UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI SCIENZE STORICHE E FORME DELLA MEMORIA LA RESISTENZA DEI TEDESCHI CONTRO IL NAZISMO Prof. Gustavo Corni Elaborato di Gianfranco Corradi Anno Accademico 2010- 2011 1 INDICE I. Premessa p. 3 II. Primi gruppi di Resistenza p. 4 III. Comportamento delle Chiese p. 7 IV. Altre forze di opposizione p. 10 V. Coinvolgimento dei militari p. 14 VI. Difficoltà della Resistenza: Valutazioni p. 18 VII. Resistenza tedesca, resistenza di coscienze? p. 23 VIII. Conclusione p. 25 Bibliografia p. 28 2 IX. Premessa La mia relazione verterà soprattutto su l’analisi delle varie fasi di resistenza sviluppatasi in Germania e capire come si è potuta evolvere nel tempo e quale ruolo hanno giocato partiti, gruppi, le Chiese (evangelica e cattolica), le persone. Alla base del lavoro: - la descrizione degli avvenimenti riportati da Peter Hoffmann 1 - la sintesi storica del periodo nazista tracciata da Enzo Collotti 2 - altri contributi storici Nei suoi studi sulla resistenza, Hoffmann ha sempre insistito su una dimensione lunga di questa resistenza: 1933 – 1945, respingendo implicitamente la tesi di una resistenza che nasce solo nel momento della crisi finale del regime, quando le vecchie classi dirigenti prendono coscienza della ‘pazzia’ di Hitler e del suo seguito. Anche se è vero che ciò che ha scosso in particolare le alte sfere militari sono stati i 250. 000 soldati immolati nella battaglia di Stalingrado. “L’atmosfera nella quale vennero tenute le elezioni del 5 marzo 1933 era dominata dal terrore. Ci furono aggressioni, sparatorie, arresti arbitrari, diffuse attività propagandistiche e sfilate naziste di massa … Migliaia di funzionari dei partiti di centro e di sinistra furono arrestati …. In moltissime sezioni elettorali uomini con le uniformi della SA e delle SS controllavano gli elettori mentre compilavano le loro schede. Le elezioni diedero al NSDAP (Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori) il 43, 9 per cento del voto popolare, poco meno della maggioranza assoluta che esso avrebbe voluto. Ma dopo l’atto che dava i pieni poteri da parte del Reichstag (Parlamento), il 23 marzo 1933, i vecchi partiti politici scomparvero l’uno dopo l’altro: o perché messi fuori legge (Partito socialdemocratico) o perché si auto sciolsero (Partito nazionale del popolo tedesco e Partito di centro) o perché avevano perso il diritto di esistere essendo stati imprigionati buona parte dei suoi deputati. In verità il partito comunista non si sciolse, ma perse ogni diritto di esistere con la legge del 14 luglio che vietava la nuova formazione di partiti Nel novembre del ’33 ci fu un plebiscito e il 95 per cento dei votanti approvò la politica interna ed estera del governo. Il vasto consenso che assume la nomina di Hitler fu reso possibile anche dal fatto che moltissimi tedeschi confusero nazionalismo e nazionalsocialismo. Il che non sorprende dopo 1 Peter Hoffmann,, Tedeschi contro il nazismo, il Mulino, Bologna 1994 2 Enzo Collotti,, La Germania nazista, Einaudi, Torino 1962 3 le umiliazioni che il loro paese aveva subito a Versailles. Hitler cavalcò questo malumore giocando sull’onore della nazione Dopo il 1933 gli altri governi mondiali accettarono quello di Hitler e chi lo disapprovava non lo manifestò. Non potevano essere certo i tedeschi a disapprovare il rinnovamento della loro nazione, dopo l’esperienza infelice di Weimar, quando il resto del mondo lo approvava. 3 Una delle peculiarità della resistenza tedesca fu, nella sua dimensione più diffusa, una difesa delle antiche libertà corporative di determinati ambienti (religiosi o socio culturali) piuttosto che una domanda di rivoluzione politica contro un dittatore…Sta qui la spiegazione del carattere alto-borghese e conservatore che assunse la maggior parte dei circoli resistenti. Un esempio sarebbe la prima fase di opposizione della chiesa confessante che non fu opposizione politica, ma solo un movimento di resistenza contro le pretese del regime di nazificare la chiesa evangelica. Liquidati, (come s’è detto) i partiti politici, che in Germania non avevano mai goduto di buona stampa… il problema era come trovare un rapporto forte con lo stato, nel quadro della tradizione di uno ‘stato di autorità’che sovra ordinava il livello pubblico a qualsiasi sfera privata. Questo rapporto di sacralità con il potere si era incrinato nella crisi postbellica. Ora l’avvento e la gestione dello spazio pubblico da parte del nazismo sembrava dare una risposta a questo bisogno e la cultura di massa andava assuefacendosi. Che la vigilanza critica contro questa mitizzazione dello spazio pubblico, che la presa di distanza dal regime fosse per lungo tempo affare di circoli ristretti delle classi dirigenti non può destare più di tanto stupore: alti ufficiali, accademici, ecclesiastici, diplomatici avevano tutti gli strumenti per valutare la pericolosità, l’immoralità insita nel nazionalsocialismo.” 4 Primi gruppi di Resistenza. “La Resistenza 5 tedesca al regime nazista fu una reazione diretta all’ingiustizia e alle potenzialità distruttive che erano alla base del suo pensiero. L’arbitrarietà, la criminalità, l’oppressione dittatoriale, gli eccessi polizieschi, la persecuzione di capi religiosi e di 3 Hoffmann, op. cit., pp. 33-38, passim 4 Enzo Collotti,, La Germania nazista, Einaudi, Torino 1962 5 I termini ‘resistenza’ e ‘movimento di resistenza’ venivano usati in volantini distribuiti da un gruppo, formato da studenti e un professore universitario, che si chiamava ‘Rosa Bianca’ e il cui scopo era di suscitare nel popolo l’opposizione al regime 4 oppositori politici, la persecuzione dei cosiddetti non ariani (ebrei e zingari) e l’aver scatenato un’altra guerra senza curarsi delle conseguenze: furono queste le motivazioni principali della Resistenza. ”6 La Resistenza ebbe fasi alterne, a seconda dei periodi. Nei primi mesi del’33 le vecchie forme e i metodi del dibattito politico rimasero in qualche maniera immutati. Diversi giornali e periodici letterari continuarono ad uscire prima di essere soppressi; i partiti scomparvero gradualmente; solo a poco a poco si comprese che il prezzo pagato da chi esprimeva liberamente le proprie opinioni era il campo di concentramento o la prigione. 7 La fase successiva dell’opposizione fu clandestina. Le forze di opposizione, quelle naturali (sindacati, socialdemocratici, comunisti), non erano unite. Solo un gruppetto della sinistra era pronto alla lotta clandestina, l’Organizzazione marxista-leninista di Walter Loewenheim. Grazie all’opuscolo “Neu beginnen” (ricominciare) pubblicato in Cecoslovacchia con lo pseudonimo “Miles”, il gruppo acquisì grande notorietà. Comunque, a giudicare dai dati della polizia sugli arresti e sulla distribuzione illegale di volantini esisteva un numero di gruppi oppositori: conservatori, socialisti e comunisti aggirantisi sui 1200. Gran parte delle organizzazioni clandestine venne distrutta dalla polizia politica all’inizio della dittatura hitleriana. Negli anni precedenti la guerra, di fatto, i capi ed i maggiori responsabili dei gruppi smantellati erano in prigione o nei campi di concentramento. Dopo l’annessione dell’Austria e della Cecoslovacchia, rispettivamente nel 1938 e ’39, vennero a mancare i punti di riferimento e di rifugio più consistenti. Inoltre molti membri della sinistra rimasero colpiti nelle loro idealità quando si venne a conoscenza del patto tra Germania e Russia del 1939 per la spartizione della Polonia. Decine e decine di gruppi di sinistra si ricompattarono segretamente, dopo che la Germania attaccò l’Unione Sovietica nel 1941. Tra questi il gruppo di Josef ‘Beppo’ Römer che già anni prima aveva fondato il Sozialistische Front, gruppo di ex combattenti della prima guerra mondiale, composto da Corpi scelti (Freikorps o Corpi franchi – Bund Overland) formato sia da nazionalisti che da ex militanti di sinistra. Römer organizzava nuovi gruppi antinazisti ogni volta che veniva rilasciato dalla detenzione. A seguito dell’infiltrazione in questa cellula di emissari della Gestapo - ciò che era già avvenuto con altre organizzazioni anti governative - Römer verrà arrestato nel febbraio ’42, condannato a morte e ghigliottinato 25 settembre di quello stesso anno. 6 Hoffmann, op. cit., p. 72 7 Hoffmann, Tedeschi contro il nazismo, il Mulino, Bologna 1994 –Introduz. di P. Pombeni, pp. XII-XIV. 5 Stessa sorte subì Robert Uhrig, che, insieme con Ernst Knaack, Werner Seelenbinder e Charlotte Eisenblätter, questi due ultimi atleti di punta nazionale tedesca alle Olimpiadi di Berlino del ’36, aveva organizzato una cellula comunista, il Gruppo Robby, il cui quartier generale si trovava negli stabilimenti OSRAM di Berlino che produceva lampadine. Questo gruppo si era costituito clandestinamente, all’inizio delle ostilità con la Russia nel ’41 per fare opera di spionaggio in favore dell’Unione Sovietica. Infiltrati della Gestapo provocarono l’arresto e l’eliminazione cruenta dei congiurati. Altri gruppi, come quello del circolo di Hanna Solf - vedova dell’ex ambasciatore tedesco a Tokio - e quello comunista di Anton Saefow vennero scoperti ed eliminati Come si intuisce, la Resistenza nel suo insieme era sì un fenomeno importante, ma troppo isolato per essere efficace. Si ebbe qualcosa che può essere definito ”resistenza popolare”, che però non era popolare nei termini quantitativi. . Un atteggiamento di opposizione poteva manifestarsi anche nel rifiuto di eseguire il saluto tedesco”Heil Hitler”. Molti pagarono con la vita il loro rifiuto La resistenza da parte di gruppi operai si concretizzava spesso in campagne di volantinaggio anti-governative. Nel 1936 la Gestapo calcolò che erano stati distribuiti illegalmente 1. 