CAPITOLO 2 IL PROCESSO DI INSEGNAMENTO-APPRENDIMENTO IN EDUCAZIONE FISICA 2.1. I PREREQUISITI I prerequisiti del processo di insegnamento-apprendimento sono l’attenzione, la motivazione, le emozioni, l’autostima ed il concetto di sé, tutti questi aspetti sono fondamentali affinché vi sia un processo di insegnamento-apprendimento stabile ed efficace. 2.1.1. L’ATTENZIONE L’attenzione è un processo particolare, vi sono diversi stimoli che provengono dal mondo esterno che cercano di allontanare la stessa, questi possono essere messi in relazione con il livello di Arousal. L’attivazione, o livello di Arousal appunto, può essere valutata in diversi modi, il più semplice è la misurazione della frequenza cardiaca che più è alta più aumenta il livello di attivazione che aumentando fa diminuire il filtro attentivo. Possiamo immaginare che l’attivazione ideale per un processo attentivo ottimale non è con un’attivazione elevata (ad esempio correre e stare attenti a particolari insignificanti è difficile!) ma con un’attivazione media bassa. Ciò significa che in palestra se in una lezione si prevede un lavoro di attenzione bisogna evitare ai ragazzi un riscaldamento che li iperattivi. Questo è per capire che il concetto di attenzione è legato a quello di filtro, il quale può stringersi o allungarsi, comportando riflessi didattici importanti (con un filtro troppo largo si tende a distrarsi con un particolare insignificante, con un filtro stretto si vedono solo uno o pochi elementi e possono sfuggire dei particolari importanti per la risoluzione del problema). Nideffer ha fatto un test sullo stile attentivo notando che l’attenzione ha due dimensioni: ampia-risretta e interna-esterna. Queste due dimensioni costituiscono dei quadranti che in ogni posizione caratterizzano un’area relativa ad un’attività motoria o sportiva. Test di Nideffer. 2.1.2 LA MOTIVAZIONE Qual è l'origine della motivazione ad apprendere? Il soggetto è spinto o attratto verso le diverse situazioni di apprendimento? Quanto influisce nell'esecuzione di un compito la 1 prospettiva di ricavarne una gratificazione, intesa come un buon voto o come l'approvazione da parte di terzi? I riconoscimenti esterni possono conciliarsi con le motivazioni intrinseche? Quali sono le emozioni provate e le riflessioni fatte da chi viene rinforzato? 2.1.2.1 DEFINIZIONE Etimologicamente la parola "motivazione", dal latino motus, indica un movimento, una spinta che suggerisce una direzione del soggetto verso un oggetto; definizione valida per alcune teorie come le comportamentiste e le psicodinamiche ma non per altre che pongono l'accento sulle aspettative, obiettivi, atteggiamenti ed elementi sociali. Come sottolineano Boekaerts e Nenninger (1999) attualmente la motivazione all'apprendimento è sempre più interpretata come un insieme di aspetti cognitivi e affettivi fra loro interagenti. Esempi di interrelazione fra emozione e cognizioni sono le aspettative che nutriamo, gli obiettivi di apprendimento e il concetto di abilità. La motivazione all'apprendimento è quindi un insieme di esperienze soggettive, di origine intrinseca o estrinseca, quali gli obiettivi, le aspettative, i processi emotivi, i valori, gli interessi personali, le attribuzioni formulate nelle situazioni di successo e insuccesso, che conducono l'individuo a imparare. Una caratteristica importante del concetto di motivazione è, infatti, l'esistenza di uno scopo da raggiungere. Secondo Rossana De Beni la motivazione è un concetto piuttosto ampio che può avere sfumature diverse secondo il punto di vista da cui si considera. Una distinzione classica fra le motivazioni è quella che diversifica fra motivazione intrinseca, estrinseca e motivazione alla riuscita. 