Omelie per un anno - vol. 2
13ª Domenica del Tempo Ordinario
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1 Re 19,16b.19-21 - Eliseo si alzò e seguì Elia.
Dal Salmo 15 - Rit.: Sei tu, Signore, il mio unico bene.
Gal 5,1.13-18 - Siete stati chiamati alla libertà.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Io sono la luce del mondo,
dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita. Alleluia.
 Lc 9,51-62 - Si diresse decisamente verso Gerusalemme. Ti
seguirò dovunque tu vada.
Libertà nel servizio e nell’amore
Veramente la Parola di Dio, mentre risponde alle più profonde e vitali
esigenze dell’uomo, trascende la nostra intelligenza limitata fino a
suonare spesso paradossale, cosicché c’è chi è portato a ripetere con
molti dei discepoli, quando Gesù prometteva di dare la sua carne
come cibo e il suo sangue come bevanda: “Questo linguaggio è duro;
chi può intenderlo?” (Gv 6,60). Così nelle letture che ci vengono
proposte oggi: mentre, da una parte, recano un annunzio di libertà
che l’uomo d’oggi rivendica come diritto irrinunciabile, formulano al
credente delle richieste che sembrano contraddire il suo diritto di
scegliere e decidere al di fuori di ogni imposizione.
“Cristo ci ha liberati”
È il tema centrale della lettera ai Galati. Rivolgendosi a quei cristiani
che, pur credendo a Gesù Signore, ritenevano di dover obbedire
anche alla legge di Mosè, Paolo afferma risolutamente: “Cristo ci ha
liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi
imporre di nuovo il giogo della schiavitù”. Ci sono dei cristiani – oggi
non pare siano molti – per i quali parlare di libertà sembra aprire la
via all’anarchia e alla ribellione. Che in un clima di lassismo e di
permissivismo dilagante la libertà appaia sospetta e carica di
minaccia non fa meraviglia. Ma se ciò inducesse a porsi nei rapporti
con Dio come di fronte a un signore geloso del suo dominio fino a
vedere negli uomini quasi degli schiavi, non sarebbe certo un
comportamento degno di chi non è più schiavo, ma figlio, invitato a
rivolgersi a Dio, nello Spirito, come al Padre (cf Gal 4,5; Rm
8,14-16), nella fiducia e nell’amore. La libertà è un diritto. Agire nella
libertà è dovere. Libertà nei confronti degli uomini, che non possono
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comandare agli altri uomini, tutti uguali come creature e figli di Dio se
non quando e nella misura in cui, investiti da Dio di autorità, si fanno
portavoce dei suoi voleri. Altrimenti, dovremo ripetere con gli
apostoli: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29).
I cristiani dei primi tempi, leali verso l’impero, si lasciavano torturare
e decapitare piuttosto che rinnegare l’unico vero Dio. I martiri
dell’Uganda, tra il 1885 e il 1887, si lasciarono ammazzare piuttosto
di cedere alle voglie d’un sovrano lussurioso e sanguinario. I medici,
le ostetriche e gli infermieri fedeli all’impegno cristiano rifiutano di
rendersi complici dell’uccisione di un innocente cooperando all’aborto,
anche se una legge iniqua lo autorizza.
Lasciarci guidare dallo Spirito
La libertà proclamata da Paolo non ha nulla a che fare con un
permissivismo destinato a favorire gli istinti più bassi dell’uomo, di
quella che egli chiama la “carne”, con tutti i fermenti di egoismo
contrari allo spirito di Gesù che abbiamo ricevuto nel battesimo o
nella cresima e che deve guidare i nostri pensieri e le nostre azioni.
“Lo spirito ha desideri contrari alla carne”. Quando Giacomo e
Giovanni propongono a Gesù di “far scendere un fuoco dal cielo” a
distruggere i Samaritani che rifiutano di riceverlo, Gesù “li
rimprovera”. La “carne” vuole vendetta, Gesù insegna a praticare la
misericordia e il perdono. Quando risponde a chi dichiara di volerlo
seguire che egli “non ha dove posare il capo”, propone un modello di
vita povero e austero, non certo appetibile.
Origene fa a questo proposito un’osservazione che suona
singolarmente attuale per il nostro tempo, quando tutti cercano (e
non dico che sia male, nei dovuti limiti) la sicurezza per l’oggi e per il
domani: “Se tu sei pronto a vivere come me, che non ho “dove
posare il capo”, tu sceglierai, per seguire il mio insegnamento,
l’insicurezza su questa terra con la speranza del regno dei cieli, senza
aspettare quaggiù alcun riposo. Infatti i miei discepoli che praticano
la giustizia, nel mondo avranno tribolazioni (cf Gv 16,33)”. Quando
Gesù proibisce a chi lo vuol seguire di andare a seppellire suo padre,
di congedarsi da quelli di casa, impone delle rinunce che possono
sembrare disumane. Ma tant’è: ci sono i momenti in cui bisogna
lasciare tutto e subito per rispondere all’appello di Dio.
“Mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri”
Essere liberi o essere servi? Paolo non è il primo a dirci che dobbiamo
essere servi. Lasciando da parte ora il titolo di “Servo di Dio” con cui
l’Antico Testamento ci presenta il Messia che dovrà venire,
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ripensiamo alla parola di Gesù: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per
essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”
(Mt 20,28). Dopo aver lavato i piedi ai discepoli, come il servitore
faceva col suo padrone, dichiara che essi devono fare altrettanto (Gv
13,15). Ancora nell’ultima cena proclama apertamente questo
dovere: “Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi
governa come colui che serve” (Lc 22,26; cf Mc 10,44). L’apparente
antinomia tra essere libero ed essere servo si risolve nell’amore:
“Mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri”. Come spiega s.
Girolamo: “In forza dell’amore bisogna che il maggiore serva il
minore, poiché “chi vuol essere più grande sarà il servo di tutti” (Mc
10,44)”. Paolo stesso, dice ancora Girolamo, ce ne dà l’esempio: “Egli
che, pur essendo libero da tutti, per amore si fece servo di tutti, per
guadagnarne il maggior numero (cf 1 Cor 9,19), ha ragione di
esortare gli altri a mettersi vicendevolmente a servizio mediante la
carità, che non cerca il suo interesse, ma quello del prossimo (cf 1
Cor 13,5; Fil 2,4)”.
Un ulteriore chiarimento ci viene da s. Agostino: ““Voi infatti, fratelli,
siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un
pretesto per vivere secondo la carne”: cioè non dovete pensare,
sentendo parlare di libertà, che possiate peccare impunemente. “Ma
mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri”. Infatti chi serve
per amore serve liberamente, obbedisce a Dio senza sentire peso, in
quanto fa per amore ciò che gli viene insegnato, e non per timore ciò
che gli viene imposto”.
Possiamo dire che questo sia il nostro comportamento abituale? S.
Girolamo, commentando questo passo, si mostra pessimista: “La
carità è una merce rara. Chi è disposto ad essere separato da Cristo a
vantaggio dei suoi fratelli, sull’esempio dell’apostolo (cf Rm 9,3)? Chi
piange con quelli che sono nel pianto, si rallegra con quelli che sono
nella gioia (cf Rm 12,15), sente in sé la ferita degli altri? Tutti siamo
più amanti di noi stessi che amatori di Dio. Eppure vedi che grande
bene è la carità”.
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