UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI SCIENZE STORICHE E FORME DELLA MEMORIA
LA RESISTENZA DEI TEDESCHI
CONTRO IL NAZISMO
Prof. Gustavo Corni
Elaborato di Gianfranco Corradi
Anno Accademico 2010- 2011
1
INDICE
I.
Premessa
p.
3
II.
Primi gruppi di Resistenza
p.
4
III.
Comportamento delle Chiese
p.
7
IV.
Altre forze di opposizione
p.
10
V.
Coinvolgimento dei militari
p.
14
VI.
Difficoltà della Resistenza: Valutazioni
p.
18
VII.
Resistenza tedesca, resistenza di coscienze?
p.
23
VIII.
Conclusione
p.
25
Bibliografia
p.
28
2
IX.
Premessa
La mia relazione verterà soprattutto su l’analisi delle varie fasi di resistenza
sviluppatasi in Germania e capire come si è potuta evolvere nel tempo e quale ruolo hanno
giocato partiti, gruppi, le Chiese (evangelica e cattolica), le persone.
Alla base del lavoro:
-
la descrizione degli avvenimenti riportati da Peter Hoffmann 1
-
la sintesi storica del periodo nazista tracciata da Enzo Collotti 2
-
altri contributi storici
Nei suoi studi sulla resistenza, Hoffmann ha sempre insistito su una dimensione lunga
di questa resistenza: 1933 – 1945, respingendo implicitamente la tesi di una resistenza che
nasce solo nel momento della crisi finale del regime, quando le vecchie classi dirigenti
prendono coscienza della ‘pazzia’ di Hitler e del suo seguito. Anche se è vero che ciò che ha
scosso in particolare le alte sfere militari sono stati i 250. 000 soldati immolati nella battaglia
di Stalingrado.
“L’atmosfera nella quale vennero tenute le elezioni del 5 marzo 1933 era dominata dal
terrore. Ci furono aggressioni, sparatorie, arresti arbitrari, diffuse attività propagandistiche e
sfilate naziste di massa … Migliaia di funzionari dei partiti di centro e di sinistra furono
arrestati …. In moltissime sezioni elettorali uomini con le uniformi della SA e delle SS
controllavano gli elettori mentre compilavano le loro schede.
Le elezioni diedero al NSDAP (Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori) il
43, 9 per cento del voto popolare, poco meno della maggioranza assoluta che esso avrebbe
voluto. Ma dopo l’atto che dava i pieni poteri da parte del Reichstag (Parlamento), il 23 marzo
1933, i vecchi partiti politici scomparvero l’uno dopo l’altro: o perché messi fuori legge
(Partito socialdemocratico) o perché si auto sciolsero (Partito nazionale del popolo tedesco e
Partito di centro) o perché avevano perso il diritto di esistere essendo stati imprigionati buona
parte dei suoi deputati. In verità il partito comunista non si sciolse, ma perse ogni diritto di
esistere con la legge del 14 luglio che vietava la nuova formazione di partiti
Nel novembre del ’33 ci fu un plebiscito e il 95 per cento dei votanti approvò la
politica interna ed estera del governo.
Il vasto consenso che assume la nomina di Hitler fu reso possibile anche dal fatto che
moltissimi tedeschi confusero nazionalismo e nazionalsocialismo. Il che non sorprende dopo
1
Peter Hoffmann,, Tedeschi contro il nazismo, il Mulino, Bologna 1994
2
Enzo Collotti,, La Germania nazista, Einaudi, Torino 1962
3
le umiliazioni che il loro paese aveva subito a Versailles. Hitler cavalcò questo malumore
giocando sull’onore della nazione Dopo il 1933 gli altri governi mondiali accettarono quello
di Hitler e chi lo disapprovava non lo manifestò. Non potevano essere certo i tedeschi a
disapprovare il rinnovamento della loro nazione, dopo l’esperienza infelice di Weimar,
quando il resto del mondo lo approvava. 3
Una delle peculiarità della resistenza tedesca fu, nella sua dimensione più diffusa, una
difesa delle antiche libertà corporative di determinati ambienti (religiosi o socio culturali)
piuttosto che una domanda di rivoluzione politica contro un dittatore…Sta qui la spiegazione
del carattere alto-borghese e conservatore che assunse la maggior parte dei circoli resistenti.
Un esempio sarebbe la prima fase di opposizione della chiesa confessante che non fu
opposizione politica, ma solo un movimento di resistenza contro le pretese del regime di
nazificare la chiesa evangelica.
Liquidati, (come s’è detto) i partiti politici, che in Germania non avevano mai goduto
di buona stampa… il problema era come trovare un rapporto forte con lo stato, nel quadro
della tradizione di uno ‘stato di autorità’che sovra ordinava il livello pubblico a qualsiasi sfera
privata.
Questo rapporto di sacralità con il potere si era incrinato nella crisi postbellica. Ora
l’avvento e la gestione dello spazio pubblico da parte del nazismo sembrava dare una risposta
a questo bisogno e la cultura di massa andava assuefacendosi.
Che la vigilanza critica contro questa mitizzazione dello spazio pubblico, che la presa
di distanza dal regime fosse per lungo tempo affare di circoli ristretti delle classi dirigenti non
può destare più di tanto stupore: alti ufficiali, accademici, ecclesiastici, diplomatici avevano
tutti gli strumenti per valutare la pericolosità, l’immoralità insita nel nazionalsocialismo.” 4
Primi gruppi di Resistenza.
“La Resistenza 5 tedesca al regime nazista fu una reazione diretta all’ingiustizia e alle
potenzialità distruttive che erano alla base del suo pensiero. L’arbitrarietà, la criminalità,
l’oppressione dittatoriale, gli eccessi polizieschi, la persecuzione di capi religiosi e di
3
Hoffmann, op. cit., pp. 33-38, passim
4
Enzo Collotti,, La Germania nazista, Einaudi, Torino 1962
5
I termini ‘resistenza’ e ‘movimento di resistenza’ venivano usati in volantini distribuiti da un gruppo, formato
da studenti e un professore universitario, che si chiamava ‘Rosa Bianca’ e il cui scopo era di suscitare nel
popolo l’opposizione al regime
4
oppositori politici, la persecuzione dei cosiddetti non ariani (ebrei e zingari) e l’aver scatenato
un’altra guerra senza curarsi delle conseguenze: furono queste le motivazioni principali della
Resistenza. ”6
La Resistenza ebbe fasi alterne, a seconda dei periodi. Nei primi mesi del’33 le
vecchie forme e i metodi del dibattito politico rimasero in qualche maniera immutati. Diversi
giornali e periodici letterari continuarono ad uscire prima di essere soppressi; i partiti
scomparvero gradualmente; solo a poco a poco si comprese che il prezzo pagato da chi
esprimeva liberamente le proprie opinioni era il campo di concentramento o la prigione. 7
La fase successiva dell’opposizione fu clandestina. Le forze di opposizione, quelle
naturali (sindacati, socialdemocratici, comunisti), non erano unite. Solo un gruppetto della
sinistra era pronto alla lotta clandestina, l’Organizzazione marxista-leninista di Walter
Loewenheim.
Grazie
all’opuscolo
“Neu
beginnen”
(ricominciare)
pubblicato
in
Cecoslovacchia con lo pseudonimo “Miles”, il gruppo acquisì grande notorietà.
Comunque, a giudicare dai dati della polizia sugli arresti e sulla distribuzione illegale
di volantini esisteva un numero di gruppi oppositori: conservatori, socialisti e comunisti
aggirantisi sui 1200. Gran parte delle organizzazioni clandestine venne distrutta dalla polizia
politica all’inizio della dittatura hitleriana. Negli anni precedenti la guerra, di fatto, i capi ed i
maggiori responsabili dei gruppi smantellati erano in prigione o nei campi di concentramento.
Dopo l’annessione dell’Austria e della Cecoslovacchia, rispettivamente nel 1938 e
’39, vennero a mancare i punti di riferimento e di rifugio più consistenti. Inoltre molti membri
della sinistra rimasero colpiti nelle loro idealità quando si venne a conoscenza del patto tra
Germania e Russia del 1939 per la spartizione della Polonia.
Decine e decine di gruppi di sinistra si ricompattarono segretamente, dopo che la
Germania attaccò l’Unione Sovietica nel 1941. Tra questi il gruppo di Josef ‘Beppo’ Römer
che già anni prima aveva fondato il Sozialistische Front, gruppo di ex combattenti della prima
guerra mondiale, composto da Corpi scelti (Freikorps o Corpi franchi – Bund Overland)
formato sia da nazionalisti che da ex militanti di sinistra. Römer organizzava nuovi gruppi
antinazisti ogni volta che veniva rilasciato dalla detenzione.
A seguito dell’infiltrazione in questa cellula di emissari della Gestapo - ciò che era già
avvenuto con altre organizzazioni anti governative - Römer verrà arrestato nel febbraio ’42,
condannato a morte e ghigliottinato 25 settembre di quello stesso anno.
6
Hoffmann, op. cit., p. 72
7
Hoffmann, Tedeschi contro il nazismo, il Mulino, Bologna 1994 –Introduz. di P. Pombeni, pp. XII-XIV.