2.1.2.2 CLASSIFICAZIONI Le motivazioni possono essere suddivise in tre categorie: Psicofisiolagiche –biologiche: fame, sete, sonno -antropomorfe: manipolazione, esplorazione Psicodinamiche –derivanti dal vissuto personale nella mediazione tra pulsione originaria e realtà Psicosociali –insieme di prescrizioni comportamentali elaborate soggettivamente da ciascuno La piramide dei bisogni di Maslow, che parte da bisogni di tipo fisico e sociale e va verso un concetto di tipo psicodinamico. Vedi il disegno della scala dei bisogni di Maslow (pag50, Metodologia dell’insegnamento sportivo Madella, Cei, Londoni, Aquili). La 2 motivazione è un costrutto teorico che non può essere osservabile e che può essere solo inferito dal comportamento. Il maggior contributo di Maslow alla conoscenza del comportamento umano è il concetto di autorealizzazione: per Maslow, infatti, l’individuo autorealizzato è colui che ha raggiunto un senso di armonia personale ed ha ottimizzato lo sviluppo delle sue potenzialità. La gerarchia di Maslow parte dai bisogni fisiologici di base per giungere attraverso la soddisfazione dei bisogni psicologici all’autorealizzazione. Le motivazioni possono essere di tipo intrinseco, derivanti cioè da un bisogno di tipo interno oppure di tipo estrinseco, dipendenti dalla relazione con l’adulto e con i coetanei, in base alle tecniche di rinforzo attivate. Classificazione presa da R. De Beni e A. Moè, (Motivazione e apprendimento, Il mulino 2000, Bologna): Motivazione Estrinseca Motivazione Intrinseca Interesse Individuale Affrontare un compito per ottenere qualcosa di diverso dall’attività di per sé (Skinner, 1974) Affrontare il compito per se stessi e non per finalità esterne (Berlyne 1960) Interesse situazionale Autodeterminazione Attribuzione Percezione competenza Autoefficacia di Energia stabile, maturata nel corso degli anni, per effetto del desiderio di incrementare la propria competenza e mostrare un personale investimento nel settore considerato (Schifele 1991) Energia transitoria dipendente dalle specifiche caratteristiche di un evento o di un oggetto in un determinato contesto (Hidi 1990) Essere soggetto attivo del proprio apprendimento e della costruzione dei personali schemi di sé Ricerca di cause per spiegare perché si ottengono determinati risultati (Weiner 1985) Giudizio circa la personale abilità nell’affrontare certi compiti (Pintrich e De Groot) Valutazione circa la propria capacità di riuscire ad affrontare un determinato tipo di compito (Bandura 1997) Desiderio di ottenere giudizi positivi ed evitare quelli negativi sulla propria competenza (Dweck e Leggett 1988; NichOlls 1990; Ames 1992) Desiderio di incrementare le proprie competenze e conoscenze attraverso l’impegno (Dweck e Leggett 1988; Nicholls 1990; Ames 1992) Orientamento alla prestazione o al sé Orientamento alla padronanza, al compito o all’apprendimento Orientamento Cercare di ottenere il massimo con il minimo impegno (Meece, Blumenfeld e Hoyle all’evitamento 1988) Obiettivi sociali Desiderio di compiacere o di appartenenza o di solidarietà con gli altri (Urdan e Maehr 1995) 3 2.1.2.3 Motivazione intrinseca Motivazioni intrinseche vengono considerate le pulsioni omeostatiche come la fame e la sete e che quando vengono soddisfatte scemano. A differenza di quanto accade con queste pulsioni, l’attività di esplorazione non porta a una riduzione della pulsione che l’ha originata, anzi questa ne risulta accresciuta. Secondo Berlyne, l’individuo tende a raggiungere e a mantenere un livello ottimale di attivazione dell’organismo, che dipende dall’intensità delle stimolazioni ambientali. Le condizioni ottimali per il comportamento esploratorio dipendono sia dallo stato dell’organismo sia dalle caratteristiche degli stimoli esterni: importanti sono le proprietà degli stimoli, cioè quelle caratteristiche di sorpresa, novità, complessità, incongruenza, che