APPROFONDIMENTO PSICOLOGIA La schizofrenia è un disturbo caratterizzato da dissociazione psichica, spesso cronica. È un disturbo mentale che colpisce in vario modo il comportamento, il pensiero e l’emozione di un individuo. Il termine “schizofrenia” deriva dal greco e significa “scissione del cervello”. Il primo sforzo di descrizione delle malattie mentali si deve (come già abbiamo studiato) a Kreapelin nel 1883 con il nome di “demenza precoce”. Egli è ricordato soprattutto per aver distinto la schizofrenia in 3 diverse forme: “Ebefrenica”, nella quale prevale la dissociazione del pensiero; “Paranoica” (o “paranoidea” ), nella quale prevalgono le allucinazioni e i deliri ed infine schizofrenia “catatonica”, nella quale prevalgono disturbi della volontà. L’approccio diagnostico alla schizofrenia è stato spesso criticato, in particolar modo dal movimento anti-psichiatrico, il quale asserisce che la classificazione di pensieri e comportamenti specifici come malattia, permette il controllo sociale di persone considerate indesiderabili dalla società, ma che comunque non hanno commesso alcun crimine o atto negativo o a sfavore della società stessa. Ancora oggi, nonostante i continui ed intensi studi, le cause della schizofrenia ci sono ancora sconosciute; molti psicologi clinici dibattono, affermano o negano l’importanza di fattori biologici e psicologici, della costituzione e dell’ereditarietà, ma di fatto non si è ancora arrivati a capire e poter spiegare con certezza quali siano i fattori che portano a questa malattia mentale. Si sa bene e per certo però che la schizofrenia è comunemente caratterizzata sia da sintomi positivi che da sintomi negativi. I primi citati sono raggruppati sotto il termine più generale di psicosi e generalmente includono delirio, allucinazione e disordine del pensiero. I sintomi negativi invece includono inappropriatezza o totale assenza di emozioni di qualsiasi genere, povertà di linguaggio e mancanza di motivazioni. Nella sindrome disorganizzata (un tipo di schizofrenia), compaiono disordine del pensiero, problemi di pianificazione e a volte è possibile riscontrare deficit neurocognitivi. Questi ultimi prendono la forma di un indebolimento di alcune funzioni di base quali la memoria, l’attenzione, la risoluzione di problemi, la funzione esecutiva ed infine la cognizione sociale. Il disturbo principale del malato schizofrenico è la dissociazione tra sentimenti, pensiero ed azione; questa può portare il soggetto a parlare di fatti tragici appena accaduti che lo interessano da vicino, con assoluta indifferenza o addirittura ridendo. Al contrario invece un fatto di scarso rilievo che comunemente in persone sane non avrebbe molto rilievo, può portare il soggetto anche al suicidio. Il malato schizofrenico ha infatti un diverso “sistema di valori” rispetto a un individuo non patologico, in quanto tende a dare un peso differente agli eventi della vita rispetto alla media della popolazione. Talvolta inoltre, egli ha una capacità di visione dei fatti difforme rispetto al normodotato: per fare un esempio, è come se in un quadro si soffermasse maggiormente sullo sfondo anziché sul soggetto dipinto in posizione principale di maggiore rileva che, al contrario, una persona normale coglierebbe nell’immediato. Lo schizofrenico non è inoltre in grado di creare contatti affettivi con gli altri, infatti vive tra i suoi simili in modo estraneo, distaccato, preferendo la solitudine e il distacco anche fisico dagli altri individui, restando quindi in una condizione di isolamento. Molte funzioni mentali non sono colpite: lo schizofrenico infatti è lucido, ma, pur essendo comunque presenti intelligenza, memoria e attenzione, egli non è in grado di utilizzarle nel modo corretto. Tra i principali sintomi della malattia, rivestono un ruolo di particolare importanza i disturbi del pensiero, dell’affettività e della volontà; nella persona schizofrenica sono anche a volte presenti deliri ed allucinazioni. I disturbi del pensiero sono rappresentati da disturbi nel linguaggio sia parlato che scritto. Il pensiero è infatti sconnesso, le idee non seguono come dovrebbero un filo logico ma nascono in modo del tutto casuale, sconclusionato e addirittura a sproposito. Tra i disturbi tipici di questo sintomo fa parte l’arresto del pensiero stesso, questo è riscontrabile quando accade che durante una frase il malato arresta l’eloquio e o lo riprende dopo qualche secondo oppure non riesce proprio a riprenderlo; un altro disturbo è poi il “deragliamento”, che si ha quando il soggetto passa da un argomento in discussione ad un altro con nesso logico debole o addirittura assente senza motivo. Tipico inoltre è la “tangenzialità”, ovvero quell’episodio durante il quale lo schizofrenico da una risposta che ha scarsa o nulla attinenza alla domanda postagli. Oltre alle tre possibili “facce” del disturbo del pensiero, questo può presentarsi anche in maniera non grave come le precedenti, infatti il pensiero può essere espresso in maniera non molto chiara o a volte contraddittoria, utilizzando parole ricercate o addirittura inventate al momento. Per quanto riguarda i disturbi dell’affettività è bene dire che l’affettività nel malato è ancora presente, quello che manca però è l’associazione di questa agli altri processi mentali e alla realtà. Il disturbo nella vita affettiva deriva da un progressivo impoverimento e “svuotamento” del malato stesso. Si assiste dunque ad una diminuzione progressiva che può arrivare fino alla totale scomparsa di ogni sentimento ed istinto. Il soggetto diviene così apatico e indifferente nei confronti dei suoi simili e del mondo esterno. A volte capita anche che vanno perduti gli istinti elementari quali la cura della propria persona, passando quindi dalla mancanza di attenzione verso se stesso per quanto riguarda il vestirsi, il lavarsi e il nutrirsi, fino ad arrivare alle mutilazioni anche gravi. Nei disturbi della volontà invece, questa si indebolisce facendo così perdere ogni capacità di agire al soggetto patologico. Il malato rimane infatti per ore inattivo, seduto o a letto, a fissare il vuoto intorno a sé; egli può giungere fino ad uno stato di passività totale, dettato appunto dall’inattività, chiamato in termini psicologici “stupore catatonico”. La passività del malato può essere espressa sia dalla sua mancanza di movimento che dal mantenimento di ogni posizione, seppure scomoda, alla quale egli viene obbligato: questa è la situazione della “catalessia”. Altre volte invece si può parlare di “ecolalia”, quando il malato schizofrenico obbedisce agli ordini automaticamente ripetendo le parole che sente oppure imitando le azioni che vede compiere da chi gli sta intorno, questo è il caso dell’ “ecoprassia”. Nella schizofrenia è inoltre molto frequente la presenza di allucinazioni, specialmente quelle uditive. Il malato infatti può sentire le voci più diverse, che può poi riconoscere come appartenenti a persone conosciute oppure no. Queste voci possono provenire dall’esterno, quindi con estesia spaziale, oppure dall’interno del corpo del malato stesso, chiamate in questo caso pseudo-allucinazioni. La persona affetta da schizofrenia afferma di non avere più potere sul proprio pensiero. Il malato inoltre può essere soggetto di allucinazioni “viscerali”, quando sente le sue membra come se fossero di vetro oppure sente di avere un cuore di pietra. Un altro particolare sintomo della schizofrenia sono i deliri; questi possono essere in rapporto con le allucinazioni o indipendenti da queste. Comunemente sono deliri di persecuzione o di grandezza, che possono assumere forme anche paradossali. Per curare questo particolare tipo di malattia mentale, si può effettuare una terapia con farmaci neurolettici (antipsicotici), i quali agiscono soprattutto sui deliri e sulle allucinazioni, diminuendo il senso di angoscia e le reazioni aggressive. Un esempio di antipsicotici sono la clozapina e il risperidone. In altri casi invece è indicata anche la psicoterapia che può andare a coinvolgere o meno famigliari e conoscenti, allo scopo di individuare eventuali tensioni col malato e trattare il suo isolamento. La psicoterapia inoltre può aiutare il paziente a contestualizzare il problema e le risposte dell’ambiente, rendendolo dunque autoconsapevole della sua situazione patologica. Per curare, o almeno tentare, la schizofrenia nel passato si è fatto ricorso a terapie quali applicazioni elettroconvulsivanti (elettroshock) e insulinoterapia; è importante affermare però che queste tecniche non hanno mai dato risultati apprezzabili e sono ormai sempre meno impiegate. Ad oggi invece le ultime ricerche sia in campo psichiatrico che in quello psicoterapico, dimostrano che un approccio integrato (combinando il farmacologico e lo psicoterapeutico) ottiene un controllo migliore della patologia. In casi meno gravi si è notato che possono risultare utili anche tutte le tecniche di rilassamento muscolare e respiratorio, tra cui è possibile trovare lo yoga e la meditazione.