani, nei quali può essere normale. Il S3 generato dal ventricolo destro si ausculta meglio durante l'inspirazione (a causa dell'aumento del volume di riempimento del ventricolo destro) con il paziente supino. L'S3 del ventricolo sinistro si ausculta meglio durante l'espirazione (a causa della maggiore vicinanza del cuore alla parete toracica) con il paziente in decubito laterale sinistro. (il prof ha detto “decubito laterale destro” (N.dR)) Il quarto tono (S4) è prodotto dall'aumento del riempimento ventricolare in telediastole, causato dalla contrazione atriale. È un tono a bassa frequenza, che si ausculta solo, o comunque meglio, con la campana del fonendoscopio, varia con l'inspirazione, è più frequente di S3 e indica una disfunzione ventricolare meno grave di quella espressa da S3 (sono i cosiddetti toni di galoppo). È assente nella fibrillazione atriale, ma è quasi sempre presente nell'ischemia miocardica in fase attiva o subito dopo un infarto. Quando S3 e S4 sono entrambi presenti in un paziente con tachicardia, si ha un galoppo di sommazione (proprio perche somigliante al galoppo del cavallo); la diastole è accorciata cosicché i due toni si sovrappongono. S3 e S4, se intensi, possono essere palpati all'apice con il paziente in decubito laterale sinistro. Un altro tono diastolico importante è lo schiocco d'apertura della mitrale. È un rumore a frequenza molto alta, breve, si ausculta meglio col diaframma del fonendoscopio; si ascolta nella stenosi mitralica, è direttamente proporzionale alla gravità della stenosi (maggiore è la pressione atriale sinistra, più lo schiocco è vicino al secondo tono). Quando si sviluppa la fibrosi e la calcificazione della mitrale questo rumore scompare. Soffi Possono essere di origine Cardiaca Sono trasmessi dal cuore o dai grandi vasi, sono più intensi nell’area precordiale superiore e si riducono di intensità verso il collo. Vascolare Si ascoltano sulle carotidi, hanno una più alta frequenza e sono più superficiali (il soffio origina direttamente sotto la campana dello stetoscopio), si sente che non sono trasmessi. I soffi carotidei (e in genere le arterie) si ascoltano meglio con la campana dello stetoscopio (non con la membrana). I soffi vanno analizzati per Frequenza Intensità Momento in cui si verificano Durata I soffi a frequenza molto alta si auscultano meglio con il diaframma del fonendoscopio, mentre quelli a frequenza molto bassa si auscultano meglio (se non esclusivamente) con la campana. I soffi vengono classificati in base alla loro intensità. Grado Descrizione Appena udibile 1 Lieve, ma facilmente udibile 2 Intenso, senza fremito 3 Intenso, con fremito (palpabile) 4 Intenso già al minimo contatto del fonendoscopio con la parete toracica 5 Intenso anche in assenza di un contatto del fonendoscopio con la parete toracica 6 Questa figura rappresenta il ciclo cardiaco con le curve di pressione dell’aorta, del ventricolo sinistro, dell’atrio e ventricolo destro sia in sistole che in diastole. Facendo riferimento alla curva dell’aorta, il II tono coincide (o precede immediatamente) l’incisura dicrota della curva di flessione aortica. Le relazioni con il fonocardiogramma: I, II, III, IV tono. Il polso giugulare con le onde A,C,V il collasso ZXY. L’elettrocardiogramma: il fenomeno elettrico precede quello meccanico, infatti vediamo l’onda T quando il cuore è già in fase di contrazione. Ecco una rappresentazione schematica dei rilievi obiettivi nella stenosi aortica e insufficienza mitralica, condizione molto frequente ad osservarsi. Stenosi Aortica Tra il I e il II tono abbiamo il tipico soffio della stenosi aortica che va in crescendo e in decrescendo e ha un’intensità di 3/6 che auscultiamo nel focolaio di auscultazione dell’aorta. Il soffio mitralico (in basso) con le caratteristiche del I e del II tono, la presenza del IV tono, la componente aortica e polmonare. (1+ e 2+ rappresentano l’intensità dei soffi) Insufficienza mitralica Michelangelo Nasuto