Malattie da protozoi intestinali - AILMI onlus Associazione Italiana

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MALATTIE DA PROTOZOI INTESTINALI
GIARDIASI
Diffusa in tutto il mondo, con un incidenza compresa in genere fra lo 0,8 % e il 18%
(con picchi del 50% nei paesi in via di sviluppo), è oggi considerata una importante
causa di diarrea cronica specie nei bambini che frequentano comunità.
G. intestinalis è un protozoo flagellato con un ciclo vitale in due stadi:
 I trofozoiti sono mobili e si rinvengono nel lume o in prossimità della mucosa del
duodeno o del digiuno; hanno la forma di una pera appiattita con un diametro
maggiore compreso fra i 9 e i 21 m, possiedono 2 nuclei simmetrici e 4 paia di
flagelli. Ventralmente è presente un disco concavo detto «di suzione», che permette
l’adesione del trofozoita alla superficie dei villi intestinali. Nei preparati colorati
ricordano il volto umano.(VEDI FOTO A COLORI 1)
 Le cisti si formano dai trofozoiti mediante secrezione di una parete cistica e
duplicazioni delle strutture intracellulari, hanno forma ovoidale, con un diametro
maggiore di 8-10 micron, presentano 4 nuclei e resistono molto bene in ambienti
umidi (anche dopo clorazione dell’acqua), mentre sono molto sensibili
all’essiccamento. (VEDI FOTO IN BIANCO E NERO 1)
G. intestinalis può essere coltivata in vitro in terreni complessi, la sua crescita necessita
di un terreno arricchito con bile, acidi grassi, mucosa intestinale coltivata e cellule
epiteliali. Da un punto di vista tassonomico esistono oltre a G. intestinalis altre due
specie
differenziate in base alle caratteristiche morfologiche: G. agilis e muris che
infettano prevalentemente gli animali e non sembrano avere un ruolo epidemiologico
nell’uomo. Nell’ambito di G. intestinalis sono state descritte delle varianti antigeniche,
ma non è chiara la loro importanza dal punto di vista clinico.
L’infezione segue in genere l’ingestione di acqua o cibo contaminati con feci contenenti
le cisti, possibile e frequente è anche la trasmissione da persona a persona. Frequenze
altissime di infezione sono state riportate negli asili nido e nei centri assistenziali per
ritardati mentali; vengono considerati soggetti a rischio anche gli omosessuali maschi
(per i contatti oro-anali), i campeggiatori, i soggetti con ipogammaglobulinemia o con
deficit di IgA secretorie, i soggetti con ipocloridria, e i soggetti con gruppo sanguigno A
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i quali (oltre a soffrire più frequentemente di ipocloridria) non produrrebbero una
risposta anticorpale adeguata contro la giardia avendo quest’ultima strutture antigeniche
simili agli antigeni del gruppo A. Un altro fattore di rischio sono i viaggi in zone ad alte
prevalenza, deve pertanto essere inserita tra le possibili cause di diarrea del viaggiatore.
Basta l’ingestione di pochi microrganismi per determinare l’infezione. Il periodo di
incubazione è in genere compreso fra i 6 e i 15 giorni.
QUADRO CLINICO:
Le manifestazioni cliniche vanno da una completa assenza di sintomi (con eliminazione
delle cisti con le feci) a forme di diarrea cronica o ricorrente con quadri di
malassorbimento intestinale. L’esordio è spesso quello di una diarrea acuta in genere
senza febbre, ma con nausea, dolori addominali, flatulenza e meteorismo.
Forme più
gravi e croniche sono più spesso descritte in
soggetti con
ipogammaglobulinemia specialmente con deficit di IgA secretorie. Come la malattia
celiaca, la giardiasi grave può accompagnarsi alla emissione di abbondanti feci chiare,
grasse, lucenti e maleodoranti, ipoproteinemia con ipogammaglobulinemia, ridotto
assorbimento di acido folico, vitamina B12 e ferro e quindi malassorbimento e disturbi
della crescita.
La diarrea con o senza evidente malassorbimento può durare mesi o anche anni,
l’eosinofilia è presente nella maggior parte dei casi.
Talvolta in corso di giardiasi sono state descritte alcune manifestazioni cliniche inusuali
quali: epatopatia cronica, artrite e sindromi poliartritiche e eritema nodoso. Rare
complicanze, possono invece considerarsi l’infezione della cistifellea e dei dotti biliari,
l’orticaria cronica, la proctite, l’adenite mesenterica e la colite ulcerosa.
Diagnosi
La diagnosi di laboratorio si basa sulla evidenziazione dei trofozoiti nel succo
duodenale o delle cisti nei campioni di feci.