producono nell’individuo incertezza e conflitto e che attivano uno stato motivazionale di curiosità. Questo stato viene definito “potenziale di sviluppo” da Vygotzkij, ed è da questo stadio che parte la pedagogia dei lavori individualizzati; non per tutti infatti lo stimolo sarà uguale in quanto partono tutti da differenti livelli. La curiosità provoca un’attività esploratoria rivolta al superamento dell’incertezza o del conflitto attraverso la ricerca di nuove informazioni. Perché ciò avvenga l’intensità della stimolazione deve essere media: se la stimolazione è troppo bassa (se, per esempio, l’ambiente circostante è eccessivamente monotono e ripetitivo) o se, viceversa, è troppo forte (un ambiente troppo nuovo o complesso e frastornante), ciò può determinare nell’individuo un effetto inibitorio. Dallo stesso Vygotzkij questo concetto viene definito come sfida ottimale, il soggetto è in grado di rispondere in quanto la richiesta è adeguata al potenziale di risposta del soggetto. Si parla anche di “competizione intrinseca”. In un’attività intrinsecamente motivata la ricompensa è costituita da sentimenti di competenza e autonomia provati dal soggetto nell’affrontare situazioni che incoraggiano la sfida. La motivazione intrinseca è mantenuta elevata da fattori che provocano la percezione di locus di causalità interna in un comportamento; cioè l’alunno si sente competente, si sente in grado di gestire l’ambiente in cui si trova. 2.1.2.4 L’attribuzione causale Le attribuzioni causali sono le spiegazioni che gli alunni, o gli insegnanti, danno dei successi o insuccessi personali o di quelle degli altri. È un processo cognitivo basato sia sulla percezione dell’evento, sia sul giudizio che di esso si dà. CAUSE Stabile Instabile Interna Capacità, attitudine Impegno, umore Esterna Difficoltà del compito Fortuna 4 Heider (1958) ha evidenziato due tipi di cause cui possono essere attribuiti successi e fallimenti: le cause interne come capacità e sforzo; le cause esterne come circostanze sfavorevoli, difficoltà dell’impresa. Vi sono soggetti che pensano di essere loro stessi a controllare le proprie azioni e soggetti che ritengono di dipendere dalle circostanze a loro esterne. Weiner (1992) ha insistito sul fatto che occorre distinguere ulteriormente le possibili cause a cui si possono attribuire i successi e i fallimenti. In primo luogo sia le cause interne, che esterne possono essere viste come stabili o instabili. A esempio l’impegno o l’umore sono considerate cause instabili, perché soggette a fluttuazioni, mentre la capacità o l’attitudine vengono spesso considerate come cause stabili. Weiner sostiene dunque che, nelle situazioni di profitto scolastico, le persone tendono ad attribuire il proprio fallimento o successo ad una tra quattro ampie categorie di cause: la propria capacità, la propria fortuna, il proprio impegno o la propria difficoltà del compito. Queste attribuzioni determinano, a loro volta, i sentimenti delle persone nei propri confronti (come la stima di sé stessi) le loro previsioni di successo e la probabilità che esse si impegneranno di più o di meno nel compito futuro. Ad esempio, se una persona attribuisce il proprio fallimento a qualcosa di instabile e che può controllare (l’impegno, ad esempio), essa si sentirà colpevole e potrà ritenere possibile un successo futuro se si sforzerà maggiormente. Se, invece, una persona attribuisce il proprio fallimento ad una scarsa capacità e questa è ritenuta una caratteristica stabile, essa si sentirà depressa e prevederà un nuovo fallimento, di qui un minor impegno e un più facile ulteriore fallimento. Il Boscolo ha sviluppato questi concetti, per lui la motivazione è un insieme di vari costrutti che si uniscono all’interno di questo stesso pensiero. Nell’individuo c’è