L'ARCANGELO SFACCENDATO
di Lucia Guidorizzi
La chiesa era immersa in
una luce torbida e
lattiginosa da acquario
trascurato.
Era tutta un intarsio di
marmo bianco e serpentino. La chiesa era
bianca e verde, verde e
bianca. Un bosco dove
le
nevi
primaverili
arretra-vano per far
posto all'erba nuova. Sul
soffitto una profusione
di stucchi dorati circondava due affreschi visionari: gli Angeli che
appaiono ad Abramo ed
Caravaggio: Il sacrificio di Isacco, Firenze Uffizi
Elia portato in cielo su
un carro di fuoco. L'altar maggiore rappresentava il culmine di tutta quella ricca
decorazione: sotto un'edicola di marmo verde dalle tortili colonne furiosamente
barocche, spiccava un gruppo marmoreo d'un bianco abbagliante dove, sopra il globo
retto con titanico sforzo da alcuni angeli, sedevano, in precario equilibrio, il Salvatore
ed il Padreterno. La chiesa era umida in quella giornata novembrina. Vi ero entrata di
ritorno dalla cupa isola-cimitero di San Michele, tanto simile all'Isola dei Morti del
quadro di Bocklin. Attraversavo ammirata quello spazio ridondantemente decorato,
ascoltando rimbombare i miei passi nel silenzio delle navate. L'atmosfera mi piaceva,
avevo voglia di rimanere lì per un po'. Alzai gli occhi verso la cupola. Ai suoi lati, sui
quattro pilastri d'angolo della crociera, come custodi di quel levitante splendore,
stavano quattro angeli di pietra. Osservandoli, li riconobbi subito, o meglio, ne
riconobbi solo tre. Sul pilastro a destra dell'altare stava Gabriele, l'arcangelo
messaggero, l'intermediario tra Dio e l'uomo; impugnava uno specchio riflettente la
luce della fiaccola che reggeva nella mano destra. Il suo nome significa: Potenza di
Dio. Sul pilastro a sinistra, stava ritto Michele, l'Arcangelo delle Milizie Celesti, il
suo nome significa: Giustizia di Dio. Sfoggiava un' armatura da guerriero, il suo
sguardo era inflessibile e rigoroso, mentre infilzava Lucifero con la lancia,
ricacciandolo nell'abisso. Le unghie delle dita dei piedi del demone, erano lunghe e
ricurve, rapaci come artigli, a testimonianza della sua perversità. e si contorcevano in
un rictus diabolico, mentre sprofondava nelle Tenebre Eterne. Mi volsi verso il terzo:
si trattava inequivocabilmente di Raffaele, l'arcangelo terapeuta. Ai suoi piedi, il
pesce farmacologico in grado di restiuire la vista. Teneva per mano il piccolo Tobia.
Etimo del nome: Dio guarisce. Infine, il mio sguardo si posò sul quarto: bellissimo,
con le chiome inanellate e scomposte, il capo dolcemente reclino, sorrideva
enigmatico, disdegnando le offerte appetitose che alcuni putti ai suoi piedi gli
ostentavano: collane preziose, un cuore sanguinante... Non riuscivo assolutamente ad
individuarlo, a dargli un nome. Non recava con sè alcun attributo identificativo. Mi
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guardava, lievemente ammiccante, con un sorriso ambiguo che gli arricciava appena
le labbra delicate: non avevo idea di chi potesse essere. Tormentata dalla curiosità,
volevo andare a fondo della questione, volevo sapere chi fosse e perchè non ero in
grado di riconoscerlo. Mi guardavo intorno, ma nella nebulosa luce soffusa non
riuscivo a trovare nessuna targhetta in grado di illuminarmi. Finalmente vidi il prete,
in clergyman, defilato verso l'uscita e, risoluta, mi diressi verso di lui, decisa a non
lasciarmi sfuggire questa occasione: lo raggiunsi e gli chiesi chi fosse quell'arcangelo
sconosciuto. Subito mi resi conto di aver toccato una questione spinosa. Il prete, già
furtivo di suo, divenne ancor più circospetto e, dando rapide occhiate in giro, quasi
non volesse farsi sorprendere da involontari testimoni nel rilasciare questa
dichiarazione, mi rispose di malavoglia e con reticenza frettolosa "E' Sealtiele..." non
aggiunse altro e se ne andò.