Per quanto riguarda l’esame delle feci (sicuramente l’esame cardine), poiché
l’eliminazione delle cisti può essere modesta e discontinua, è importante esaminare
diversi campioni di feci ottenuti in giornate successive, e
utilizzare metodi di
arricchimento che permettono di concentrare le cisti; generalmente vengono allestiti dei
preparati a fresco colorati con soluzione di Lugol e osservati a 400x, nei casi dubbi si
può ricorrere a tecniche di immunofluorescenza diretta utilizzando anticorpi
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monoclonali specifici marcati con fluoresceina, tali test hanno dimostrato una
specificità ed una sensibilità del 100%.
Nei pazienti con sintomatologia suggestiva di giardiasi, in negatività degli esami
parassitologici ripetuti, può essere utile l’esame del succo duodenale ottenuto mediante
aspirazione tramite un catetere, o ricorrendo a sistemi commerciali come l’Enterotest
esame economico e di facile esecuzione: viene fatto deglutire una capsula contenente un
filo che dopo 4 ore viene tirato fuori ed esaminato il muco adeso alla sua estremità
distale.
Trofozoiti possono essere inoltre essere trovati nei frammenti bioptici della mucosa
intestinale .
Tramite metodiche ELISA è anche possibile svelare sia la presenza di antigeni di
giardia nelle feci, che di anticorpi specifici nel sangue.
In terapia vengono utilizzati preparati nitroimidazolici: il metronidazolo 15 mg/Kg/die
per os diviso in 3 dosi per 10 giorni, o il tinidazolo 50 mg/Kg in unica
somministrazione. Con successo è stato pure utilizzato il furazolidone alla dose di 8
mg/kg/die diviso in 3 dosi giornaliere per 10 giorni.
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AMEBIASI
Con questo termine si intende la presenza nell’organismo di Entamoeba histolitica
accompagnata da manifestazioni cliniche oppure asintomatica. In realtà spesso E.
histolitica si comporta da commensale (infezione amebica) mentre talvolta invade la
mucosa intestinale potendo diffondere ad altri organi (soprattutto al fegato) (malattia
amebica).
E’ una delle infezioni più diffuse al mondo specialmente in Africa e in America
meridionale, si stima infatti che circa il 10% della popolazione mondiale ne sia affetta
con variazioni percentuali dipendenti più dal livello igienico che dalle condizioni
climatiche. In Italia è ormai divenuta molto rara.
Il protozoo esiste in due forme:
 Trofozoite 12-60 m, mobile grazie all’emissione di pseudopodi, possiede un
nucleo di 3-5 m con cariosoma centrale ben evidente e cromatina periferica fine,
citoplasma in cui si distingue un ectoplasma (che partecipa alla formazione degli
pseudopodi) e un endoplasma granulare ricco di vacuoli. Si moltiplica per scissione
binaria.
 Cisti 5-20 m, immobile, dotata di spessa parete rifrangente, possiede, quando
matura, 4 nuclei, granuli di glicogeno, 1-2 corpi cromatoidi e masse di ribosomi.
Esiste inoltre una forma di passaggio fra i due stadi definita precisti.
Dopo l’ingestione la cisti, resistente all’acidità gastrica e agli enzimi digestivi, forma
nell’intestino tenue 8 trofozoiti che colonizzano il lume del grosso intestino e possono
invadere la sua mucosa.
La dissenteria amebica compare in circa l’1-17 % dei soggetti infetti. La capacità
invasiva varia a seconda dei ceppi esistono stipiti patogeni e altri non patogeni che si è
cercato di differenziare in base alle caratteristiche colturali, al corredo isoenzimatico,
agli antigeni di superficie e all’omologia del DNA. I ceppi morfologicamente uguali
all’E. histolitica, ma non patogeni sono stati ribattezzati come E. dispar. Per distinguere
le due specie si sfrutta in genere la diversa motilità elettroforetica dell’esochinasi.
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E. histolitica esercita la sua azione patogena sulla parete intestinale aderendo alle
cellule epiteliali mediante una glicoproteina di superficie, la lectina; segue quindi la lisi
della cellula e della matrice intercellulare ad opera di enzimi come la fosfolipasi,
glicosidasi neuroaminidasi ecc. Giunte nella sottomucosa le amebe si moltiplicano
attivamente determinando la formazione di ulcere «a fiasco» più estese in profondità
che in superficie nel cui fondo, ricoperto da detriti necrotici si possono trovare i
trofozoiti. Il processo necrotico può estendersi agli strati muscolari più profondi
determinando complicanze gravi quali: perforazioni, emorragie e ascessi peritoneali. In
alcuni casi, anche in assenza di significativi sintomi a carico del colon, i trofozoiti
possono passare nel circolo mesenterico e raggiungere il fegato per via portale, o più
raramente da lì passare nel circolo sistemico ed essere responsabili di localizzazioni in
vari organi e parenchimi (amebiasi pleuropolmonare, cerebrale, peritoneale, cutanea
ecc.).
