1^ Giovanni 3, 18-24
06.09.2015 (s)
1^ Giovanni 3: 18 Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità.
19 Da questo conosceremo che siamo della verità e renderemo sicuri i nostri cuori davanti a
lui. 20 Poiché se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore e conosce
ogni cosa. 21 Carissimi, se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio;
22 e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi
comandamenti e facciamo ciò che gli è gradito. 23 Questo è il suo comandamento: che
crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri secondo il
comandamento che ci ha dato. 24 Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in
lui. Da questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
La nostra riflessione di questa mattina parte dell’inizio del v. 19 che è il
cardine di un dubbio: conosceremo che siamo nella verità perché amiamo la
concreta relazione tra quello che si dice e quanto facciamo, oppure
conosceremo che siamo nella verità perché anche se abbiamo consapevolezza
dei nostri errori Dio supera la nostra colpa e ci salva per grazia?
In realtà non c’è contraddizione tra le due scelte perché fede e pratica
sono due condizioni che devono coesistere in un cristiano, ma da sole non
sono sufficienti se non c’è la conoscenza di Cristo.
Un amore detto e vissuto ci chiama alla coerenza, ma anche alla
costanza e di fronte a questo siamo già perdenti se a decidere cosa siamo e
cosa ci meritiamo è la nostra coscienza.
Possiamo vivere la nostra dimensione di cristiani convertiti nella
prospettiva dei sensi di colpa?
La nostra società, oggi molto fragile sotto l’aspetto delle relazioni e della
forma che sostituisce la sostanza, amplia il fenomeno del “senso di colpa” e
spesso lo traduce anche in insani modi di rapportarsi al Signore ed alla chiesa.
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1^ Giovanni 3, 18-24
06.09.2015 (s)
Quando un bimbo od un ragazzo vede i genitori litigare e poi separarsi
se ne sente responsabile: quel senso di colpa gli darà molti problemi nel
pensare di potere realizzare un matrimonio, avrà forse paura di potere avere
dei figli perché sarà sfiduciato in una relazione d’amore.
Quando un bambino/a è abusato come può avere fiducia nelle relazioni
familiari, che sono il luogo dove si trova guida, sostegno e forza nella vita e
specialmente negli anni della fanciullezza e dell’adolescenza?
Alcune settimane fa, nella trasmissione “chi l’ha visto?” che si occupava
di scomparse avvenute molti anni fa, mi ha colpito la storia di un ragazzo che
frequentava un seminario e, durante una tranquilla passeggiata, nel 1952,
scompare.
Quest’anno da una lettera anonima sembra che quel ragazzo creduto
morto sia invece vivo in qualche parte del trevigiano, ormai con un altro nome
ed una nuova storia di vita.
Dietro a questo le supposizioni di una violenza sessuale che ha
trasformato un ragazzino che, a differenza di molti che andavano in seminario
per studiare gratis, amava seguire una vocazione cristiana a cui ha tagliato i
ponti.
Quando una ragazza o una donna viene picchiata o violentata, che
fiducia può avere nei maschi o nelle relazioni d’amore?
A questi esempi se ne possono aggiungere a decine, ognuno con la sua
vittima ed il suo carnefice, ma ancora di più con una perdita di sicurezze che
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1^ Giovanni 3, 18-24
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difficilmente potranno essere ritrovate: in tutti questi esempi, molto spesso la
vittima è anche colei che vive il senso di colpa di avere provocato, di avere
subito.
Noi non vogliamo fare gli psicologi di fronte a tutto questo perché il
cristiano, ed il pastore in particolare, non ha il compito di entrare nei
meccanismi della psiche quanto piuttosto di sostenere e guidare perché le
malattie dell’anima vengano curate da Cristo.
Dire questo non significa scaricare tutto su Dio, ma sapere cosa dire a
noi ed agli altri quando ci troviamo di fronte ai sensi di colpa.
La Parola di Dio ci dice cosa possiamo offrire a chi sente il peso di una
colpa, se non di un’intera esistenza.
Il v. 23 a tale proposito sottolinea: Questo è il suo comandamento: che
crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri
secondo il comandamento che ci ha dato.
Il comandamento ci viene presentato come una parola unica da parte di
Dio, in realtà sono due: uno teologico, che riguarda la nostra confessione di
fede in Dio, e l’altro etico, che invece ci parla di amore verso gli altri.
Per noi che crediamo in Cristo è bene conosciuto il concetto di grazia di
Dio e sappiamo bene che se ragioniamo solo con il nostro cuore (v. 20) la
nostra consapevolezza e la nostra coscienza ci condannano, ma Dio, con la sua
giustizia e la sua misericordia, ci libera dai nostri sensi di colpa: questa è la
forza dell’Evangelo.
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1^ Giovanni 3, 18-24
06.09.2015 (s)
Il Salmo 103 parlando di Dio dice 3 Egli perdona tutte le tue colpe,
risana tutte le tue infermità, ma questo può avvenire esclusivamente se
conoscenza di Dio, fede in Gesù Cristo e obbedienza nel metterle in pratica
coesistono.
Ciascuno di noi ha i propri sensi di colpa, più o meno pesanti, più o
meno recenti, ma l’intervento di Dio li annulla e cancella il peso del peccato,
che è caduto tutto sulle spalle di Gesù Cristo.
Molto spesso le persone che oggi sono lontane da Dio vivono un senso di
colpa che la religione non ha tolto, anzi in alcune realtà ci sono chiese che
vivono e proliferano proprio calcando la mano sui sensi di colpa che prima
hanno reso schiavi gli uomini e le donne della propria coscienza e che ora
persistono in una visione di un Dio che guarda più all’apparenza delle regole
religiose che all’amore della fede in Cristo morto per noi.
Attenzione però a dare scontato l’amore di Dio per nostra presunzione!
Occorre vero pentimento, vera contrizione di cuore. L’essere peccatori
rigenerati, una definizione che diamo per descrivere coloro che sono stati
battezzati dallo Spirito Santo , significa avere iniziato una nuova vita dove
fede in Cristo, conoscenza della Scrittura ed obbedienza a Dio ne sono i
pilastri.
Se pensiamo che Dio abbia l’obbligo di perdonare, abbiamo sbagliato
strada.
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1^ Giovanni 3, 18-24
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Dio perdona se siamo veramente convertiti a Lui ed il nostro intimo
desiderio è quello di essergli graditi tornando a fare la Sua volontà.
L’azione di Satana riesce ad essere pericolosa tanto nel coltivare e fare
crescere i sensi di colpa quanto a fomentare la convinzione in noi che il nostro
peccato non sia più scusabile, più recuperabile.
Peccato è rottura di relazioni, è lesione di rapporti, è una serie di scelte
dove al posto dell’amore di Dio abbiamo messo l’amore per noi stessi e per i
nostri interessi.
Se per noi la Parola di Dio è vera, sappiamo che possiamo veramente
pentirci e chiedere perdono a Dio sapendo che saremo ascoltati e nuovamente
accolti da Lui, se per noi Dio è solo religione, allora scapperemo da noi stessi e
da Dio non riuscendo a comprendere che anche per noi c’è un annuncio di
grazia.
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