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ANNO XXXIX ❯ N. 151 ❯ OTTOBRE_DICEMBRE 2013
La nuova statua di
San Michele in Vaticano
L’Arcangelo custodisca la Chiesa e la società contemporanea
P
rima di diventare “il Diavolo”, Lucifero era il
suo nome, che vuol dire “Portatore di luce”,
vale a dire l’Angelo più splendente tra i puri
spiriti creati da Dio. Egli, però, mosso dalla superbia
e dall’invidia osò ribellarsi ai disegni del suo Creatore.
«Tu dicevi in cuor tuo: “Io salirò in cielo, innalzerò il
mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul
monte dell’assemblea, nella parte estrema del settentrione; salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile
all’Altissimo”» (Isaia 1411-15).
Una voce dalle schiere celesti gridò: «Chi come Dio?».
Fu questo il grido di battaglia che risuonò all’inizio dei
tempi nel cielo durante l’immane combattimento tra
Michele e “il serpente antico”, chiamato Diavolo e Satana. «E avvenne una guerra nel cielo: Michele e i suoi
angeli guerreggiavano contro il dragone, e il dragone
guerreggiava con i suoi angeli. Questi non prevalsero
né si trovò più luogo per essi in cielo» (Apoc. 12, 7).
San Michele riunì sotto il suo vessillo tutti gli Angeli
buoni e irruppe nella lotta non confidando nella sua
forza, ma in quella di Dio, e vinse la battaglia perché
era Dio stesso che combatteva e lo sosteneva.
L'incontro e l'abbraccio tra i due Papi
E il grande drago fu precipitato sulla terra e con lui
anche i suoi seguaci. La battaglia, tuttavia, non si
esaurì allora. Satana, infatti, è qui sulla terra che tenta ancora una “rivincita”, cercando incessantemente
di sedurre e ingannare l’uomo, creato ad immagine e
somiglianza di Dio, e ostacolare così il Suo progetto
salvifico e la venuta del Regno. È Dio che affida al
grande Campione della fede e alle sue schiere angewww.santuariosanmichele.it
di Orlando Giuffreda
liche il compito di tenere a bada sulla terra l’Angelo
decaduto e i sui seguaci, fino a quando il Figlio, Cristo
Gesù, tornerà per l’ultimo e inappellabile Giudizio.
Ben si è inserita, dunque, per l’Anno della fede, l’iniziativa del Governatorato dello Stato del Vaticano
di dedicare un monumento a San Michele, quale Paladino della fede, difensore della Chiesa universale e
Patrono dello Stato della Città del Vaticano.
La statua dell’Arcangelo è stata commissionata dal
Presidente Emerito del Governatorato, Sua Emin.za
Card. Giovanni Lajolo.
Ne è autore l’artista Giuseppe Antonio Lomuscio, canosino di nascita, ma residente a Trani, vincitore del
Concorso Internazionale, indetto dallo stesso Governatorato, secondo il giudizio autorevole di una Commissione di esperti presieduta dal Direttore dei Musei
Vaticani, Prof. Antonio Paolucci. Essa è stata collocata nei Giardini Vaticani, in prossimità del Palazzo del
Governatorato ed è stata inaugurata e benedetta il 5
luglio 2013 da Papa Francesco il quale, per l’occasione, ha voluto che presenziasse alla cerimonia anche
il Papa emerito Benedetto XVI, da lui personalmente
invitato.
L’affettuoso abbraccio tra Francesco e Benedetto, durante la pubblica cerimonia, ha spento tutte le dicerie
e gli psicodrammi sui “due Papi” espressi da numerosi e preoccupati analisti rivelando il sensus fidei che
anima e tiene in vita la Chiesa. «Ratzinger», ha affermato Francesco nell’Angelus di qualche settimana
prima, «ha dato un esempio di cosa vuol dire seguire
la volontà di Gesù nella coscienza». Ed è per questo
che lo ha voluto vicino in questa festosa circostanza.
Anzi ha desiderato che la base del piedistallo fosse
ornata da un duplice stemma: accanto al suo anche
quello di Benedetto XVI.
