"Invito alla fede”. So...in chi ho posto la mia fede... (2 Tm 1,12)
Guida alla lettura della prima lettera pastorale del Patriarca
Presentazione
L’anno della fede è stato indetto dal Papa Benedetto XVI con la Lettera apostolica Porta fidei (La
porta della fede). Ha avuto inizio l’11 ottobre 2012 e terminerà l’ultima domenica dell’anno
liturgico il 24 novembre 2013, solennità di Cristo re. La data d’inizio coincide con il 50°
anniversario dell’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II e 20° anniversario della
pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica, espressione matura dell’evento conciliare.
Gli anniversari sopra accennati sono l’occasione propizia per riscoprire che “all’inizio dell’essere
cristiano ... c’è l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte
e con ciò la direzione decisiva” (Deus Caritas est 1). Oggi infatti non possiamo dare per
presupposta la fede e dunque l’Anno delle fede è «un invito ad un’autentica e rinnovata
conversione al Signore, unico Salvatore del mondo».
La Chiesa universale, le conferenze episcopali, le diocesi, le parrocchie, le associazioni e i
movimenti sono tutti chiamati, a partire dalle indicazioni del Papa, a celebrare l’Anno della fede
riscoprendo «sia l’incontro con Cristo attraverso autentici testimoni della fede, sia la conoscenza
sempre maggiore dei suoi contenuti».
L'anno della fede si è aperto per la nostra Chiesa di Venezia con la celebrazione dell'eucaristia
presieduta dal Patriarca in Piazza San Marco il 14 ottobre e con la consegna della sua prima lettera
pastorale "Invito alla fede”. So...in chi ho posto la mia fede... (2 Tm 1,12).
E’ il primo dei tre interventi del nostro vescovo che scandiranno l’Anno di fede: un percorso in tre
tappe che prevede, oltre alla prima lettera qui presentata, una riflessione sul rapporto federagione (febbraio 2013) e una sulla dottrina sociale della Chiesa (maggio 2013).
La lettera, consegnata al termine della celebrazione in San Marco, si struttura in quattro parti:
1) L’anno della fede: una grazia di conversione
2) “Io credo”, “noi crediamo”: salvati con gli altri
3) Abramo, ...stare innanzi a Dio nella fede
4) I contenuti della fede
La citazione del titolo "So... in chi ho posto la mia fede", tratta dalla Seconda lettera di Paolo a
Timoteo, esprime la certezza del credente che la fede «è innanzi tutto una adesione personale
dell’uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l’assenso libero a tutta la verità che Dio
ha rivelato» (CCC 150). Il Patriarca con la sua lettera intende invitare i fedeli a «una riflessione che
sia di alto profilo spirituale» e indicare dei percorsi concreti, personali e comunitari per vivere di
fede. Due i compiti affidati: nutrire la fede personale e sollecitare i fedeli a conoscere meglio le
cose in cui crediamo.
L’anno della fede: una grazia di conversione
L’anno della fede è, come scrive nella prima parte della lettera, «una grazia» perché è dono di Dio,
«una opportunità» perché è il tempo favorevole per ritornare al Signore, ed è un «compito»
perché richiede l’assenso dell’uomo alla chiamata di Dio. L’anno di grazia esige il coraggio di fare la
verità sulla nostra vita; un percorso di revisione verso una fede più matura che sappia far proprie
«le pagine difficili del vangelo, cominciando proprio da quelle sul perdono». Il Patriarca ci invita a
lasciarci alle spalle una vita individualista e a uscire da noi stessi per porre Dio a fondamento della
nostra esistenza.
“Io credo”, “noi crediamo”: salvati con gli altri
Nella seconda parte, egli ci spiega in modo esauriente e puntuale perché il cammino di fede deve
essere vissuto all’interno della comunità cristiana.
Dire “Io credo” (come nel simbolo apostolico) significa sottolineare l’importanza della
responsabilità e della libertà personali. Non si può essere costretti a credere. Dire “Noi crediamo”
(simbolo nicenocostantinopolitano) significa riconoscere che alla fede non siamo giunti da soli ma
altri ce l’hanno trasmessa e con questi la condividiamo. In questo senso la fede personale è
partecipazione alla fede della Chiesa ma non è fede “nella” Chiesa è fede “della” Chiesa. Noi
condividiamo la stessa fede in Dio, e comunicando con gli altri «crediamo le stesse cose». Se
vogliamo dunque incontrare Cristo dobbiamo stare dentro la comunità cristiana, perché «Dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» Mt 18,20. Ed è soltanto dentro
questa realtà comunitaria che noi possiamo annunciare Cristo e invitare i fratelli a seguirlo dentro
questa famiglia che noi chiamiamo Chiesa. Ciascuno di noi condivide la propria fede con gli altri,
cioè con la Chiesa intesa come «unione di fedeli e pastori».
Abramo, ...stare innanzi a Dio nella fede
Nella terza parte, il Patriarca delinea la figura di Abramo, come “emblema del credente”, come
colui che sa “stare innanzi a Dio nella fede”, per questo viene chiamato è il “padre nella fede”.
