UNITA' DIDATTICA 8 SEGNI E SIMBOLI IN CATTEDRALE ad uso dei bambini A chi si rivolge Quarte e quinte scuole primarie Discipline interessate Religione, Italiano, Geografia, Arte e Immagine Abilità/requisiti – Ascolto, Interpretazione, Elaborazione Azioni/attività Durata: due ore di lezione 1° lezione – Breve introduzione dell'insegnante di alcuni segni rituali: pane, vino, acqua, olio, sale, incenso per comprendere come nel processo di simbolizzazione l'alterità faccia acquisire nuovi significati. – L'insegnante chiede ai bambini di scrivere o disegnare un rito o un simbolo a loro familiare (tempo disponibile 10'). – Al termine raccoglie i foglietti e li attacca alla lavagna. – Si passa ad esaminare con breve discussione quali riti/simboli i ragazzi hanno indicato.L'insegnante spiega il significato di rito nella liturgia cristiana che vuole rivolgersi con un atto pubblico, in forma mediata, al trascendente perché l'uomo attraverso questa specifica esperienza si salvi. In una sequenza rituale abbiamo linguaggi verbali (proclamazioni, testi scritti) e non verbali (gesti, oggetti, fiori, vesti...) giungendo ad avere linguaggi non verbali che acquistano senso solo se uniti a linguaggi verbali. Un altro elemento linguistico che la liturgia esalta nel suo processo di comunicazione é il simbolo che vuole tenere insieme, essere luogo di originaria convergenza di ciò che può sembrare opposto. E se nel rito, attraverso il simbolo, il corpo e, in particolare i sensi vengono indirizzati comunitariamente e personalmente a cogliere l'alterità divina, a sua volta quest'ultimo orizzonte di senso fa sì che ogni gesto, ogni oggetto, ogni linguaggio diventi simbolico nel tentativo di tenere unite immanenza e trascendenza nella loro complessità. Illustra con il supporto di slides diversi esempi nella storia dell'arte di cattedre, amboni, altari (in allegato file con esempi di amboni, altari, cattedre in chiese italiane). Compito da svolgere anche insieme a piccoli gruppi: "Ricercare e, se possibile, fotografare segni simbolici all'interno del patrimonio religioso del territorio dei bambini" 2° lezione All'inizio della lezione i bambini comunicano le scoperte effettuate sul territorio, attaccando ad un cartellone le foto stampate a scuola con una breve didascalia. Dopo la visita in Cattedrale i bambini completeranno il cartellone con foto e un breve commento sull'esperienza vissuta. Obiettivi l'alunno riconosce i poli liturgici e ne individua tracce in Cattedrale e nelle chiesi presenti nel territorio di sua conoscenza l'alunno comprende il significato principale di ambone, cattedra, altare, cero pasquale e altri simboli e ne individua i significati di fede. Scheda ad uso degli insegnanti L’adeguamento liturgico della cattedrale reggiana (2005-2011) Con il restauro strutturale e architettonico del Duomo avviato nel 2003, si sono ritenuti maturi i tempi per accogliere le disposizioni liturgiche del Concilio Vaticano II, esplicitate dall’Episcopato Italiano con puntuali documenti nel 1993 e nel 1996, così da agevolare una fruttuosa partecipazione ecclesiale alle celebrazioni cultuali, come disposto dai Padri conciliari: La liturgia, mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa: in Tempio santo nel Signore; in abitazione di Dio nello Spirito; fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo, nello stesso tempo, in modo mirabile, irrobustisce le loro forze perché possano predicare il Cristo (SC, n. 2). È infatti nel Mistero della Liturgia che Cristo continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione (Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio, n. 219). Il Vescovo ha pertanto costituito un’apposita Commissione pluridisciplinare, che – in serrato dialogo con i competenti Organi di tutela dello Stato - ha valutato una serie di ipotesi progettuali, pervenendo, infine, alla verifica di un assetto che pone la cattedra episcopale nella navata, quasi a creare una sorta di cerniera, insieme all’assemblea liturgica, tra l’altare nel transetto e il pulpito convertito in ambone, rimarcando in tal modo che «la giusta proporzione tra questi elementi vive della loro distanza, che non solo qualifica gli spazi, ma attraverso di essi dispone delle presenze» (G. Zanchi). Alla fase progettuale ha fatto seguito un congruo tempo di sperimentazione che ha confermato ampiamente la bontà di tale proposta, aprendo alla possibilità di collocare poli liturgici stabili e artisticamente significativi, per la cui realizzazione si è dato l’incarico ad artisti di chiara fama. La cattedra La “cattedra”, letteralmente, è il seggio fisso del Vescovo, posto nella chiesa madre di una Diocesi, che per questo viene detta “cattedrale”, ed è il simbolo dell’autorità del Vescovo e, in particolare, del suo “magistero”, cioè dell’insegnamento evangelico che egli, in quanto successore degli Apostoli, è chiamato a custodire e trasmettere alla Comunità cristiana. Quando il Vescovo prende possesso della Chiesa particolare che gli è stata affidata, egli, portando la mitra e il bastone pastorale, si siede sulla cattedra. Da quella sede guiderà, quale maestro e pastore, il cammino dei fedeli, nella fede, nella speranza e nella carità. Benedetto XVI, 22 febbraio 2006 Posta nella navata, in immediato rapporto con l’assemblea, la posizione della cattedra episcopale appare subordinata e ordinata all’ambone: il Vescovo, che come il Pastore evangelico guida il suo gregge stando avanti ad esso, è il primo ascoltatore della Parola, Parola che è chiamato, anzi obbligato, a spezzare, con il Pane, ai suoi figli. Compito del vescovo, infatti, è di farsi servitore della Parola. Proprio come maestro egli siede sulla cattedra.