Sealtiele... quel nome mi
travolse subito come una
cascata di miele... un miele
denso e luminoso nel quale si
dibatteva la mia curiosità.
Quell'arcangelo
misterioso
chissà quali arcani mi avrebbe
svelato...non avrei mai più
potuto rinunciare a lui.
Uscendo dalla chiesa, la
smorta luce autunnale mi
confuse ulteriormente. Quanti
sono gli Arcangeli? Li
conosco tutti? Che cosa mi
hanno insegnato in merito
quando andavo a catechismo?
Non avevo per niente le idee
chiare. Fatto sta che il nome di
Sealtiele,
dolcissimo
ed
insidioso, mi ronzava nella
testa in modo assordante,
sollevando i miei pensieri
come un nugolo di mosche.
Mi documentai: ed ebbi
l'ennesima conferma che la
vita è ben più vasta e L'Arcangelo Gabriele scultura di G.Torretti (1660 ca-1742)
complessa di quanto appaia ad
occhi frettolosi; racchiude sempre delle latenze occulte, degli abissi da sondare, degli
spazi reticenti di non-detto.
Gli Arcangeli non erano tre, come avevo sempre creduto, ma sette. Oltre ai tre
accreditati presso la Chiesa Cattolica, Gabriele, Michele, Raffaele, ve ne erano ben
altri quattro, dai nomi clandestini, ammalianti e sinuosi: Barachiele, Benedizione di
Dio, che distribuisce bianche rose a piene mani, illuminando il cammino di Israele,
Uriele, Luce di Dio, severo custode dell'Eden dalla spada fiammeggiante con la quale
aveva cacciato i nostri progenitori nell'esilio infinito in cui ci dibattiamo ancor oggi,
Geudiele, il Rimuneratore, inflessibile esecutore e dispensatore delle Giustizia
Divina, munito di corona e flagello, ed infine Sealtiele, l'Arcangelo che mi aveva
sedotta irreparabilmente. Il suo nome significa Preghiera di Dio e generalmente viene
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ritratto in attitudine orante, senza insegne, senza simboli: egli è il Contemplante per
eccellenza, che non necessita di nulla, soltanto del suo sguardo.
Secondo il libro di Esdra, Sealtiele è ricordato come uno dei sette arcangeli della
tradizione ortodossa orientale ed è sempre rappresentato in attitudine ieratica.
Talvolta, raramente, compare con un turibolo in mano, che sta a simboleggiare la
preghiera che s'innalza verso Dio. Nella tradizione popolare gli si chiede aiuto se si
soffre di distrazione, inattività, freddezza, alcolismo, insomma, può essere definito
l'Arcangelo degli accidiosi. E' possibile rivolgersi a lui con questa preghiera: "Santo
arcangelo Sealtiele, aiutaci con i tuoi angeli, insegnaci a pregare come il Signore ha
pregato e ci ha insegnato a pregare."
L'arcangelo Sealtiele è l'unico tra tutti che non raffigura il rapporto discendente da
Dio all'uomo, ma, innalzando la sua preghiera, rappresenta quello ascendente della
creatura a Dio. Di Sealtiele è ricordata un'unica azione risolutiva: la sua mano fermò
la spada di Abramo che stava per sacrificare a Dio il figlio Isacco sul monte Moria. Il
suo intervento permise che non venisse sparso sangue innocente. Furono soprattutto i
Gesuiti a promuovere il culto dei sette Arcangeli, diffondendolo in particolar modo, in
seguito alla Controriforma, nelle missioni in America Latina. Dopo aver approfondito
la sua conoscenza, fui ancor più affascinata da quest'arcangelo borderline, dimenticato
dal Cattolicesimo ufficiale e tuttavia presente in quella chiesa, accanto ai tre arcangeli
acclarati. Perchè mai era stato cancellato dall'immaginario comune? Qual era il
movente che aveva portato la Chiesa a rimuoverlo? Era forse troppo poco zelante, un
po' troppo sfumato ed astratto?