5
Stessa sorte subì Robert Uhrig, che, insieme con Ernst Knaack, Werner Seelenbinder e
Charlotte Eisenblätter, questi due ultimi atleti di punta nazionale tedesca alle Olimpiadi di
Berlino del ’36, aveva organizzato una cellula comunista, il Gruppo Robby, il cui quartier
generale si trovava negli stabilimenti OSRAM di Berlino che produceva lampadine. Questo
gruppo si era costituito clandestinamente, all’inizio delle ostilità con la Russia nel ’41 per fare
opera di spionaggio in favore dell’Unione Sovietica. Infiltrati della Gestapo provocarono
l’arresto e l’eliminazione cruenta dei congiurati. Altri gruppi, come quello del circolo di
Hanna Solf - vedova dell’ex ambasciatore tedesco a Tokio - e quello comunista di Anton
Saefow vennero scoperti ed eliminati
Come si intuisce, la Resistenza nel suo insieme era sì un fenomeno importante, ma
troppo isolato per essere efficace. Si ebbe qualcosa che può essere definito ”resistenza
popolare”, che però non era popolare nei termini quantitativi. . Un atteggiamento di
opposizione poteva manifestarsi anche nel rifiuto di eseguire il saluto tedesco”Heil Hitler”.
Molti pagarono con la vita il loro rifiuto
La resistenza da parte di gruppi operai si concretizzava spesso in campagne di
volantinaggio anti-governative. Nel 1936 la Gestapo calcolò che erano stati distribuiti
illegalmente 1. 643. 000 volantini. Ricordiamo che si trattava di un crimine che veniva
considerato alto tradimento.
La Resistenza assunse anche la forma di solidarietà con gli ebrei o con altri
perseguitati che venivano aiutati a fuggire dal paese.
Uno dei centri più attivi della Resistenza in Germania venne formato da Hans von
Dohnanyi, già consigliere della Corte suprema del Reich e collaboratore durante la guerra
dello spionaggio militare (Abwher); dal suo superiore, il colonnello Hans Oster, dal reverendo
Dietrich Bonhoeffer, uno dei capi della Chiesa confessante che prestava servizio nell’Abwher
nel settore dell’”emigrazione interna” (che si occupava di evitare arresti); e da Josef Müller,
un avvocato cattolico oppositore del nazismo. Tutti costoro operavano nella Resistenza sotto
la protezione dell’ammiraglio Wilhelm Canaris, direttore dell’Abwher. Essi organizzarono nel
1941 e ’42 una rete clandestina per l’espatrio degli ebrei e quindi per evitare loro la
deportazione in campi di concentramento. La Gestapo e l’SD (Sicherheitsdienst - Servizio di
Sicurezza) delle SS (Schutzstaffeln - Reparti di Difesa) ebbero sentore della rete e riuscirono
a distruggerla. Dohnanyi, Oster e Bonhoeffer vennero impiccati nell’aprile del 1945. 8
8
Hoffmann, op. cit., pp. 73-78, passim.
6
Comportamento delle Chiese.
Le Chiese erano organizzazioni che godevano di una certa indipendenza Esse si
preoccupavano di predicare il Vangelo e di eseguire i servizi pastorali. Il clero non era incline
a contrapporsi politicamente al governo.
Collotti dissente da Gerhard Ritter, il quale attribuisce alle Chiese qualcosa che
assomiglia a un reale movimento popolare contro il nazismo, l’unica resistenza cioè, che
conseguì ‘un successo pratico’. Tuttavia Collotti ammette che le Chiese compirono gesti di
dignità, difesero sì la loro autonomia, ma assunsero pure posizioni coraggiose anche al di là
dei loro interessi, e che e furono i casi più rilevanti – singoli esponenti delle Chiese
parteciparono a più vasti gruppi e progetti di opposizione.
Ricordiamo le forti proteste – nel corso del 1941 - contro gli arresti e le persecuzioni
arbitrarie, contro l’eutanasia e l’uccisione degli invalidi e dei malati inguaribili: proteste
espresse dai capi della Chiesa cattolica e luterana, in particolare dal Vescovo cattolico di
Münster, Clemens von Galen e dal vescovo luterano Theophil Wurm di Wùrtemberg. Alla
luce delle difficoltà che si incontravano, quando si voleva prendere pubblicamente posizione,
le loro proteste furono certamente molto clamorose.
Hitler ordinò la sospensione del programma ufficiale il 24 agosto 1941, quando il
personale che si occupava delle eliminazioni passò ad occuparsi dello sterminio di massa
degli ebrei. Le vittime del progetto”eutanasia” furono almeno 80-100 mila. Il progetto
continuò in forma ‘ non ufficiale’ nei campi di concentramento, dove vennero uccise altre
decine di migliaia di persone. 9
Ma intanto Hitler aveva dato un contentino alle Chiese. Non voleva inimicarsele
troppo durante la guerra. Dopo la guerra, poi, era sua intenzione di distruggerle (A. Speer) 10.
Diversa fu la situazione creatasi nella Chiesa Cattolica e in quella protestante. Nel
luglio1933 ci fu un Concordato tra la Germania e la Chiesa Cattolica, per il quale si era
prodigato il vicecancelliere Papen del Zentrum e alla cui stesura aveva contribuito anche il
cardinale di Monaco, Michael von Faulhaber.
Lo scopo, come sempre, era quello di avere garanzie di libertà di culto e di
insegnamento; ma probabilmente - e questa è l’opinione di Collotti - compromise il prestigio
della Chiesa, nel momento stesso in cui, indirettamente, sembrava ora avvallare, con la sua
9
10
Hoffmann, op. cit., p. 81, passim.
A. Speer, Le memorie del Terzo Reich, Milano, Mondadori, 1976
7
autorità morale, il regime nazista. Atteggiamento più fermo la Chiesa assunse nei confronti
della dottrine neo pagane di Alfred Rosemberg e della propaganda ufficiale.
“La celebre enciclica Mit brennender Sorge del 14 marzo 1937 di Papa Pio XI, che, in
quanto esprimeva delusione per l’attuazione del Concordato da parte tedesca e condannava
l’attività antireligiosa del Terzo Reich, costituì il momento più spinto della polemica tra la
Chiesa e il regime, si può considerare anche la sintesi più adeguata del comportamento della
Chiesa Cattolica di fronte al regime nazionalsocialista: la denuncia e la condanna sul piano
spirituale, nettamente disgiunte da qualsiasi iniziativa di carattere più immediatamente
politico.
11
11
Sotto il nazionalsocialismo comunque la Chiesa Cattolica non subì la lacerazione
Questo afferma il Collodi. E’ interessante quanto riporta La Stampa in data 2.X.2009 a firma di Marco Tosati.
Chiesa tedesca, nazismo e scomuniche - Un articolo di Antonio Gaspari su "Zenit" presenta alcuni documenti
portati alla luce da "Pave the Way Foundation", l'organizzazione americana che lavora per una migliore
comprensione reciproca fra ebrei e cattolici
L'agenzia "Zenit" pubblica questo articolo di Antonio Gaspari.
Quando la Chiesa tedesca scomunicò il nazismo
Rilevante scoperta fatta dalla Pave the Way Foundation di Antonio Gaspari ROMA, giovedì, 1° ottobre 2009
(ZENIT.org).
Alcuni documenti trovati in Germania dalla Pave the Way Foundation (PTWF) provano che già dal settembre
del 1930 i Vescovi cattolici scomunicarono il Partito Nazista di Hitler. Dai documenti trovati da Michael
Hesemann, collaboratore della PTWF, risulta che nel settembre del 1930, tre anni prima che Adolf Hitler
salisse al potere, l’arcidiocesi di Magonza condannò in forma pubblica il Partito Nazista. Secondo le norme
pubblicate dall’Ordinariato di Magonza era “vietato a qualsiasi cattolico iscriversi nelle fila del partito
nazionalsocialista di Hitler”.
“Ai membri del partito hitleriano non era permesso prendere parte in gruppo a funerali o altre simili funzioni
cattoliche”. Inoltre, “finchè un cattolico rimaneva iscritto al partito hitleriano non poteva essere ammesso ai
sacramenti”. La denuncia dell’arcidiocesi di Magonza venne riportata in prima pagina da “L’Osservatore
Romano” con un articolo pubblicato l’11 ottobre del 1930. Il titolo dell’articolo è “Il partito di Hitler
condannato dall’autorità ecclesiastica”.
Allora, venne dichiarata l’incompatibilità della fede cattolica con il nazionalsocialismo. Nessuna persona che
si dichiarava cattolica poteva diventare membro del Partito Nazista, pena l’esclusione dai sacramenti. Nel
febbraio del 1931 fu la diocesi di Monaco a confermare l’incompatibilità della fede cattolica on il partito
nazista. Nel marzo del 1931 anche le diocesi di Colonia, Paderrborn e delle province renane, denunciarono
l’ideologia nazista, vietando in forma pubblica ogni contatto con i nazisti. Indignati e furiosi per la scomunica
emessa dalla Chiesa cattolica, i nazisti inviarono Hermann Göring a Roma con la richiesta di udienza al
Segretario di Stato Eugenio Pacelli.
Il 30 aprile del 1931, il Cardinale Pacelli si rifiutò di incontrare Göring, il quale fu ricevuto dal
Sottosegretario monsignor Giuseppe Pizzardo con l’incarico di prendere nota di ciò che i nazisti chiedevano.
Nell’agosto del 1932, la Chiesa cattolica scomunicò tutti i dirigenti del Partito Nazista. Tra i principi
anticristiani denunciati come eretici, la Chiesa cattolica tedesca menzionò esplicitamente le teorie razziali ed il
razzismo. Sempre nell’agosto del 1932, la Conferenza Episcopale Tedesca pubblicò un dettagliato documento
in cui dava istruzioni su come relazionarsi con il Partito Nazista. Nel documento è scritto che era
assolutamente vietato per i cattolici diventare membri del Partito nazionalsocialista. Chi disobbediva veniva
immediatamente scomunicato.