(…). Egli vi siede per predicare, per annunciare e per spiegare la parola di Dio. (…). Tuttavia nessuno può sostituire la presenza delVescovo che si siede sulla Cattedra o che si presenta all’ambone della sua chiesa vescovile e personalmente spiega la Parola di Dio a coloro che ha radunato attorno a sé. Anch’egli, come lo scriba divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (Giovanni Paolo II, Alzatevi, Andiamo!, Mondadori 2004, p. 36). Quasi eco alle parole di Agostino, il Vescovo appare in questo modo come colui che è cristiano con i suoi fedeli ed è vescovo per loro (Agostino, Serm. CCCXL, 1). È una posizione quella scelta che risponde anche alle esigenze evidenziate dalla nota dell’episcopato italiano del 1996: Per la sua collocazione la sede deve essere ben visibile da tutti e in diretta comunicazione con l’Assemblea, in modo da favorire la guida della preghiera, il dialogo e l’animazione (n. 19). L’ambone Il diacono sale sull’ambone a proclamare il Vangelo, secondo la parola del profeta Isaia: sali sopra un monte eccelso, tu che rechi liete notizie in Sion. (Papa Innocenzo III). Il termine “ambone” indica il “luogo elevato” (deriva infatti dal verbo greco anabainein che significa ‘salire’) da cui si proclamano i testi biblici durante le liturgie. Nella celebrazione della messa l’altare e l’ambone segnano - attraverso una duplice dimensionespaziale - i due poli celebrativi comunemente noti come Liturgia della Parola e Liturgia Eucaristica. Pertanto questo spazio sacro andrebbe inteso come luogo in cui si celebra il dialogo d’amore fra Dio e il suo popolo, fra lo Sposo e la sua Sposa (cfr Cantico dei Cantici, in riferimento al mattino di Pasqua): nella prima e nella seconda lettura e nel Vangelo Dio parla al cuore dell’uomo (secondo un movimento discendente) e l’uomo risponde al suo Dio con il canto del salmo responsoriale e con l’acclamazione al Vangelo cioè con quel gioioso saluto che l’assemblea rivolge alla Parola del Signore, balzando in piedi, indicando con questo gesto di essere pronta non solo ad accoglierla, ma anche ad andare ad annunciarla. L’ambone costituisce il punto di riferimento per tutta l’assemblea durante la liturgia della Parola. Dall’ambone il lettore proclama la prima lettura, il salmista i versetti del salmo e il diacono proclama il Vangelo. Mentre il ministro colloca l’Evangeliario sul leggio dell’ambone e mentre proclama il Vangelo l’assemblea intera si rivolge verso l’ambone, per manifestare una particolare riverenza al Vangelo di Cristo. L’ambone è unico, perché uno è il Sepolcro della risurrezione. È elevato, anche più dell’altare; infatti l’annunzio salvifico discende dall’Alto. È solenne perché è “monumento” della Risurrezione e nel contempo “monumento” all’occhio e all’orecchio a stretto contatto con l’assemblea. Tra i riti della Veglia Pasquale, il più suggestivo è certamente l’ingresso processionale della Comunità dei fedeli nella chiesa buia, al seguito di un grande cero acceso ad illuminare l’oscurità dell’edificio. Così, come i figli d’Israele erano guidati di notte dalla colonna di fuoco, i cristiani a loro volta seguono il Cristo che risorge. Da quel cero si accendono i piccoli lumi che ciascuno ha in mano: ogni cristiano è chiamato, infatti, a portare nel mondo la luce di Cristo. La normativa liturgica a proposito del cero pasquale specifica che nel rispetto della verità del segno, si prepari il cero pasquale fatto di cera, ogni anno nuovo, di grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo. L’altare L’etimologia della parola altare è da cercare nel verbo latino alere (altus) = nutrire e nel sostantivoara, a sua volta derivante dal verbo arere = bruciare. L’altare è perciò a un tempo il luogo del fuoco e del nutrimento, dove il fuoco consuma la vittima che Dio mangia (aspirandone il profumo) e che in alcuni casi (sacrifici di comunione) anche l’uomo mangia per entrare in comunione con Colui che ha gradito la vittima offerta. Ne deriva che in tutte le espressioni religiose antiche l’altare era per lo più in pietra, per resistere al fuoco. Nel culto cristiano questa idea del fuoco che scende dal cielo è riletta in chiave trinitaria: è lo Spirito Santo che discende dal cielo ad ‘incendiare’ il pane e il vino “creando” la presenza viva di Cristo (verità che il celebrante manifesta attraverso l’imposizione delle mani sul pane e sul vino). L’altare cristiano ha alle spalle tutta la storia dell’altare nell’uso religioso dei popoli, ma deve esprimere la novità essenziale del cristianesimo e deve mantenere in qualche modo una fedeltà alla tavola dell’ultima cena. Ecco perché i più antichi altari cristiani, di cui gli affreschi nelle catacombe ci hanno tramandato le immagini, appaiono di legno, sono di piccole dimensioni, di forma rotonda, a semicerchio o a ferro di cavallo. A partire dal secolo IV l’altare cristiano è pressoché dappertutto di pietra.