Forse era da considerarsi un
sognatore
eccessivo,
un
potenziale pericoloso visionario? Un rivoluzionario della
contemplazione? Era troppo
dedito ad estasi sovversive?
Sealtiele
sembrava
infischiarsene di questi interrogativi teologici e se ne stava
lassù, ritto sul pilastro,con le
vesti tardo-barocche smosse da
un vento metafisico, con sulle
labbra un sorriso malioso che lo
rendeva irresistibile: non essendo un arcangelo a pieno
servizio, non dovendo combattere, nè portare messagggi e
neppure dedicarsi alle arti
terapeutiche, aveva parecchio
tempo libero e lo trascorreva in
ozi contemplativi.
Sealtiele se ne stava lassù,
sfaccendato, impunemente sfolgorante sul pilastro screziato di
verde e bianco, misconosciuto e
snobbato dalla maggior parte
L'Arcangelo Michele scultura di G.Torretti (1660 ca.-1742)
dei visitatori della chiesa, i quali
non sapevano neppure chi fosse, ma pareva non risentire troppo della loro scarsa
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considerazione. Io non potevo dimenticare il suo sorriso. Sì, quell'arcangelo mi aveva
sor-riso, ne ero sicura, proprio nel momento in cui il prete in clergyman aveva
pronunciato il suo nome con frettolosa noncuranza, consapevole d'a-vere in casa un
eretico. E il suo sorriso, lievemente bef-fardo, aveva continuato ad accompagnarmi
anche quando ero uscita dalla chiesa, suscitando in me un riconoscente stupore per la
pura gratuità di quell'incontro ineffabile. La sua apparizione mi aveva rivelato quanto
labile fosse il confine tra il certo e l'incerto, tra le cose credute e le cose sapute.
Grazie alla parousia di Sealtiele la mia visione del mondo aveva assunto contorni più
sfumati ed indistinti: ora ogni cosa diventava possibile e al tempo stesso improbabile.
Domenica scorsa ho sentito il desiderio di tornare a trovarlo, dopo tanto tempo.
Era una giornata di marzo
luminosa, ma attraversata da
un vento gelido.
Sestiere di Cannaregio: ecco
le fondamenta, una di seguito
all'altra; quando arrivo qui,
mi perdo sempre. Pur vivendo
a Venezia da più di vent'anni,
continuo a perdermi.
Basta che mi allontani dai
miei percorsi abituali, basta
che imbocchi una calle poco
familiare e mi disoriento subito. La cosa non mi dispiace.
In quei momenti, mentre mi
aggiro confusa, penso alla
tristezza di certe famigliuole
zelanti di turisti che mi è
capitato di vedere, le quali,
impugnando il navigatore
satellitare come fosse dotato
di proprietà taumaturgiche,
percorrono la città palmo a
palmo come per una caccia al
tesoro. In quel modo si
mettono al riparo dai rischi del
girare a vuoto, ma rinunciano
alla bellezza del perdersi e del L'Arcangelo Raffaele scultura di G.Torretti (1660 ca-1742)
girovagare senza meta, che tanto piace ai flaneurs, ovvero i contemplatori solitari, una
razza ormai in via d'estinzione. Calli, campielli e giardini erano vuoti, silenziosi,
come sospesi nell'attesa dolorosa della primavera, quest'anno particolarmente
recalcitrante. Dopo una serie di giri concentrici che progressivamente mi
avvicinavano alla meta, eccola apparire, come una bianca meringa: la chiesa di Santa
Maria Assunta, più comunemente conosciuta come la chiesa dei Gesuiti.
Piccola digressione storico-artistica:la chiesa di Santa Maria Assunta dei Gesuiti
venne edificata tra il 1715 e il 1729 al posto della più antica chiesa di Santa Maria dei
Cruciferi, fondata nel 1150. I Gesuiti acquistarono quest'area conventuale dalla
Repubblica. La nuova chiesa venne edificata con il contributo della famiglia Manin
che finanziò la costruzione della facciata e dell'altar maggiore. La chiesa, che ha
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un'impianto a croce latina allungata, è stata costruita dall'architetto Domenico Rossi
(1678-1742). Santa Maria Assunta dei Gesuiti, che richiama lo stile architettonico
romano della chiesa del Gesù, fu per Venezia un'autentica novità, sia per le incosuete
caratteristiche costruttive, sia per la ridondanza decorativa, caratterizzata da intarsi
verdi e bianchi alle pareti che suscitano un effetto di grande sfarzo decorativo,
felicemente abbinati al bianco ed oro del soffitto. Nel 1774 il convento divenne scuola
pubblica e nel 1807 fu ridotto a caserma e così rimase fino a pochi anni fa: ora
l'edificio è abbandonato. La chiesa invece passò alla parrocchia dei Santi Apostoli
fino al 1844, anno in cui i Gesuiti tornarono a Venezia e ne ripresero possesso.
