Croce Rossa Italiana
Roma, 5 dicembre 2011
"Se nessuno conosce l'altro, ognuno è solo", scrive Hermann Hesse.
Alcune energie spingono istintivamente l'uomo ad associarsi ad altri per
costituire legami e istituzioni sociali durature. I legami sociali si basano
soprattutto su energie spirituali che mettono gli uomini in grado di
esercitare virtù sociali quale l'amore per il prossimo e di edificare settori
culturali ed assistenziali che il singolo uomo e le singole istituzioni non
sono in grado di erigere da soli.
La salute, la tutela di questo bene, la prevenzione delle violenze, la
prevenzione delle mutilazioni genitali, delle lesioni personali, soprattutto
patite a livello di sfera riproduttiva sono settori particolari e privilegiati
che ci inducono a gridare ad alta voce: Mai più marchi a fuoco sulle carni
fragili, mai più violenze su donne e bambini. In tal senso proclamiamo e
invochiamo l’amore sociale nel senso più stretto del termine che consiste
nel riconoscimento e nell'affermazione creativa, unitiva, disinteressata e
generosa dei valori presenti nei legami e negli organismi sociali, nonché
della partecipazione al bene comune spettante ai singoli e ai gruppi.
L'amore sociale è pronto a servire il bene comune in maniera disinteressata
e l'amore sociale apre sovente, con le sue opere e i suoi stimoli, la via alla
giustizia e al diritto sociale.
La questione della solidarietà appartiene ad ogni coscienza umana che
aspiri ad essere attenta e pensosa per le sorti dell'umanità.
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In un'epoca spesso scialba dal punto di vista degli ideali, in un periodo
storico in cui ogni cosa appare di basso profilo, iniziative come queste ci
ridanno il senso di una militanza e, restituendoci una identità forte, ci
spronano a partecipare alla missione e al servizio sociale con carità. Essere
popolo di solidarietà con un ideale forte, significa essere mandati a
difendere la vita e la sua qualità ogni qualvolta essa vita sia minacciata, in
particolare là dove fragilità,
sofferenza e
malattia si intersecano
determinando turbamento personale, familiare e sociale.
In una società segnata dall'evento sofferenza e malattia, l'amore sociale e
la solidarietà, promuovendo opportuni impegni ed interventi sostanziali,
rappresentano un sostegno apprezzato, immediato e diretto.
Uomini e donne ricchi dentro, con la disponibilità personale per la
promozione dell'altro, elaborano gesti e progetti con volontà di contribuire
al progresso e con la capacità di leggere i segni dei tempi.
Uomini e donne ricchi dentro, professionisti attenti e motivati come voi,
con la disponibilità personale a spendersi da soli o con esemplari
istituzioni, costituiscono forte spinta a sostenere le nostre strutture e
promuovono l'umanizzazione dell'assistenza esercitando virtù sociali con
responsabilità ed impegno.
Il volontariato è un viaggio di vita e di pensiero, le cui tappe sono ben
distinte ma legate le une con le altre.
È un viaggio personale e collettivo che da sempre evolve e che si spera
ancora continui tra profezia, spiritualità e storia.
Entrando nel vivo della scena e diventando protagonisti e, per certi versi,
compagni di strada di altri protagonisti nel viaggio, si subisce
un'accelerazione penetrando le varie dimensioni dei progetti creati,
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incontrati o sostenuti in quella comunione di intenti che porta nel mondo il
nome della “pace”.
Nel viaggio i protagonisti, cioè tutti noi, tutti voi, non solo analizzano i
fatti, ma ognuno si lascia intrigare, stupire dai progetti di impegno,
entrando come già detto nel vivo della loro scena in un percorso ricco di
fecondità che "innalza gli umili e i fragili e rimanda i ricchi a mani vuote".
Il volontariato è una “sfida silenziosa”, esperienza che non nasce da
interessi personali o di parte, immediati o differiti, ma da un ideale “no
profit” per un “for profit”, ossia per il sostegno dell’altro fragile e/o
debole, attuato attraverso il trasferimento di un dono gratuito all'altro per il
conseguente utilizzo di nuove opportunità che sono orientate al benefico
vantaggio psicofisico di chi le riceve e di quanti percepiscono il senso
etico e il sacrificio della gratuita.