Nel documento della Conferenza Episcopale trovato dalla PTWF è scritto che “tutti gli Ordinari hanno
dichiarato illecito l’appartenere al Partito Nazista”, perchè “le manifestazioni di numerosi capi e pubblicisti del
partito hanno carattere ostile alla fede” e “sono contrarie alla dottrine fondamentali ed agli indirizzi della
Chiesa cattolica”. Nel gennaio del 1933 Adolf Hitler giunse al potere e le organizzazioni cattoliche tedesche
diffusero un volantino intitolato “Un appello serio in un momento grave”, in cui consideravano la vittoria del
Partito nazionalsocialista “un disastro” per il popolo e per la nazione.
Il 10 marzo del 1933, la Conferenza Episcopale Tedesca riunita a Fulda scrisse un appello al Presidente
della Germania, il generale Paul L. von Beneckendorff und von Hindenburg, per esprimere "le nostre
preoccupazioni più gravi che sono condivise da ampi settori della popolazione”. I Vescovi tedeschi si rivolsero
a von Hindenburg manifestando il timore che i nazisti non avrebbero rispettato “il Santuario della Chiesa e la
8
interna che travagliò le file protestanti … La Chiesa evangelica fu direttamente sottoposta alla
pressione scissionistica dei Deutsche Christen, (che divenne) un movimento fiancheggiatore
del NSDAP, il cui ‘cristianesimo positivo’ era francamente antisemita e approdava ad una
specie di misticismo razzistico-guerriero (l’alleanza tra ‘croce uncinata e croce cristiana’
come si legge nei testi) che attribuiva al regime nazista l’investitura di ordinamento voluto da
Dio…
Proprio intorno al problema dell’antisemitismo si ebbero le prime prove di reazione
della parte sane del protestantesimo contro i tentativi di creare una Chiesa nazionale legata
all’ideologia nazionalsocialista e di nominare un vescovo del Reich nella persona di Ludwig
Müller. Nel luglio del 1933 le elezioni all’interno della Chiesa evangelica misero allo
scoperto le varie correnti: gli oppositori dei Deutsche Christen, i quali erano direttamente
appoggiati dal regime, si batterono tra l’altro contro il cosiddetto Arierparagraph che
prevedeva l’allontanamento dalla Chiesa di tutti i pastori di stirpe non ariana. Grazie al
sostegno ufficiale del regime i Deutsche Christen conquistarono la maggioranza e Ludwig
Müller divenne Reichsbischof.
Questo evento tracciò una frattura precisa nella storia della Chiesa evangelica, nel cui
seno la vigorosa predicazione del teologo Karl Barth e l’azione di pastori coraggiosamente
aperti all’autocritica, come Martin Niemoeller e Hans Asmussen ponevano le basi della
cosiddetta Bekennende Kirche, o Chiesa Confessante, per riaffermare la propria adesione e
aderenza ai principi evangelici, la propria fedeltà alla ‘confessione’ (di Augusta 1530),
staccandosi quindi dai ‘fratelli’ filonazisti. Il sinodo di Barmen svoltosi alla fine del maggio
del1934, che proclamò la Bekennende Kirche legittima Chiesa evangelica tedesca, realizzò la
scissione del Protestantesimo.
Da questa scissione uscirono nobili figura di antinazisti: accanto a Niemoeller, il
pastore Dietrich Bonhoeffer, e il vescovo Wurm, al quale si devono alcune delle più vibranti
denunce dello sterminio degli ebrei come crimine contro il comandamento divino e contro il
popolo tedesco”. 12
Fece pervenire lettere di protesta al ministero degli Interni di Wùrttemberg nel gennaio
’43 a proposito degli ‘omicidi sistematici di ebrei e polacchi; nel febbraio dello stesso anno
scrisse al Gauleiter del Württemberg Wilhelm Murr”a riguardo delle “misure con le quali
esseri umani di altre nazioni e di altre razze, senza debito processo ma solo a causa della loro
nazionalità o della loro razza, vengono messi a morte”; altra protesta formulò in marzo al
posizione della Chiesa nella vita pubblica”. Per questo chiesero al Presidente una “urgente protezione della
Chiesa e della vita ecclesiastica”. Tuttavia, i Vescovi cattolici non furono ascoltati.
12
Collotti, op. cit., pp. 286-289.
9
ministero degli esteri del Reich; infine allo stesso Hitler scrisse il 16 luglio ’43 che la
separazione delle famiglie derivante dalla persecuzione degli ebrei”così come le altre misure
di sterminio prese contro i non ariani, si trovano in evidentissima contraddizione con i
comandamenti divini e violano la base stessa del pensiero e della vita occidentale: il diritto
umano concesso da Dio alla esistenza e alla dignità.
Ma anche qui la resistenza, come fatto politico, fu iniziativa dei singoli.
La sola comunità religiosa che resistette in massa fin dall’inizio furono i Testimoni di
Geova su 25. 000 adepti, 10. 000 furono arrestati e più di 1. 200 furono uccisi.
Altre forze di opposizione.
Pur affermando con sicurezza che la maggioranza dei tedeschi era contraria alla
persecuzione violenta e all’eccidio di massa degli ebrei – il senso fondamentale di giustizia
del popolo tedesco non accettava un oltraggio violento come il pogrom del 1938 -, se
prescindiamo dai superstiti nuclei del movimento operaio e dall’influenza morale, piuttosto
che politica, delle Chiese, fino alla vigilia della guerra non vi furono in Germania nè
un’opposizione di tipo borghese-conservatrice né un’opposizione di militari degne di
considerazione. Hoffmann e Collotti concordano in questa valutazione.
Non è facile dare un’idea adeguata delle forme e dei nuclei nei quali si articolò
l’opposizione antinazista al di fuori della cerchia di adesioni sfociata nel complotto del 20
luglio 1944.
Tuttavia furono questi nuclei che iniziarono la ‘lotta’ assai prima dello scoppio della
guerra, perché per loro il traguardo era un’alternativa al regime instaurato da Hitler.
Influenza comunista vi fu indubbiamente in quello che, a detta di Collotti, è da ritenere
il più importante gruppo antinazista anteriore allo scoppio della guerra: il gruppo SchulzeBoysen-Harnach, noto anche come “Rote Kapelle, ”OrchestraRossa, secondo la definizione
della polizia tedesca. A questo gruppo si attribuisce generalmente la diffusione di un organo
clandestino: “Die Innere Front” con periodicità quindicinale, redatto in diverse lingue allo
scopo di mantenere il contatto con i lavoratori stranieri in Germania. Dopo l’aggressione
contro l’Unione Sovietica il gruppo intensificò l’attività di propaganda e stabilì persino un
contatto radio con l’URSS. Il 30 agosto 1942 l’arresto di Schulze-Boysen fu il primo atto
della repressione della Gestapo; nel dicembre dello stesso anno più di sessanta condanne a
morte conclusero la gloriosa vicenda della Rote Kapelle.
10
Fisionomia del tutto particolare ebbe un gruppo composto unicamente da giovani
ebrei, in parte proveniente dalla gioventù comunista. Guidato dal costruttore meccanico
Herbert Baum e composto da diversi lavoratori delle fabbriche Siemens,. il gruppo non si
limitò alla propaganda ma osò l’azione terroristica che attirò sull’organizzazione la
persecuzione della Gestapo. Nella primavera del 1942 esso organizzò un attentato contro
un’esposizione di propaganda antisovietica organizzata a Berlino dai nazisti nel quadro della
condotta psicologica della guerra. Il 13 maggio alcuni membri del gruppo, compreso Herbert
Baum, appiccarono il fuoco al padiglione dell’esposizione L’attentato non soltanto diede alla
polizia nazista la possibilità di distruggere il gruppo Baum, ma fornì anche il pretesto per la
fucilazione di 250 ebrei, Herbert Baum e altri 22 componenti del gruppo furono giustiziati.
Come s’è detto, la svolta della guerra dopo la sconfitta di Stalingrado aprì la prima vera
incrinatura nel fronte interno. I soldati rientranti dal fronte smentivano la retorica ufficiale che
li voleva tutti eroi. Il popolo tedesco incominciava a realizzare le responsabilità del nazismo e
qualcuno, nel suo proprio ambito, sentiva la necessità di fare qualcosa. Da questo punto di
vista tanto più significativo fu perciò il gesto coraggioso dei giovani studenti di Ulm,
impegnati per gli studi universitari a Monaco, riuniti nel cosiddetto circolo della Rosa Bianca,
sotto l’ispirazione morale del professore Kurt Hubert, docente di filosofia all’università di
Monaco.
Ad influenzare le loro scelte fu anche l’amicizia con Otto (Otl) Aicher che vive a
Soeflingen, un quartiere in cui è presente una forte resistenza cattolica al nazismo, animata dal
parroco Franz Weiss. Otl diffonde le idee del ‘Quickborn’ (Sorgente di Vita), un movimento
cattolico guidato da Romano Guardini, che si propone di rinnovare la concezione della Chiesa
e proclama il triplice diritto dei giovani nella formula: “Gioventù, Libertà e Gioia”.
La primavera del 1941 è l’anno dell’incontro dei membri della futura Rosa Bianca con
Carl Muth e Theodor Haecker, due intellettuali antinazisti, che con Huber influenzeranno
molto le scelte di resistenza del gruppo.
