Intolleranze alimentari Nell’allergia alimentare un’anomala risposta del sistema immunitario risulta nella produzione di anticorpi (principalmente di classe IgE) specificamente diretti contro molecole di cui sono composti gli alimenti. Alcune persone presentano disturbi, generalmente di natura gastroenterica, in seguito all’assunzione di determinati alimenti anche in assenza di specifici anticorpi. I disturbi sono indotti attraverso differenti meccanismi conosciuti nell’insieme come ipersensibilità alimentare non IgE-mediata o più comunemente intolleranza alimentare. L’intolleranza alimentare è molto più comune dell’allergia alimentare. L’insorgenza dei sintomi è in genere più lenta e può essere ritardata di molte ore rispetto all’assunzione dell’alimento avverso. I sintomi possono persistere anche per molte ore e talvolta giorni. La contemporanea intolleranza a molteplici alimenti non è infrequente e può essere difficile stabilire se una condizione di intolleranza alimentare possa essere la causa di una malattia cronica e quali cibi ne siano responsabili. Nell’allergia alimentare il paziente in genere non riesce a tollerare nemmeno minime quantità dell’alimento verso cui possiede anticorpi senza presentare sintomi e questo rende relativamente facile la diagnosi. Inoltre sono disponibili test che individuano gli anticorpi IgE diretti verso centinaia di alimenti per cui il sospetto di allergia alimentare può essere in genere confermato senza troppa difficoltà. Alcuni individui con intolleranza alimentare possono sopportare ragionevoli quantità di cibo verso cui sono intolleranti e presentare sintomi solo se mangiano troppo o troppo spesso quell’alimento. I sintomi della intolleranza alimentare sono vari: sintomi generali come astenia, dolori articolari, occhiaie, sudorazioni notturne; sintomi gartointestinali come diarrea e vomito, meteorismo, colon irritabile; sintomi cutanei come rash ed eczema. L’intolleranza alimentare può insorgere come conseguenza di: 1) Difetti Enzimatici. Gli enzimi sono necessari per scindere le sostanze naturali contenute negli alimenti. Se questi enzimi mancano o sono presenti in quantità insufficienti l’ingestione di alcuni cibi può causare disturbi perché parte del contenuto di quel cibo non può essere adeguatamente assorbito dall’organismo. Nella ben nota e paradigmatica intolleranza al lattosio l’organismo manca o è carente dell’enzima lattasi che scinde il lattosio (lo zucchero contenuto nel latte) in zuccheri più piccoli pronti per essere assorbiti dall’intestino. Infatti il lattosio è una molecola troppo grande per essere assorbita attraverso la parete intestinale nella sua forma intatta e la sua presenza nell’intestino causa spasmi, dolore, meteorismo, diarrea e più in generale malessere. Purtroppo, questi stessi sintomi possono occorrere anche nell’allergia al latte, cioè quando nell’organismo sono presenti anticorpi IgE diretti contro le proteine del latte. Quindi non è possibile distinguere l’allergia dall’intolleranza senza l’aiuto di un esperto. Quanto riportato per il latte vaccino vale sostanzialmente anche per la maggior parte dei cibi che richiedono per la loro digestione un certo numero di attività enzimatiche. Quindi le deficienze enzimatiche possono essere importanti fattori nel determinismo delle intolleranze alimentari. 2) Attività farmacologiche degli alimenti. Alcuni cibi contengono naturalmente sostanze chimiche che hanno un effetto farmacologico sull’organismo quali per esempio la caffeina contenuta nel caffè nel tè e nella cioccolata o le amine di certi formaggi. Alcune persone sono più sensibili agli effetti di queste sostanze di altre che riescono invece a tollerarle a meno di ingerirne grandi quantità. 