Volendo limitarci al caso delle mutilazioni genitali e alle azioni di
prevenzione di tali violenze sul corpo di innocenti bambine, salvare è il
compito, insieme critico e problematico, di tale tipo di impegno: la
comunione di intenti positivi porta con sé un nuovo nome della pace.
Senza comunione e senza alterità non c'è sviluppo autentico e sostenibile
né per i singoli, né per i popoli, né per il pianeta.
Con questo sguardo largo continuiamo ad occuparci di questa splendida
sfida che è il volontariato, con particolare riguardo a progetti di alto valore
etico, progetti particolari nei quali sono in gioco sfide universali e nei quali
si delinea una nuova grammatica di un discorso e di un impegno espresso
come passione sociale per gli altri e con gli altri.
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In questo contesto è importante inserire due elementi di grandissima
importanza: l'amore e la reciprocità.
Condividiamo appieno quanto sostenuto da Luigino Bruni, grande e
stimato studioso, nel volume “Il prezzo della gratuità” – Città Nuova Ed.,
del quale facciamo opportuna menzione:
“La storia della società e delle comunità umane ci dice però che la
reciprocità è un'esperienza fragile,
destinata qualche volta per
stanchezza, altre volte per scarsa costanza, a cedere il passo
all'indifferenza e al conflitto”.
Anche noi che conosciamo anche questa fragilità delle nostre esperienze
confermiamo con forza e in assoluto che “la reciprocità genuina è tra le
cose più belle della vita che sono al tempo stesso faccende di amore: basti
pensare alla famiglia, all’amicizia, alla fede, all’alterità, in un tu e in un
noi che mirabilmente si fondono in una immensa gratuità di grande
valenza e valore sociale, sostegno incommensurabile, a volte non
facilmente narrabile .
Sono questi valori che richiamano da vicino quella posta in gioco tra eros
e agape.
Ma proprio in periodi di crisi economica v’è necessità del dono e per
vivere i nostri giorni dobbiamo nutrirci di sentimenti, di “sobrietà” e di
“gratuità”.
Questa possibilità tocca tutti i protagonisti della società civile, ma
presume che ciascuno cominci a donare qualcosa: anche microrisposte
fanno massa critica e se si è molti l’impegno diventa macro risposta
sociale.
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E’ qui, in questo senso, nel senso del prendersi carico delle attività di
cura, ossia di attuare la care, ovvero entrare nel progetto del prendersi
cura che si può fare la differenza, ed è proprio in questo stile che sta la
possibilità di un beneficio per tutti.
Ecco lo spazio per immettere nella società alti tassi di gratuità. Aspettare
che lo faccia lo Stato per decreto è un'illusione. La gratuità presuppone la
sobrietà che è la nostra più grande libertà.
Quanti di noi sono oggi qui riuniti, lo sono per una libera e spontanea
decisione.
La loro partecipazione genuina e libera è segno di grande aspirazione al
bene comune, svolgendosi così un ruolo fondamentale nella costruzione di
un bene collettivo per la civile convivenza”.
Esaminerei fra i quadri della passione della nostra vita tre campi di
mirabili possibilità di interventi in fasi diverse nella nostra vita: nascere,
vivere e morire.
Negli snodi fondamentali della vita -
nascita, adolescenza, malattia,
sessualità, amore, maternità, vecchiaia, ecc - il dialogo si arricchisce di
mille sfumature e stimoli vitali. Imparare ad ascoltare i messaggi che in
ogni momento ci vengono da questo meraviglioso mondo che é il nostro
corpo, è la strada maestra per una qualità di vita personale e sociale
totalmente diversa, soprattutto se nella visione multietnica e multiculturale,
affinché possano essere colte più opportunità di cooperazione in termini di
qualità.
Penso spesso alla generazione dei nostri figli: spesso rannicchiati in quella
terra di nessuno dove la famiglia non svolge più alcuna funzione e la
società alcun richiamo, dove il tempo è vuoto, l'identità non trova alcun
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riscontro, il senso di sè si smarrisce, l'autostima deperisce. Sono queste le
premesse che favoriscono la formazione di personalità “differenti”.
