Non c’è Pace Senza Giustizia Non c’è Pace Senza giustizia è un’organizzazione internazionale senza fini di lucro fondata nel 1993 da Emma Bonino, nata da una campagna del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, che lavora per la tutela e la promozione dei diritti umani, della democrazia, dello stato di diritto e della giustizia internazionale e concentra il suo lavoro all’interno di tre programmi tematici Giustizia Penale Internazionale Mutilazioni Genitali Femminili Democrazia nel Medio Oriente e Nord Africa Il programma di NPSG sulle mutilazioni genitali femminili Le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono una tradizione culturale profondamente radicata e – nelle comunità in cui sono praticate – un elemento chiave per determinare il ruolo sociale femminile. Tale pratica prende piede in un ambiente di silenzio e segretezza che rende difficile infrangere i costumi sociali esistenti; pochi hanno il coraggio di esprimere il proprio dissenso nei confronti delle MGF, e la pratica si sviluppa in un circolo vizioso che rafforza la convenzione sociale stessa. La strategia di NPSG mira a rompere la cultura del silenzio, a rafforzare le capacità strategiche dei sostenitori anti-MGF e promuovere la legge come strumento positivo e duraturo di cambiamento comportamentale e sociale. L'obiettivo generale del programma di NPSG sulle MGF è quello di sviluppare un ambiente politico, giuridico e sociale, che contribuisca a modificare atteggiamenti e comportamenti nei confronti delle mutilazioni genitali femminili in favore dell’abbandono di esse, nel contesto della promozione e della protezione dei diritti delle donne e delle bambine. Obiettivi cifici sono: (1) creare la volontà politica a favore della ratifica e l'attuazione del Protocollo dell'Unione Africana sui Diritti delle Donne in Africa (noto anche come il “Protocollo di Maputo”) nei paesi di riferimento, affinché riconoscano le MGF come una violazione dei diritti umani; (2) rompere la cultura del silenzio che circonda le mutilazioni genitali femminili, al fine di interrompere il circolo vizioso alla base della sua persistenza, (3) sviluppare la capacità dei sostenitori dell’abbandono MGF all'interno del governi e della società civile, così da consentire lo sviluppo di efficaci strategie di abbandono delle MGF (4) la costruzione delle capacità tecniche per sviluppare misure legislative che proibiscano le mutilazioni genitali femminili, in modo che la legge manifesti e consolidi un impegno formale, esplicito e duraturo, delle strutture statali contro la MGF. Tutto ciò al fine di contribuire a modificare l’inerzia delle norme sociali, oltre a fornire gli strumenti giuridici per la tutela di donne e bambine disposte a sfidare la convenzione sociale. Nei paesi con un’alta diffusione delle mutilazioni genitali femminili che hanno mostrato segnali positivi nelle figure dei leader nazionali e degli attivisti della società civile, il programma mira a (a) fare pressioni e coinvolgere i leader politici nazionali, oltre che culturali, capi religiosi e tradizionali, (b) organizzare eventi in cui si manifesti l'impegno pubblico contro le MGF, (c) svolgere attività di formazione e sviluppo delle capacità; e (d) impegnarsi nello sviluppo di capacità legislative e di assistenza tecnica. Il lavoro di NPSG sulle MGF ha come obiettivi di lavoro i governi, le strutture statali, dirigenti politici, funzionari di governo e legislatori, donatori e agenzie di sviluppo interne ai paesi, membri della società civile, delle ONG, CBO, associazioni professionali, e di personaggi influenti – sia nei nuovi mezzi di comunicazione che in quelli tradizionali – leader religiosi e delle comunità dei paesi di riferimento e di altri paesi della regione. Ne sono beneficiarî ONG, CBO, gruppi di donne, gruppi per i diritti dei bambini, i parlamentari, organismi professionali e di altri gruppi formali e informali della società civile, la cui partecipazione si risolva a beneficio delle donne e delle bambine colpite dalla MGF. *** La nostra esperienza è che una presa di posizione forte, esplicita, coerente e ben definita può essere di grande importanza. Un aumento della capacità di