643. 000 volantini. Ricordiamo che si trattava di un crimine che veniva considerato alto tradimento. La Resistenza assunse anche la forma di solidarietà con gli ebrei o con altri perseguitati che venivano aiutati a fuggire dal paese. Uno dei centri più attivi della Resistenza in Germania venne formato da Hans von Dohnanyi, già consigliere della Corte suprema del Reich e collaboratore durante la guerra dello spionaggio militare (Abwher); dal suo superiore, il colonnello Hans Oster, dal reverendo Dietrich Bonhoeffer, uno dei capi della Chiesa confessante che prestava servizio nell’Abwher nel settore dell’”emigrazione interna” (che si occupava di evitare arresti); e da Josef Müller, un avvocato cattolico oppositore del nazismo. Tutti costoro operavano nella Resistenza sotto la protezione dell’ammiraglio Wilhelm Canaris, direttore dell’Abwher. Essi organizzarono nel 1941 e ’42 una rete clandestina per l’espatrio degli ebrei e quindi per evitare loro la deportazione in campi di concentramento. La Gestapo e l’SD (Sicherheitsdienst - Servizio di Sicurezza) delle SS (Schutzstaffeln - Reparti di Difesa) ebbero sentore della rete e riuscirono a distruggerla. Dohnanyi, Oster e Bonhoeffer vennero impiccati nell’aprile del 1945. 8 8 Hoffmann, op. cit., pp. 73-78, passim. 6 Comportamento delle Chiese. Le Chiese erano organizzazioni che godevano di una certa indipendenza Esse si preoccupavano di predicare il Vangelo e di eseguire i servizi pastorali. Il clero non era incline a contrapporsi politicamente al governo. Collotti dissente da Gerhard Ritter, il quale attribuisce alle Chiese qualcosa che assomiglia a un reale movimento popolare contro il nazismo, l’unica resistenza cioè, che conseguì ‘un successo pratico’. Tuttavia Collotti ammette che le Chiese compirono gesti di dignità, difesero sì la loro autonomia, ma assunsero pure posizioni coraggiose anche al di là dei loro interessi, e che e furono i casi più rilevanti – singoli esponenti delle Chiese parteciparono a più vasti gruppi e progetti di opposizione. Ricordiamo le forti proteste – nel corso del 1941 - contro gli arresti e le persecuzioni arbitrarie, contro l’eutanasia e l’uccisione degli invalidi e dei malati inguaribili: proteste espresse dai capi della Chiesa cattolica e luterana, in particolare dal Vescovo cattolico di Münster, Clemens von Galen e dal vescovo luterano Theophil Wurm di Wùrtemberg. Alla luce delle difficoltà che si incontravano, quando si voleva prendere pubblicamente posizione, le loro proteste furono certamente molto clamorose. Hitler ordinò la sospensione del programma ufficiale il 24 agosto 1941, quando il personale che si occupava delle eliminazioni passò ad occuparsi dello sterminio di massa degli ebrei. Le vittime del progetto”eutanasia” furono almeno 80-100 mila. Il progetto continuò in forma ‘ non ufficiale’ nei campi di concentramento, dove vennero uccise altre decine di migliaia di persone. 9 Ma intanto Hitler aveva dato un contentino alle Chiese. Non voleva inimicarsele troppo durante la guerra. Dopo la guerra, poi, era sua intenzione di distruggerle (A. Speer) 10. Diversa fu la situazione creatasi nella Chiesa Cattolica e in quella protestante. Nel luglio1933 ci fu un Concordato tra la Germania e la Chiesa Cattolica, per il quale si era prodigato il vicecancelliere Papen del Zentrum e alla cui stesura aveva contribuito anche il cardinale di Monaco, Michael von Faulhaber. Lo scopo, come sempre, era quello di avere garanzie di libertà di culto e di insegnamento; ma probabilmente - e questa è l’opinione di Collotti - compromise il prestigio della Chiesa, nel momento stesso in cui, indirettamente, sembrava ora avvallare, con la sua 9 10 Hoffmann, op. cit., p. 81, passim. A. Speer, Le memorie del Terzo Reich, Milano, Mondadori, 1976 7 autorità morale, il regime nazista. Atteggiamento più fermo la Chiesa assunse nei confronti della dottrine neo pagane di Alfred Rosemberg e della propaganda ufficiale. “La celebre enciclica Mit brennender Sorge del 14 marzo 1937 di Papa Pio XI, che, in quanto esprimeva delusione per l’attuazione del Concordato da parte tedesca e condannava l’attività antireligiosa del Terzo Reich, costituì il momento più spinto della polemica tra la Chiesa e il regime, si può considerare anche la sintesi più adeguata del comportamento della Chiesa Cattolica di fronte al regime nazionalsocialista: la denuncia e la condanna sul piano spirituale, nettamente disgiunte da qualsiasi iniziativa di carattere più immediatamente politico. 11 11 Sotto il nazionalsocialismo comunque la Chiesa Cattolica non subì la lacerazione Questo afferma il Collodi. E’ interessante quanto riporta La Stampa in data 2.X.2009 a firma di Marco Tosati. Chiesa tedesca, nazismo e scomuniche - Un articolo di Antonio Gaspari su "Zenit" presenta alcuni documenti portati alla luce da "Pave the Way Foundation", l'organizzazione americana che lavora per una migliore comprensione reciproca fra ebrei e cattolici L'agenzia "Zenit" pubblica questo articolo di Antonio Gaspari. Quando la Chiesa tedesca scomunicò il nazismo Rilevante scoperta fatta dalla Pave the Way Foundation di Antonio Gaspari ROMA, giovedì, 1° ottobre 2009 (ZENIT.org). Alcuni documenti trovati in Germania dalla Pave the Way Foundation (PTWF) provano che già dal settembre del 1930 i Vescovi cattolici scomunicarono il Partito Nazista di Hitler. Dai documenti trovati da Michael Hesemann, collaboratore della PTWF, risulta che nel settembre del 1930, tre anni prima che Adolf Hitler salisse al potere, l’arcidiocesi di Magonza condannò in forma pubblica il Partito Nazista. Secondo le norme pubblicate dall’Ordinariato di Magonza era “vietato a qualsiasi cattolico iscriversi nelle fila del partito nazionalsocialista di Hitler”. “Ai membri del partito hitleriano non era permesso prendere parte in gruppo a funerali o altre simili funzioni cattoliche”. Inoltre, “finchè un cattolico rimaneva iscritto al partito hitleriano non poteva essere ammesso ai sacramenti”. La denuncia dell’arcidiocesi di Magonza venne riportata in prima pagina da “L’Osservatore Romano” con un articolo pubblicato l’11 ottobre del 1930. Il titolo dell’articolo è “Il partito di Hitler condannato dall’autorità ecclesiastica”. Allora, venne dichiarata l’incompatibilità della fede cattolica con il nazionalsocialismo. Nessuna persona che si dichiarava cattolica poteva diventare membro del Partito Nazista, pena l’esclusione dai sacramenti. Nel febbraio del 1931 fu la diocesi di Monaco a confermare l’incompatibilità della fede cattolica on il partito nazista. Nel marzo del 1931 anche le diocesi di Colonia, Paderrborn e delle province renane, denunciarono l’ideologia nazista, vietando in forma pubblica ogni contatto con i nazisti. Indignati e furiosi per la scomunica emessa dalla Chiesa cattolica, i nazisti inviarono Hermann Göring a Roma con la richiesta di udienza al Segretario di Stato Eugenio Pacelli. Il 30 aprile del 1931, il Cardinale Pacelli si rifiutò di incontrare Göring, il quale fu ricevuto dal Sottosegretario monsignor Giuseppe Pizzardo con l’incarico di prendere nota di ciò che i nazisti chiedevano. Nell’agosto del 1932, la Chiesa cattolica scomunicò tutti i dirigenti del Partito Nazista. Tra i principi anticristiani denunciati come eretici, la Chiesa cattolica tedesca menzionò esplicitamente le teorie razziali ed il razzismo. Sempre nell’agosto del 1932, la Conferenza Episcopale Tedesca pubblicò un dettagliato documento in cui dava istruzioni su come relazionarsi con il Partito Nazista. Nel documento è scritto che era assolutamente vietato per i cattolici diventare membri del Partito nazionalsocialista. Chi disobbediva veniva immediatamente scomunicato. Nel documento della Conferenza Episcopale trovato dalla PTWF è scritto che “tutti gli Ordinari hanno dichiarato illecito l’appartenere al Partito Nazista”, perchè “le manifestazioni