Durante la cerimonia di benedizione della statua,
Papa Francesco così si è espresso: «Nei Giardini Vaticani ci sono diverse opere artistiche; questa, che oggi
si aggiunge, assume però un posto di particolare rilievo, sia per la collocazione, sia per il significato che
esprime. […] Questa scultura ci richiama, allora, che
il male è vinto, l’accusatore è smascherato, la sua
testa schiacciata, perché la salvezza si è compiuta
una volta per sempre nel sangue di Cristo. Anche se il
diavolo tenta sempre di scalfire il volto dell’Arcangelo
e il volto dell’uomo, Dio è più forte; è sua la vittoria e
la sua salvezza è offerta ad ogni uomo».
vita della chiesa
Primo piano della statua
bronzea dell'Arcangelo
Per quanto riguarda l’artista, «i criteri estetici», afferma nel suo intervento il Card. Lajolo, «che l’hanno
guidato riflettono una concezione dell’arte come riflesso della bellezza di cui Dio ha ricolmato il creato
e in particolare quella creatura da lui creata a sua
immagine e somiglianza, la creatura umana, la più
vicina, nella scala degli esseri, allo splendore delle
creature angeliche. Per questo l’Arcangelo Michele è
qui raffigurato prendendo a prestito i tratti eroici di
una figura umana, mentre Satana, da lui sconfitto,
è rappresentato con una figura della medesima forma, ma rovesciata e deturpata, come conseguenza
del peccato».
Il monumento, di cinque metri di altezza complessiva,
si configura in un gruppo scultoreo realizzato in bronzo per fusione a cera persa. Il basamento in travertino
romano, anch’esso ideato dall’artista, è caratterizzato
dalla figura dell’Arcangelo, scolpito con umani connotati eroici nell’atto di trafiggere con una lancia, sulla
cui punta è scritto “QUIS UT DEUS?”, il diavolo, una
figura umana deturpata e riversa sotto i suoi piedi.
Con ciò si vuole far risaltare lo stato di grazia da una
parte e, dall’altra, l’alterata trasformazione subita da
Lucifero quale conseguenza del peccato.
La posizione dominante sul globo terrestre dell’Arcangelo evidenzia che la sua protezione si estende su tutti
i popoli della terra e del creato dove, come recita il
cartiglio che avvolge il globo terrestre, “et portae inferi non praevalebunt”, secondo la promessa fatta da
Gesù a San Pietro (Mt. 16, 18), ovvero le porte dell’inferno non prevarranno sulla Chiesa, simboleggiata da
una mano posta intenzionalmente sulla fascia che
circonda il globo, per indicare colei alla quale sono
state affidate le chiavi del regno dei cieli. Questo riferimento alle promesse di Gesù e che riguardano le
sorti future della Chiesa, dalla sua fondazione fino ai
tempi in cui durerà la lotta con Satana, giustificano la
specifica richiesta del Papa d’aiuto e di protezione a
San Michele, vindice dei diritti di Dio, specie se si tiene conto del particolare e travagliato momento in cui
vive tanto la Chiesa quanto la società contemporanea.
Michele, in ebraico “Mi-Ka-El”, che significa “Chi
Come Dio”, indica una scelta, una via, un percorso
che l’uomo, dotato dal Creatore di libero arbitrio, può
seguire per diventare alleato di Michele e soldato di
Cristo. L’esempio dell’Arcangelo rimuove ogni forma
di compromesso attraverso l’esortazione a combattere per la vittoria della Verità. È impossibile, tuttavia,
raggiungere la Verità senza la fede. D’altra parte, nel
nostro vivere quotidiano, cos’è la fede se non il fidarsi
della promessa di un amico sincero, il credere fermamente in un determinato progetto, in un qualcosa che
si vuole e si desidera raggiungere? Ciò, però, esige spirito di dedizione, costanza nel perseguirlo.
Spesso si presenta come un itinerario cosparso d’incertezze, di sacrifici, di rinunce e controcorrente. E
quando ci si stanca, sopraggiunge l’insofferenza, la
fede si affievolisce e si cercano scorciatoie, sentieri
più facili ma precipitosi.
Si finisce così col perdersi nei meandri della faciloneria e della verità relativa, che non è più l’originaria meta, ma un surrogato, un qualcosa che appaga
provvisoriamente e che, tutto sommato, siamo pronti
a mettere in discussione giorno per giorno, smarrendo
la via maestra, l’originario progetto.
«È urgente, perciò, recuperare il carattere di luce proprio della fede perché, quando la sua fiamma si spegne, anche tutte le altre luci finiscono per perdere il
loro vigore. La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta
l’esistenza dell’uomo» (Lumen Fidei, Lettera enciclica
di papa Francesco I,§ 4, 29 giugno 2013). ❮
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