la necessità di autodeterminazione, a scuola vi sono problemi quando l’apprendimento si sovrappone alla riuscita. Non è solo un problema di risultato ma è un problema di non riuscire a raggiungere i minimi livelli richiesti. La motivazione è legata all’obiettivo che ci si pone, che può essere situazionale, cioè l’insegnante costituisce l’interesse nel contesto del momento oppure disposizionale cioè l’interesse sta nel percorso in cui l’insegnante si muove. In relazione a questo sono legati i concetti di attivazione ben rappresentati nella legge di Yerkes e Dodson che dice: “La prestazione è scarsa quando l’attivazione è ridotta, diventa ottimale quando è media, quando l’attivazione è troppo elevata la prestazione tende a cadere. Dopo Yerkes e Dodson, si sono studiate altre teorie come la reversal theory che mette in relazione il livello di attivazione con il tono edonico, vale a dire con le emozioni, che è percepito come piacevole o spiacevole, a seconda se l’attivazione è ridotta o elevata, quindi un tono edonico piacevole con attivazione ridotta da rilassamento; un tono edonico spiacevole con attivazione ridotta causa noia; attivazione elevata e tono edonico spiacevole creano ansia; attivazione e tono edonico 5 elevati creano eccitamento, emozione sicuramente provata da chi ha praticato sport. A questo concetto si lega il sistema del sé e la competenza percepita. 2.1.2.5 Motivazione come comportamento motivante dell’insegnante IL CONSENSO: quando l’insegnante fa affermazioni di consenso o ha un comportamento di consenso. Esempio: 1-questo metodo ha le maggiori probabilità di diminuire le motivazioni intrinseche 2-questo metodo è efficace con i giovani atleti e con quelli con basso concetto di sé. È un premio che viene da fuori, è una norma di sviluppo cella motivazione estrinseca. L’INTERIORIZZAZIONE: quando un comportamento sviluppa determinati aspetti. Esempio: 1-questo metodo motiva un atleta attraverso la sua fiducia 2- questo metodo è inefficace per la maggior parte degli atleti immaturi L’IDENTIFICAZIONE: quando un allievo si sente identificato in un’affermazione o in un atteggiamento dell’insegnante o di un’altra persona. Esempio: 1-questo metodo incoraggia l’atleta a giocare per fare piacere all’allenatore 2- questo metodo richiede un buon rapporto allenatore/atleta per avere successo. L’atleta si identifica in qualcosa che è al di fuori di sé. 2.1.2.6 Il rinforzo IL RINFORZO POSITIVO: segue la messa in atto del comportamento. L’alunno è bravo in quella determinata attività ed è scelto dall’insegnante come esempio per la dimostrazione di uno specifico gesto. Esempio: 1- una presa a tuffo seguita da un applauso e l’affermazione “bella presa!” 2-scegliere il leader di gioco in base alla bravura dell’esecuzione. Il rinforzo positivo tende a creare motivazione. IL RINFORZO NEGATIVO: è spiacevole ma riflette in modo produttivo sull’apprendimento. È un comportamento che toglie qualcosa, un pezzo di lezione, per esempio. È stimolante per gli alunni, è un rinforzo perché la lezione successiva si comporteranno bene, si daranno da fare. È una modalità negativa di rinforzare i ragazzi, perché gli si toglie una cosa progettata prima. Esempio: 1-la squadra si è affrettata durante l’intero allenamento e come risultato non è stato chiesto di correre i consueti giri di corsa alla fine dell’allenamento. LA PUNIZIONE: è uno stimolo avverso che serve per eliminare una risposta creata. Tolgo all’alunno la possibilità di giocare. Esempio: 1-comportamento scorretto seguito da giri di corsa. 2- tenere in panchina l’atleta a causa della violazione delle regole di squadra. 