A dare ad Hans l’idea dei futuri volantini è possibile che sia stato l’arrivo in casa
Scholl dei fogli clandestini con le prediche e le lettere pastorali del vescovo di Mùnster,
Clemens August von Galen, che sappiamo non essere tenero nei riguardi del nazismo.
Spinti da sdegno profondo per le barbarie del nazismo e le sue colpe verso il popolo
tedesco e il mondo intero, i giovani, ispirati da convinzioni etico-religiose e sorretti da una
forte amicizia, ancor più che da un consapevole orientamento politico, non esitarono a
diffondere nei loro volantini (solo 6, ma corposi e pregnanti di richiami etici) l’incitamento
alla ribellione al regime.
11
I primi quattro volantini furono scritti a macchina da Hans Scholl e Alexander
Schmorell, ciclostilati e spediti in qualche centinaio di copie tra il 27 giugno e il 12 luglio a
indirizzi scelti a caso negli elenchi telefonici, privilegiando professori e intellettuali, o lasciati
in locali pubblici, alle fermate dell’autobus, nelle cabine telefoniche, o gettati dal tram di
notte.
Le indagini della Gestapo sugli autori degli scritti non diedero nessun esito.
Dopo un tirocinio medico di tre mesi sul fronte russo, Scholl, Schmorell e Graf fecero
ritorno a Monaco, all’università. . Ora sono ancora più consapevoli degli orrori della guerra e
in particolare degli eccidi contro gli ebrei. Nelle notti del 1, 8 e 15 febbraio 1943 i membri
della Rosa Bianca scrivono sui muri dell’Università e di altri edifici un’ottantina di slogan
antihitleriani. Distribuiscono un quinto volantino, firmato’Movimento di resistenza in
Germania’, cui collabora Kurt Huber, che non teme fare commenti antinazisti nelle sue
lezioni, autore anche del volantino successivo.
Il 18 febbraio 1943 Hans e Sophie Scholl si recano all’Università con una valigia
contenente 1500 copie del sesto volantino, da distribuire clandestinamente. Li diffondono per
i vari piani dell’edificio. Un impiegato dell’Università li nota e li denuncia al rettore,
Vengono arrestati. Nel giro di pochi giorni, altre ottanta persone subiscono la stessa sorte: Al
processo che si terrà il 22 febbraio Sophie dichiarerà: “Sono in tanti a pensare quello che noi
abbiamo detto e scritto; solo che non osano esprimerlo a voce.” Hans, Sophie e Chistoph
Probst vengono condannati a morte. Nello stesso giorno vengono ghigliottinati.
Due ultimi rilievi. importanti, attinenti il secondo e l’ultimo volantino
Nel secondo volantino scrivono: “…dalla occupazione della Polonia sono stati
trucidati in quel paese nel modo più bestiale trecentomila ebrei. In questo noi vediamo il più
orrendo delitto contro la dignità dell’uomo, un delitto di cui non se ne può trovare uno
analogo in tutta la storia umana “ (giugno 1942). Nel loro ultimo manifesto i giovani della
Rosa bianca giungono a invocare la lotta: “Esiste per noi una sola parola d’ordine. Fuori dalle
organizzazioni del partito!. . . ciascuno di noi deve lottare per il nostro futuro, per la nostra
libertà e il nostro onore in uno Stato consapevole della sua responsabilità morale.”… Qualche
mese dopo venivano mandati a morte il professor Huber e gli studenti: Willi Graf e Alexander
Schmorell. Altri studenti saranno processati e condannati anche tra ‘il ramo amburghese’ della
Rosa bianca.
L’ultimo grido di Hans Scholl fu: “viva la libertà! Viva la Germania!”
Altre organizzazioni, con maggiore spessore numerico e culturale vennero scoperte e
annientate dalla Gestapo. Per esempio il circolo di Kreisau – dal nome della tenuta slesiana
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dove si riuniva –, promosso dal conte Helmuth von Moltke e dal gesuita Alfred Delp, che
riuniva intorno a sé molti degli esponenti civili vicini agli uomini del 20 luglio. I suoi aderenti
si occupavano unicamente dei programmi di riforme per un non ben definito domani; la loro
azione si esauriva cioè nel cerchio delle discussioni.
I sopravvissuti circoli aristocratici e conservatori ruotavano intorno a Carl Friedrich
Goerdeler, ex borgomastro di Leipzig, tra i più noti esponenti della resistenza tedesca,
designato come futuro capo del governo nei piani dei cospiratori del 20 luglio. Con lui
collaboravano Hans Ulrich von Hassell, già ambasciatore a Roma; Johannes von Popitz, già
ministro delle finanze della Prussia ed Ewald von Kleis-Schmenzin, di ispirazione monarchica
e cristiana.
“Goerdeler scrisse estesi resoconti sulla situazione economica con proposte per
risanarla, sui rapporti internazionali, su questioni amministrative e sulla riorganizzazione del
Governo tedesco dopo Hitler. I temi ricorrenti nei suoi resoconti erano la libertà, la verità e il
buon governo; l’istruzione avrebbe rimpiazzato la propaganda e l’indottrinamento da parte del
partito; altrettanto necessaria era una educazione religiosa. Uno Stato ben governato, secondo
Goerdeler. si costruiva dalle basi sul principio dell’autonomia locale. Goerdeler voleva
elezioni popolari dirette a livello municipale e comunale.”
13
Dalle assemblee risultanti si
sarebbe passato a quelle distrettuali. poi regionali e statali.
Goerdeler. in una proposta nel 1944, assegnava maggior responsabilità e potere alle
organizzazioni dei lavoratori e proponeva di nazionalizzare le risorse minerarie.
Non tutti condividevano le sue idee politiche e sociali Ciò nonostante, grazie alla
confluenza in esso dei gruppi più diversi – di uomini della Wehrmacht, del circolo di Kreisau,
di esponenti confessionali, dei conservatori alla Goerdeler, dei socialdemocratici Leber,
Leuschner, Reichwein -, il complotto del 20 luglio fu certo la rete cospirativa più vasta che
operò nella Germania nazista.
Di rilievo, pur nella sua esiguità numerica, quanto è successo nel marzo 1943 nella
Rosenstrasse a Berlino. ”Una folla anonima e multiforme di madri, mogli, zie e sorelle, in una
Berlino prostrata dalla guerra, misero in scena un gesto assolutamente straordinario nella
Germania imbrigliata da Hitler: una protesta pubblica contro la reclusione dei famigliari ebrei
destinati alla deportazione ‘verso l’Est’. Sono le stesse donne che avevano subito ogni genere
di pressione perché si separassero dai mariti, figli, nipoti. Dimostrazione quasi dissennata per
il carico di rischio, che per di più ebbe un epilogo felice, con i prigionieri presto in libertà.
13
Hoffmann, op. cit.,pp. 121-124
13
Aristocratiche e operaie, sprovvedute e combattive, fragili o audaci, motivate o
inconsapevoli, le donne di Rosenstrasse scoprirono la solidarietà occupando il marciapiede a
due passi da Alexanderplatz, davanti all’ufficio amministrativo della Comunità ebraica dove
le SS avevano condotto i loro mariti, ma anche fratelli, figli, cognati o semplici conoscenti,
tutte loro mogli ‘ariane’ di coniugi ebrei o madri di ebrei’mezzosangue’. Per due settimane, in
centinaia, stettero lì ad aspettare: prendendosi a braccetto per farsi coraggio o camminando
avanti e indietro ‘come galline spaventate’, racconta una delle protagoniste. Talvolta gridando
con forza: ‘ridateci i nostri mariti’, ’ridateci i nostri figli, oppure tacendo spaventate.
Finché i famigliari - oltre un migliaio - furono rispediti a casa, senza vittime, né
spargimenti di sangue. Una dimostrazione unica nella storia della Resistenza tedesca, per il
carattere pubblico di ribellione, il tratto di spontaneità e per l’esito non funesto” 14 15
Da richiamare alla nostra attenzione quello che Peyretti chiama ‘il boicottaggio della
Schoah’ con l’azione umanitaria in favore degli ebrei. 16
Dice di aver raccolto un certo numero di nomi e storie di ‘altri Shindler’, con
riferimento al personaggio reso famoso dal film di Steven Spielberg. . Alcuni di loro
sottrassero allo sterminio molti più ebrei di Schindler. E per limitarci ai cittadini tedeschi, il
Peyretti attinge ai calcoli del Centro per le ricerche sull’antisemitismo dell’Università di
Berlino. Quando, nel maggio 1943 la città fu dichiarata’ libera dagli ebrei’, vivevano in
Berlino almeno !400 ebrei nascosti e protetti da cittadini tedeschi. Dato che l’esistenza di ogni
clandestino era nota a circa 4-5 persone, si ricava che, solo a Berlino, almeno 6-7. 000
tedeschi sfidavano la morte per proteggere ebrei. In tutta la Germania gli ebrei nascosti erano
circa 4. 000. Contando anche i casi in cui l’aiuto fallì, il Centro suddetto calcola che 50-80.
000 tedeschi aiutarono coraggiosamente gli ebrei.
Coinvolgimento dei militari
Un capitolo a parte meritano i militari. Essi non furono certo tra i primi a capire che
Hitler non significava la rinascita, ma la rovina della Germania. La fede che avevano giurato
14
Nina Schroeder, Le donne che sconfissero Hitler, Pratiche editrice, Torino 2001, da un articolo de “la
repubblica” di Simonetta Fiori.