di numerosi capi e pubblicisti del partito hanno carattere ostile alla fede” e “sono contrarie alla dottrine fondamentali ed agli indirizzi della Chiesa cattolica”. Nel gennaio del 1933 Adolf Hitler giunse al potere e le organizzazioni cattoliche tedesche diffusero un volantino intitolato “Un appello serio in un momento grave”, in cui consideravano la vittoria del Partito nazionalsocialista “un disastro” per il popolo e per la nazione. Il 10 marzo del 1933, la Conferenza Episcopale Tedesca riunita a Fulda scrisse un appello al Presidente della Germania, il generale Paul L. von Beneckendorff und von Hindenburg, per esprimere "le nostre preoccupazioni più gravi che sono condivise da ampi settori della popolazione”. I Vescovi tedeschi si rivolsero a von Hindenburg manifestando il timore che i nazisti non avrebbero rispettato “il Santuario della Chiesa e la 8 interna che travagliò le file protestanti … La Chiesa evangelica fu direttamente sottoposta alla pressione scissionistica dei Deutsche Christen, (che divenne) un movimento fiancheggiatore del NSDAP, il cui ‘cristianesimo positivo’ era francamente antisemita e approdava ad una specie di misticismo razzistico-guerriero (l’alleanza tra ‘croce uncinata e croce cristiana’ come si legge nei testi) che attribuiva al regime nazista l’investitura di ordinamento voluto da Dio… Proprio intorno al problema dell’antisemitismo si ebbero le prime prove di reazione della parte sane del protestantesimo contro i tentativi di creare una Chiesa nazionale legata all’ideologia nazionalsocialista e di nominare un vescovo del Reich nella persona di Ludwig Müller. Nel luglio del 1933 le elezioni all’interno della Chiesa evangelica misero allo scoperto le varie correnti: gli oppositori dei Deutsche Christen, i quali erano direttamente appoggiati dal regime, si batterono tra l’altro contro il cosiddetto Arierparagraph che prevedeva l’allontanamento dalla Chiesa di tutti i pastori di stirpe non ariana. Grazie al sostegno ufficiale del regime i Deutsche Christen conquistarono la maggioranza e Ludwig Müller divenne Reichsbischof. Questo evento tracciò una frattura precisa nella storia della Chiesa evangelica, nel cui seno la vigorosa predicazione del teologo Karl Barth e l’azione di pastori coraggiosamente aperti all’autocritica, come Martin Niemoeller e Hans Asmussen ponevano le basi della cosiddetta Bekennende Kirche, o Chiesa Confessante, per riaffermare la propria adesione e aderenza ai principi evangelici, la propria fedeltà alla ‘confessione’ (di Augusta 1530), staccandosi quindi dai ‘fratelli’ filonazisti. Il sinodo di Barmen svoltosi alla fine del maggio del1934, che proclamò la Bekennende Kirche legittima Chiesa evangelica tedesca, realizzò la scissione del Protestantesimo. Da questa scissione uscirono nobili figura di antinazisti: accanto a Niemoeller, il pastore Dietrich Bonhoeffer, e il vescovo Wurm, al quale si devono alcune delle più vibranti denunce dello sterminio degli ebrei come crimine contro il comandamento divino e contro il popolo tedesco”. 12 Fece pervenire lettere di protesta al ministero degli Interni di Wùrttemberg nel gennaio ’43 a proposito degli ‘omicidi sistematici di ebrei e polacchi; nel febbraio dello stesso anno scrisse al Gauleiter del Württemberg Wilhelm Murr”a riguardo delle “misure con le quali esseri umani di altre nazioni e di altre razze, senza debito processo ma solo a causa della loro nazionalità o della loro razza, vengono messi a morte”; altra protesta formulò in marzo al posizione della Chiesa nella vita pubblica”. Per questo chiesero al Presidente una “urgente protezione della Chiesa e della vita ecclesiastica”. Tuttavia, i Vescovi cattolici non furono ascoltati. 12 Collotti, op. cit., pp. 286-289. 9 ministero degli esteri del Reich; infine allo stesso Hitler scrisse il 16 luglio ’43 che la separazione delle famiglie derivante dalla persecuzione degli ebrei”così come le altre misure di sterminio prese contro i non ariani, si trovano in evidentissima contraddizione con i comandamenti divini e violano la base stessa del pensiero e della vita occidentale: il diritto umano concesso da Dio alla esistenza e alla dignità. Ma anche qui la resistenza, come fatto politico, fu iniziativa dei singoli. La sola comunità religiosa che resistette in massa fin dall’inizio furono i Testimoni di Geova su 25. 000 adepti, 10. 000 furono arrestati e più di 1. 200 furono uccisi. Altre forze di opposizione. Pur affermando con sicurezza che la maggioranza dei tedeschi era contraria alla persecuzione violenta e all’eccidio di massa degli ebrei – il senso fondamentale di giustizia del popolo tedesco non accettava un oltraggio violento come il pogrom del 1938 -, se prescindiamo dai superstiti nuclei del movimento operaio e dall’influenza morale, piuttosto che politica, delle Chiese, fino alla vigilia della guerra non vi furono in Germania nè un’opposizione di tipo borghese-conservatrice né un’opposizione di militari degne di considerazione. Hoffmann e Collotti concordano in questa valutazione. Non è facile dare un’idea adeguata delle forme e dei nuclei nei quali si articolò l’opposizione antinazista al di fuori della cerchia di adesioni sfociata nel complotto del 20 luglio 1944. Tuttavia furono questi nuclei che iniziarono la ‘lotta’ assai prima dello scoppio della guerra, perché per loro il traguardo era un’alternativa al regime instaurato da Hitler. Influenza comunista vi fu indubbiamente in quello che, a detta di Collotti, è da ritenere il più importante gruppo antinazista anteriore allo scoppio della guerra: il gruppo SchulzeBoysen-Harnach, noto anche come “Rote Kapelle, ”OrchestraRossa, secondo la definizione della polizia tedesca. A questo gruppo si attribuisce generalmente la diffusione di un organo clandestino: “Die Innere Front” con periodicità quindicinale, redatto in diverse lingue allo scopo di mantenere il contatto con i lavoratori stranieri in Germania. Dopo l’aggressione contro l’Unione Sovietica il gruppo intensificò l’attività di propaganda e stabilì persino un contatto radio con l’URSS. Il 30 agosto 1942 l’arresto di Schulze-Boysen fu il primo atto della repressione della Gestapo; nel dicembre dello stesso anno più di sessanta condanne a morte conclusero la gloriosa vicenda della Rote Kapelle. 10 Fisionomia del tutto particolare ebbe un gruppo composto unicamente da giovani ebrei, in parte proveniente dalla gioventù comunista. Guidato dal costruttore meccanico Herbert Baum e composto da diversi lavoratori delle fabbriche Siemens,. il gruppo non si limitò alla propaganda ma osò l’azione terroristica che attirò sull’organizzazione la persecuzione della Gestapo. Nella primavera del 1942 esso organizzò un attentato contro un’esposizione di propaganda antisovietica organizzata a Berlino dai nazisti nel quadro della condotta psicologica della guerra. Il 13 maggio alcuni membri del gruppo, compreso Herbert Baum, appiccarono il fuoco al padiglione dell’esposizione L’attentato non soltanto diede alla polizia nazista la possibilità di distruggere il gruppo Baum, ma fornì anche il pretesto per la fucilazione di 250 ebrei, Herbert Baum e altri 22 componenti del gruppo furono giustiziati. Come s’è detto, la svolta della guerra dopo la sconfitta di Stalingrado aprì la prima vera incrinatura nel fronte interno. I soldati rientranti dal fronte smentivano la retorica ufficiale che li voleva tutti eroi. Il popolo tedesco incominciava a realizzare le responsabilità del nazismo e qualcuno, nel suo proprio ambito, sentiva la necessità di fare qualcosa. Da questo punto di vista tanto più significativo fu perciò il gesto coraggioso dei giovani studenti di Ulm, impegnati per gli studi universitari a Monaco, riuniti nel cosiddetto circolo della Rosa Bianca, sotto l’ispirazione morale del professore Kurt Hubert, docente di filosofia all’università di Monaco. Ad influenzare le loro scelte fu anche l’amicizia con Otto (Otl) Aicher che vive a Soeflingen, un quartiere in cui è presente una forte resistenza cattolica al nazismo, animata dal parroco Franz Weiss. Otl diffonde le idee del ‘Quickborn’ (Sorgente di Vita), un movimento cattolico guidato da Romano Guardini, che si propone di rinnovare la concezione della Chiesa e proclama il triplice diritto dei giovani nella formula: “Gioventù, Libertà e Gioia”. La primavera del 1941 è l’anno dell’incontro dei membri della futura Rosa Bianca con Carl Muth e Theodor Haecker, due intellettuali antinazisti, che con Huber influenzeranno molto le scelte di resistenza del gruppo. A dare ad Hans l’idea dei futuri volantini è possibile che sia stato l’arrivo in casa Scholl dei fogli clandestini con le prediche e le lettere pastorali del vescovo di Mùnster, Clemens August von Galen, che sappiamo non essere tenero nei riguardi del nazismo. Spinti da sdegno profondo per le barbarie del nazismo e le sue colpe verso il popolo tedesco e il mondo intero, i giovani, ispirati da convinzioni etico-religiose e sorretti da una forte amicizia, ancor più che da un consapevole orientamento politico, non esitarono a diffondere nei loro volantini (solo 6, ma corposi e pregnanti di richiami etici) l’incitamento alla ribellione al regime. 