6 2.1.3 AUTOSTIMA E CONCETTO DI Sé Il concetto di autostima ha una serie di definizioni con diverse sfacettature legate ai differenti aspetti del sistema del sé. Innanzi tutto il sistema del sé può essere suddiviso in tre differenti aspetti: il concetto di sé, self-worth, la stima di sé, self-easting, lo schema del sé, self-efficacy. Partiamo dunque dal duplice significato del termine competenza: è la capacità di affrontare e padroneggiare l’ambiente e i problemi che esso pone; è ciò che l’individuo sa, percepisce e sente a proposito della propria capacità. La competenza viene intesa come significato emozionale e motivazionale di valutazione delle aspettative che l’individuo costruisce sulle proprie capacità adattive e quindi ciò che il soggetto pensa di sé e sulle proprie capacità di mettersi in gioco e di adattarsi all’ambiente; è la capacità di sviluppare le abilità ed i saperi in un contesto. È la rappresentazione che un individuo si fa attraverso l’interazione con l’ambiente. 2.1.3.1 L’AUTOPERCEZIONE DI COMPETENZA dagli studi di S. Harter Il concetto di sé si articola in varie dimensioni specifiche che si differenziano e modificano con l’età e cui si accompagna un valore globale del sé. S. Harter identifica la stima di sé con il valore globale del sé (self-worth), cioè il valore che un individuo attribuisce a se stesso come persona. Harter assume che il bambino non si percepisca come egualmente competente in ogni campo di attività: la percezione della competenza non è un tratto unitario, bensì differenziato in relazione ad alcuni fondamentali settori della vita del bambino. Attraverso interviste con i bambini e l’osservazione del loro comportamento a scuola sono stati individuati tre settori o aree di competenza: 1. La competenza cognitiva, che riguarda l’attività e il rendimento scolastico; gli item riguardano il fare bene a scuola, il ricordare facilmente le cose, il comprendere quello che si legge ecc. 2. La competenza sociale, che riguarda i rapporti con i coetanei; gli item riguardano l’avere molti amici, l’essere simpatico ai compagni, il collaborare ecc. 3. La competenza fisica, che riguarda l’attività sportiva; gli item vertono sul praticare bene gli sport, sul riuscire bene in giochi nuovi ecc. La motivazione di competenza è legata alla libera sperimentazione dell’ambiente nelle sue diverse parti e ad altri aspetti legati al bisogno intrinseco di acquisire padronanza e controllo della situazione (dalla motivazione all’autostima, elemento fondamentale su cui lavorare). La padronanza ed il senso di efficacia e competenza assume il significato 7 nello sviluppo del bambino o ragazzo che in questo processo di interazione giocosa è intrinsecamente gratificato dall’ambiente stesso e quindi apprende. Il rapporto dell’individuo con il successo o l’insuccesso gioca un ruolo importante sulla motivazione; S. Harter elabora il concetto di sfida ottimale in cui il bambino ottiene la massima gratificazione quando i fortunati tentativi di padroneggiare l’ambiente rappresentano il grado ottimale di difficoltà. Se il compito è troppo difficile, l’alunno si siede e non fa niente, se il compito è troppo facile si demotiva. Il bambino impara ad utilizzare un sistema di autogratificazione mediante il rinforzo positivo, i propri tentativi di padronanza, i segnali affermativi dati da genitori ed insegnanti, l’indipendenza del comportamento mostrato. Durante i tentativi di padronanza aumenta la motivazione di competenza; se i risultati sono negativi i cui motivi possono essere: mancanza di rinforzo, disapprovazione dei tentativi di padronanza, modellamento della disapprovazione, rinforzo della dipendenza, tende a diminuire. Vi è quindi una mancanza di competenza percepita, una sensazione di fallimento dei tentativi fatti e diminuisce quindi la percezione di competenza. Il compito prioritario dell’insegnante è quello di definire gli obiettivi che mettono in grado l’alunno di avere una sfida ottimale di fronte a sé. 8