Nome scientifico: Aythya nyroca L

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Gipeto
Gypaetus barbatus (Linnaeus, 1758)
Codice lista italiana: 110.446.0.001.0
Priorità: 14
RARITÀ GENERALE: valore = 3: Secondo la nuova “Lista Rossa” italiana appartiene alla
categoria delle specie “estinte come nidificanti”. Il Gipeto rientra inoltre nell’allegato I
della direttiva “Uccelli” (CEE/79/409), che comprende le specie per le quali si prevedono
misure speciali di conservazione sugli habitat, al fine di garantirne la sopravvivenza e la
riproduzione nella loro area di distribuzione. La specie non è concentrata in Europa, ma, a
livello continentale, lo stato di conservazione della specie è considerato non favorevole.
COROLOGIA: valore = 3: Il Gipeto è ampiamente distribuito nelle regioni montane della
Eurasia e dell’Africa, con una piccola proporzione dell’areale distributivo in Europa
(corologia paleartico-afrotropicale). In Europa nidifica in Francia (Pirenei e Corsica),
Spagna, Grecia e Albania. Considerato precedentemente estinto in Italia, nel 1998, 1999 e
nel 2000 è stato accertato come nidificante sulle Alpi in seguito a reintroduzione.
FRAGILITÀ [dimensioni della popolazione]: valore = 3: La popolazione europea è stimata in
meno di 100 coppie nidificanti. Le più importanti cause di declino, o di estinzione, della
specie in Europa sono state innanzitutto le persecuzioni dirette (atti vandalici,
collezionismo) e indirette (bocconi avvelenati destinati ad altri animali ritenuti dannosi, e
di cui il Gipeto si può nutrire). Inoltre l’abbandono della pratica dell’allevamento allo stato
brado o semibrado ha influenzato negativamente le popolazioni di Gipeto: la specie infatti
si cibava abitualmente delle carogne degli animali morti abbandonati dai pastori.
CONSISTENZA DEL POPOLAMENTO REGIONALE: valore = 3: Nidificazione accertata in
territorio italiano dal 1998. La nidificazione di una coppia è avvenuta in territorio lombardo
all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio.
SELETTIVITÀ AMBIENTALE: valore = 3: Il Gipeto occupa habitat montagnosi e impervi,
interni o costieri, in cui siano presenti pareti rocciose adatte alla nidificazione. Abita le
zone ricche di ungulati selvatici e/o mandrie di animali domestici allo stato brado o semibrado. Pare anche che la presenza di grandi predatori come Lupo e Lince e di grandi rapaci
(Aquila reale) possa favorire la presenza del Gipeto, in quanto esso può approfittare delle
ossa delle carcasse lasciate sul terreno dai predatori.
CRITICITÀ: valore = 3: Il territorio regionale, nel contesto nazionale, risulta decisamente
importante per la specie, sia per la situazione attuale che per la potenzialità dei territori
alpini quali ambienti idonei alla nidificazione.
STRATEGIE DI CONSERVAZIONE: La conservazione del Gipeto, allo stato attuale, necessita di
interventi su più fronti che vanno da azioni dirette sulla specie [A] a quelle sull’habitat [B],
oltre che a programmi di monitoraggio dedicati che valutino l’opportunità di interventi di
sostegno e che informino costantemente circa l’efficacia delle azioni intraprese [C].
L’efficienza di questi progetti non può tuttavia prescindere da azioni sulla parte sociale
tramite programmi informativi circa l’importanza della tutela di specie così rare e così
fortemente minacciate [D].
TIPOLOGIE DI INTERVENTO: Il Gipeto è una specie particolarmente vulnerabile, ritenuta
estinta in Italia, con l’ultima nidificazione accertata in Sardegna negli 1968-69.