11 I primi quattro volantini furono scritti a macchina da Hans Scholl e Alexander Schmorell, ciclostilati e spediti in qualche centinaio di copie tra il 27 giugno e il 12 luglio a indirizzi scelti a caso negli elenchi telefonici, privilegiando professori e intellettuali, o lasciati in locali pubblici, alle fermate dell’autobus, nelle cabine telefoniche, o gettati dal tram di notte. Le indagini della Gestapo sugli autori degli scritti non diedero nessun esito. Dopo un tirocinio medico di tre mesi sul fronte russo, Scholl, Schmorell e Graf fecero ritorno a Monaco, all’università. . Ora sono ancora più consapevoli degli orrori della guerra e in particolare degli eccidi contro gli ebrei. Nelle notti del 1, 8 e 15 febbraio 1943 i membri della Rosa Bianca scrivono sui muri dell’Università e di altri edifici un’ottantina di slogan antihitleriani. Distribuiscono un quinto volantino, firmato’Movimento di resistenza in Germania’, cui collabora Kurt Huber, che non teme fare commenti antinazisti nelle sue lezioni, autore anche del volantino successivo. Il 18 febbraio 1943 Hans e Sophie Scholl si recano all’Università con una valigia contenente 1500 copie del sesto volantino, da distribuire clandestinamente. Li diffondono per i vari piani dell’edificio. Un impiegato dell’Università li nota e li denuncia al rettore, Vengono arrestati. Nel giro di pochi giorni, altre ottanta persone subiscono la stessa sorte: Al processo che si terrà il 22 febbraio Sophie dichiarerà: “Sono in tanti a pensare quello che noi abbiamo detto e scritto; solo che non osano esprimerlo a voce.” Hans, Sophie e Chistoph Probst vengono condannati a morte. Nello stesso giorno vengono ghigliottinati. Due ultimi rilievi. importanti, attinenti il secondo e l’ultimo volantino Nel secondo volantino scrivono: “…dalla occupazione della Polonia sono stati trucidati in quel paese nel modo più bestiale trecentomila ebrei. In questo noi vediamo il più orrendo delitto contro la dignità dell’uomo, un delitto di cui non se ne può trovare uno analogo in tutta la storia umana “ (giugno 1942). Nel loro ultimo manifesto i giovani della Rosa bianca giungono a invocare la lotta: “Esiste per noi una sola parola d’ordine. Fuori dalle organizzazioni del partito!. . . ciascuno di noi deve lottare per il nostro futuro, per la nostra libertà e il nostro onore in uno Stato consapevole della sua responsabilità morale.”… Qualche mese dopo venivano mandati a morte il professor Huber e gli studenti: Willi Graf e Alexander Schmorell. Altri studenti saranno processati e condannati anche tra ‘il ramo amburghese’ della Rosa bianca. L’ultimo grido di Hans Scholl fu: “viva la libertà! Viva la Germania!” Altre organizzazioni, con maggiore spessore numerico e culturale vennero scoperte e annientate dalla Gestapo. Per esempio il circolo di Kreisau – dal nome della tenuta slesiana 12 dove si riuniva –, promosso dal conte Helmuth von Moltke e dal gesuita Alfred Delp, che riuniva intorno a sé molti degli esponenti civili vicini agli uomini del 20 luglio. I suoi aderenti si occupavano unicamente dei programmi di riforme per un non ben definito domani; la loro azione si esauriva cioè nel cerchio delle discussioni. I sopravvissuti circoli aristocratici e conservatori ruotavano intorno a Carl Friedrich Goerdeler, ex borgomastro di Leipzig, tra i più noti esponenti della resistenza tedesca, designato come futuro capo del governo nei piani dei cospiratori del 20 luglio. Con lui collaboravano Hans Ulrich von Hassell, già ambasciatore a Roma; Johannes von Popitz, già ministro delle finanze della Prussia ed Ewald von Kleis-Schmenzin, di ispirazione monarchica e cristiana. “Goerdeler scrisse estesi resoconti sulla situazione economica con proposte per risanarla, sui rapporti internazionali, su questioni amministrative e sulla riorganizzazione del Governo tedesco dopo Hitler. I temi ricorrenti nei suoi resoconti erano la libertà, la verità e il buon governo; l’istruzione avrebbe rimpiazzato la propaganda e l’indottrinamento da parte del partito; altrettanto necessaria era una educazione religiosa. Uno Stato ben governato, secondo Goerdeler. si costruiva dalle basi sul principio dell’autonomia locale. Goerdeler voleva elezioni popolari dirette a livello municipale e comunale.” 13 Dalle assemblee risultanti si sarebbe passato a quelle distrettuali. poi regionali e statali. Goerdeler. in una proposta nel 1944, assegnava maggior responsabilità e potere alle organizzazioni dei lavoratori e proponeva di nazionalizzare le risorse minerarie. Non tutti condividevano le sue idee politiche e sociali Ciò nonostante, grazie alla confluenza in esso dei gruppi più diversi – di uomini della Wehrmacht, del circolo di Kreisau, di esponenti confessionali, dei conservatori alla Goerdeler, dei socialdemocratici Leber, Leuschner, Reichwein -, il complotto del 20 luglio fu certo la rete cospirativa più vasta che operò nella Germania nazista. Di rilievo, pur nella sua esiguità numerica, quanto è successo nel marzo 1943 nella Rosenstrasse a Berlino. ”Una folla anonima e multiforme di madri, mogli, zie e sorelle, in una Berlino prostrata dalla guerra, misero in scena un gesto assolutamente straordinario nella Germania imbrigliata da Hitler: una protesta pubblica contro la reclusione dei famigliari ebrei destinati alla deportazione ‘verso l’Est’. Sono le stesse donne che avevano subito ogni genere di pressione perché si separassero dai mariti, figli, nipoti. Dimostrazione quasi dissennata per il carico di rischio, che per di più ebbe un epilogo felice, con i prigionieri presto in libertà. 13 Hoffmann, op. cit.,pp. 121-124 13 Aristocratiche e operaie, sprovvedute e combattive, fragili o audaci, motivate o inconsapevoli, le donne di Rosenstrasse scoprirono la solidarietà occupando il marciapiede a due passi da Alexanderplatz, davanti all’ufficio amministrativo della Comunità ebraica dove le SS avevano condotto i loro mariti, ma anche fratelli, figli, cognati o semplici conoscenti, tutte loro mogli ‘ariane’ di coniugi ebrei o madri di ebrei’mezzosangue’. Per due settimane, in centinaia, stettero lì ad aspettare: prendendosi a braccetto per farsi coraggio o camminando avanti e indietro ‘come galline spaventate’, racconta una delle protagoniste. Talvolta gridando con forza: ‘ridateci i nostri mariti’, ’ridateci i nostri figli, oppure tacendo spaventate. Finché i famigliari - oltre un migliaio - furono rispediti a casa, senza vittime, né spargimenti di sangue. Una dimostrazione unica nella storia della Resistenza tedesca, per il carattere pubblico di ribellione, il tratto di spontaneità e per l’esito non funesto” 14 15 Da richiamare alla nostra attenzione quello che Peyretti chiama ‘il boicottaggio della Schoah’ con l’azione umanitaria in favore degli ebrei. 16 Dice di aver raccolto un certo numero di nomi e storie di ‘altri Shindler’, con riferimento al personaggio reso famoso dal film di Steven Spielberg. . Alcuni di loro sottrassero allo sterminio molti più ebrei di Schindler. E per limitarci ai cittadini tedeschi, il Peyretti attinge ai calcoli del Centro per le ricerche sull’antisemitismo dell’Università di Berlino. Quando, nel maggio 1943 la città fu dichiarata’ libera dagli ebrei’, vivevano in Berlino almeno !400 ebrei nascosti e protetti da cittadini tedeschi. Dato che l’esistenza di ogni clandestino era nota a circa 4-5 persone, si ricava che, solo a Berlino, almeno 6-7. 000 tedeschi sfidavano la morte per proteggere ebrei. In tutta la Germania gli ebrei nascosti erano circa 4. 000. Contando anche i casi in cui l’aiuto fallì, il Centro suddetto calcola che 50-80. 000 tedeschi aiutarono coraggiosamente gli ebrei. Coinvolgimento dei militari Un capitolo a parte meritano i militari. Essi non furono certo tra i primi a capire che Hitler non significava la rinascita, ma la rovina della Germania. La fede che avevano giurato 14 Nina Schroeder, Le donne che sconfissero Hitler, Pratiche editrice, Torino 2001, da un articolo de “la repubblica” di Simonetta Fiori. 15 Volutamente ho riportato alcuni episodi di Resistenza di piccola valenza ‘storica’, in relazione alla consistenza numerica dei cospiratori. Ne sottendono verosimilmente altri, semisconosciuti, e in parte affrontati nelle varie letture fatte per la stesura della tesina. Di certo rivelano nella gente comune una sensibilità tutt’altro che appiattita sempre sulla pur pesante propaganda nazista. 