PROMEMORIA La segnalazione dell’Antitrust in relazione al sistema di remunerazione della distribuzione di farmaci erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale 1. Introduzione In data 16 maggio 2009, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 287/1990, ha inviato al Senato, alla Camera dei Deputati, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, una segnalazione relativa al sistema di remunerazione della distribuzione di farmaci erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale. L’Antitrust, infatti, ha inteso segnalare i possibili effetti distorsivi della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato di alcune disposizioni normative volte a regolamentare il settore farmaceutico, con particolare riferimento al sistema di remunerazione della distribuzione di farmaci erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale, disciplinato sia dall’articolo 1, comma 40, della legge n. 662/1996 sia, sul piano della normazione secondaria, dalla Deliberazione CIPE n. 3/2001, che stabilisce i criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci. 2. I rilievi mossi dall’Antitrust A giudizio dell’Autorità, il sistema attualmente vigente presenta alcuni elementi di criticità, che lo rendono sostanzialmente inidoneo a perseguire quegli obiettivi di promozione di una maggiore concorrenza nel settore e di conseguente contenimento della spesa pubblica e privata, che andrebbero in massima misura tutelati, laddove compatibili con i più generali obiettivi di tutela della salute pubblica e di regolazione del mercato, strettamente connessi alle caratteristiche specifiche del settore. Criterio delle percentuali sganciato dai costi effettivi Il primo rilievo mosso dall’Antitrust riguarda, in particolare, il criterio dell’applicazione di margini su base percentuale del prezzo finale dei medicinali, dal momento che si tratta di un sistema sostanzialmente sganciato dai costi effettivamente sostenuti dai farmacisti e dai grossisti per l’attività di distribuzione: tali costi, infatti, non presentano alcuna significativa correlazione con il prezzo del farmaco, essendo prevalentemente costituiti da componenti, sia fisse che variabili, attribuibili in misura pressoché omogenea ai diversi prodotti. A parità di costi della distribuzione, pertanto, la previsione di un margine calcolato in percentuale del prezzo del farmaco, piuttosto che fissato in funzione del servizio reso (fee for service), rende nettamente più remunerativa la distribuzione dei prodotti più costosi. In proposito, il sistema di correzione previsto all’atto della corresponsione del rimborso da parte del SSN introduce un elemento di regressività nelle percentuali di margine assai poco incisivo, in grado di produrre effetti esclusivamente sulle fasce di prezzo più alte, cui corrispondono sporadici atti di vendita. 1 L’asimmetria informativa tra farmacista e paziente L’Autorità, inoltre, ha evidenziato che, benché la normativa imponga al farmacista di consegnare il prodotto generico a prezzo più basso, dopo aver ricevuto il consenso dell’assistito e in assenza dell’indicazione di “non sostituibilità” da parte del medico, la forte asimmetria informativa esistente tra il consumatore e il farmacista consente a quest’ultimo di esercitare un’influenza assai significativa sulla decisione dell’assistito, orientandone di fatto, in molti casi la scelta. La presenza, per il farmacista, di incentivi economici di vendita distorti a favore di alcune categorie di farmaci è in grado, dunque, di produrre effetti di rilievo sulla composizione delle vendite. Il carattere non vincolante delle percentuali di margine Un ulteriore elemento di problematicità nel funzionamento dell’attuale normativa volta a regolare la remunerazione della componente distributiva del settore risiede, secondo l’Antitrust, nel carattere sostanzialmente non vincolante delle percentuali di margine fissate, che vengono di fatto utilizzate solo quale valore di riferimento minimo nella contrattazione tra le parti. La definizione delle cd. “quote di spettanza”, infatti, è stata introdotta con l’obiettivo di regolare, per i farmaci rimborsati dal SSN, il criterio di formazione del prezzo al pubblico, il quale viene definito, considerando fisse tali percentuali e contrattando invece con in produttori il prezzo ex factory. Risulta, invece, dubbia, per l’Autorità, l’idoneità della norma ad incidere sui rapporti privatistici tra i soggetti attivi ai diversi stadi della filiera, imponendo, negli scambi effettivi che si realizzano tra gli operatori, la concreta applicazione del livello di sconto fissato. Ne consegue che, una volta assolta la propria funzione di punto di riferimento teorico per la definizione del prezzo finale, le percentuali di margine previste dalla legge non vengono necessariamente rispettate nei rapporti di scambio intercorrenti tra produttori e distributori, che negoziano i propri guadagni e, quindi, la percentuale di sconto attribuita al distributori, in funzione del proprio potere contrattuale. Con la pratica dei cd. “extrasconti”, si determina un artificioso spostamento del destinatario dei benefici della competizione di prezzo tra le imprese farmaceutiche: dall’acquirente finale, rappresentato dal SSN, al distributore/farmacista, il quale, in assenza di indicazioni vincolanti da parte del medico, è in grado di orientare le scelte del consumatore. 