A RCIDIOCESI DI F ERRARA - C OMACCHIO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- EPIFANIA 2005 Omelia di S . E . M ons. P AOLO R ABITTI Letture della Messa: Is 60, 1-6; Ef 3, 2-3. 5-6; Mt 2, 1-12 6 Gennaio 2005 I l canto liturgico che abbiamo ascoltato dal diacono, ha tracciato il “diario pastorale” del nostro anno. Siamo stati afferrati in tutti questi giorni, da Natale ad oggi, dalla grande notizia, dal grande avvenimento, dal gigantesco episodio, di Dio fatto uomo. E’ tanto lungo il tempo di Natale, e sono tante le feste che lo scandiscono, proprio perché la Chiesa, maestra e pedagoga nel costruire la mentalità dei cristiani, vuole che imprimiamo nel nostro animo questo mistero principale della fede. Da ciò che oggi abbiamo ascoltato nel canto, si profila innanzitutto il centro del cammino liturgico annuale ed è la Pasqua. Poi la Pasqua traguarda subito all’altro grande mistero che è la Pentecoste, e la Pentecoste anticipa di nuovo l’anno che verrà al quale ci prepareremo ancora con l’Avvento, per approdare ancora al Natale. In questa solennità dell’Epifania la Chiesa, nella sua liturgia (della Parola, dell’Eucarestia, dell’Ufficio divino) usa molto volentieri, quasi con una insistenza martellante, la parola “oggi”. 1 Per noi la parola “oggi” è molto contingente: infatti domani chiameremo l’oggi “ieri”, perché l’oggi fugge. Mentre invece, per Dio, tutto è un eterno “oggi”. In Dio non c’è passato, presente, futuro: Dio è. Pertanto, quando Iddio ha mandato il suo Figlio nel mondo, lo ha reso circoscritto dalla storia, fatta di passato, presente, futuro. Ciò nonostante, con la venuta di Cristo Verbo eterno, ha fatto irruzione nel mondo, l’“oggi” di Dio. In forza di quest’ “oggi eterno” entrato nel tempo noi diveniamo “contemporanei” di Cristo Verbo di Dio. Questo è un po’ difficile da capire, ma – a pensarci bene – è molto importante intuirlo: Gesù è venuto – abbiamo ascoltato nel canto – è morto, è risorto, ha mandato lo Spirito. E noi, benché non siamo stati presenti a quegli atti della sua nascita, della sua morte e della sua risurrezione, in forza della liturgia – principalmente nell’Eucaristia, – siamo inglobati in quegli attimi vissuti da Cristo nel tempo ma entrati nel suo eterno “oggi”. La Chiesa ci ripete in questo giorno: “oggi” - “hodie” - Cristo si è manifestato ai poveri. Oggi Gesù è andato al Giordano, e nelle acque di un fiume, ha reso presente l’acqua del lavacro di Dio, cioè il Battesimo. Inoltre “oggi” Gesù è andato a Cana e in mezzo all’amore umano di due giovani coniugi, ha reso presente l’amore indissolubile di Dio con l’umanità: la Chiesa. Questo giorno dell’Epifania perciò è per la Chiesa non l’ultimo giorno di un ciclo, ma rappresenta la pienezza del mistero. Ecco perché lo chiamano Epifania. La pienezza del tempo: il tempo storico fa ingresso nel tempo di Dio. Phaino, in greco, vuol dire “illuminare, riflettere”. In questa parola greca è contenuta l’idea della luce. Infatti, nelle letture ascoltate, la parola “luce” è tornata ripetutamente come filo conduttore di questa Epifania: “Risplendi Gerusalemme, la luce di Dio brilla su di te”. “Verranno da lontano e si illumineranno alla tua luce”. 2 Allora celebriamo oggi la festa della luce, perché si verifica oggi come l’esplosione nella terra della luce di Dio. E’ una festa che si riferisce sia alla culla di Betlemme, sia alla visita dei pastori, sia all’incontro con i Magi, quale incontro prefigurante con tutti i popoli. Il prefisso “epi” anteposto a “pania” indica proprio la pienezza ricolma della luce: epifania. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci dice che perfino il cielo ha risposto all’invito della luce. E’ comparsa una stella: “abbiamo visto la sua stella dall’oriente”, e quella stella è stata la risposta del cielo alla luce di Dio che era scesa sulla terra. Dio per un istante ha abdicato alla sua abituale legge del “silenzio”, che è invece il suo stile (cf. Lam. 3,26). Ha chiamato gli angeli sulla culla i quali hanno circondato di canti il neonato Figlio di Dio: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra”. Poi ha chiamato una stella a fare da battistrada ai cercatori della verità; e ha chiamato intorno a Gesù, Maria e Giuseppe, i pastori, cioè i semplici del mondo; poi i magi, e così gli intellettuali, coloro che hanno un’alta cultura, affinché nel mondo ci si accorga che l’invito alla luce è finalmente per tutti. Dunque “festa della luce”; festa della rivelazione; la festa che toglie il velo e fa splendere l’immensità della luce, la epifania di Dio. S. Paolo, nella lettera a Timoteo ha raccolto questi pensieri in un componimento che sembra un inno intitolato Mistero della pietà: “Gesù fu manifestato nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu predicato alle genti, fu creduto nel mondo, fu elevato nella gloria” (II Tim. 3,16). L’Apostolo ha chiamato in causa tutti, quasi a dire: “ma non vi accorgete ancora che Dio ci ha visitato? Non vi accorgete che Dio non ha più niente da darci perché ci ha dato tutto?”