Etica e morale
MORALE: mos- moris (costume, usanza, abitudine, comportamento, regola); lo studio del
comportamento della persona.
ETICA: ethòs; è la riflessione sul giusto comportamento relativo alla vita sociale e civile
(etica dello sport, etica politica, etica industriale, etica economica, etica ambientale, etica
sociale,ecc.).
BIOETICA: riflessione morale su tutto ciò che riguarda il rispetto della vita umana (dal
suo nascere al suo morire) considerandone i suoi diritti: dignità, libertà, equità,
conoscenza, ecc.
Nel campo della riflessione morale rientra anche quella scienza che interviene sulla vita
prima del suo nascere chiamata BIOGENETICA.
La scienza fa passi da gigante nella sperimentazione scoprendo con sempre più sofisticate
tecnologie quei meccanismi che permettono la venuta al mondo di un essere umano,
spesso regolandone le modalità e i tempi di formazione. Non sempre però la scienza è così
sensibile in fase di sperimentazione alla dignità di ogni essere umano prima del suo
nascere, quindi la bioetica ha il dovere di intervenire quando l’azione di un medico o di
uno scienziato diventa umanamente discutibile.
La bioetica interviene quindi in materia di: aborto, fecondazione artificiale, FIVET,
manipolazioni genetiche, clonazione, diagnosi prenatale, e riflessioni che riguardano
comunque tutte le problematiche sulla vita dell’uomo quali: i trapianti, l’eutanasia e la
pena di morte.
Non esiste comunque un solo tipo di etica, ma vi sono diversi modi di riflettere su dei
comuni problemi su cui si fondano le diverse posizioni di chi ha il compito di giudicare
per la difesa della vita:
 ETICA TELEOLOGICA (utilitarista): riconosce un unico principio che è quello
della utilità, secondo il quale si fanno derivare tutte le intuizioni morali e si
giustifica
ogni tipo di posizione. Ad es. “spesso è conveniente abortire per
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migliorare la qualità della vita”- “chi soffre ed è in fin di vita può essere eliminato
se lo desidera”.
 ETICA DEONTOLOGICA prima facie (si ammettono eccezioni): riconosce tutti i
principi sacrosanti della vita umana, ma a volte vi possono essere delle eccezioni,
bisogna allora trovare un accordo ragionevole. Se questo non si trova prevale
sempre il principio che risulta preferibile dal punto di vista della minimizzazione
del danno. Ad es. “l’aborto è un male ma se la gravidanza crea dei problemi ad
una madre si può eliminare il bimbo” oppure “in caso di violenza carnale o di
malformazione del feto”. Quasi sempre si finisce nella logica utilitarista.
 ETICA DEONTOLOGICA (non ammette eccezioni): esistono dei principi che
vanno sempre difesi e non possono essere ammesse alternative. Ad es. “l’omicidio
è un male, non c’è nessuna legge naturale al mondo che può tutelare questa azione,
di conseguenza se l’aborto è come un omicidio rimane un’azione deplorevole e
sempre condannabile.
I due principali principi su cui si fondano queste diverse posizioni sono:
LA QUALITÀ DELLA VITA: per migliorarla posso accettare il sacrificio di alcune vite
umane o di mutarne il percorso naturale.
LA SACRALITÀ DELLA VITA: rispetto assoluto del processo biologico-naturale della
vita; quindi divieto di ogni pratica che interromperebbe o altererebbe questo processo.
In questo caso la riflessione si sposta anche sulla liceità dei metodi di contraccezione
artificiale.
Se nel primo principio la morale è un’impresa dell’uomo che decide di stabilirne le
regole in base alle esigenze collettive e moderne; nel secondo caso è l’uomo che deve
confrontarsi con leggi naturali immutabili nel tempo.
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L’ABORTO
L’aborto è l’interruzione provocata o spontanea della gravidanza, la sua approvazione in
quasi tutti gli Stati contemporanei ha acceso un lungo dibattito che probabilmente non si
esaurirà mai.
Ci si chiede se abortire significhi eliminare soltanto un ammasso di cellule o se sia una
vera e propria licenza di uccidere un essere umano a tutti gli effetti. Una cosa sembra
comunque chiara a tutti oggi, e cioè l’affermazione che l’aborto in sé non è un bene.
L’aspetto legislativo
Sicuramente una delle leggi più permissive al mondo è quella italiana, approvata dal
parlamento il 22 maggio 1978.
L’articolo 1 recita così: “ Lo Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana
sin dal suo inizio”. Naturalmente il testo non specifica che cosa si debba intendere per inizio
della vita, e negli articoli successivi si lascia capire che esso non può essere collocato nel
momento del concepimento. Infatti l’aborto è consigliabile entro 90 giorni della gravidanza
per motivi di salute fisica della donna, e dopo, solo in casi estremi; inoltre per molte
gravidanze la legge prevede la possibilità di aborto anche per le minorenni, senza ricorrere
necessariamente al consenso dei genitori.