15
Volutamente ho riportato alcuni episodi di Resistenza di piccola valenza ‘storica’, in relazione alla
consistenza numerica dei cospiratori. Ne sottendono verosimilmente altri, semisconosciuti, e in parte
affrontati nelle varie letture fatte per la stesura della tesina. Di certo rivelano nella gente comune una
sensibilità tutt’altro che appiattita sempre sulla pur pesante propaganda nazista.
16
Enrico Peyretti, Non violenza nella storia. Casi di resistenze civili nel Novecento, Istituto Piemontese per la
storia della Resistenza, Corso di aggiornamento per docenti, Torino, ott. 1996 – genn. 1997.
14
all’esercito, a Hitler e alla Germania insieme all’atavica avversione verso il comunismo, li
fece esitare ed aspettare per lungo tempo.
La rioccupazione della Renania, l’annessione dell’Austria e la occupazione dei Sudeti,
operazioni ottenute senza spargimento di sangue, furono sufficienti a far capire la portata e le
conseguenze delle ambizioni hitleriane e per questo, a partire dal 1938 si attivarono gruppi di
oppositori appartenenti alla Wehrmacht, all’Abwher (i servizi segreti militari) e a circoli
diplomatici di oppositori che pianificavano un rovesciamento del nazionalsocialismo.
Il gruppo di oppositori includeva il brigadiere generale Hans Oster, vicecomandante
dell’Abwher e che coinvolse successivamente anche il suo capo Wihelm Canaris, l’ex capo di
Stato maggiore dell’esercito Ludwig Beck ed il Feldmaresciallo Erwin von Witzleben. Al
gruppo dei militari si aggiungevano alcuni diplomatici delusi del nazionalsocialismo: Carl
Fiedrich Goerdeler, ex borgomastro di Lipsia, Ulrich von Hassell, ambasciatore tedesco in
Italia e Johannes Popitz, ministro delle Finanze del Land prussiano.
L’eterogeneo gruppo, spesso in disaccordo sulle modalità e gli scopi da raggiungere,
cercò, tra il ’38-’39-‘40, di organizzare un colpo di stato per scongiurare il pericolo di un
nuovo conflitto mondiale, che però fallì a causa dell’indecisione dei vertici militari
rappresentati da Franz Halder e Walther von Brauchitsch, rispettivamente Capo di Stato
maggiore e Comandante in capo della Wehmacht. In verità essi avevano tentato un approccio
con gli Alleati, specie con l’Inghilterra. Era stato inviato a Roma, in Vaticano, Josef Müller,
emissario della Resistenza, al servizio di Canaris. Il Papa Pio XII acconsentì a fungere da
intermediario. Quando però sir Francis d’Arcy Osborne, rappresentante diplomatico inglese in
Vaticano parlò con il Papa, il 16 febbraio 1940, disse che “non riusciva a vedere come la pace
sarebbe stata possibile fino a che la macchina militare tedesca fosse rimasta intatta” 17
Ma non furono solo queste dichiarazioni a raggelare i contatti per un complotto. Von
Brauchitsch, quando il 4 aprile 1940 il generale Halder gli mostrò i risultati dei negoziati
condotti attraverso il Vaticano, (mancavano solo cinque giorni all’attacco tedesco alla
Danimarca e alla Norvegia) si rifiutò di discutere la possibilità di un colpo di stato.
Questo mise praticamente fine alla possibilità di un’azione del genere
Certo, come si è visto, le politiche britanniche, e anche francesi, non resero facile il
dialogo, rifiutando ogni soluzione che non prevedesse la ricostituzione della Polonia e della
Cecoslovacchia. 18
17
18
P. Ludlow, Papst Pius XII, die britische Regierung, und die deutsche Opposition im Winter 1939/40, in VfZ,
XXII, 1974, p. 337.
Hoffmann, op. cit., pp. 123-124-125, passim
15
E’vero che il Capo di Stato maggiore Beck si dimise dopo che il suo parere negativo
sull’inizio di una guerra fu disatteso da Hitler, ma a togliere valenza al suo gesto ci furono i
primi, facili successi dell’avanzata in Polonia che scoraggiarono molti militari che vivevano
un contrasto politico, ideologico verso Hitler. L’opposizione conservatrice all’interno si trovò
stretta costantemente nel dilemma della sua impostazione patriottico-nazionalistica. Su questa
base l’obiettivo di evitare la sconfitta della Germania sopravanzò sempre le esigenze della
lotta senza compromessi contro il nazionalsocialismo.
L’avvio, nel giugno 1941, dell’Operazione Barbarossa - nome in codice che designava
l’invasione dell’Unione Sovietica - scatenò nuove paure nei congiurati, stimolandoli
all’azione. Ad Ovest la Gran Bretagna non era stata sconfitta e gli Stati Uniti, seppur
teoricamente neutrali, dimostravano una simpatia per la causa democratica. Una campagna ad
Est contro l’esercito russo, considerato dai vertici militari tedeschi poco efficiente, ma dotato
di riserve materiali e umane inesauribili, rese concreto il grande timore dei generali: una
guerra su due fronti.
In questo periodo emerse tra i congiurati la figura del colonnello Henning von
Tresckow, che operava sul fronte orientale. Von Tresckow, già critico di fronte alle politiche
di aggressione prima dello scoppio del conflitto, era rimasto disgustato di fronte agli eccidi
condotti dalle SS e dagli Einsatzgruppen in Polonia. Durante il suo servizio in Russia - una
guerra condotta da ambo le parti con estrema crudeltà – ebbe modo di convincersi che l’unica
soluzione per far uscire la Germania da questa penosa situazione era di eliminare fisicamente
Hitler e destituire i suoi fedeli seguaci da ogni potere.
Von Tresckow agì cercando di coinvolgere nel suo progetto numerosi alti ufficiali
tedeschi, tra i quali suo zio, il feldmaresciallo Fedor von Bock che comandava il Gruppo
Armate Centro sul fronte orientale presso il quale lo stesso Tresckow era in servizio. Tutti i
comandanti interpellati (tra i quali Hans Guenter von Kluge, Erich von Manstein, Hans
Guderian e Gerd von Rundstedt) non si schierarono apertamente con von Tresckow pur non
tradendolo. Maggior successo ebbe il reclutamento tra giovani ufficiali del Gruppo Armate
Centro, meno timorosi di essere tacciati come traditori. ‘Condizione necessaria‘ per uccidere
Hitler divenne quella di trovare un abile e risoluto assassino che avesse accesso alla sua
persona.
Inoltre i cospiratori erano convinti che l’assassinio dovesse andare di pari passo con un
deciso colpo di, stato. Essi ritenevano che la semplice eliminazione di Hitler avrebbe trasferito
il potere a un altro dirigente nazista, probabilmente Goering o Himmler. 19
19
Hoffmann, op. cit., p. 146
16
Dopo la disfatta della sesta armata, nel gennaio ’43, a Stalingrado, il mese successivo
diversi ufficiali del comando del distaccamento Lanz, nella zona russa di Kharkov, decisero
che quando Hitler avrebbe compiuto la visita prevista al quartier generale del gruppo B delle
armate a Poltava, lo avrebbero arrestato e fucilato. Circostanze fortuite impedirono la cattura
di Hitler.
Altri attentati seguirono il 13 e il 21 marzo’43, progettati da Tresckow, Sempre, degli
imprevisti impedirono ai cospiratori di portare a termine i loro progetti. Ricordiamo che gli
attentati a Hitler furono ben 17. Quello che ebbe più risonanza fu quello organizzato dal
colonnello conte Claus von Stauffenberg, collegato all’operazione “Walchiria”. Attentato che
eseguì Stauffenberg in persona, il 20 luglio 1944. Anche qui, per una serie di circostanze
avverse, non sortì l’esito voluto. Scatenò invece una reazione feroce ordinata da Hitler
Quattro dei capi della rivolta (Stauffenberg, Haeften, Mertz von Quirnheim e Olbricht)
vennero immediatamente giustiziati. La maggior parte dei restanti cospiratori della milizia
territoriale venne arrestata intorno a mezzanotte. Seguirono centinaia di arresti, mentre la
Gestapo annientava il movimento di resistenza. Un ‘tribunale popolare’ giudicò e condannò
circa 200 persone che erano implicate nel complotto del 20 luglio. Quasi tutti vennero
giustiziati entro due ore dalla sentenza. “Non devono avere il tempo di fare discorsi” ordinò
Hitler.
Ma ci furono disertori nell’esercito tedesco ? Enrico Peyretti
20
riporta alcuni dati.
Furono 35. 000 i disertori nell’esercito nazista. Di questi, 15. 000 vennero arrestati e
giustiziati. Su 12 milioni di soldati, si chiede, sono pochi ? Una quantità molto maggiore
avrebbe avuto effetti decisivi, ma il significato di questi coraggiosi ribelli trascende il loro
numero. Degli obiettori di coscienza e renitenti alla leva si conoscono alcuni nomi, (secondo
il Vaccarino
21
sono sette gli obiettori cattolici, dei quali sei austriaci uccisi o dichiarati
infermi mentalmente, sufficienti a pensare che il fenomeno occultato sia stato almeno un poco
maggiore. 22
Più numerosi i semi-obbedienti: coloro che obbedivano a rilento, ‘capivano male gli
ordini, li dimenticavano’, trovavano un modo astuto di sottrarvisi, e non sempre senza rischio
personale.