. In questa festa della luce bisogna pertanto che noi raccogliamo i grandi messaggi che Iddio ci manda. 3 Il primo messaggio: noi, dal giorno dell’Epifania, cioè dal giorno in cui Gesù si è incontrato con i magi, noi dovremmo aver capito e dovremmo ogni giorno di più capire che la famiglia di Dio si chiama “il mondo”. In Dio non c’è distinzione di razza, di popolo, di nazione, di cultura, ma ogni uomo, che è su questa terra, è chiamato da Dio a vedere “la luce” e gli uomini che riflettono sul loro volto la luce di Dio, sono divinizzati, sono famiglia di Dio, sono fratelli. In Lui era la vita e la vita è la luce degli uomini (Gv 1,4). Oggi è epurato ogni nazionalismo e colui nel quale alberga un poco o tanto di nazionalismo, sappia che la stella del cielo gli indica la strada e la luce di Betlemme; e se tale luce non è ancora in grado di svelarsi è perché gli occhi di costui sono ancora chiusi. Nessuno, dal giorno dell’Epifania, ha il monopolio di Dio. Di questo, noi cristiani, dovremmo accorgercene senza indugio. Noi crediamo in Gesù, proclamiamo Gesù, evangelizziamo Gesù: ma questo non è un vanto o una sfida, è un dono di Dio; è – come direbbe San Paolo – un dovere intrinseco alla nostra chiamata. Ascoltiamo S. Paolo stesso al riguardo: “Dio ci consola con ogni consolazione affinché anche noi consoliamo con la consolazione con la quale ci ha consolati” (1Cor. 1,4). Per dirlo con parole più semplici: “Dio non dona perché uno tenga; Dio dona perché uno dia”. Ciò dovrebbe suscitare in noi una grande umiltà; non abbiamo niente di nostro da offrire (“cosa hai che non ti sia dato e se ti è dato perché ti comporti come se lo avessi guadagnato?” (cf. 1 Cor. 4,7). Dare Gesù è per noi un “debito”: “guai a me se non evangelizzo. Per me evangelizzare non è un vanto, ma un debito” (cf. 1Cor. 9,16). Il cristiano è di casa in tutte le famiglie del mondo; e appena un cristiano incontra dunque una persona umana, ha dinanzi un creditore di Vangelo. L’Epifania è la festa della famiglia universale del mondo. Gli ultimi sono diventati primi. Quando i Magi sono giunti a Gerusalemme, da Erode, sono stati accolti con una evidente ipocrisia: “fatemelo sapere”, disse Erode. 4 Egli sembrava incline e proteso alla verità; ma invece ha fatto della menzogna la sua “verità”. Mentre, al contrario, i Magi, venuti da lontano con tutt’altre prospettive, erano mossi dal desiderio della verità: “siamo venuti da lontano, siamo venuti per cercarlo, siamo venuti per adorarlo. E quando lo abbiamo trovato, lo abbiamo adorato.” La seconda idea che dalla Epifania scaturisce, come da una sorgente d’acqua, ci spinge ad una “opzione fondamentale”. Vuol dire che tutte le nostre decisioni di vita, dalle più piccole alle più grandi, dalla scelta del vestito alla scelta del cibo, alla scelta della fecondità, alla scelta della professione, alla scelta della compagnia umana, devono essere guidate da un’idea di fondo, anzi, da una scelta di fondo, perché se siamo guidati da una scelta di fondo le nostre azioni sono come i coralli di una collana, legati insieme da un unico filo; se invece noi siamo distratti e non abbiamo una scelta di fondo, la nostra vita è frantumata. Da cosa sono state dettate le scelte di questa giornata epifanica? Lo hanno detto i Magi: “siamo venuti per adorarlo”. La parola “adorarlo” nella teologia biblica significa “siamo venuti per inginocchiarci davanti a Lui; siamo venuti per venerarlo; ma siamo venuti per sceglierlo quale guida e – anzi – Dio della nostra esistenza”. Allora noi cristiani dobbiamo interrogarci sempre, se nella nostra vita, Gesù è il “tutto”. Quando l’unica risposta di scelta della nostra vita fosse Gesù, allora potremmo dire “siamo adoratori in spirito e verità”. Sono quelli che il Padre cerca, lo ha detto Gesù alla Samaritana (Gv. 4,23). Allora, cari fratelli, uscire dal periodo natalizio che culmina nel giorno dell’Epifania, vuol dire interrogarci una volta di più e ancora se Gesù è la vita della nostra vita. La terza idea suggerita dall’Epifania è la seguente. I Magi, avvisati in sogno di non tornare da Erode, hanno cambiato il loro programma; sono tornati per “altra strada” nella loro Regione. Questa espressione “cambiare strada” è molto significativa nei Vangeli e nella predicazione apostolica. E’ sinonimo di “conversione”, di “impostazione nuova di 5 vita” (cf. At 9,35; Lc 22,32; Gc 5,19). Erode era sulla via della menzogna; l’altra direzione o strada è la via della verità e della giustizia. Nel mondo che ci circonda, basta poco per accorgersi di come non vince certo l’idea di Gesù e della verità, ma della menzogna, dell’ipocrisia e a volte del libertinaggio. Bisogna pertanto uscire dal periodo di Natale, ripromettendosi di “cambiare la strada”: non bisogna più tornare da Erode, perché Erode non ha lo scopo della verità e di Cristo. Erode ha lo scopo di azzerare Cristo. In questo non importa essere pochi o tanti: importa che usciamo dell’Epifania con un impegno profondo: Gesù sia la nostra luce e noi restiamo illuminati da Cristo. 6