Penso spesso alla generazione dei nostri figli: la generazione nuova
rispetto alla nostra di genitori, ha un'emotività molto più potente e uno
spazio di riflessione molto più modesto. II
fondo emotivo dei nostri
giovani è stato sollecitato fin dalla nascita da un volume di sensazioni e di
impressioni eccessive rispetto alla loro capacità di contenimento.
Sono in tanti ad aver fatto una superficiale esperienza rispetto alla loro
capacità di elaborarla.
Trovo nella nostra società un altro tipo di pericolosa esperienza simile alle
mutilazioni.
Sono o non sono mutilanti comunque le pratiche rituali delle notti in
discoteca o dei percorsi di droga; o il disinteresse per tutto, messo in atto
per assopire le emozioni attraverso i percorsi dell'ignavia, della non
partecipazione che porta all'atteggiamento opaco dell'indifferenza;
Certo! Una strada è l’autodisciplina e non i divieti immotivati e le
punizioni casuali. E perchè l’autodisciplina si formi occorre aver passato
tanto tempo con i figli, con genialità creativa e carica emotiva: La teoria
secondo cui é decisiva la qualità del tempo che si passa con i figli e non la
quantità é una patetica storia che noi genitori ci siamo raccontati a nostra
giustificazione, lasciando ai nostri figli, anche a quelli degli immigrati una
gran quantità di tempo da passare in solitudine con un carico emozionale
eccessivo senza strumenti di contenimento.
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I recenti flussi migratori ci mettono in contatto con realtà, usi e costumi
altrimenti lontani, pongono riflessione e richiedono risposte nette. Ma non
si
potranno
mai
prendere
posizioni
precise
senza
un'adeguata
informazione, possibilmente precisa e documentata.
Questa giornata di lavoro vuole contribuire a colmare quei vuoti di
conoscenza e di formazione rispetto alle pratiche tradizionali di
mutilazioni femminili: molte immigrate che vivono sia in Italia, sia in tutto
l’Occidente portano nel corpo e nella mente indelebili segni e
incancellabili conseguenze dolorose. Questi problemi sono resi ancora più
penosi quando le donne straniere si rivolgono a strutture sanitarie
inadeguate con
operatori che nessuno ha preparato a rispondere
adeguatamente alle loro richieste. Nessuno, ancora oggi, riesce collocare
con esattezza la comparsa di usanze così devastanti per le donne.
L'emersione dal silenzio secolare e la scelta di denominarle "mutilazioni
genitali femminili" (M.G.F.) lo dobbiamo a persone attente ai diritti
umani, che insieme con operatrici-operatori sanitari che hanno ritenuto
necessario contrastarle.
L'OMS sin dal 1995, durante un convegno tenutosi a Ginevra ha voluto
riconoscere che il ferimento o la rimozione parziale o totale degli organi
genitali femminili esterni effettuati per motivi non terapeutici, oltre che
causare dolore e sofferenza, rappresentano un serio rischio per la salute
delle donne e una violazione dei diritti dell'uomo, sanciti in campo
internazionale. L'organizzazione mondiale della sanità condanna tutte le
forme di mutilazioni genitali femminili e richiede l'abolizione di tali
pratiche. L’OMS inoltre dichiara in maniera inequivocabile che nessuna
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forma di mutilazione genitale femminile deve essere effettuata da alcun
operatore medico-sanitario, in nessun luogo pubblico o privato.
Le donne, ed in particolar modo le bambine e le ragazze, assoggettate a
stereotipi culturali ed a pregiudizi collettivi, vengono private della loro
integrità e della loro dignità di persone. La violenza psicologica e fisica
che affrontano ne sconvolge tanto la vita sociale quanto quella interiore.
Gli effetti fisici e psicologici delle pratiche mutilatorie sono spesso molto
pesanti ed interessano la salute, in particolare il benessere sessuale,
riproduttivo mentale.