Entrando nella chiesa dopo tanto tempo, ho ritrovato subito quell'atmosfera a metà
strada tra un fondale marino e un bosco innevato che mi aveva tanto colpito la prima
volta.Una leggera euforia cominciava ad invadermi mentre mi dirigevo, con passo
impaziente, a salutare Sealtiele. Con grande soddisfazione avevo notato che ora una
targa a chiari caratteri lo rendeva indentificabile. Ma ciò che mi ha stupito è stato
accorgermi che oltre a lui, nella chiesa si trovavano altri due arcangeli clandestini,
nientemeno che sui pilastri laterali della Cappella Maggiore: dopo aver letto le loro
targhe di riferimento ho appurato che si trattava di Barachiele e Uriele... mancava solo
Geudiele per completare la brigata celeste. Le sei statue degli arcangeli erano tutte
opera di Giuseppe Torretti, scultore del XVIII secolo, alla cui bottega lavorò Canova.
Mi sentivo felice che finalmente gli arcangeli rimossi dall'immaginario cattolico
fossero stati risarciti restituendo loro un nome, un'identità: non erano più tempi di
oscure obsolescenze. Ora Sealtiele poteva brillare liberamente, insieme ai suoi
compagni di gloria, nella luce che gli era dovuta. Presa dall'entusiasmo, stavo per
mettermi a fotografarli tutti e sei per poter recare con me le loro gloriose epifanie, ma
mi ero accorta che c'era un cartello che vietava tassativamente di scattare fotografie
all'interno della chiesa e tantomeno col flash. In questi casi in genere non me la sento
di essere trasgressiva, tantopiù che un turista malaccorto che si era azzardato a
scattare una foto, era stato subito intercettato e redarguito severamente da un prete che
vegliava sull'incolumità artistica della chiesa, in veste di custode intransigente. Un po'
delusa, mi stavo avviando verso l'uscita, quando ho visto, vicino alla porta d'ingresso,
delle cartoline in vendita: ebbene sì, c'erano rappresentati tutti e quattro gli arcangeli
della crociera e, se non avevo potuto scattare foto, avrei almeno comprato le cartoline.
Ma dopo averle comprate mi sono subito accorta, con disappunto, che le immagini
riprodotte riguardavano soltanto tre arcangeli, e ovviamente, solo quelli canonici.
L'immagine di Raffaele, pur se ripresa da due diverse angolature, si ripeteva, come
una figurina doppia. Mancava invece Sealtiele, figurina preziosa ed introvabile.
Dunque in realtà non era cambiato nulla dalla volta precedente: l'ostracismo che
gravava sulle ali di Sealtiele era tuttora in atto, al punto che l'Arcangelo orante e
contemplante era stato fatto oggetto di una strisciante iconoclastia: non compariva,
non poteva comparire, doveva essere cancellato. Ai turisti sbadati sarebbe rimasta
solo una visione d'insieme, un frullo d'ali barocche, e si sarebbero subito dimenticati
di lui, sarebbero stati convinti d'aver visto solo degli angeli generici. La congiura
ordita contro di lui si era tutta svolta all'insegna del Paradosso: Sealtiele, l'arcangelo
contemplante, il solitario e ieratico flaneur, tutto assorto nello suo sguardo, assorbito
nella fantasticheria divina, era stato condannato alla damnatio memoriae
dell'invisibilità.
Prima di uscire dalla chiesa, gli ho dato un ultimo sguardo e mi è sembrato che
Sealtiele mi sorridesse, enigmatico ed ambiguo, anche questa volta.
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