20
Peyretti, op. cit., p. 3
21
Giorgio Vaccarino, Storia della Resistenza in Europa (1938-1945), Feltrinelli, Milano 1981
22
Franz Jägerstätter (uno dei sei uccisi) così motiva la sua obiezione: “Scrivo con le mani legate, ma preferisco
questa condizione al sapere incatenata la mia volontà. Non sono il carcere, le catene e nemmeno una
condanna che possono far perdere la fede a qualcuno o privarlo della libertà […]. Perché Dio avrebbe dato a
ciascuno di noi la ragione ed il libero arbitrio se bastava soltanto ubbidire ciecamente?”
17
Difficoltà della Resistenza: Valutazioni
Se la Resistenza fu rappresentativa dell’intera società tedesca da un punto di vista
sociologico, economico e politico, essa non fu tale da un punto di vista quantitativo… Quel
che mancava all’attività della Resistenza, così come anche alle sue idee, era un vasto
sostegno, reale o potenziale, fra la popolazione tedesca.
Erano tre le principali cause per l’assenza di tale appoggio. In primo luogo, la
maggioranza dei tedeschi accettava il regime di Hitler in quanto egli aveva conquistato il
potere in modo corretto e, a rigor di termini, legittimo. Questa posizione veniva condivisa
anche dai governi della Gran Bretagna, della Francia, dell’Italia, degli Stati Uniti e
dell’Unione Sovietica. e anche del Vaticano
Un’altra delle cause alla base dello scarso sostegno alla Resistenza fu il successo del
governo di Hitler, che aveva restaurato l’ordine, sconfitto la disoccupazione, ricostituito una
capacità difensiva credibile e ottenuto ampie revisioni territoriali rispetto al trattato di
Versailles. . I tedeschi in genere non si sentivano minacciati dalla politica del regime quanto
piuttosto dalle incursioni aeree degli alleati. . Le campagne governative di sterminio contro
polacchi, ebrei, prigionieri di guerra sovietici, testimoni di Geova, zingari e altri gruppi
perseguitati erano segretissime.
L’ultimo motivo che spiega l’assenza di un ampio sostegno alla Resistenza fu la
sensazione che la polizia di stato nazista e i suoi strumenti fossero onnipresenti Oltre alla
Gestapo e al SD, c’erano innumerevoli agenti, in formatori di partito, a livello provinciale
(Gau), distrettuale (Kreis), locale (Bezirk) e di zona
L’opposizione costituita da sindacati e partiti presentava al proprio interno contrasti
maggiori di quelli che i suoi singoli componenti avevano con i nazisti prima che Hitler
venisse nominato cancelliere e anche dopo. 23
Per una resistenza da parte dell’esercito l’ostacolo maggiore era il sistema di
obbedienza militare e il giuramento di fedeltà al comandante supremo delle forze armate. 24.
L’esercito, l’arma più adatta per la rivolta era anche la forza più conservatrice e
nazionalista della società. Il giuramento di fedeltà dei soldati era qualcosa di più di un
semplice alibi. Nella Wehrmacht, come in tutte le forze armate, l’obbedienza militare
23
Hoffmann, op. cit., pp. 97-98, passim
24
Appena due settimane dopo l’ingresso trionfale delle truppe tedesche nei Sudeti, fra ali folla festante, Hitler
inviò all’OKW (Oberkommando der Wehrmacht) Il decreto ipocritamente intitolato ‘Appello agli ufficiali’.
Il decreto inibì ai comandanti militari ogni diritto di valutazione politica, chiedendo invece ‘obbedienza,
ferma fiducia, nonché devota e assoluta determinazione’. Joachim Fest, Obiettivo Hitler, Garzanti, Milano
1996, p. 95
18
costituiva un grave ostacolo alle decisioni individuali sui limiti della fedeltà e sul diritto o sul
dovere di rifiutarsi di obbedire a ordini illegali. In guerra, di fronte al nemico, a dominare è il
senso di solidarietà che il soldato prova con i suoi compagni. La decisione di rompere il
giuramento, di comportarsi in modo sovversivo e agire in contrasto con il comando supremo
militare e politico condannava il singolo alla solitudine e all’isolamento dai suoi compagni.
Non ci si poteva aspettare una decisione così difficile da un gran numero di soldati, ma solo
da pochi.
Inoltre Hitler, già a partire dal 1935 aveva provveduto ad un frettoloso ampliamento
della Wehrmacht, inserendo nei ranghi di comando un numero crescente di ufficiali
ideologicamente allineati 25.
‘Alcuni militari, compresa una parte di quelli che aderirono alla Resistenza,
consideravano nullo il giuramento dal momento che l’uomo a cui essi avevano giurato fedeltà
aveva infranto più di una volta la sua promessa per quel che riguardava la sua carica, ma
insistevano nel dichiarare di non poter intraprendere alcuna azione contro il regime fino a che
il dittatore non fosse stato ucciso’. 26
Era improbabile che la Resistenza raggiungesse i suoi fini in una di queste tre aree:
ottenere una riforma interna dello Stato, salvaguardare l’insurrezione interna con l’ausilio
della politica estera (gli Alleati non volevano una Germania forte, grande) e unire assassinio e
colpo di stato. “La Resistenza agì senza alcuna speranza di successo. Non si aspettava il
successo, nel senso ordinario del termine. Ma la sfida a un malvagità così totale esigeva una
risposta” 27.
Il fratello di Haeften, Hans Bernd von Haeften, che era sotto processo e rischiava la
vita per aver sostenuto la cospirazione all’interno del ministero degli Esteri, disse nel corso di
un’udienza nel’agosto 1944 che Hitler “era un grande propagatore del Male”. Yorck, del
circolo Kreisau, dichiarò: “La questione di fondo in tutta questa vicenda è la pretesa totalitaria
avanzata dallo stato, nei confronti del singolo cittadino, che gli chiede di rinnegare i suoi
obblighi religiosi e morali verso Dio…”
Alcuni cospiratori si erano spinti fino al ‘tradimento’… il colonnello Oster aveva
informato il governo Olandese delle date previste per l’attacco nel 1939 e nel 1940. Dietrich
Bonhoffer disse a Visser’t Hooft nel settembre del ’41: ”Se vuole saperlo, prego per la
25
Fest, op. cit., p. 95
26
Hoffmann, op. cit., pp. 97-101, passim
27
Hoffmann, op. cit., p. 173
19
sconfitta del mio paese perché credo che sia l’unico modo per riparare le sofferenze che il mio
paese ha causato nel mondo”….’ 28
Stauffenberg respinse un tale radicalismo, rinunciare cioè al nazionalismo. Non
condivideva neppure le scelte di quei prigionieri di guerra tedeschi che, nei campi di prigionia
russi, sostenevano la causa sovietica, influenzando negativamente le forze armate tedesche.
Lui era consapevole di tradire il proprio governo; ma loro stavano tradendo il proprio paese.
Qualche giorno prima del colpo di stato disse alla moglie; ”E’ ora di fare qualcosa. Ma chi ha
il coraggio di fare qualcosa deve farlo sapendo che nella storia tedesca sarà ricordato come un
traditore. Se non fa nulla però, sarà un traditore per la propria coscienza.”
La persecuzione e l’uccisione degli ebrei fu per molti cospiratori il motivo principale
che li spinse a entrare nell’opposizione clandestina. Più di venti cospiratori arrestati dopo il 20
luglio 1944 affermarono negli interrogatori della Gestapo che la persecuzione degli ebrei fu
un fattore o il fattore principale che li spinse a entrare nel complotto. Così Dietrich
Bonhoeffer, Dohnanyi, Leber, Oster, Canaris, Goerdeler e altri citarono la persecuzione degli
ebrei come motivazione per opporsi al regime e cospirare contro di esso. ”
Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, quale ruolo giocarono gli intellettuali, gli
scienziati, gli artisti durante la dittatura hitleriana. Molti e di grande spessore, pur
profondamente legati alla propria patria, furono di fatto costretti ad abbandonare il proprio
Paese se volevano esercitare liberamente le proprie professioni. Così, per citarne alcuni, se ne
andarono dalla Germania Thomas Mann, che visse l’esilio come una profonda lacerazione.
Così Marlene Dietrich, che prese poi la cittadinanza americana nel 1937 e a più riprese rifiutò
le offerte di Goebbels per farne un’eroina della filmografia nazista.
Ma la lista degli esiliati volontari è lunghissima: Albert Einstein, Joseph Schumpeter,
Theodor Adorno, Ernst Cassirer, Karl Popper solo per citarne alcuni. Un esodo che privò la
Germania dei suoi intelletti migliori.
Riguardo agli scienziati: ’ resta incerto, per Leandro Castellani, quanto pesò il ‘non
potere’ (per mancanza di mezzi, dovuta anche a sabotaggi e bombardamenti inglesi e
statunitensi sulle riserve di uranio e di acqua pesante) e quanto il ‘non volere’ degli scienziati
tedeschi. Karl Friederich von Weizsäcker dichiara all’autore nel 1967: “Non sarei mai andato
da Hitler a dirgli: Ecco. Abbiamo trovato la bomba definitiva. Avevo della buone, buonissime
ragioni per non farlo. Primo non lo volevo fare; e poi comunque non sarebbe stato possibile
28
Hoffmann, op. cit., pp 178-179. passim
20
farlo”. Resta però il fatto che gli scienziati tedeschi ingannarono il governo nazista facendogli
credere fino all’ultimo di poter lavorare alla costruzione dell’atomica’. 29
Si può parlare di obiezione di coscienza? Secondo Peyretti sembrerebbe di sì: “Anche
questa fu una resistenza civile, non armata, alla violenza nazista”. Semelin 30 individua, tra le
forme di questa resistenza, il lavoro a rilento. Tale fu il lavoro di questi scienziati, anzi una
non-collaborazione e un boicottaggio mascherati da collaborazione faticosa, difficile, lunga.
