13.4.Avanguardie e Neoavanguardie Teatrali

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Avanguardie e Neoavanguardie Teatrali
1
INTRODUZIONE
Avanguardia teatrale Nel teatro occidentale moderno, denominazione che indica l’insieme di
movimenti e artisti innovatori rispetto ai canoni tradizionali dell’attività teatrale. Spesso essa
coincide con altre espressioni quali “teatro sperimentale” o “teatro di ricerca”.
2
LE AVANGUARDIE STORICHE E IL TEATRO
I primi movimenti di avanguardia teatrale nacquero tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del
Novecento, negli stessi anni in cui si sviluppavano e si affermavano le avanguardie artistiche e
letterarie cosiddette storiche: simbolismo, espressionismo, futurismo, dada, surrealismo.
La reazione al naturalismo ottocentesco, che in campo teatrale ebbe nel lavoro del regista André
Antoine la sua massima espressione, trovò innanzitutto spazio, a partire dal 1890, nell'ambito del
teatro simbolista, di cui furono principali esponenti il drammaturgo e poeta belga Maurice
Maeterlinck e l'attore e regista francese Aurélien Lugné-Poe.
L'espressionismo in teatro ebbe come temi principali, trattati con un linguaggio esasperato e
talvolta in chiave grottesca, l'isolamento dell'individuo e il rifiuto espresso nei suoi confronti dalla
società borghese e ipocrita. Precursori dell'espressionismo, per stile e tematiche, possono essere
considerati Georg Büchner, isolata quanto eccezionale figura di drammaturgo della prima metà
dell'Ottocento, e Frank Wedekind. La stagione del teatro espressionista culminò, nei primi decenni
del Novecento, nella rappresentazione delle opere dei drammaturghi tedeschi Georg Kaiser,
autore di Dalla mattina fino a mezzanotte (1916), e Ernst Toller, il cui dramma Oplà, noi viviamo!
fu messo in scena nel 1927 dal regista Erwin Piscator.
L'esperienza teatrale futurista italiana si concretizzò nella pubblicazione di alcuni scritti teorici di
Filippo Tommaso Marinetti e di Enrico Prampolini, tra cui Manifesto dei drammaturghi futuristi
(1911), Manifesto del teatro futurista (1915) e Manifesto della scenografia e coreografia futurista
(1915), nei quali vennero affermati i principi base della concezione teatrale futurista: sintesi,
dinamicità, simultaneità. Dal punto di vista drammaturgico e della pratica scenica il teatro
futurista assunse la forma di brevi scene, talvolta prive di dialoghi, denominate "sintesi" che,
ottenendo il desiderato effetto provocatorio e di rottura, suscitarono numerose polemiche.
Rappresentativamente poco significativo, se non dal punto di vista delle originali ed efficaci
soluzioni scenografiche, il teatro futurista, che in Russia fu rappresentato da Vladimir
Majakovskij, ebbe una certa eco sulla pratica teatrale successiva.
Il dadaismo, nato a Zurigo nel 1916, espresse il rifiuto di ogni logica e razionalità, puntando
all'annientamento delle convenzioni teatrali nell'intento di abbattere il confine fra arte e vita.
Nelle rappresentazioni "dada" le parole fluivano liberamente, senza alcuna coerenza o vincolo
sintattico, e frequentemente gli interpreti non interagivano verbalmente fra loro dando luogo a
una sorta di "monologo multiplo". Ricco di componenti puramente ludiche, all'insegna
dell'improvvisazione, della casualità e della totale libertà del processo creativo, il teatro dada
ebbe un forte impatto sul pubblico, direttamente coinvolto nelle messinscene e oggetto di forti
provocazioni, aprendo la strada alle sperimentazioni teatrali più estreme e originali del
Novecento.
Le dimensioni inconscia, onirica e fantastica furono al centro della pratica teatrale surrealista, che
non produsse peraltro risultati significativi dal punto di vista drammaturgico. Dall'esperienza
surrealista prese però avvio la teorizzazione teatrale di Antonin Artaud, che dopo aver aderito al
movimento nel 1925 presto se ne distaccò, per arrivare nei primi anni Trenta all'elaborazione del
cosiddetto “Teatro della crudeltà”, che tanto peso ebbe sulla nascita di una nuova idea di teatro.