3. La soluzione prospettata dall’Autorità L’Antitrust, per risolvere tali problematiche, ritiene necessaria l’adozione di un diverso criterio di remunerazione della componente distributiva, con riferimento alla distribuzione dei farmaci erogati dal SSN, in grado di porre il distributore finale in una condizione di relativa neutralità rispetto alla scelta del farmaco da consigliare al paziente, se non addirittura rendere maggiormente conveniente la vendita del farmaco più economico. 2 E’ stata, pertanto, confermata dall’Autorità l’opportunità (già ribadita in altre occasioni) di riconoscere al farmacista una retribuzione a forfait per ogni servizio di vendita di ciascun medicinale, indipendentemente dal suo prezzo, sistema che introdurrebbe un elemento di forte regressività del margine di guadagno rispetto al prezzo del prodotto, incentivando in tal senso la vendita dei farmaci a minor prezzo. L’introduzione di una sorta di “fee for service”, peraltro, sganciando la remunerazione dal valore dei farmaci distribuiti ed eventualmente anche dalla dimensione e dal numero delle confezioni fornite in ciascun atto di vendita, renderebbe neutrale la scelta circa le confezioni da consegnare, assicurando in tal modo, in assenza di precise indicazioni mediche, la consegna del quantitativo di farmaco che maggiormente si avvicina all’effettivo fabbisogno terapeutico. Un’ulteriore componente della remunerazione dei farmacisti, anch’essa sganciata dal valore dei prodotti commercializzati, potrebbe essere, inoltre, introdotta per incentivare l’efficienza nello svolgimento delle ulteriori attività di “servizio pubblico” svolte da tali operatori, quali, ad esempio, i servizi offerti in collegamento con il SSN (prenotazioni, visite ospedaliere, pagamento del ticket, ecc…). In tal senso, potrebbero essere in qualche modo stimati e rimborsati, sul modello inglese, i costi sostenuti per l’erogazione di tali servizi, in termini di capitale fisico ed umano destinati a tale scopo. La soluzione proposta dall’Autorità, dunque, consiste nell’introduzione di un sistema di remunerazione della componente distributiva che, oltre ad essere sganciato dal prezzo di vendita del prodotto, elimini qualsiasi incentivo ad una contrattazione mirata alla fissazione di margini distributivi superiori a quelli stabiliti dalla normativa, eventualmente vietandola esplicitamente. In tal senso, una particolare attenzione dovrebbe essere posta nel separare l’atto di rimborso del SSN volto a remunerare la componente produttiva, rispetto a quello destinato a remunerare la componente distributiva, disincentivando una negoziazione tra tali categorie di operatori, volta ad una mera redistribuzione di risorse altrimenti destinate al SSN ovvero al consumatore finale. A tal fine, in particolare, potrebbe essere opportuno, prendendo spunto dal sistema utilizzato nel regno Unito, rimborsare al farmacista non il prezzo di vendita del farmaco, bensì aggiungendo la “fee for service” al corrispettivo di acquisto effettivamente versato dal farmacista al produttore o al grossista. L’Autorità, sulla base delle considerazioni evidenziate, giudica insufficienti le misure varate con il decreto legge n. 39/2009, in quanto non correttive del meccanismo discorsivo della concorrenza attualmente esistente, atteso che si applicano solo ai medicinali equivalenti non di marca, che risultano già per loro stessa natura caratterizzati da un livello di costo basso, lasciando, invece, liberi i produttori di farmaci di marca, già avvantaggiati da un sistema di remunerazione che premia la distribuzione dei medicinali più costosi, di incrementare ulteriormente gli incentivi concessi ai farmacisti per la vendita di tali prodotti. In conclusione, l’Antitrust ha richiesto l’adozione di iniziative tese a modificare nel senso indicato le norme che attualmente disciplinano le quote di spettanza del prezzo finale dei 3 farmaci alla componete distributiva, considerando altresì, in un ottica più ampia di riassetto regolamentare del settore, l’opportunità di introdurre ulteriori misure, anche agendo sulla modalità di prescrizione dei medici, in grado di favorire la penetrazione dei farmaci generici e stimolando, per tale via, un maggior sviluppo concorrenziale del settore farmaceutico che genererebbe riflessi positivi sulla spesa pubblica, a vantaggio del SSN, e privata, a vantaggio del consumatore. 4