3) Sostanze tossiche contenute negli alimenti. Alcuni cibi contengono naturalmente sostanze che possono esercitare un effetto tossico sull’organismo causando in genere vomito e diarrea. Nei fagioli e nei ceci poco cotti queste sostanze sono le aflotossine in grado di scatenare i suddetti sintomi. Tuttavia, negli stessi alimenti cotti a lungo le aflotossine non sono più presenti e questo può risultare in messaggi confondenti per certi pazienti che sembrano talvolta tollerare un determinato alimento e altre volte no. 4) Contenuto in istamina. Alcuni cibi contengono naturalmente istamina ed altri (quali ad esempio certi pesci che non sono freschi o che non sono stati conservati adeguatamente possono sviluppare un accumulo di istamina nelle loro carni col passare del tempo. In alcune persone questa istamina formatasi spontaneamente può causare reazioni importanti come rash, epigastralgia, diarrea e vomito e in certi casi sintomi che possono addirittura mimare l’anafilassi. 5) Contenuto in salicilati. Molti cibi contengono naturalmente salicilati e la tolleranza delle persone a questa molecola è varia. Salicilati non sono presenti nei cereali, nella carne, nel pesce, nel latte, nelle uova e nei formaggi (con la sola eccezione della mozzarella che ne contiene una quantità minima e tuttavia da considerare). La maggior parte degli individui può mangiare cibi contenenti salicilati senza alcun problema, ma alcune persone possono avere dei disturbi se ne mangiano grandi quantità poiché il contenuto totale in salicilati raggiunge livelli non più tollerati. Possono osservarsi reazioni di tipo irritativo se si supera la quantità di 12-15 mg di salicilati al giorno. La dieta per i salicilati non ne prevede la totale esclusione, ma piuttosto l'assunzione controllata. 6) Contenuto in additivi. Una gran quantità di additivi naturali e artificiali sono usati per colorare, conservare e processare i cibi. Alcune persone possono avere disturbi provocati da ipersensibilità ad additivi alimentari. Come riconoscere un’intolleranza alimentare? Alcune caratteristiche della reazione avversa al cibo, come la sequenza e la tipologia dei sintomi, possono aiutare a distinguere le reazioni dovute ad intolleranza alimentare da quelle dovute ad allergia. E’ essenziale tenere un accurato e dettagliato diario dei cibi consumati e dei sintomi, possibilmente sottolineando gli alimenti sospetti. Poichè i cibi responsabili non sono facilmente riconoscibili il diario costituisce un importante punto di partenza sul quale basare la dieta di esclusione e la successiva reintroduzione dei cibi. Il tempo intercorrente tra l’ingestione dell’alimento e l’inizio della sintomatologia dipende da numerosi fattori. Se il cibo è consumato occasionalmente, l’inizio dei sintomi può variare da pochi minuti a parecchie ore. Diverso è il caso se il cibo è consumato regolarmente, per cui ciascuna reazione si innesta sulla precedente portando allo sviluppo di una sintomatologia cronica senza quindi una chiara corrispondenza tra ingestione dell’alimento non tollerato e insorgenza della sintomatologia. In questi casi è evidente che non è facile identificare l’alimento responsabile. Diversamente da quanto accade nell’allergia alimentare dove i sintomi in genere prevedibili l’intolleranza alimentare può presentarsi con un ampio corredo di sintomi prevalentemente gastrointestinali ma talora sistemici ed aspecifici. Contrariamente a quanto viene riportato in numerosi siti Internet che propongono i più svariati test non sono riferibili a intolleranze alimentari: cefalea, depressione, difficoltà alla concentrazione, dolori articolari, congiuntiviti, edemi, obesità, cellulite, infezioni ricorrenti. Al riguardo va detto, e con assoluta fermezza, che fatta eccezione per la malattia celiaca e l’intolleranza al lattosio non esistono test attendibili e validati per dimostrare un’intolleranza alimentare. Il solo strumento utile per diagnosticare un’intolleranza alimentare è la dieta di esclusione, detta anche per questo dieta diagnostica. I cosiddetti test "alternativi": kinesiologia applicata (DRIA test e simili), test di citotossicità (cytotoxic test o test di Bryan o ALCAT, ecc.), test EAV (elettroagopuntura secondo Voll, Vega test, Sarm test, Biostrength test e loro varianti), test di provocazione/neutralizzazione, test di provocazione/ neutralizzazione sublinguale, biorisonanza, analisi del capello, pulse test, test del riflesso cardiacoauricolare, test Melisa, mineralogramma, iridologia, test bioenergetico dei virus e batteri e simili non sono attendibili in quanto non sono in grado di individuare agenti causali di presunte "intolleranze alimentari", sono privi di validazione scientifica e non sono riproducibili. Inutile e scientificamente infondata è anche la ricerca di anticorpi della classe IgG specifici per alimenti. I test citati, a cui appartiene anche l'ALCAT (Antigen Leukocyte Cellular Antibody Test), basato sullo stesso principio del citotoxic test proposto nel 1956 e poi abbandonato nella pratica medica, oltre a non fornire informazioni utili dal punto di vista sanitario, sono costosi e inducono a diete inutili se non dannose. Ad onor del vero, i pazienti spesso dichiarano, nell’immediato, di avere meno disturbi intestinali eseguendo le drastiche diete consigliate dai centri che eseguono i suddetti test. Questo però è facilmente comprensibile se si considera che la prassi di tali centri è di segnalare come non tollerati praticamente tutti i principali alimenti della nostra dieta ed in particolare quelli notoriamente più “impegnativi” per l’intestino umano quali cereali, legumi, frutta, verdure, latte, etc. In questo modo il centro si garantisce da un lato una certa efficacia clinica in quei pochi pazienti che riescono a seguire scrupolosamente la dieta, dall’altro la facile scusante della cattiva esecuzione della dieta nei pazienti che non migliorano clinicamente. Nei pochi pazienti che riescono ad eseguire “alla lettera” la dieta per lunghi periodi, si assiste nell’arco di qualche settimana ad una consistente perdita di peso, altro aspetto visto inizialmente in modo positivo dai pazienti che si trovano spesso in una condizione di sovrappeso. A questi solo apparentemente effetti positivi fanno seguito però ben presto tutta una serie di effetti negativi tra cui instabilità emotiva, irritabilità, depressione (anche per il pessimo aspetto fisico che si acquisisce con il passare dei giorni: colorito pallido, pelle secca e anelastica, aspetto vecchieggiante), astenia, crollo delle difese immunitarie con possibile insorgenza di infezioni più o meno gravi. Chi invece non riesce ad eliminare tutto dalla dieta, (e cioè la maggior parte delle persone che si rivolgono a questi centri) entra in uno stato di depressione dovuto sia alla disistima delle proprie capacità che all’idea della inguaribilità della malattia. Il solo strumento diagnostico come abbiamo visto è la dieta di esclusione. I cibi sospetti sulla base del diario dei cibi consumati e dei sintomi sono eliminati per il tempo strettamente necessario a vedere se la sintomatologia migliora o si risolve. In genere si va dalle due alle sei settimane in relazione alla gravità dei sintomi. E’ bene in questo periodo sostituire gli alimenti eliminati con altri di pari valore nutrizionale. E’ vero che l’esecuzione di questa dieta richiede notevole aderenza, dedizione e sacrificio, ed il supporto oltre all’allergologo del nutrizionista, ma i risultati potrebbero cambiare la vita! E’ bene anche scegliere il periodo giusto per iniziare evitando le vacanze e le festività. L’eliminazione per settimane o mesi dell’alimento reattivo può portare alla reintroduzione dell’alimento senza reazioni. Si è indotto così il fenomeno della tolleranza il cui mantenimento dipende dall’individuazione della “soglia” per frequenza e quantità per quella determinata persona, cioè in pratica alla determinazione di quanto cibo può essere occasionalmente tollerato prima di ricadere nella sintomatologia.