3
LA SECONDA METÀ DEL NOVECENTO: NEOAVANGUARDIA
Nel secondo dopoguerra, l'esperienza del teatro dell'assurdo rimise fortemente in discussione il
teatro ufficiale; solo negli anni Sessanta, però, si tornò a parlare di avanguardia, o seconda
avanguardia o neoavanguardia, con riferimento alla sperimentazione di nuove vie espressive, in
opposizione a quanto avveniva sulle scene dei teatri stabili. Le iniziative teatrali di personalità
come Peter Brook, Eugenio Barba, Luca Ronconi, Jerzy Grotowski e il Living Theatre aprirono la
strada a un'innovativa concezione della regia e a un nuovo modo di intendere la drammaturgia.
3.1
La sperimentazione in Italia
In Italia, attori e registi come Carmelo Bene, Leo De Berardinis, Carlo Quartucci e Mario Ricci,
percorsero con tenacia la via della sperimentazione, realizzando talvolta spettacoli senza
attrezzature né mezzi adeguati, di fronte a un pubblico ristretto e in locali di fortuna. Nel giro di
alcuni anni crebbe l'attenzione verso le esperienze teatrali realizzate all'estero e si moltiplicarono
le occasioni di contatto. Il Living Theatre per primo, ma anche Grotowski e l'Odin Teatret di
Eugenio Barba, divennero per gli artisti italiani importanti punti di riferimento e di confronto, nella
comune esigenza di reinventare il linguaggio teatrale e abbandonare un vocabolario fatto ormai
solo di cliché usurati e svuotati di significato, puntando sull'immediatezza della presenza
dell'attore. Nel 1967 venne convocato a Ivrea un convegno che riunì tutti i rappresentanti
dell'avanguardia italiana, già firmatari di un manifesto pubblicato sulla rivista "Sipario". Oltre a De
Berardinis, Bene, Ronconi, Ricci e Quartucci intervennero Emanuele Luzzati, Giuliano Scabia, Aldo
Trionfo
e
alcuni
critici
teatrali.
Dal
convegno
emerse
il
netto rifiuto sia degli spazi
tradizionalmente destinati alla rappresentazione sia delle forme istituzionali di organizzazione .
Negli anni Settanta si fece strada un teatro incentrato sull'immagine scenica e sugli aspetti
visuali, già sperimentato da Ricci, che trovò stimoli fecondi nel confronto con la ricerca di Bob
Wilson. Ne furono fautori Memè Perlini e soprattutto Giancarlo Nanni, che operava a Roma con
Manuela Kustermann, primadonna dell'avanguardia italiana. Contemporaneamente a Firenze
furono presentati i primi spettacoli del gruppo del Carrozzone, fondato da Sandro Lombardi,
Federico Tiezzi e Marion D'Amburgo e denominato in seguito Magazzini Criminali e infine
semplicemente Magazzini. Nel 1976 all'interno del Beat '72, centro romano di sperimentazione e
ricerca teatrale attivo dalla metà degli anni Sessanta, esordì la Gaia Scienza, fondata da
Alessandra Vanzi, Marco Solari e da Giorgio Barberio Corsetti che, allo scioglimento del gruppo,
avrebbe proseguito autonomamente la sua ricerca sperimentando negli anni Ottanta le possibilità
espressive dell'inserimento di video nell'ambito della drammaturgia teatrale.
In un clima culturale analogo nacque nel 1978 il gruppo napoletano Falso Movimento, guidato da
Mario Martone e riunitosi a metà degli anni Ottanta con il Teatro Studio di Caserta di Toni Servillo
e il Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller per dare vita alla formazione Teatri Uniti. Già a
partire dalla seconda metà degli anni Ottanta si assistette, da parte di questi gruppi e di altri nati
successivamente, a un recupero del testo e della parola. Da ricordare sono inoltre le esperienze,
molto diverse tra loro, della compagnia Katzenmacher di Alfonso Santagata e Claudio Morganti,
della Socìetas Raffaello Sanzio e del Teatro dell'Elfo.
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