I danneggiamenti che subiscono gli organi sessuali femminili e la
compromissione delle relative funzioni sono irreversibili e questi effetti
persistono durante tutta la vita di coloro che le subiscono.
Vanno attuati e sostenuti sforzi nell'elaborare raccomandazioni e
programmi di intervento per il supporto di azioni di "buone prassi" utili al
benessere psicofisico delle bambine e alla tutela di una maternità sicura
delle donne.
In tale direzione vanno le principali strategie di supporto tecnico suggerite
in Europa agli stati coinvolti, affinché si possano stabilire politiche
nazionali aventi come obiettivo l'impegno comune di tutti per il
contenimento e il superamento delle mutilazioni genitali femminili.
Occorre dare risalto all'importanza delle azioni contro le pratiche
tradizionali nocive per la salute delle bambine e delle donne a tutti i livelli
internazionale, nazionale e regionale.
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Occorre sostenere reti, organizzazioni e gruppi di addetti che contrastino
le mutilazioni genitali femminili, per sviluppare politiche, strategie e
programmi relativi.
Occorre formare ed aggiornare tutti gli operatori ed i professionisti del
settore medico e socio-sanitario, per la prevenzione delle mutilazioni
genitali femminili e per la cura delle relative conseguenze.
E’ opportuno in questa sede richiamare e riportare alcune parti della sintesi
della giornata internazionale “Stop mutilazioni genitali femminili”
celebrata nel convegno finale “Stop MGF” presso l’aula magna
dell’Ospedale Carlo Forlanini di Roma il 6 febbraio 2011 e che possono
tracciare le linee operative auspicate a livello internazionale e consigliate a
tutti coloro i quali desiderano attivare sforzi e operatività positive e
gratuite nella lotta alle MGF.
La Croce Rossa Italiana ha in sé questa missione.
“Le stime mondiali parlano di 120/140 milioni di donne che hanno
subito mutilazioni Genitali Femminili” ha ricordato Johansen Elise,
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “3 milioni di donne ogni anno
rischiano di subire MGF”. Le MGF non sono un problema circoscritto, è
presente in diversi paesi dell’Asia e dell’Africa, ma anche in Europa dove
ci sono comunità numerose di immigrati provenienti da zone dove vengono
praticate. È necessario monitorare il fenomeno, sia dal punto di vista
sociale (per le seconde generazioni di immigrati, per l’integrazione, per il
dialogo con le culture di origine), sia per le implicazioni giuridiche
nazionali e internazionali”.
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“È necessario organizzare a livello collettivo un cambiamento di
opinioni e comportamento, anche con l’aiuto dei governi.
Sono anche fondamentali la presenza di leggi e politiche appropriate e
puntare sulla forza dei diritti umani.
I processi di formazione e informazione sono tali da spingere molte
donne a voler diventare parte attiva”.
“È importante anche sensibilizzare gli uomini, i familiari, affinché si crei
un circolo virtuoso di conoscenza, che coinvolga anche opinion leaders
autorevoli”
“Occorre continuare a lavorare per il futuro, coordinare le diverse realtà
che agiscono sul territorio, creare partnership e trovare finanziamenti,
per accelerare il processo e arrivare a dire stop MGF entro il 2015”
“Medici, professionisti della salute e tutti gli Enti che lavorano in questo
campo dovrebbero essere collegati tra loro a livello nazionale e a livello
europeo.
Dovrebbe esistere un meccanismo di approccio coordinato tra tutti gli
Enti a livello europeo per valutare gli aspetti etici e medico-legali.
In materia di MGF determinante è il ruolo e l’attività degli operatori
sanitari sia dal punto di vista medico che ostetrico ed infermieristico, sia
nella prevenzione che nell’assistenza alle donne che le hanno subite. La
conoscenza da parte di questi operatori dell’importanza delle MGF nella
tutela della salute delle donne e delle bambine, dei rischi di danni alla
salute portati dalle MGF, delle sue basi sociali e culturali permette loro,
attraverso la creazione di un rapporto di fiducia, di cogliere e soddisfare i
bisogni delle donne stesse e di prevenire le MGF nelle bambine”.