pianificazione strategica e una maggiore cooperazione tra i sostenitori dell’abbandono delle mutilazioni genitali femminili nei governi e nella società civile può impedire l’applicazione di metodologie inefficaci, o addirittura controproducenti, che non riescono ad affrontare le mutilazioni genitali femminili nel quadro più ampio della promozione e della tutela dei diritti delle donne, e quindi possono avere – e hanno avuto – conseguenze negative. Un chiaro esempio è stata l'eccessiva enfasi posta in passato sulle dannose condizioni igieniche delle mutilazioni genitali femminili, risultante nella messa a disposizione dei mutilatori di strumenti sterilizzati. Ciò ha comportato la crescente "medicalizzazione" della pratica, in particolare tra le classi sociali emergenti e urbanizzate, che avrebbero potuto altrimenti aprire la strada al suo abbandono. Invece forme “pulite” di MGF sono state mantenute tra donne della classe media urbana, privando in tal modo la società di potenziali positivi modelli di ruolo non-mutilati, con un conseguente notevole arretramento nel cammino verso l'abbandono della pratica. Il lavoro di NPSG sulle MGF è stato progettato per fornire un quadro entro il quale le iniziative individuali di attori diversi si integrino e si rafforzano l'un l'altro e – attraverso la sua attenzione al Protocollo sui Diritti delle Donne in Africa – contribuire alla sensibilizzazione, promozione e tutela di una gamma più ampia di diritti di donne e bambine. Il lavoro di NPSG sulle MGF cerca di raggiungere la sostenibilità attraverso: una maggiore volontà politica di adottare una legislazione efficace per la promozione dei diritti di donne e bambine; strategie più efficaci che coinvolgono sia la società civile che le strutture statali; maggiore professionalità e capacità di argomentare dei difensori dell’abbandono delle mutilazioni genitali femminili; una meglio informata comunità di donatori nei paesi di riferimento; impegni pubblici da parte dei leader politici; e lo sviluppo di un ambiente politico, giuridico e sociale favorevole all'abbandono MGF. Cosa sono le MGF Le Mutilazioni genitali femminili sono una tradizione culturale praticata da vari gruppi etnici in oltre 28 paesi del continente africano. Si trova anche tra le popolazioni dei paesi sulla Penisola Arabica, in Medio Oriente e nel Sud-Est asiatico. MGF include tutte le procedure che comportano la rimozione totale o parziale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili, sia per motivi culturali, religiosi o altri motivi terapeutici. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), classificazione, ci sono quattro tipi principali di mutilazioni genitali femminili: Tipo I - è costituito da escissione del prepuzio, con l'asportazione parziale o totale del clitoride (clitoridectomia). Il nome tradizionale di questo tipo di mutilazione è Sunna. Tipo II - escissione, che consiste nella rimozione del prepuzio e di tutte o parte delle piccole labbra con il clitoride. Tipo III - l'infibulazione o circoncisione faraonica, la forma più brutale, consistente nella rimozione di parte o di tutto il clitoride e la rimozione delle piccole labbra e – in particolare nel passato ma ancora oggi nelle aree rurali – la cucitura/restringimento della vagina per formare una minuscola apertura non più grande di un chicco di riso o di un seme di miglio per consentire lo scarico delle urine o del flusso mestruale. Tipo IV - include una serie di procedure, da una lieve puntura o incisione del clitoride per far uscire alcune gocce di sangue ai diversi tipi di manipolazioni che variano notevolmente da un gruppo etnico a un altro, inclusi la cauterizzazione del clitoride, taglio della vagina (gishiri), e l'introduzione di sostanze corrosive nella vagina al fine di restringerla. La MGF è un costume di rilevante valore sociale per la società che la pratica. Di solito viene effettuata su neonate o bambine di un determinato gruppo etnico quando queste raggiungono una certa età che può variare dal periodo neonatale all'adolescenza a seconda della zona. Le MGF in Italia In Italia la tutela della salute è uno dei principi fondanti della Costituzione, che all’art. 32 precisa “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. In questa ottica si pone ogni altro intervento legislativo, inclusa la legge n. 7 del 9 gennaio 2006 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile” appositamente varata per il contrasto delle mutilazioni genitali femminili. Tale Legge è divisa in due capitoli, e fa precedere significativamente le misure preventive alle misure punitive, in considerazione del fatto che una prevenzione efficace, potrebbe vanificare le misure di repressione, perché non ci saranno bambine sottoposte alle MGF. Inoltre, prevede risorse finanziare per realizzare attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione. Prevede infatti la realizzazione di campagne di informazione con il coinvolgimento delle organizzazioni con esperienza in questo settore e delle comunità interessate dalle mutilazioni genitali femminili, la formazione del personale sanitario e socio-sanitario per affrontare i problemi sanitari incontrati dalle donne che hanno subito la pratica delle Mutilazioni genitali anche con la definizione di linee guida specifiche, la realizzazione di materiale informativo compresa la creazione di un numero verde presso il Ministero dell’Interno. Le misure punitive vanno a modificare gli articoli 583 e 604 del Codice penale, introducendo, con l’art. 583 bis il reato di pratica di MGF ed inasprendo le sanzioni per chi le provoca, in particolare prevedendo la detenzione da 4 a 12 anni per chi pratica le mutilazioni, in assenza di esigenze terapeutiche e con lo scopo di modificare le funzioni sessuali della vittima, aumento della pena di un terzo quando la vittima è una persona minore, e possibilità di punire l’autore anche quando l’intervento è eseguito all’estero su cittadina italiana o straniera residente in Italia. Una aggravante è prevista poi per il personale medico, con la radiazione dall’albo e la sospensione dell’esercizio della professione. *** Vi è un’obiettiva difficoltà a quantificare l’estensione del fenomeno nei due suoi principali aspetti: numero di donne che hanno subito una delle pratiche escissorie, bambine potenziali vittime di escissione. Sono stati condotti studi per stimare la consistenza di entrambi gli aspetti del fenomeno, in Italia, ma più frequentemente all’estero, concentrando l’attenzione sulle comunità provenienti da paesi nei quali questa tradizione è radicata, che hanno portato, più che alla rilevazione di statistiche, alla emersione delle numerose variabili che possono influenzare la consistenza e la dinamica del fenomeno in ogni paese di immigrazione. La metodologia più diffusa è quella di prendere in considerazione le comunità presenti sul territorio provenienti dai Paesi interessati da queste pratiche e la loro composizione per età, ed ipotizzare che queste comunità possano adottare gli stessi comportamenti di quelle in patria. Questa metodologia non porta tuttavia a risultati certi. La durata dell’esperienza migratoria infatti, e caratteristiche del paese di accoglienza, ma anche la particolare congiuntura economica corrispondente al periodo di integrazione, oltre alla dimensione della comunità immigrata, influenzano fortemente i comportamenti degli immigrati, il loro livello di apertura e integrazione nella società di accoglienza, quindi il loro attaccamento alle tradizioni. Più elevato è il livello di integrazione, (misurabile dall’inserimento degli immigrati nei segmenti centrali del mercato del lavoro, dall’innalzamento del livello di istruzione delle donne, dall’inserimento scolastico dei minori, dall’accesso ai servizi sanitari e sociali, dalla partecipazione alla vita del paese), più elevata è la propensione ad abbandonare pratiche tradizionali, addirittura condannate nei Paesi di accoglienza. Avendo presente tutte queste precauzioni, si può azzardare una stima del fenomeno. Se si dovesse attribuire alle comunità presenti in Italia la stessa diffusione delle MGF riscontrata tra la popolazione dei paesi di origine, il dato complessivo delle donne interessate pari ad un valore assoluto di 93.809 persone. Va inoltre tenuto presente che questo dato non tiene in considerazione le donne clandestine provenienti dalle stesse aree.