L’ascesso amebico si localizza in genere al lobo destro; al contrario di quanto
suggerisce il termine “ascesso”, manca una parete e al suo interno non sono presenti
leucociti, ma tessuto necrotico frammisto a un liquido di colore rosso marrone e
coaguli. La lesione può essere unica o multipla.
L’invasione intestinale ed extraintestinale si accompagna alla formazione di anticorpi
specifici.
L’entità del danno intestinale è correlato alla carica di amebe ingerite, allo stato
nutrizionale dell’ospite e a situazioni intercorrenti come la gravidanza.
Clinica
Dopo un periodo di incubazione di 1-3 settimane, la dissenteria amebica presenta in
genere un esordio insidioso (anoressia e modeste irregolarità dell’alvo) cui segue un
periodo di stato di qualche settimana caratterizzato da dolori addominali, tenesmo, e
numerose (10-15) scariche di feci mucosanguinolente. La febbre è assente o modica. Se
non
intervengono
complicazioni
(enterorragia
grave,
peritonite
amebica
da
perforazione) e se non adeguatamente trattata, la malattia va progressivamente
aggravandosi talvolta con possibilità di localizzazioni secondarie (ascesso epatico); nei
paesi tropicali si giunge spesso alla cachessia amebica.
Diagnosi
La diagnosi nella forma acuta si basa sulla dimostrazione microscopica delle cisti o
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meglio dei trofozoiti nelle feci appena emesse o nei campioni prelevati in corso di
endoscopia.
Prima di escludere l’amebiasi è consigliabile esaminare almeno 6 campioni di feci
raccolte in giorni successivi e ripetere la prova dopo la somministrazione di un purgante
salino.
Una risposta anticorpale, evidenziabile con diverse metodiche è sempre e solo presente
nelle forme invasive.
Possibile l’esame colturale in adeguati terreni (terreno di Robinson e altri).
Terapia
Nella amebiasi intestinale asintomatica è sufficiente l’impiego della paramomicina alla
dose di 30 mg/Kg/die diviso in 3 dosi orali per 10 giorni, o di altri farmaci amebicidi
non assorbibili; nell’amebiasi intestinale acuta è prudente far precedere il ciclo di
paramomicina dall’impiego di un amebicida sistemico es. metronidazolo (alla dose di
35 mg/kg/die in 3 dosi orali per 10 giorni) in grado di impedire l’impianto delle amebe
eventualmente entrate nel circolo portale.
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CRIPTOSPORIDIOSI
E’ una infezione intestinale diffusa in tutto il mondo conseguente l’ingestione di oocisti
di Cryptosporidium parvum.
Le manifestazioni cliniche variano da una diarrea acuta di modesta entità nell’individuo
immunocompetente, a una malattia molto grave caratterizzata da diarrea profusa
cronica,
malassorbimento
e
perdita
di
peso
corporeo
nel
soggetto
immunocompromesso, specialmente in corso di AIDS.
La prevalenza oscilla dal 2 % nei paesi industrializzati al 10-15 % nei paesi in via di
sviluppo.
La diagnosi si esegue cercando nelle feci le oocisti utilizzando in genere la colorazione
di Ziehl-Nielsen o altre che ne evidenzino la tipica acido-alcol resistenza. Sono
disponibili nel mercato metodiche in immunofluorescenza diretta dotate di alta
sensibilità e specificità, utili soprattutto per i laboratoristi meno esperti (blastospore di
candida e talvolta spore batteriche possono infatti esibire la caratteristica acido alcol
resistenza tipica delle oocisti C. parvum) (VEDI FOTO A COLORI 2 e 3)
Il trattamento al momento attuale è soltanto sintomatico, non disponendo di una
efficace terapia eziologica.
Bibliografia malattie da protozoi intestinali

Clin Infect Dis 20:1453- 1995.

Soave R, Armstrong D. Cryptosporidium and cryptosporidiosis. Rev Infect Dis
8:1012-1023, 1986

Katelaris PH, Farthing MJG Urrutia JJ. Diarrhoea and malbsorption in giardiasis: a
multifactorial process? Gut 33: 295-297, 1992
FOTO A COLORI
1. Trofozoiti di Giardia intestinalis da aspirato duodenale (Giemsa 1000x)
2. Cryptosporidium parvum in striscio fecale (Ziehl-Nielsen 1000X)
3. Cryptosporidium parvum , immunofluorescenza diretta
FOTO DA STAMPARE IN B/N
1. Cisti di Giardia intestinalis in un preparato a fresco (Lugol 400x)
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