16 Enrico Peyretti, Non violenza nella storia. Casi di resistenze civili nel Novecento, Istituto Piemontese per la storia della Resistenza, Corso di aggiornamento per docenti, Torino, ott. 1996 – genn. 1997. 14 all’esercito, a Hitler e alla Germania insieme all’atavica avversione verso il comunismo, li fece esitare ed aspettare per lungo tempo. La rioccupazione della Renania, l’annessione dell’Austria e la occupazione dei Sudeti, operazioni ottenute senza spargimento di sangue, furono sufficienti a far capire la portata e le conseguenze delle ambizioni hitleriane e per questo, a partire dal 1938 si attivarono gruppi di oppositori appartenenti alla Wehrmacht, all’Abwher (i servizi segreti militari) e a circoli diplomatici di oppositori che pianificavano un rovesciamento del nazionalsocialismo. Il gruppo di oppositori includeva il brigadiere generale Hans Oster, vicecomandante dell’Abwher e che coinvolse successivamente anche il suo capo Wihelm Canaris, l’ex capo di Stato maggiore dell’esercito Ludwig Beck ed il Feldmaresciallo Erwin von Witzleben. Al gruppo dei militari si aggiungevano alcuni diplomatici delusi del nazionalsocialismo: Carl Fiedrich Goerdeler, ex borgomastro di Lipsia, Ulrich von Hassell, ambasciatore tedesco in Italia e Johannes Popitz, ministro delle Finanze del Land prussiano. L’eterogeneo gruppo, spesso in disaccordo sulle modalità e gli scopi da raggiungere, cercò, tra il ’38-’39-‘40, di organizzare un colpo di stato per scongiurare il pericolo di un nuovo conflitto mondiale, che però fallì a causa dell’indecisione dei vertici militari rappresentati da Franz Halder e Walther von Brauchitsch, rispettivamente Capo di Stato maggiore e Comandante in capo della Wehmacht. In verità essi avevano tentato un approccio con gli Alleati, specie con l’Inghilterra. Era stato inviato a Roma, in Vaticano, Josef Müller, emissario della Resistenza, al servizio di Canaris. Il Papa Pio XII acconsentì a fungere da intermediario. Quando però sir Francis d’Arcy Osborne, rappresentante diplomatico inglese in Vaticano parlò con il Papa, il 16 febbraio 1940, disse che “non riusciva a vedere come la pace sarebbe stata possibile fino a che la macchina militare tedesca fosse rimasta intatta” 17 Ma non furono solo queste dichiarazioni a raggelare i contatti per un complotto. Von Brauchitsch, quando il 4 aprile 1940 il generale Halder gli mostrò i risultati dei negoziati condotti attraverso il Vaticano, (mancavano solo cinque giorni all’attacco tedesco alla Danimarca e alla Norvegia) si rifiutò di discutere la possibilità di un colpo di stato. Questo mise praticamente fine alla possibilità di un’azione del genere Certo, come si è visto, le politiche britanniche, e anche francesi, non resero facile il dialogo, rifiutando ogni soluzione che non prevedesse la ricostituzione della Polonia e della Cecoslovacchia. 18 17 18 P. Ludlow, Papst Pius XII, die britische Regierung, und die deutsche Opposition im Winter 1939/40, in VfZ, XXII, 1974, p. 337. Hoffmann, op. cit., pp. 123-124-125, passim 15 E’vero che il Capo di Stato maggiore Beck si dimise dopo che il suo parere negativo sull’inizio di una guerra fu disatteso da Hitler, ma a togliere valenza al suo gesto ci furono i primi, facili successi dell’avanzata in Polonia che scoraggiarono molti militari che vivevano un contrasto politico, ideologico verso Hitler. L’opposizione conservatrice all’interno si trovò stretta costantemente nel dilemma della sua impostazione patriottico-nazionalistica. Su questa base l’obiettivo di evitare la sconfitta della Germania sopravanzò sempre le esigenze della lotta senza compromessi contro il nazionalsocialismo. L’avvio, nel giugno 1941, dell’Operazione Barbarossa - nome in codice che designava l’invasione dell’Unione Sovietica - scatenò nuove paure nei congiurati, stimolandoli all’azione. Ad Ovest la Gran Bretagna non era stata sconfitta e gli Stati Uniti, seppur teoricamente neutrali, dimostravano una simpatia per la causa democratica. Una campagna ad Est contro l’esercito russo, considerato dai vertici militari tedeschi poco efficiente, ma dotato di riserve materiali e umane inesauribili, rese concreto il grande timore dei generali: una guerra su due fronti. In questo periodo emerse tra i congiurati la figura del colonnello Henning von Tresckow, che operava sul fronte orientale. Von Tresckow, già critico di fronte alle politiche di aggressione prima dello scoppio del conflitto, era rimasto disgustato di fronte agli eccidi condotti dalle SS e dagli Einsatzgruppen in Polonia. Durante il suo servizio in Russia - una guerra condotta da ambo le parti con estrema crudeltà – ebbe modo di convincersi che l’unica soluzione per far uscire la Germania da questa penosa situazione era di eliminare fisicamente Hitler e destituire i suoi fedeli seguaci da ogni potere. Von Tresckow agì cercando di coinvolgere nel suo progetto numerosi alti ufficiali tedeschi, tra i quali suo zio, il feldmaresciallo Fedor von Bock che comandava il Gruppo Armate Centro sul fronte orientale presso il quale lo stesso Tresckow era in servizio. Tutti i comandanti interpellati (tra i quali Hans Guenter von Kluge, Erich von Manstein, Hans Guderian e Gerd von Rundstedt) non si schierarono apertamente con von Tresckow pur non tradendolo. Maggior successo ebbe il reclutamento tra giovani ufficiali del Gruppo Armate Centro, meno timorosi di essere tacciati come traditori. ‘Condizione necessaria‘ per uccidere Hitler divenne quella di trovare un abile e risoluto assassino che avesse accesso alla sua persona. Inoltre i cospiratori erano convinti che l’assassinio dovesse andare di pari passo con un deciso colpo di, stato. Essi ritenevano che la semplice eliminazione di Hitler avrebbe trasferito il potere a un altro dirigente nazista, probabilmente Goering o Himmler. 19 19 Hoffmann, op. cit., p. 146 16 Dopo la disfatta della sesta armata, nel gennaio ’43, a Stalingrado, il mese successivo diversi ufficiali del comando del distaccamento Lanz, nella zona russa di Kharkov, decisero che quando Hitler avrebbe compiuto la visita prevista al quartier generale del gruppo B delle armate a Poltava, lo avrebbero arrestato e fucilato. Circostanze fortuite impedirono la cattura di Hitler. Altri attentati seguirono il 13 e il 21 marzo’43, progettati da Tresckow, Sempre, degli imprevisti impedirono ai cospiratori di portare a termine i loro progetti. Ricordiamo che gli attentati a Hitler furono ben 17. Quello che ebbe più risonanza fu quello organizzato dal colonnello conte Claus von Stauffenberg, collegato all’operazione “Walchiria”. Attentato che eseguì Stauffenberg in persona, il 20 luglio 1944. Anche qui, per una serie di circostanze avverse, non sortì l’esito voluto. Scatenò invece una reazione feroce ordinata da Hitler Quattro dei capi della rivolta (Stauffenberg, Haeften, Mertz von Quirnheim e Olbricht) vennero immediatamente giustiziati. La maggior parte dei restanti cospiratori della milizia territoriale venne arrestata intorno a mezzanotte. Seguirono centinaia di arresti, mentre la Gestapo annientava il movimento di resistenza. Un ‘tribunale popolare’ giudicò e condannò circa 200 persone che erano implicate nel complotto del 20 luglio. Quasi tutti vennero giustiziati entro due ore dalla sentenza. “Non devono avere il tempo di fare discorsi” ordinò Hitler. Ma ci furono disertori nell’esercito tedesco ? Enrico Peyretti 20 riporta alcuni dati. Furono 35. 000 i disertori nell’esercito nazista. Di questi, 15. 000 vennero arrestati e giustiziati. Su 12 milioni di soldati, si chiede, sono pochi ? Una quantità molto maggiore avrebbe avuto effetti decisivi, ma il significato di questi coraggiosi ribelli trascende il loro numero. Degli obiettori di coscienza e renitenti alla leva si conoscono alcuni nomi, (secondo il Vaccarino 21 sono sette gli obiettori cattolici, dei quali sei austriaci uccisi o dichiarati infermi mentalmente, sufficienti a pensare che il fenomeno occultato sia stato almeno un poco maggiore. 22 Più numerosi i semi-obbedienti: coloro che obbedivano a rilento, ‘capivano male gli ordini, li dimenticavano’, trovavano un modo astuto di sottrarvisi, e non sempre senza rischio personale. 20 Peyretti, op. cit., p. 3 21 Giorgio Vaccarino, Storia della Resistenza in Europa (1938-1945), Feltrinelli, Milano 1981 22 Franz Jägerstätter (uno dei sei uccisi) così motiva la sua obiezione: “Scrivo con le mani legate, ma preferisco questa condizione al sapere incatenata la mia volontà. Non sono il carcere, le catene e nemmeno una condanna che possono far perdere la fede a qualcuno o privarlo della libertà […]. Perché Dio avrebbe dato a ciascuno di noi la ragione ed il libero arbitrio se bastava soltanto ubbidire ciecamente?” 