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Wendy Lower
Le furie di Hitler
Complici, carnefci, storie
dell’altra metà del Reich
Traduzione di Andrea Zucchetti
Rizzoli
Proprietà letteraria riservata
© 2013 by Wendy Lower
Published by special arrangement with
Houghton Miffin Harcourt Publishing Company
© 2013 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 978-88-17-06880-2
Titolo originale dell’opera:
hITler’S furIeS: The uNcovered STory of germaN womeN
oN The NazI kIllINg fIeld
Prima edizione: ottobre 2013
la traduzione del capitolo 7 e dell’epilogo è di roberta zuppet.
In copertina:
manifesto per la Lega delle Ragazze Tedesche, c. 1935, collezione privata,
© Peter Newark Military Pictures / The Bridgeman Art Library
Art director: Francesca Leoneschi
Graphic designer: Mauro De Toffol / the World of DOT
Le furie di Hitler
Alle mie nonne,
Nancy Morgan e Virginia Williamson,
a mia madre, Mary Suzanne Liljequist,
e alle mie sorelle, Virginia e Lori Lower.
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Introduzione
Nell’estate del 1992 acquistai un biglietto aereo per Parigi,
lì presi a noleggio una vecchia Renault e guidai in compagnia di un amico fino a Kiev, percorrendo centinaia di chilometri di pessime strade russe. Fummo costretti a frequenti fermate. Le gomme scoppiavano sul fondo sconnesso,
non c’era benzina a disposizione, e contadini o camionisti
curiosi volevano guardare sotto il cofano per vedere come
fosse fatto il motore di un’auto occidentale. Lungo l’unica
autostrada che collega Leopoli (la tedesca Lamberg) a Kiev,
facemmo tappa nella città di Žytomyr, un centro abitato
ebraico in quella che in passato era la cosiddetta «zona di
residenza», che durante la Seconda guerra mondiale era diventata il quartier generale di Heinrich Himmler, una tra le
principali menti ad aver teorizzato e poi messo in pratica la
«soluzione finale». Sulla strada verso sud, a Vinnycja, sorgeva il complesso del Wehrwolf, la roccaforte orientale di
Hitler. L’intera regione un tempo era una sorta di enorme
parco giochi nazista, con tutti i suoi orrori.
Nel tentativo di costruire un impero che durasse un millennio, il Führer giunse in questa fertile regione dell’Ucraina – l’ambito granaio d’Europa – con legioni di progettisti,
amministratori, funzionari della sicurezza, «scienziati razziali» e ingegneri che avevano il compito di colonizzare e
sfruttare l’area. I tedeschi si lanciarono in una guerra lampo
11
Le furie di Hitler
verso est nel 1941, saccheggiarono i territori conquistati,
ma batterono in ritirata nel 1943 prima e nel 1944 poi.
Mentre l’Armata Rossa rioccupava la zona, gli ufficiali sovietici misero le mani su innumerevoli pagine di rapporti
ufficiali tedeschi, raccolte di fotografie e giornali, e scatole piene di bobine cinematografiche. Depositarono questo
bottino di guerra e classificarono il «trofeo» documentario
in archivi statali e regionali che sarebbero rimasti per decenni dietro la cortina di ferro. Avevo deciso di andare in
Ucraina per visionare questo materiale.
Negli archivi di Žytomyr mi imbattei in pagine dai bordi bruciacchiati e cosparse di impronte di stivale. I documenti erano sopravvissuti a due assalti: l’evacuazione nazista, avvenuta usando la tattica della «terra bruciata», che
prevedeva la messa a fuoco di qualsiasi prova incriminante
e la distruzione della città durante i combattimenti del novembre e del dicembre 1943. Gli incartamenti contenevano brandelli di corrispondenza, pezzi di carta con l’inchiostro scolorito, ordinanze con firme pompose e illeggibili
di piccoli funzionari nazisti, e verbali di interrogatori della
polizia con i tremolanti scarabocchi di terrorizzati contadini ucraini. Avevo visto molti documenti nazisti prima di
allora, sebbene comodamente seduta nella sala di consultazione dei microfilm dei National Archives di Washington. Ma ora, in quegli edifici che erano stati occupati dai
tedeschi, scoprii qualcosa al di là della natura grezza del
materiale che stavo sfogliando. Con mia sorpresa, trovai
i nomi di giovani donne tedesche che avevano partecipato attivamente, nella regione, alla costruzione dell’impero
hitleriano. Comparivano su innocue liste burocratiche di
insegnanti d’asilo. Con questi indizi in mano, tornai negli
archivi americani e tedeschi, e iniziai a cercare in modo più
sistematico dei documenti sulle tedesche che erano state
trasferite nell’Est, e in particolare su quelle che erano sta12
Introduzione
te testimoni ed esecutrici dell’Olocausto. Man mano che i
dossier aumentavano di volume, le storie cominciarono a
prendere forma.
Esaminando gli atti delle inchieste postbelliche, mi resi
conto che centinaia di donne erano state chiamate a deporre, e che parecchie lo avevano fatto di buon grado e con
franchezza, poiché i pubblici ministeri erano più interessati
agli efferati crimini commessi dai loro mariti e colleghi maschi. La maggior parte, però, si era mostrata indifferente e
altezzosa nel raccontare ciò che aveva visto e provato. Un’ex
maestra d’asilo in Ucraina si era riferita all’Olocausto come a «quella faccenda ebrea durante la guerra». Lei e le sue
colleghe erano state istruite al momento di attraversare il
confine tra la Germania e i territori orientali occupati, nel
1942. Ricordava che un ufficiale nazista con un’«uniforme
dorata-brunastra» le aveva rassicurate dicendo loro di non
spaventarsi se avessero udito degli spari: si trattava «solo di
qualche ebreo che veniva fucilato».1
Se l’esecuzione degli ebrei non veniva considerato un
motivo di allarme nel corso del conflitto, allora come reagivano le donne allorché arrivavano realmente sul posto di
lavoro? Si giravano dall’altra parte, oppure volevano vedere e fare di più? Lessi gli studi pionieristici di storici come
Gudrun Schwarz ed Elizabeth Harvey, che confermavano i
miei sospetti riguardo la partecipazione di donne tedesche
nell’Est nazista, ma lasciavano aperte diverse questioni circa
colpe e responsabilità più ampie e gravi.2 La Schwarz aveva
scoperto la presenza di mogli violente di militari delle SS.
Ne citava una, senza però fornirne il nome, che a Hrubieszów, in Polonia, aveva tolto la pistola dalle mani del marito
e sparato a degli ebrei durante un massacro in un cimitero
locale. La Harvey invece aveva accertato che numerose insegnanti operavano in Polonia e che, occasionalmente, si
recavano nei ghetti e rubavano i beni degli ebrei. La por13
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