Nel momento della sua promulgazione la “194” fu salutata come una conquista della civiltà
e come una rilevante conquista di un diritto della donna. Sicuramente l’intento di
legiferare su una questione così delicata come l’aborto non fu così criminale e nefasto come
può pensare qualcuno, ma se l’intenzione era quella di sconfiggere gli aborti clandestini
per la salvaguardia delle donne, oggi i dati denunciano una presenza ancora massiccia di
questi, che non sono stati affatto debellati. Inoltre la legalizzazione dell’aborto ha favorito
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il ricorso facile all’interruzione della gravidanza, dando a molti l’idea che la legalità civile
equivalesse ad una legalità morale.
Cosa fare allora; innanzi tutto lo Stato dovrebbe attuare una politica per la vita, che
incoraggi ogni donna in difficoltà a portare avanti la gravidanza, con sostegni di tipo
medico, psicologico, economico, sociale e morale. Dovrebbe inoltre attuare una politica
familiare che tuteli ogni persona a non considerare i figli come un impedimento alla
carriera o all’ascesa verso il benessere. Ma ad accettarli come una risorsa che arricchisce le
cellule della società, che sono le famiglie stesse. Infine è importante promuovere strutture
di sostegno per le ragazze madri e per quante desiderano portare a termine una
gravidanza.
La valutazione morale
Mentre la legge civile può in taluni casi rinunciare a punire l’aborto e quindi in qualche
modo tollerare questo male; la legge morale non può in nessun caso chiamare bene ciò che
è intrinsecamente male. La legge morale è sicuramente più estesa di quella civile, in
quanto essa proibisce il male sempre e spinge a fare il bene in tutte le circostanze. La legge
civile invece, respinge solo quei mali socialmente nocivi, non potendo materialmente
punire tutte le forme di male presenti nei singoli cittadini o nelle singole famiglie. Dal
punto di vista morale l’aborto volontario è un male gravissimo, in quanto rappresenta una
aperta violazione al comando di non uccidere e fa assumere a coloro che lo attuano una
decisione così pesante da non poterli lasciare indifferenti in coscienza.
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Alcuni tipi di aborto
L’aborto spontaneo è la perdita involontaria del feto. In linea generale esso non ricade
sotto la riflessione morale perché non coinvolge la volontà e la responsabilità dei soggetti;
ma nel caso in cui l’aborto è provocato dall’incuria della donna o del marito allora le
responsabilità vengono a monte.
L’aborto selettivo o eugenetico riguarda in genere i feti che presentano delle
malformazioni o delle anomalie. L’aborto selettivo sembra essere un male minore rispetto
alla eventuale nascita di questi bambini, ma in questo atteggiamento si rivelano pericolose
ambiguità, che a stento riescono a mascherare la realtà, e cioè che anche in questo l’aborto
rappresenta la soppressione della vita umana.
L’aborto come mezzo contraccettivo è uno dei tanti strumenti utilizzati in alcuni Paesi
particolarmente poveri, come sistema per il controllo delle nascite, questo è deleterio in
quanto per risolvere un problema sociale si utilizza un mezzo incivile.
L’aborto terapeutico e l’aborto indiretto è moralmente lecito se una donna ad es. è affetta
da un carcinoma all’utero gravido, che ne necessita l’asportazione. I due effetti
conseguenti sono uno buono e l’altro cattivo, ma in questo caso l’effetto cattivo dell’aborto
non rientra nel significato intrinseco della buona azione terapeutica, per la salvezza della
vita della donna mediante un intervento chirurgico all’utero.
Ma se per salvare la vita della madre si dovesse uccidere direttamente il feto, allora
l’intervento non è lecito, perché non è mai permesso uccidere un essere umano sia pure
per salvarne un altro (in questo caso infatti l’effetto negativo è volontario ed è la diretta
prerogativa di un’azione intesa come buona, ma che provocherebbe degli effetti
inaccettabili), cioè non è lecito fare il male affinché ne venga il bene.
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Indicazioni pastorali
La pratica dell’aborto senz'ombra di dubbio è una questione sociale che coinvolge tutte la
coscienze. Sicuramente viene colpito il rapporto tra genitori e figli già nati perché
potrebbero sentirsi dei sopravvissuti o perché comunque non ritrovano dei valori assoluti
da rispettare per il bene comune, viene stravolto anche il rapporto medico- paziente, il
medico non è più il guardiano della vita, ma può anche volere la morte.
Quando uno Stato dichiara che l’aborto su richiesta è un diritto dei suoi cittadini, dichiara
che le relazioni sessuali irresponsabili e la trasmissione irresponsabile della vita sono come
un diritto, e di fatto promuove il consumismo sessuale come standard sociale.
E’ auspicabile un’azione tesa a promuovere una sana educazione sessuale dei giovani, e a
punire severamente gli sfruttatori in questo campo, perché ognuno si senta responsabile
per il raggiungimento di una cultura per la vita sempre, anche quando questo può
costarne la propria.
Liberamente tratto da: M. CASCONE, Temi di bioetica, ed. sei, Torino 1996
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