Attualmente è in corso una lenta ricolonizzazione dell’arco alpino, grazie a diversi progetti
di reintroduzione avvenuti nelle Alpi orientali (Austria) e in quelle occidentali (Francia). Il
numero esiguo di coppie nidificanti farebbe ritenere tuttavia auspicabile ulteriori interventi
di rinforzo (Re-stocking) [A2], previa valutazione qualitativa [C4] e quantitativa [C5] delle
potenzialità faunistiche del territorio, nonché la verifica della disponibilità di adeguate
risorse trofiche [C6]. Contemporaneamente è necessario avviare un programma di
monitoraggio dedicato [C1] e tutelare in modo rigido i siti riproduttivi [Bd4], provvedendo,
ove necessario, alla distribuzione controllata dell’alimento (dislocazione di carnai) [Bd6],
oltre che avviare studi particolareggiati finalizzati ad individuare potenziali interventi futuri
[C11]. Le particolari attenzioni di cui il Gipeto abbisogna, così come tutti i grandi predatori
che stanno per ricolonizzare il territorio alpino, non possono prescindere da una corretta
informazione nei confronti della parte sociale, con programmi di educazione ambientale su
scala locale [D2] e ad ampio raggio [D3], e da un adeguato controllo e regolamentazione
delle attività turistico ricreative montane [D6].
COSA NON FARE: Evitare il più possibile il disturbo presso i siti di nidificazione e l’utilizzo
di bocconi avvelenati per l’eliminazione degli animali ritenuti dannosi (ad es. volpi) e di
cui poi il Gipeto si potrebbe alimentare.
FATTORI CRITICI: Conversione dell’allevamento allo stato brado e semi-brado in
allevamenti di tipo industriale in ambienti chiusi. Persecuzione diretta (attualmente ritenuta
in regresso), disturbo ai siti di nidificazione, avvelenamento.
Rapace diurno della famiglia degli Accipitridi; di grandi dimensioni, raggiunge una
lunghezza di circa 110-115 cm e un’apertura alare di 266-282 cm. Corpo slanciato e coda
lunga e cuneiforme. Il capo e la parte ventrale del corpo sono chiari (bianchi o biancogiallastri), mentre la parte inferiore delle ali e scura. Il dorso è di color grigio scuro.
L’alimentazione è tipicamente a base di ossa di animali selvatici e domestici, integrata con
animali morti e brandelli di carne lasciati sulle ossa dagli animali necrofagi che per primi
intaccano le carogne. Se il suo cibo abituale è scarso può cibarsi anche di rifiuti o di prede
vive. Ingoia le ossa direttamente, in quanto i suoi succhi gastrici sono in grado di
scioglierle; tuttavia quelle di grandi dimensioni subiscono un trattamento preliminare per
essere rotte: il Gipeto infatti le spezza facendole cadere in volo sulle rocce da un’altezza di
50-80 metri.
Un tempo era presente come nidificante residente, seppur non abbondante, su tutto l’arco
alpino e sulle isole maggiori del mediterraneo. Mentre gli adulti sono strettamente
sedentari, i giovani e gli immaturi sono erratici.
In Lombardia è stato rilevato come nidificante negli anni 1998, 1999 e 2000 nel Parco
Nazionale dello Stelvio, in seguito ad operazioni di reintroduzione avvenute in altre parti
dell’Arco Alpino. Il nido è posto su pareti rocciose all’interno di un territorio popolato da
elevati numeri di ungulati selvatici.
I territori sono in genere molto ampi tanto che i nidi distano da più di quattro a oltre 20 km.
Il nido posto regolarmente su pareti rocciose è costituito da grossi rami secchi e radici, e
viene costruito prevalentemente dal maschio coadiuvato dalla femmina; ha la forma di una
rozza e voluminosa piattaforma, di 1,5-2,5 m di diametro e 0,7-1,0 m di altezza);
solitamente viene riutilizzato di anno in anno.
Effettua una sola covata (1-2 uova), con deposizione che può avvenire tra dicembre e
febbraio e l’incubazione dura circa 2 mesi. Anche se le uova sono due viene
invariabilmente allevato un solo piccolo che permane nel nido per circa 110 giorni. Non
tutte le coppie si riproducono ogni anno, ma possono alternare anni in cui si riproducono ad
altri con assenza di riproduzione, senza una regola fissa.
Luciano Bani
Bibliografia
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Hagemeijer E.J.M., Blair M.J., 1997. The EBCC Atlas of European Breeding Birds: Their
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LIPU e WWF (a cura di), Calvario E., Gustin M., Sarrocco S., Gallo-Orsi U., Bulgarini F.,
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Conservation Series n° 3. BirdLife International, Cambridge.
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