17 Difficoltà della Resistenza: Valutazioni Se la Resistenza fu rappresentativa dell’intera società tedesca da un punto di vista sociologico, economico e politico, essa non fu tale da un punto di vista quantitativo… Quel che mancava all’attività della Resistenza, così come anche alle sue idee, era un vasto sostegno, reale o potenziale, fra la popolazione tedesca. Erano tre le principali cause per l’assenza di tale appoggio. In primo luogo, la maggioranza dei tedeschi accettava il regime di Hitler in quanto egli aveva conquistato il potere in modo corretto e, a rigor di termini, legittimo. Questa posizione veniva condivisa anche dai governi della Gran Bretagna, della Francia, dell’Italia, degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. e anche del Vaticano Un’altra delle cause alla base dello scarso sostegno alla Resistenza fu il successo del governo di Hitler, che aveva restaurato l’ordine, sconfitto la disoccupazione, ricostituito una capacità difensiva credibile e ottenuto ampie revisioni territoriali rispetto al trattato di Versailles. . I tedeschi in genere non si sentivano minacciati dalla politica del regime quanto piuttosto dalle incursioni aeree degli alleati. . Le campagne governative di sterminio contro polacchi, ebrei, prigionieri di guerra sovietici, testimoni di Geova, zingari e altri gruppi perseguitati erano segretissime. L’ultimo motivo che spiega l’assenza di un ampio sostegno alla Resistenza fu la sensazione che la polizia di stato nazista e i suoi strumenti fossero onnipresenti Oltre alla Gestapo e al SD, c’erano innumerevoli agenti, in formatori di partito, a livello provinciale (Gau), distrettuale (Kreis), locale (Bezirk) e di zona L’opposizione costituita da sindacati e partiti presentava al proprio interno contrasti maggiori di quelli che i suoi singoli componenti avevano con i nazisti prima che Hitler venisse nominato cancelliere e anche dopo. 23 Per una resistenza da parte dell’esercito l’ostacolo maggiore era il sistema di obbedienza militare e il giuramento di fedeltà al comandante supremo delle forze armate. 24. L’esercito, l’arma più adatta per la rivolta era anche la forza più conservatrice e nazionalista della società. Il giuramento di fedeltà dei soldati era qualcosa di più di un semplice alibi. Nella Wehrmacht, come in tutte le forze armate, l’obbedienza militare 23 Hoffmann, op. cit., pp. 97-98, passim 24 Appena due settimane dopo l’ingresso trionfale delle truppe tedesche nei Sudeti, fra ali folla festante, Hitler inviò all’OKW (Oberkommando der Wehrmacht) Il decreto ipocritamente intitolato ‘Appello agli ufficiali’. Il decreto inibì ai comandanti militari ogni diritto di valutazione politica, chiedendo invece ‘obbedienza, ferma fiducia, nonché devota e assoluta determinazione’. Joachim Fest, Obiettivo Hitler, Garzanti, Milano 1996, p. 95 18 costituiva un grave ostacolo alle decisioni individuali sui limiti della fedeltà e sul diritto o sul dovere di rifiutarsi di obbedire a ordini illegali. In guerra, di fronte al nemico, a dominare è il senso di solidarietà che il soldato prova con i suoi compagni. La decisione di rompere il giuramento, di comportarsi in modo sovversivo e agire in contrasto con il comando supremo militare e politico condannava il singolo alla solitudine e all’isolamento dai suoi compagni. Non ci si poteva aspettare una decisione così difficile da un gran numero di soldati, ma solo da pochi. Inoltre Hitler, già a partire dal 1935 aveva provveduto ad un frettoloso ampliamento della Wehrmacht, inserendo nei ranghi di comando un numero crescente di ufficiali ideologicamente allineati 25. ‘Alcuni militari, compresa una parte di quelli che aderirono alla Resistenza, consideravano nullo il giuramento dal momento che l’uomo a cui essi avevano giurato fedeltà aveva infranto più di una volta la sua promessa per quel che riguardava la sua carica, ma insistevano nel dichiarare di non poter intraprendere alcuna azione contro il regime fino a che il dittatore non fosse stato ucciso’. 26 Era improbabile che la Resistenza raggiungesse i suoi fini in una di queste tre aree: ottenere una riforma interna dello Stato, salvaguardare l’insurrezione interna con l’ausilio della politica estera (gli Alleati non volevano una Germania forte, grande) e unire assassinio e colpo di stato. “La Resistenza agì senza alcuna speranza di successo. Non si aspettava il successo, nel senso ordinario del termine. Ma la sfida a un malvagità così totale esigeva una risposta” 27. Il fratello di Haeften, Hans Bernd von Haeften, che era sotto processo e rischiava la vita per aver sostenuto la cospirazione all’interno del ministero degli Esteri, disse nel corso di un’udienza nel’agosto 1944 che Hitler “era un grande propagatore del Male”. Yorck, del circolo Kreisau, dichiarò: “La questione di fondo in tutta questa vicenda è la pretesa totalitaria avanzata dallo stato, nei confronti del singolo cittadino, che gli chiede di rinnegare i suoi obblighi religiosi e morali verso Dio…” Alcuni cospiratori si erano spinti fino al ‘tradimento’… il colonnello Oster aveva informato il governo Olandese delle date previste per l’attacco nel 1939 e nel 1940. Dietrich Bonhoffer disse a Visser’t Hooft nel settembre del ’41: ”Se vuole saperlo, prego per la 25 Fest, op. cit., p. 95 26 Hoffmann, op. cit., pp. 97-101, passim 27 Hoffmann, op. cit., p. 173 19 sconfitta del mio paese perché credo che sia l’unico modo per riparare le sofferenze che il mio paese ha causato nel mondo”….’ 28 Stauffenberg respinse un tale radicalismo, rinunciare cioè al nazionalismo. Non condivideva neppure le scelte di quei prigionieri di guerra tedeschi che, nei campi di prigionia russi, sostenevano la causa sovietica, influenzando negativamente le forze armate tedesche. Lui era consapevole di tradire il proprio governo; ma loro stavano tradendo il proprio paese. Qualche giorno prima del colpo di stato disse alla moglie; ”E’ ora di fare qualcosa. Ma chi ha il coraggio di fare qualcosa deve farlo sapendo che nella storia tedesca sarà ricordato come un traditore. Se non fa nulla però, sarà un traditore per la propria coscienza.” La persecuzione e l’uccisione degli ebrei fu per molti cospiratori il motivo principale che li spinse a entrare nell’opposizione clandestina. Più di venti cospiratori arrestati dopo il 20 luglio 1944 affermarono negli interrogatori della Gestapo che la persecuzione degli ebrei fu un fattore o il fattore principale che li spinse a entrare nel complotto. Così Dietrich Bonhoeffer, Dohnanyi, Leber, Oster, Canaris, Goerdeler e altri citarono la persecuzione degli ebrei come motivazione per opporsi al regime e cospirare contro di esso. ” Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, quale ruolo giocarono gli intellettuali, gli scienziati, gli artisti durante la dittatura hitleriana. Molti e di grande spessore, pur profondamente legati alla propria patria, furono di fatto costretti ad abbandonare il proprio Paese se volevano esercitare liberamente le proprie professioni. Così, per citarne alcuni, se ne andarono dalla Germania Thomas Mann, che visse l’esilio come una profonda lacerazione. Così Marlene Dietrich, che prese poi la cittadinanza americana nel 1937 e a più riprese rifiutò le offerte di Goebbels per farne un’eroina della filmografia nazista. Ma la lista degli esiliati volontari è lunghissima: Albert Einstein, Joseph Schumpeter, Theodor Adorno, Ernst Cassirer, Karl Popper solo per citarne alcuni. Un esodo che privò la Germania dei suoi intelletti migliori. Riguardo agli scienziati: ’ resta incerto, per Leandro Castellani, quanto pesò il ‘non potere’ (per mancanza di mezzi, dovuta anche a sabotaggi e bombardamenti inglesi e statunitensi sulle riserve di uranio e di acqua pesante) e quanto il ‘non volere’ degli scienziati tedeschi. Karl Friederich von Weizsäcker dichiara all’autore nel 1967: “Non sarei mai andato da Hitler a dirgli: Ecco. Abbiamo trovato la bomba definitiva. Avevo della buone, buonissime ragioni per non farlo. Primo non lo volevo fare; e poi comunque non sarebbe stato possibile 28 Hoffmann, op. cit., pp 178-179. passim 20 farlo”. Resta però il fatto che gli scienziati tedeschi ingannarono il governo nazista facendogli credere fino all’ultimo di poter lavorare alla costruzione dell’atomica’. 