René Descartes La Géométrie Quest’opera venne pubblicata come appendice al trattato filosofico Discours de la méthode. Essa segna la nascita della geometria analitica. Qui, per la prima volta, si propone di rappresentare certi enti geometrici tramite l’algebra: fissato nel piano un sistema di coordinate, determinate curve risultano essere i luoghi dei punti le cui coordinate (x,y) sono legate da una relazione algebrica (equazione cartesiana). Così, ad esempio, la circonferenza: y 1 1 x è rappresentata dall’equazione cartesiana x2 + y2 = 1. Se si modificano la posizione e l’orientazione degli assi, l’equazione cambierà, ma sarà sempre un’equazione algebrica di grado due. È comunque curioso il fatto che Descartes non abbia mai disegnato, ne La Géométrie, gli assi coordinati. Descartes chiama “curve geometriche” le curve che sono rappresentate da un’equazione algebrica. Sono curve geometriche le rette, rappresentate da equazioni di grado uno, tutte le sezioni coniche (ellisse, iperbole, parabola), rappresentate da equazioni di grado due, ma anche la concoide e la cissoide, rappresentate da equazioni di grado tre e quattro. Le altre curve non geometriche sono dette “curve meccaniche”: lo sono la cicloide e la spirale logaritmica. Descartes trae questa denominazione dai Greci, che così chiamavano le curve che, pur non essendo costruibili con riga e compasso, potevano essere disegnate utilizzando appositi congegni. Viceversa, data un’equazione algebrica nelle incognite x,y, in molti casi il luogo dei punti le cui coordinate (x,y) la verificano è una curva, che può essere disegnata nel piano. Questa osservazione permette di trovare infinite nuove curve. Ad esempio, l’equazione di terzo grado x3+ y3 –3axy = 0 dà origine alla curva che ha preso il nome di folium di Cartesio: questa curva non è presente ne La Géométrie, compare in una lettera indirizzata a Mersenne. Si tenga presente che Descartes non dava significato alle coordinate negative: egli chiamava infatti “falsi” i numeri negativi. Quindi riconosceva solo le parti delle curve comprese nel quadrante superiore destro: y 1 1 x Sarà John Wallis, nella seconda metà del sec. XVII, il primo a considerare anche le coordinate negative. Una volta dato un significato geometrico ad ogni equazione algebrica, è naturale servirsi di metodi geometrici per trovarne le soluzioni (radici). Nel Libro I Descartes indica un metodo per costruire, dato un segmento di lunghezza a, un segmento la cui lunghezza sia √a: ciò corrisponde a trovare la radice positiva (che lui chiama “vera”) dell’equazione di secondo grado x2 – a = 0. L’altra radice è -√a: quindi l’equazione è completamente risolta. D’altra parte, secondo le formule di Newton, le eventuali soluzioni reali di un’equazione di secondo grado si trovano estraendo una radice quadrata, e, pertanto, possono essere trovate graficamente col metodo indicato da Descartes. La costruzione utilizza solo riga e compasso. Nel Libro III, invece, per risolvere le equazioni di grado 3 o 4, egli deve ricorrere anche a coniche. Vediamo, ad esempio, la risoluzione grafica dell’equazione x4 = px2 – qx + r, ottenuta con l’ausilio di una parabola: Una soluzione dell’equazione è la lunghezza del segmento GK. D’altra parte, come aveva dimostrato Vieta, certe equazioni di terzo grado sono la traduzione algebrica di problemi di geometria costruttiva, nel piano, come la trisezione dell’angolo, e nello spazio, come la duplicazione del cubo: il cerchio si chiude, l’interazione fra geometria e algebra è completa. Sarà Galois, nella prima metà del sec. XIX, a completare la caratterizzazione algebrica della costruibilità con riga e compasso. Descartes risolve anche equazioni di grado superiore, e mostra come, trovata una radice α, si possa abbassare di uno il grado dell’equazione, dividendola per il monomio x-α: utilizza quello che oggi chiamiamo Teorema di Ruffini. Se i coefficienti dell’equazione sono numeri interi, esiste un facile criterio per trovare le radici razionali. E anche quella che conosciamo come regola dei segni di Cartesio è presentata in quest’opera: il numero di radici “vere” e “false” di un’equazione è legato ai segni dei suoi coefficienti. Ad esempio, nel polinomio x4 – 4x3 – 19x2 + 106x – 120, i coefficienti, hanno, nell’ordine, i segni + - - + -. In questa sequenza le variazioni da + a – e viceversa sono 3: ciò implica che il polinomio ha al più tre radici “false”. Questo criterio, di per sé, non permette di concludere che il polinomio ha effettivamente quel numero di radici false: infatti esso, a priori, potrebbe non avere radici reali. La regola dei segni prevede, per il polinomio x2 – 2x + 2, al più due radici “false”. In realtà il discriminante è negativo, quindi non esistono radici reali, e quindi nemmeno radici “false”. Un criterio che stabilisca il numero di radici reali ed immaginarie sarà sviluppato da Newton. Le notazioni impiegate da Descartes sono assai vicine al moderno simbolismo, da cui si distinguono solo in alcuni segni: Segni di Descartes Segni moderni + -= Il segno “ = ”, in realtà, era già stato introdotto: compare per la prima volta nel 1557, nel primo trattato inglese di algebra, The Whetstone of Witte, scritto dal matematico Robert Recorde, di Cambridge: l’ispirazione gli venne pensando a due rette parallele, oggetti più che mai simili fra loro. Descartes fa uso degli esponenti, tranne che per il quadrato: egli scrive xx anziché x2. Diverso da quello dei giorni nostri è anche l’impiego delle parentesi per raccogliere i termini: Il Libro II è dedicato a problemi più prettamente geometrici, come, ad esempio, quello di trovare la tangente o la normale ad una curva in un punto dato. Il metodo da lui sviluppato differisce da quello trovato da Fermat, che egli commenta in una sua lettera a Mersenne. Gran parte del Libro II è dedicata alla determinazione di luoghi geometrici. Qui Descartes affronta il famoso problema di Pappo: dato, nel piano, un certo numero di rette, si tratta di trovare il luogo dei punti del piano dai quali è possibile condurre un uguale numero di rette aventi determinate proprietà. Nel caso di 3 o 4 rette Pappo aveva provato che il luogo cercato è una conica. Descartes ridimostra questo risultato con i metodi della geometria analitica, ed inoltre prova che, nel caso di 5 o 6 rette, il luogo è una curva di grado 3, nel caso di 7 od 8 rette il luogo è una curva di grado 4, e così via. Egli risolve anche esplicitamente un caso particolare con 5 rette, nel quale la curva ausiliaria ha un’equazione della forma: x3 – 2ax2 – axy – a2x + 2a3 = 0 Descartes non disegnò questa curva, lo fece più tardi Newton, che la battezzò tridente: Un altro luogo geometrico venne suggerito a Descartes dai suoi studi compiuti per La Dioptrique: egli cercava una superficie di separazione fra due mezzi tale che i raggi provenienti dal primo mezzo venissero rifratti dalla superficie in modo da convergere tutti in uno stesso punto. E trovò che una superficie siffatta è quella ottenuta ruotando una curva, che è il luogo geometrico dei punti P del piano tali che: PF + nPG = costante, dove F e G sono punti del piano fissati, ed n è un numero reale fissato. Se n=1, questa curva è un’ellisse, ma, nel caso generale, è definita da un’equazione di grado 4: essa è oggi nota con il nome di ovale di Cartesio.