Essi tennero occupato il posto di collaboratore senza dare collaborazione.
Trovo interessante richiamare qui alcune considerazioni espresse in una relazione
tenuta a Torino il 6 aprile 1995 da Hans Mommsen., nel convegno “Resistenza, Resistance,
Widerstand” indetto da Goethe Institut, Centre Culturel Francais, Dipartimento di studi
politici dell’Università di Torino 31.
Lo storico tedesco delinea quali furono, a suo avviso, le caratteristiche salienti della
Resistenza tedesca:
-
Fu una resistenza contro la propria nazione e il suo governo, a differenza di tutte le
altre resistenze nazionali
-
Non poté riferirsi ad una forma costituzionale preesistente, né Weimar né precedente
-
Fu condotta da partiti antinazisti, scomparsi ben presto dopo i primi anni di regime.
Dal 1938 fu espressa non da una classe politica, ma da alti funzionari, alti gradi
militari. Fece eccezione il partito comunista, anche oltre il 1943. Sarebbe un errore
vedervi un’azione soltanto a favore dell’URSS. Così è un errore vedere nel
complotto del 20 luglio 1944 una matrice puramente conservatrice e aristocratica,
perché ci furono anche socialdemocratici, sindacalisti, cristiani.
Il movimento del 20 luglio non rappresentava tutta la resistenza tedesca, non
prospettava una democrazia, ma un principio autoritario corporativo. Molti dei congiurati
pensavano
che
il
nazismo
fosse
l’effetto
della
iper-democrazia
di
Weimar,
dell’industrializzazione e urbanizzazione. Gruppi borghesi di destra volevano fare tabula rasa
dell’ordinamento di Weimar pre 1933, non tenevano conto dei partiti.
Schematicamente, Mommsen vede due fasi della Resistenza. Nella prima i comunisti
tentarono un’organizzazione compatta, più esposta alla Gestapo. Nella seconda fase, dal 1938,
la componete borghese-militare rinuncia alle tecniche cospirative, perciò sfugge alla Gestapo.
L’esercito valeva come una forma di esilio interno. Hitler e la Gestapo non seppero valutare
29
Peyretti, op. cit., p. 12
30
Jacques Semelin, Senz’armi di fronte a Hitler. La Resistenza civile in Europa 1939-1943, Ediz. Sonda, Torino
1993
31
Peyretti, op. cit., p. 3
21
appieno la forza politica della borghesia. Caratteristica di questa fase è di essere nazionalconservatrice: una “Resistenza senza popolo”.
Il Circolo di Kreisau si considerava la ‘guida nata’ della nazione, non cercò appoggio
nella popolazione. Solo dopo la richiesta degli Inglesi: “Chi c’è dietro di voi?”, Goerdeler
cercò contatti con le sinistre. Ma la Resistenza rimase senza popolo. Colpisce il fatto che la
popolazione reagì sfavorevolmente all’attentato del 20 luglio. Nel1943 riemerse l’attività
comunista, pericolosa per i nazional-conservatori, tra i quali nacquero divisioni per questo
motivo.
Per quel che riguarda gli obiettivi dei congiurati ci furono molteplici piani e progetti.
Spesso avevano tratti utopici. Mancavano dei veri politici.
Il Circolo di Kreisau, - particolarmente con Padre Delp, gesuita di Monaco -, voleva
una riforma morale-politica, non solo delle idee; diceva che i tedeschi erano diventati un
“popolo sulla strada”, avendo perduto il senso di patria e dei valori religiosi e sociali;
bisognava portare l’uomo fuori dalla sua solitudine. Quindi: ricostruzione delle capacità
politiche del singolo, ma con tratti elitari. Il denominatore comune era il ripristino del diritto
calpestato, del diritto divino e naturale della persona umana. I resistenti furono spinti anche
dalla conoscenza della persecuzione degli ebrei.
Infine, Mommsen valuta l’estremo tentativo del 20 luglio come un atto morale per
uscire dalla complicità del popolo tedesco col terrore: era necessario tradire anche se il popolo
non avrebbe capito. Questo contava più di ogni ambizione personale. Incerta era la possibilità
di costituire un governo dopo il 20 luglio. Ci sarebbe stata una guerra civile, una situazione
simile alla Resistenza italiana. Ciò avrebbe dovuto accelerare la fine della guerra, durata
invece ancora quasi un anno.
Ma gli Alleati non volevano altro che la resa senza condizioni, perciò abbandonarono
a se stessa l’’altra Germania’. Invece era importante spezzare il mito dell’onnipotenza del
sistema, anche per merito soltanto di una piccola minoranza. Oltre ai congiurati del 20 luglio,
si opposero alla tirannia totalitaria anche molti singoli che disobbedirono a ordini disumani.
Dopo il1945 non ci furono rappresentanti sopravvissuti della Resistenza nella politica
tedesca, ma piuttosto la classe della Repubblica di Weimar. Così pure nella DDR (Repubblica
Democratica Tedesca). Non i comunisti della resistenza, ma quelli provenienti da Weimar.
Così la Resistenza tedesca è stata rappresentata da una ‘generazione perduta’ che non
poté dare contributi successivi.
22
Resistenza tedesca, resistenza di coscienze?
Friedrich Muckermann, autore di “La via tedesca”
32
, nella conclusione del suo libro,
nel 1945, scrive: ”Ci fu in Germania un movimento di resistenza che ebbe uno sviluppo sino
ad oggi sconosciuto nell’opinione pubblica mondiale. Questo movimento di resistenza ha
condotto la sua battaglia nel campo essenziale e più importante: nel campo della libertà di
coscienza, che è il fondamento e la premessa di ogni libertà umana…Vorrei …dire alla
gioventù tedesca: è una menzogna negare l’esistenza dell’altra Germania ed è iniquo chi
condanna tutto il popolo tedesco”.
In effetti, come ribadisce Peyretti 33 la Resistenza tedesca fu una lotta nelle coscienze e
delle coscienze. Lotta nelle coscienze per i militari che passarono all’azione contro Hitler e
dovettero superare il giuramento di fedeltà personale, che non era solo un alibi, come già
annotato, ma un vero problema di coscienza, anche riguardo all’uccidere. (come sentirono in
particolare Goerdeler e Moltke), cioè all’usare un metodo nazista per abbattere il nazismo.
Lotta delle coscienze, perché quel milione (o tre milioni, secondo Vaccarino) di tedeschi
chiusi nei lager come oppositori politici, opposero a Hitler, invece delle armi, il rifiuto delle
loro coscienze ad obbedire al comando malvagio. Questo rifiuto è, come ha detto
Muckermann, fondamento della libertà. La quale ha, nelle armi, al massimo uno strumento
molto ambiguo e insicuro, e invece, nella responsabilità delle coscienze, la sua sostanza.
A chi afferma che nessuna forma di opposizione, né direttamente politica come quella
comunista e socialdemocratica, né militare, né religiosa riuscì a rappresentare altro che la
protesta di una piccola minoranza del popolo tedesco e che la macchina del totalitarismo
nazista fu spezzata soltanto nel corso di una guerra perduta - giudizio molto diffuso quello che
riconosce alla guerra antinazista tutto il merito e il valore di opposizione efficace al nazismo il Peyretti obietta: “Certamente si deve riconoscere che la cultura politica e l’ evoluzione
morale umana non era in grado allora (come ancora oggi, ma in presenza di una
consapevolezza assai cresciuta) di opporre alla guerra di Hitler se non altra guerra, ma si deve
egualmente riconoscere che l’opposizione morale e spirituale dei resistenti senza violenza
batteva vie più antiche e più nuove, più profondamente contrarie e alternative al nazismo”…
32
Friedrich Muckermann , “La via tedesca. Il movimento dei cattolici tedeschi dal 1939 al1945” (Reprints),
Morcellana 1985 - diresse la rivista pubblicata a Münster, “Der Gral”, che ebbe l’onore di essere tra le
prime ad essere soppressa. Nel 1934, scrisse “Vom Rätsel unserer Zeit”, Koesel, Prestat, München, una
ampia, fondamentale critica dell’ideologia nazista)
33
Peyretti, op. cit., p. 14-17, passim
23
Tornando al giudizio dei più: ”esso pone giustamente il problema dell’efficacia
irrinunciabile: l’opposizione ad un potere iniquo deve proporsi di sostituirlo, non soltanto di
giudicarlo, né soltanto di negargli la collaborazione e l’obbedienza personali senza che questi
rifiuti lo svuotino e lo facciano cadere. Oltre la testimonianza si deve cercare il risultato
storico. Certamente. Ma l’efficacia delle lotte non-violente – come quella di ogni tipo di lotta
e di impresa importante – non è soltanto quella immediata (che pure in alcuni casi storici si è
avuta: per esempio nell’opposizione degli insegnanti norvegesi alla nazificazione della
scuola), ma è anche quella profonda, che agisce a lungo nel tempo successivo col porre le
premesse di esperienza, le premesse teoriche, soprattutto le premesse morali per la lotta alla
violenza senza ripetere la violenza … La morte dei fratelli Scholl e dei loro compagni, ad
esempio, è un fallimento nell’immediato, ma è una forza operante ed efficace nel trasmettere
ad ogni tempo e luogo umano la forza del rifiuto di ogni tirannia disumana…
L’importante è che, se viene a mancare il risultato non manchi la chiarezza del fine e
la forza dell’intenzione. Il fine e l’ intenzione potranno trovare in altra circostanza, per mano
di altri, la loro realizzazione. ”
Utopia?