29 Si può parlare di obiezione di coscienza? Secondo Peyretti sembrerebbe di sì: “Anche questa fu una resistenza civile, non armata, alla violenza nazista”. Semelin 30 individua, tra le forme di questa resistenza, il lavoro a rilento. Tale fu il lavoro di questi scienziati, anzi una non-collaborazione e un boicottaggio mascherati da collaborazione faticosa, difficile, lunga. Essi tennero occupato il posto di collaboratore senza dare collaborazione. Trovo interessante richiamare qui alcune considerazioni espresse in una relazione tenuta a Torino il 6 aprile 1995 da Hans Mommsen., nel convegno “Resistenza, Resistance, Widerstand” indetto da Goethe Institut, Centre Culturel Francais, Dipartimento di studi politici dell’Università di Torino 31. Lo storico tedesco delinea quali furono, a suo avviso, le caratteristiche salienti della Resistenza tedesca: - Fu una resistenza contro la propria nazione e il suo governo, a differenza di tutte le altre resistenze nazionali - Non poté riferirsi ad una forma costituzionale preesistente, né Weimar né precedente - Fu condotta da partiti antinazisti, scomparsi ben presto dopo i primi anni di regime. Dal 1938 fu espressa non da una classe politica, ma da alti funzionari, alti gradi militari. Fece eccezione il partito comunista, anche oltre il 1943. Sarebbe un errore vedervi un’azione soltanto a favore dell’URSS. Così è un errore vedere nel complotto del 20 luglio 1944 una matrice puramente conservatrice e aristocratica, perché ci furono anche socialdemocratici, sindacalisti, cristiani. Il movimento del 20 luglio non rappresentava tutta la resistenza tedesca, non prospettava una democrazia, ma un principio autoritario corporativo. Molti dei congiurati pensavano che il nazismo fosse l’effetto della iper-democrazia di Weimar, dell’industrializzazione e urbanizzazione. Gruppi borghesi di destra volevano fare tabula rasa dell’ordinamento di Weimar pre 1933, non tenevano conto dei partiti. Schematicamente, Mommsen vede due fasi della Resistenza. Nella prima i comunisti tentarono un’organizzazione compatta, più esposta alla Gestapo. Nella seconda fase, dal 1938, la componete borghese-militare rinuncia alle tecniche cospirative, perciò sfugge alla Gestapo. L’esercito valeva come una forma di esilio interno. Hitler e la Gestapo non seppero valutare 29 Peyretti, op. cit., p. 12 30 Jacques Semelin, Senz’armi di fronte a Hitler. La Resistenza civile in Europa 1939-1943, Ediz. Sonda, Torino 1993 31 Peyretti, op. cit., p. 3 21 appieno la forza politica della borghesia. Caratteristica di questa fase è di essere nazionalconservatrice: una “Resistenza senza popolo”. Il Circolo di Kreisau si considerava la ‘guida nata’ della nazione, non cercò appoggio nella popolazione. Solo dopo la richiesta degli Inglesi: “Chi c’è dietro di voi?”, Goerdeler cercò contatti con le sinistre. Ma la Resistenza rimase senza popolo. Colpisce il fatto che la popolazione reagì sfavorevolmente all’attentato del 20 luglio. Nel1943 riemerse l’attività comunista, pericolosa per i nazional-conservatori, tra i quali nacquero divisioni per questo motivo. Per quel che riguarda gli obiettivi dei congiurati ci furono molteplici piani e progetti. Spesso avevano tratti utopici. Mancavano dei veri politici. Il Circolo di Kreisau, - particolarmente con Padre Delp, gesuita di Monaco -, voleva una riforma morale-politica, non solo delle idee; diceva che i tedeschi erano diventati un “popolo sulla strada”, avendo perduto il senso di patria e dei valori religiosi e sociali; bisognava portare l’uomo fuori dalla sua solitudine. Quindi: ricostruzione delle capacità politiche del singolo, ma con tratti elitari. Il denominatore comune era il ripristino del diritto calpestato, del diritto divino e naturale della persona umana. I resistenti furono spinti anche dalla conoscenza della persecuzione degli ebrei. Infine, Mommsen valuta l’estremo tentativo del 20 luglio come un atto morale per uscire dalla complicità del popolo tedesco col terrore: era necessario tradire anche se il popolo non avrebbe capito. Questo contava più di ogni ambizione personale. Incerta era la possibilità di costituire un governo dopo il 20 luglio. Ci sarebbe stata una guerra civile, una situazione simile alla Resistenza italiana. Ciò avrebbe dovuto accelerare la fine della guerra, durata invece ancora quasi un anno. Ma gli Alleati non volevano altro che la resa senza condizioni, perciò abbandonarono a se stessa l’’altra Germania’. Invece era importante spezzare il mito dell’onnipotenza del sistema, anche per merito soltanto di una piccola minoranza. Oltre ai congiurati del 20 luglio, si opposero alla tirannia totalitaria anche molti singoli che disobbedirono a ordini disumani. Dopo il1945 non ci furono rappresentanti sopravvissuti della Resistenza nella politica tedesca, ma piuttosto la classe della Repubblica di Weimar. Così pure nella DDR (Repubblica Democratica Tedesca). Non i comunisti della resistenza, ma quelli provenienti da Weimar. Così la Resistenza tedesca è stata rappresentata da una ‘generazione perduta’ che non poté dare contributi successivi. 22 Resistenza tedesca, resistenza di coscienze? Friedrich Muckermann, autore di “La via tedesca” 32 , nella conclusione del suo libro, nel 1945, scrive: ”Ci fu in Germania un movimento di resistenza che ebbe uno sviluppo sino ad oggi sconosciuto nell’opinione pubblica mondiale. Questo movimento di resistenza ha condotto la sua battaglia nel campo essenziale e più importante: nel campo della libertà di coscienza, che è il fondamento e la premessa di ogni libertà umana…Vorrei …dire alla gioventù tedesca: è una menzogna negare l’esistenza dell’altra Germania ed è iniquo chi condanna tutto il popolo tedesco”. In effetti, come ribadisce Peyretti 33 la Resistenza tedesca fu una lotta nelle coscienze e delle coscienze. Lotta nelle coscienze per i militari che passarono all’azione contro Hitler e dovettero superare il giuramento di fedeltà personale, che non era solo un alibi, come già annotato, ma un vero problema di coscienza, anche riguardo all’uccidere. (come sentirono in particolare Goerdeler e Moltke), cioè all’usare un metodo nazista per abbattere il nazismo. Lotta delle coscienze, perché quel milione (o tre milioni, secondo Vaccarino) di tedeschi chiusi nei lager come oppositori politici, opposero a Hitler, invece delle armi, il rifiuto delle loro coscienze ad obbedire al comando malvagio. Questo rifiuto è, come ha detto Muckermann, fondamento della libertà. La quale ha, nelle armi, al massimo uno strumento molto ambiguo e insicuro, e invece, nella responsabilità delle coscienze, la sua sostanza. A chi afferma che nessuna forma di opposizione, né direttamente politica come quella comunista e socialdemocratica, né militare, né religiosa riuscì a rappresentare altro che la protesta di una piccola minoranza del popolo tedesco e che la macchina del totalitarismo nazista fu spezzata soltanto nel corso di una guerra perduta - giudizio molto diffuso quello che riconosce alla guerra antinazista tutto il merito e il valore di opposizione efficace al nazismo il Peyretti obietta: “Certamente si deve riconoscere che la cultura politica e l’ evoluzione morale umana non era in grado allora (come ancora oggi, ma in presenza di una consapevolezza assai cresciuta) di opporre alla guerra di Hitler se non altra guerra, ma si deve egualmente riconoscere che l’opposizione morale e spirituale dei resistenti senza violenza batteva vie più antiche e più nuove, più profondamente contrarie e alternative al nazismo”… 32 Friedrich Muckermann , “La via tedesca. Il movimento dei cattolici tedeschi dal 1939 al1945” (Reprints), Morcellana 1985 - diresse la rivista pubblicata a Münster, “Der Gral”, che ebbe l’onore di essere tra le prime ad essere soppressa. Nel 1934, scrisse “Vom Rätsel unserer Zeit”, Koesel, Prestat, München, una ampia, fondamentale critica dell’ideologia nazista) 33 Peyretti, op. cit., p. 14-17, passim 23 Tornando al giudizio dei più: ”esso pone giustamente il problema dell’efficacia irrinunciabile: l’opposizione ad un potere iniquo deve proporsi di sostituirlo, non soltanto di giudicarlo, né soltanto di negargli la collaborazione e l’obbedienza personali senza che questi rifiuti lo svuotino e lo facciano cadere. Oltre la testimonianza si deve cercare il risultato storico. Certamente. Ma l’efficacia delle lotte non-violente – come quella di ogni tipo di lotta e di impresa importante – non è soltanto quella immediata (che pure in alcuni casi storici si è avuta: per esempio nell’opposizione degli insegnanti norvegesi alla nazificazione della scuola), ma è anche quella profonda, che agisce a lungo nel tempo successivo col porre le premesse di esperienza, le premesse teoriche, soprattutto le premesse morali per la lotta alla violenza senza ripetere la violenza … La morte dei fratelli Scholl e dei loro compagni, ad esempio, è un fallimento nell’immediato, ma è una forza operante ed efficace nel trasmettere ad ogni tempo e luogo umano la forza del rifiuto di ogni tirannia disumana… L’importante è che, se viene a mancare il risultato non manchi la chiarezza del fine e la forza dell’intenzione. Il fine e l’ intenzione potranno trovare in altra circostanza, per mano di altri, la loro realizzazione. ” Utopia? Comunque, per Hans Mommsen, la Resistenza tedesca é stata “un atto di autodifesa morale”, una resistenza dello spirito: Dal canto suo Joachim Fest, nel suo “Obiettivo Hitler” 34 , afferma che” la resistenza tedesca non va misurata col metro dell’inutilità dei suoi sforzi e delle sue speranze inesaudite, Tutto ciò che la connota si sottrae al calcolo del successo. Non ha influenzato il corso della storia, è vero, però ha modificato fondamentalmente il giudizio complessivo su quegli anni: perché gli atti di rispetto per se stessi e di incrollabilità morale sono anch’essi parte della storia, non meno e forse più delle grandi date che segnano il calendario della memoria… Sul piano morale, il tentativo pesa quanto il successo. Questa grandezza morale della resistenza tedesca non è seriamente confutabile, anche se è ancora stranamente sottratta all’attenzione dell’opinione pubblica. Su tutto il resto le disparità d’opinione permangono: sui suoi intrecci, sulle sue concezioni sociali, sulle sue illusioni, sulla sua incapacità di volgersi all’azione e sulla risoluzione che infine riuscì ad imporsi.” 