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“E’ determinante per l’operatore sanitario far percepire alle donne che è
informato sulle tradizioni e sulle caratteristiche culturali ed etno geografiche delle MGF, che è consapevole delle possibili complicanze, e
che è capace di avere un approccio consapevole privo di ogni pregiudizio
e disponibile all’ascolto. Gli operatori sanitari, nella loro attività
professionale, devono essere in grado di intuire se una bambina corre il
rischio di essere sottoposta ad una pratica di MGF, informando i familiari
o chi ne fa le veci dei danni psico-fisici e delle conseguenze legali, e
segnalando, ove necessario, il caso ai servizi sociali, per l’eventuale presa
in carico.
L’operatore sanitario deve seguire la gravidanza e il parto, cercando di
prevenire o di gestire le complicazioni che le MGF possono presentare al
momento del parto, a tutela della salute del bambino e della donna.
Contestualmente l’operatore sanitario può utilizzare il rapporto stabilito
con la paziente per procedere alla deinfibulazione e informarla della
impossibilità per la legge italiana di procedere alla reinfibulazione dopo il
parto. Nel caso della nascita di una bambina va impostato un rapporto
con la mamma, ma anche con il padre, al fine di poter seguire la crescita
della bambina e accompagnare i genitori in un processo di riflessione sui
diritti delle donne e delle bambine, per prevenire così il ricorso alle
MGF”.
“Un ulteriore aspetto da curare nell’incontro tra paziente e
professionista sanitario è quello della comunicazione interpersonale.
Gli operatori sanitari devono essere a conoscenza dei vari tipi di MGF,
tenendo presente che è sempre necessario adattarsi alla descrizione fatta
dall’ interessata, al fine di creare una relazione interpersonale positiva e
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non ferire la suscettibilità della donna o della bambina che ha subito
MGF.
La visita può essere difficile, dolorosa, talvolta addirittura impossibile da
effettuare;
l'operatore,
nell’effettuarla
dovrà
avere
delicatezza,
dimostrando conoscenza e rispetto della cultura di appartenenza della
donna e della pratica stessa e dovrà astenersi dall'effettuarla se questa
provoca dolore eccessivo. E' comunque fondamentale limitare visite ed
altre procedure allo stretto necessario.
L'assistenza alla gravidanza e al parto devono essere effettuate con
particolari accorgimenti nelle donne con MFG, anche in considerazione
del fatto che tali pazienti vanno più facilmente incontro a complicanze.
La deinfibulazione che va eseguita per le MGF di tipo III annullerà gli
effetti della MGF (in tutto o in parte) da un punto di vista fisico, ma non
riparerà i danni psicologici che devono essere trattati da personale
competente”.
“Molte altre cose possono aggiungersi ma mi piace concludere
riaffermando l’importanza delle motivazioni umane che ci spingono con
determinazione ferma e perseverante ad impegnarci per il bene comune,
direi per il bene di tutti e di ciascuno.
In questo impegno tutte le motivazioni umane si collocano in una
stimolante innovativa condizione di profezia, di amicizia caritatevole e di
condivisione.
La risposta non è certo facile ma resta ineludibile se vogliamo impegnarci
in modo credibile in un positivo incontro transculturale di reciprocità che
non sia a senso unico”.
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Desidero concludere esprimendo il particolare apprezzamento della
Società Italiana di Bioetica (SIBCE), che qui rappresento, all’Avv.
Francesco Rocca, Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana,
alla Dott.ssa Patrizia Ravaioli, Direttore Generale CRI e ancora, un grazie
sentito alla Prof.ssa Santa Fizzarotti Selvaggi, Commissario Nazionale del
Comitato Femminile CRI, che ha insistito per la mia presenza qui fra voi e
con voi, donando a me ulteriore occasione per apprezzare la qualità della
vostra realizzata democrazia partecipativa e di farmi percepire tutti gli
entusiasmi di gratuità, di sobrietà e competenza che la Croce Rossa
Italiana sa ben mettere in circolazione nel mondo, attraverso il convinto e
generoso impegno di tutte le sue componenti.
Prof. Filippo M. Boscia
N.B. Le successive immagini sono tratte da esperienze personali e da Internet
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