La riflessione su Abramo è divisa in due momenti. Il primo ci presenta Abramo che risponde alla
chiamata di Dio confidando nella “promessa divina che comporta la dolorosa separazione da tutto
ciò che, fino a quel momento, aveva costituito la sua storia: gli affetti familiari, i luoghi della sua
vita, la sua casa, i suoi beni.” Avere fede significa consegnare la propria vita al Signore nella
convinzione che soltanto “tramite la fede, il credere, il lasciarsi portare da Dio oltre ogni possibilità
e risposta umana”, Abramo e tutti coloro che seguiranno il suo esempio, potranno diventare amici
di Dio e “farsi un nome”. Credendo, infatti, l’uomo ritrova se stesso e diventa felice. Questo
rapporto di amicizia e di confidenza tra Dio e Abramo si rivela inoltre nel modo di pregare di
Abramo, dove coraggio nel chiedere e rispetto verso il Signore, si coniugano in una mirabile
sintesi.
Nel secondo momento, il Patriarca medita sul senso della richiesta da parte di Dio di sacrificare
Isacco, «quel figlio che aveva dato senso a tutta la vita di Abramo». Nell’accettare quanto Dio gli
domanda «raggiunge il culmine della fede come fiducia nel Dio che non può tradire anche quando
tutto umanamente sembra venire meno; solo in questo abbandono totale e fiducioso, Abramo
diventa pienamente l’amico di Dio».
I contenuti della fede
Nella quarta parte, in modo lineare, il Patriarca spiega che se «l’Antico Testamento ci consegna
come figura paradigmatica della fede Abramo, il Nuovo Testamento ci dona Maria di Nazaret - la
madre del Signore- che la cugina Elisabetta proclama beata: “perché ha creduto nell’adempimento
di ciò che il Signore le ha detto...” (Lc 1,45). «La fede oltre che fiducia, confidenza e abbandono è
anche accoglienza di una storia; ossia accettazione della persona di Gesù Cristo che ci viene
incontro dicendoci ciò che prima non sapevamo e donandoci ciò che prima avevamo e non
eravamo». Il Patriarca spiega la novità apportata da Gesù sulla concezione della fede, intesa come
assenso dato all’annuncio cristiano, che integra la dimensione fiduciale del credere tipica
dell’Antico Testamento e che rimane dunque essenziale anche per noi cristiani.
Egli fonda, sulla necessità dell’assenso che deve essere dato all’annuncio cristiano, l’importanza
della conoscenza dei contenuti della fede. Di qui la necessità di approfondire i documenti del
Concilio (soprattutto le quattro costituzioni) e il Catechismo della Chiesa cattolica.
Pochi giorni fa, nella prima delle catechesi che Benedetto XVI dedicherà al Credo e all'Anno della
fede, il Papa ha richiamato con parole incisive il senso dell'anno che ci apprestiamo a vivere
insieme alle nostre comunità: «La ricorrenza dei cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano
II è un’occasione importante per ritornare a Dio, per approfondire e vivere con maggiore coraggio
la propria fede, per rafforzare l’appartenenza alla Chiesa, "maestra di umanità", che, attraverso
l’annuncio della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e le opere della carità ci guida ad
incontrare e conoscere Cristo, vero Dio e vero uomo. Si tratta dell’incontro non con un’idea o con
un progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in profondità noi stessi, rivelandoci la
nostra vera identità di figli di Dio. L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani,
orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e fraternità, nella logica dell’amore. Avere
fede nel Signore non è un fatto che interessa solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere
intellettuale, ma è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore,
intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane. Con la fede cambia veramente tutto
in noi e per noi, e si rivela con chiarezza il nostro destino futuro, la verità della nostra vocazione
dentro la storia, il senso della vita, il gusto di essere pellegrini verso la Patria celeste.”
L’11 ottobre la Chiesa celebra la memoria del beato Giovanni XXIII, papa dal 1958 a 1963, che,
proprio cinquant’anni fa, in quella data, aprì il Concilio Ecumenico Vaticano II. Precedentemente,
per soli cinque anni, Angelo Giuseppe Roncalli era stato patriarca di Venezia, che lo ricorda con
ancora vivo affetto e con gratitudine: è stato davvero pastore buono della città e del patriarcato.
Riportiamo un brano da un suo discorso sulla fede (tratto da Breviario di Papa Giovanni. Pensieri
per ogni giorno dell’anno, Garzanti, Milano 1966, p. 279), che può aiutarci ad entrare con ancora
maggior consapevolezza in quest’anno che ci vede tutti impegnati a riscoprire la bellezza del
credere.
La fede, tenetelo sempre presente, è il più alto dei beni, più alto ancora della vita
medesima, perché attraverso la fede veniamo uniti a Colui che è creatore e donatore della vita.
Questa fede ha la sicurezza che «il cielo e la terra passeranno prima che le parole del Signore
passino» (cfr Lc 21, 33); eppure è in potere di ogni uomo di accettarla liberamente e di negarla.
Il riconoscimento di Dio e la sua venerazione richiedono dunque un serio studio spirituale
e un libero consenso della volontà. State perciò fermi nella fede e confessatela con libertà
d’animo, senza timore, e non indebolitela ponendo condizioni, le quali talvolta possono apparire
vantaggiose nella vita privata o pubblica ma hanno origine in una concezione materialistica e in
un opportunismo che sempre più si diffondono tra coloro che per coprire la propria tiepidezza
vorrebbero distinguere tra fede cristiana e fede della Chiesa. Eppure esiste una sola fede e un
solo Gesù Cristo, il quale nella Chiesa e attraverso la Chiesa prosegue la sua opera redentrice
sino alla fine dei secoli.
Per una tale fede, e per la particolare grazia di poterla professare in libertà, vogliamo
sempre e dappertutto ringraziare il Signore. E con ciò stiamo come gli apostoli in unione fraterna
«nella frazione del pane e nella preghiera» (At 2, 42).