34 Fest, op. cit., pp. 309-310 24 Conclusione Provo ad enucleare qui, schematicamente, alcune ragioni – peraltro già espresse qua e là all’interno della tesina – del perché non ci fu Resistenza di popolo al nazismo e, aggiungiamo, all’antisemitismo. ’Il fatto che migliaia di tedeschi si siano opposti ai crimini del loro governo é sempre stato fonte d’imbarazzo per i milioni di persone che invece appoggiarono Hitler’. 35 C’era nel popolo un senso di rivalsa dopo l’umiliazione del Trattato di Versailles del 1919, enfatizzato dall’inizio vittorioso della guerra iniziata il 1° settembre 1939. Nel popolo, abituato ad uno stato forte, permaneva il mito di uno stato forte europeo. Pensiamo poi al forte controllo e alla incessante, scientifica propaganda che il regime nazionalsocialista aveva organizzato, per cui ‘ la maggior parte dei tedeschi non ebbe che una conoscenza frammentaria dei crimini di Hitler. Chi non fu suo complice in quei crimini raramente giunse a coglierne il contesto generale, e ancor meno ad afferrarne la portata. Perfino gli oppositori al regime nazista, in Germania o al di fuori di essa, non erano del tutto al corrente dello sterminio di massa di ebrei, zingari, polacchi, comunisti, malati di mente e prigionieri di guerra russi. Le scarse notizie su quei crimini che i tedeschi poterono aver, tuttavia, svelarono una minaccia talmente mostruosa per il paese e per l’umanità da sconvolgere profondamente un certo numero di persone e spingerle a intraprendere attività antinaziste, mettendo così a rischio la propria vita’. Nell’ambito specifico dei militari costituì remora a ‘muoversi’, ribellandosi al nazismo,. il principio d’obbedienza giurata ad Hitler (Fùhrer und Reichskanzler) di cui si è già detto e il fatto che gli Alleati avrebbero accettato solo una resa incondizionata. Esisteva, ovviamente accentuata dalla propaganda, una paura del comunismo sia quello russo sia quello costituito da circoli rivoluzionari occidentali. Per quanto attiene in particolare all’antisemitismo nella Germania nazista e sul perché non ci fu sempre forte e chiara opposizione da parte delle varie ‘anime’della Resistenza, facciamo alcune considerazioni. In Germania e non solo c’era un sottofondo, in parte religioso, di diffidenza verso gli ebrei che vivevano separati e che nello stesso tempo si vedevano ai vertici della finanza. Soprattutto esistevano nella Germania del tempo, movimenti miranti a restringere i diritti degli ebrei, in alcuni casi proponendone l’eliminazione o l’eliminazione. Essi si 35 Hoffmann, op. cit., p. 7 25 rifacevano agli ideologi Völkisch. Anche se non si arriverà mai a un vero e proprio partito politico, si costituirà un fronte unitario nazional-patriottico col nome di Thule Bund, che eserciterà una notevole influenza sul movimento nazionalsocialista di Hitler. ‘Quando poi, nei giorni che seguirono il crollo dell’impero tedesco, i socialisti radicali (tra i quali ricordiamo gli ebrei Kurt Eisner e Rosa Luxemburg) minacciarono di dar vita ad nuovo governo basato sui Consigli degli operai e dei soldati, molti rievocarono l’associazione tra ebrei e bolscevismo, giungendo alla conclusione che gli ebrei volevano asservire la Germania al giogo comunista’. 36 Hitler sfruttò ampiamente le associazioni tra gli ebrei e la sconfitta tedesca della I guerra mondiale, il bolscevismo e la Repubblica di Weimar, presentando il marxismo e il bolscevismo come le principali armi degli ebrei nella loro perversa lotta per al sopravvivenza Anche se, nella prima fase (anni 1929-33) i nazisti tendevano abilmente ad attenuare la retorica antisemita, riferendosi al tema ebraico solo in termini astratti. E quanti votarono per il partito nazista lo fecero perché attratti dal nazismo, non dall’antisemitismo. Quando però il regime si impegnò in violente azioni antiebraiche, si registrò un ampio dissenso popolare. In particolare, i tumulti della cosiddetta ‘notte dei cristalli’ del 9-10 novembre 1938, fecero crescere l’avversione al regime in segmenti significativi della popolazione, anche se, a quanto pare, molti furono contrariati più dai disordini e dalla brutalità gratuita del pogrom che dalla sorte toccata ai loro compatrioti di religione ebraica. Comunque certo non contribuirono ad incrementare la popolarità del regime. Quando poi incominciarono ad arrivare dall’est inquietanti notizie di fucilazioni in massa di ebrei, molti, soprattutto nell’Europa occidentale, pensavano che non potevano essere del tutto credibili. Tale incapacità di credere a racconti così incompatibili con l’idea comune del’umanità moderna e civilizzata ritardò le reazioni, qualunque tipo di esse, sia all’interno del Reich sia negli altri stati belligeranti. Infine è chiaro che solo relativamente pochi capirono che il cosiddetto’re insediamento ad est’ equivaleva ad una condanna a morte. Questo si evince anche dalle testimonianze dei pochi sopravvissuti alle deportazioni: Ma allora, ’se come suggeriscono gli studi sull’opinione pubblica tedesca, la maggioranza dei tedeschi non mostrò inclinazioni particolarmente violente nei confronti degli ebrei nemmeno dopo il 1933, da dove provenivano coloro che parteciparono al processo di sterminio?’ 36 David Engel, L’Olocausto, il Mulino, Bologna 2005 26 La soluzione del problema si trova forse in “una combinazione di fattori ideologici e situazioni che permisero a un regime popolare, ideologizzato e dittatoriale e ai suoi seguaci intransigenti di mobilitare il resto della società in favore dei suoi scopi., ivi compreso lo sterminio degli ebrei e di legarlo ad essi” 37 . L’Olocausto sorse in prima istanza dall’interazione fra una leadeschip che considerava gli ebrei parassiti nocivi e un popolo potenzialmente motivato da motivazioni sia nella psicologia umana sia nell’ambiente storico, sociale e culturale tedesco. Quali le interazioni, resta argomento di dibattito. 38 E quei cittadini tedeschi che potremo indicare come ‘resistenti’?Come si posero di fronte all’antisemitismo ? Le posizioni furono differenti, come differenti erano i gruppi della Resistenza: ebrei, cristiani protestanti e cattolici, le Chiese e, politicamente, comunisti, socialdemocratici, centristi, poi militari, ceto medio, alta borghesia. Le osservazioni espresse riguardo al popolo tedesco in generale valgono pure per loro. Ciò che li connota è una sensibilità etica maggiore, un forte senso della libertà e un desiderio impellente di verità., oltre che un amore per ogni persona umana. Come si è detto, la loro ‘battaglia’ fu soprattutto contro il nazismo, inteso come ideologia razzista e come dittatura soffocante ogni libertà. ‘I crimini nazisti e la battaglia condotta contro di essi da poche persone nella Germania nazista rappresentano una sfida a tutti gli esseri umani affinché cerchino di comprendere la natura della tirannia. Il regime hitleriano non può essere compreso senza prendere in considerazione la resistenza ai crimini nazisti, dal momento che la natura stessa del Terzo Reich suscitava un’opposizione intransigente o l’entusiasmo della masse. I rapporti fra nazionalsocialismo e Resistenza costituiscono quindi una via d’accesso fondamentale per comprendere il sistema nazista’ 39. 37 Engel, op. cit., p. 42 (richiamandosi a Browning, Daniel Goldhagen’s Willing Executioners, p. 108) 38 (Engel, op. cit., pp. 37-118, passim). 39 Hoffmann, op. cit., p. 10 27 BIBLIOGRAFIA Mario Bendiscioli, Antifascismo e resistenza, Studium, Roma 1974. Mario Bendiscioli, Germania religiosa nel Terzo Reich. Conflitti religiosi e culturali nella Germania nazista. Dalla testimonianza (1933-1945) alla storiografia (19461976), Morcelliana, II ediz., Brescia 1977. Dietrich Bonhoeffer il resistente, Il Margine, Atti del Convegno-Trento, 4 febbraio 2006 Enzo Collotti, La Germania nazista, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1962. 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