Comunque, per Hans Mommsen, la Resistenza tedesca é stata “un atto di autodifesa
morale”, una resistenza dello spirito:
Dal canto suo Joachim Fest, nel suo “Obiettivo Hitler”
34
, afferma che” la resistenza
tedesca non va misurata col metro dell’inutilità dei suoi sforzi e delle sue speranze inesaudite,
Tutto ciò che la connota si sottrae al calcolo del successo. Non ha influenzato il corso della
storia, è vero, però ha modificato fondamentalmente il giudizio complessivo su quegli anni:
perché gli atti di rispetto per se stessi e di incrollabilità morale sono anch’essi parte della
storia, non meno e forse più delle grandi date che segnano il calendario della memoria…
Sul piano morale, il tentativo pesa quanto il successo.
Questa grandezza morale della resistenza tedesca non è seriamente confutabile, anche
se è ancora stranamente sottratta all’attenzione dell’opinione pubblica.
Su tutto il resto le disparità d’opinione permangono: sui suoi intrecci, sulle sue
concezioni sociali, sulle sue illusioni, sulla sua incapacità di volgersi all’azione e sulla
risoluzione che infine riuscì ad imporsi.”
34
Fest, op. cit., pp. 309-310
24
Conclusione
Provo ad enucleare qui, schematicamente, alcune ragioni – peraltro già espresse qua e
là all’interno della tesina – del perché non ci fu Resistenza di popolo al nazismo e,
aggiungiamo, all’antisemitismo. ’Il fatto che migliaia di tedeschi si siano opposti ai crimini
del loro governo é sempre stato fonte d’imbarazzo per i milioni di persone che invece
appoggiarono Hitler’. 35
C’era nel popolo un senso di rivalsa dopo l’umiliazione del Trattato di Versailles del
1919, enfatizzato dall’inizio vittorioso della guerra iniziata il 1° settembre 1939.
Nel popolo, abituato ad uno stato forte, permaneva il mito di uno stato forte europeo.
Pensiamo poi al forte controllo e alla incessante, scientifica propaganda che il regime
nazionalsocialista aveva organizzato, per cui ‘ la maggior parte dei tedeschi non ebbe che una
conoscenza frammentaria dei crimini di Hitler. Chi non fu suo complice in quei crimini
raramente giunse a coglierne il contesto generale, e ancor meno ad afferrarne la portata.
Perfino gli oppositori al regime nazista, in Germania o al di fuori di essa, non erano del tutto
al corrente dello sterminio di massa di ebrei, zingari, polacchi, comunisti, malati di mente e
prigionieri di guerra russi. Le scarse notizie su quei crimini che i tedeschi poterono aver,
tuttavia, svelarono una minaccia talmente mostruosa per il paese e per l’umanità da
sconvolgere profondamente un certo numero di persone e spingerle a intraprendere attività
antinaziste, mettendo così a rischio la propria vita’.
Nell’ambito specifico dei militari costituì remora a ‘muoversi’, ribellandosi al
nazismo,. il principio d’obbedienza giurata ad Hitler (Fùhrer und Reichskanzler) di cui si è già
detto e il fatto che gli Alleati avrebbero accettato solo una resa incondizionata.
Esisteva, ovviamente accentuata dalla propaganda, una paura del comunismo sia
quello russo sia quello costituito da circoli rivoluzionari occidentali.
Per quanto attiene in particolare all’antisemitismo nella Germania nazista e sul perché
non ci fu sempre forte e chiara opposizione da parte delle varie ‘anime’della Resistenza,
facciamo alcune considerazioni.
In Germania e non solo c’era un sottofondo, in parte religioso, di diffidenza verso gli
ebrei che vivevano separati e che nello stesso tempo si vedevano ai vertici della finanza.
Soprattutto esistevano nella Germania del tempo, movimenti miranti a restringere i
diritti degli ebrei, in alcuni casi proponendone l’eliminazione o l’eliminazione. Essi si
35
Hoffmann, op. cit., p. 7
25
rifacevano agli ideologi Völkisch. Anche se non si arriverà mai a un vero e proprio partito
politico, si costituirà un fronte unitario nazional-patriottico col nome di Thule Bund, che
eserciterà una notevole influenza sul movimento nazionalsocialista di Hitler.
‘Quando poi, nei giorni che seguirono il crollo dell’impero tedesco, i socialisti radicali
(tra i quali ricordiamo gli ebrei Kurt Eisner e Rosa Luxemburg) minacciarono di dar vita ad
nuovo governo basato sui Consigli degli operai e dei soldati, molti rievocarono l’associazione
tra ebrei e bolscevismo, giungendo alla conclusione che gli ebrei volevano asservire la
Germania al giogo comunista’. 36
Hitler sfruttò ampiamente le associazioni tra gli ebrei e la sconfitta tedesca della I
guerra mondiale, il bolscevismo e la Repubblica di Weimar, presentando il marxismo e il
bolscevismo come le principali armi degli ebrei nella loro perversa lotta per al sopravvivenza
Anche se, nella prima fase (anni 1929-33) i nazisti tendevano abilmente ad attenuare la
retorica antisemita, riferendosi al tema ebraico solo in termini astratti. E quanti votarono per il
partito nazista lo fecero perché attratti dal nazismo, non dall’antisemitismo.
Quando però il regime si impegnò in violente azioni antiebraiche, si registrò un ampio
dissenso popolare. In particolare, i tumulti della cosiddetta ‘notte dei cristalli’ del 9-10
novembre 1938, fecero crescere l’avversione al regime in segmenti significativi della
popolazione, anche se, a quanto pare, molti furono contrariati più dai disordini e dalla
brutalità gratuita del pogrom che dalla sorte toccata ai loro compatrioti di religione ebraica.
Comunque certo non contribuirono ad incrementare la popolarità del regime.
Quando poi incominciarono ad arrivare dall’est inquietanti notizie di fucilazioni in
massa di ebrei, molti, soprattutto nell’Europa occidentale, pensavano che non potevano essere
del tutto credibili. Tale incapacità di credere a racconti così incompatibili con l’idea comune
del’umanità moderna e civilizzata ritardò le reazioni, qualunque tipo di esse, sia all’interno
del Reich sia negli altri stati belligeranti.
Infine è chiaro che solo relativamente pochi capirono che il cosiddetto’re insediamento
ad est’ equivaleva ad una condanna a morte. Questo si evince anche dalle testimonianze dei
pochi sopravvissuti alle deportazioni:
Ma allora, ’se come suggeriscono gli studi sull’opinione pubblica tedesca, la
maggioranza dei tedeschi non mostrò inclinazioni particolarmente violente nei confronti degli
ebrei nemmeno dopo il 1933, da dove provenivano coloro che parteciparono al processo di
sterminio?’
36
David Engel, L’Olocausto, il Mulino, Bologna 2005
26
La soluzione del problema si trova forse in “una combinazione di fattori ideologici e
situazioni che permisero a un regime popolare, ideologizzato e dittatoriale e ai suoi seguaci
intransigenti di mobilitare il resto della società in favore dei suoi scopi., ivi compreso lo
sterminio degli ebrei e di legarlo ad essi”
37
. L’Olocausto sorse in prima istanza
dall’interazione fra una leadeschip che considerava gli ebrei parassiti nocivi e un popolo
potenzialmente motivato da motivazioni sia nella psicologia umana sia nell’ambiente storico,
sociale e culturale tedesco.
Quali le interazioni, resta argomento di dibattito. 38
E quei cittadini tedeschi che potremo indicare come ‘resistenti’?Come si posero di
fronte all’antisemitismo ? Le posizioni furono differenti, come differenti erano i gruppi della
Resistenza: ebrei, cristiani protestanti e cattolici, le Chiese e, politicamente, comunisti,
socialdemocratici, centristi, poi militari, ceto medio, alta borghesia.
Le osservazioni espresse riguardo al popolo tedesco in generale valgono pure per loro.
Ciò che li connota è una sensibilità etica maggiore, un forte senso della libertà e un desiderio
impellente di verità., oltre che un amore per ogni persona umana. Come si è detto, la loro
‘battaglia’ fu soprattutto contro il nazismo, inteso come ideologia razzista e come dittatura
soffocante ogni libertà.
‘I crimini nazisti e la battaglia condotta contro di essi da poche persone nella
Germania nazista rappresentano una sfida a tutti gli esseri umani affinché cerchino di
comprendere la natura della tirannia. Il regime hitleriano non può essere compreso senza
prendere in considerazione la resistenza ai crimini nazisti, dal momento che la natura stessa
del Terzo Reich suscitava un’opposizione intransigente o l’entusiasmo della masse. I rapporti
fra nazionalsocialismo e Resistenza costituiscono quindi una via d’accesso fondamentale per
comprendere il sistema nazista’ 39.
37
Engel, op. cit., p. 42 (richiamandosi a Browning, Daniel Goldhagen’s Willing Executioners, p. 108)
38
(Engel, op. cit., pp. 37-118, passim).
39
Hoffmann, op. cit., p. 10
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