L`ASSISTENZA INFERMIERISTICA AL PAZIENTE SCHIZOFRENICO

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L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA
AL PAZIENTE SCHIZOFRENICO
DI
CARLA DELL’ANNO
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Il comportamento dell’infermiere nella linea
della parità dei diritti dei malati non può
mutare da ammalato ad ammalato. L’unica
diversità ammissibile è quella della prestazione
sanitaria, che differisce da malattia a malattia.
Nella patologia psichiatrica la professionalità
dell’infermiere acquista un valore del tutto
particolare: infatti, in molti altri campi della
medicina, il lavoro infermieristico rischia di
essere ridotto alla ripetuta esecuzione di
compiti che altri decidono e dirigono.
ASSISTENZA INFERMIERISTICA AL PAZIENTE
SCHIZOFRENICO
Il paziente schizofrenico è un malato psichiatrico
che richiede un intenso impegno. Con questo tipo
di paziente l’infermiere ha un ruolo di primo piano
sia nella fase acuta della malattia che nella forma
cronica.
Il primo, importante passo è rappresentato dalla
conquista della fiducia del paziente, con
l’instaurazione di un buon clima emotivo in cui stare
bene insieme, fidarsi, parlare, creare un’empatia, al
fine di costruire una valida alleanza terapeutica.
È noto, infatti, che il pz. schizofrenico è spesso molto
diffidente anche verso chi si propone di aiutarlo; di solito non
è nemmeno consapevole di essere malato, quindi può opporsi
alle cure e a chi gliele propone.
Spesso gli psicotici si sentono osservati e minacciati e sono
soggetti ad allucinazioni, vale a dire percezioni che non hanno
un oggetto reale, ma che sono una realtà per loro.
In questi casi non si dovrebbe cercare di persuadere il pz. che
si tratta di fissazioni, né fingere di crederci. Spesso il paziente
cerca di convincerci circa le persecuzioni alle quali si sente
soggetto: in questo caso può essere opportuno riassumere al
malato il contenuto essenziale della sua psicosi ed ammettere
che incontrerà molte difficoltà se una sensazione così
importante per lui non corrisponde alla realtà per nessuno,
nemmeno per l’interlocutore.
GLI ELEMENTI CHE AIUTANO L’OPERATORE A STIMOLARE
LA FIDUCIA DEL PAZIENTE
1) Coerenza tra pensiero ed azione dell’operatore: è
indispensabile, quindi, riflettere prima di parlare.
2) Coerenza tra quanto si promette e quanto si è in grado di
mantenere.
3) Coerenza tra quanto l’operatore pensa e sente: i gesti, la
mimica, il tono della voce devono essere in armonia con il
contenuto del discorso.
4) Competenza: occorre sapere quando e come intervenire
e, soprattutto, quando astenersi dall’intervenire.
RELAZIONE CON IL PAZIENTE AGGRESSIVO
Oggi la cura del paziente aggressivo si basa sullo sforzo di
comprendere cosa ci sia dietro una manifestazione violenta ed
impiegare modi di gestione che sono prima psicologici e poi
farmacologici.
Quando si opera con pazienti conosciuti è possibile attuare
interventi di prevenzione, il cui scopo è quello di allentare la
tensione che scatena l’aggressività. Questo è possibile solo
quando si conosce il paziente, perché si conoscono i
meccanismi che ne innescano la rabbia e l’impulsività.
È importante quindi:
1)
La individuazione dei fattori premonitori;
2)
La prevenzione delle manifestazioni aggressive;
3)
L’intervento!!!
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1) Sono segni premonitori l’ostilità, l’ansietà, l’apprensione, la
rabbia, l’impulsività, l’agitazione, la paura, le allucinazioni, la
confusione, i comportamenti di minaccia, la scarsa compliance
terapeutica.
2)
Per prevenire manifestazioni aggressive è importante:

una buona comunicazione tra èquipe e pazienti

una buona alleanza terapeutica

un clima positivo che favorisca la comunicazione riguardante
gli episodi di aggressività.
Quando ci si trova davanti ad un pz. non conosciuto la prevenzione
può essere più difficile e talvolta, nelle sedi opportune, si dovrà
ricorrere ad interventi mirati, affinché il malato non sia pericoloso
per sé o per gli altri e soltanto fino a che non sia possibile risolvere
la crisi con altri mezzi.
È importante, in situazioni di aggressività, non mostrarsi
spaventati e mantenere un atteggiamento tranquillo e padrone
della situazione, riducendo il rischio che la stessa possa
manifestarsi in forme particolarmente violente.
IL PAZIENTE IN TERAPIA CON NEUROLETTICI
I neurolettici sono farmaci che, generalmente, il paziente non
assume volentieri per:
1)
2)
mancata conoscenza della malattia;
possibile comparsa di effetti collaterali;
3)
lunga durata della terapia.
Cosa fare:
1) Sia che si chieda al paziente di assumere regolarmente i
farmaci a domicilio che in regime di assistenza ospedaliera, è
importante che il personale medico e infermieristico gli
forniscano accurate spiegazioni circa la malattia e la relativa
terapia farmacologia.
2) Il paziente in cura con neurolettici deve essere avvisato
dei possibili effetti collaterali, almeno dei più frequenti, quali
stipsi, aumento o diminuzione della salivazione, rigidità
muscolare. Inoltre, l’infermiere dovrà anche tener presente il
rischio di altri effetti indesiderati e saperne cogliere i sintomi:
tremori, rigidità (Parkinsonismo), incapacità di tenere i piedi
fermi (acatisia), difficoltà ad urinare, amenorrea, ginecomastia.
Occorre aver presente soprattutto il rischio di effetti collaterali
cardiovascolari, quindi se il pz. ha una certa età o è
cardiopatico, l’infermiere deve controllare frequenza e P.A. ed
effettuare con una certa regolarità controlli elettrocardiografici
ed ematochimici.
3) È importante supportare il paziente qualora si lamenti
dell’eccessiva durata della cura o della sua inutilità e chieda di
interromperla. Occorre molta disponibilità ad ascoltare e a
discutere anche quando il paziente mette in dubbio questioni
per noi evidenti. Bisogna sempre avere presente che il pz.
percepisce che il farmaco va a modificare il suo pensiero e il
suo comportamento, e ha quindi il diritto di conservare, al di là
delle decisioni tecniche, almeno una parte della contrattualità.
CONCLUSIONI
Occorre sottolineare che, nella relazione terapeutica,
l’operatore psichiatrico non è solo “cronista” della realtà, ma
anche “attore”, inteso come colui che partecipa attivamente
con i propri sentimenti ed emozioni.
Le emozioni e il bagaglio di esperienza, non solo
professionale ma anche umana, sono strumenti indispensabili
nel lavoro psichiatrico.
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